
La partita.
Londra 26 febbraio 1849 – Garrick Club Dovevo capirlo che quella sala da gioco appartata leggermente in penombra e piena di fumo non mi avrebbe portato bene. Come nelle due sere precedenti la disperazione mi ci aveva condotto, non potevo credere che il destino mi fosse così avverso, eppure carta dopo carta mi sembrava di scendere sempre di più all'inferno. - Dovresti smettere...Con me non ho denaro contante che basti per aiutarti questa volta...Dwayn... Finita questa mano alzati ti prego abbandona... Andiamocene. Mi sussurra John agitato in un orecchio. - Sono fiducioso sento che ce la posso fare... Tento di rassicurarlo. Le mani mi sudano e mi sembra di non riuscire più a ragionare lucidamente, ma anche se sono disperato devo tentare. Insisto nel continuare il gioco, ma le parole mi muoiono in gola quando vedo il Duca di Benedict appoggiare le sue carte accompagnandole a un sorriso bastardo. - peccato Lord Fender sembravate messo bene in questa mano, purtroppo però le cose non sempre sono come sembrano vero? Andiamo avanti? Ancora una? O regoliamo i conti? Chiede diretto scrutandomi. Quei due occhi neri scivolano sul mio viso, catturando le mie emozioni. Pozzi severi, profondi pieni di giudizio nei miei confronti, sembrano pronti ad inghiottirmi. Quest'uomo dev'essere tremendo non dovevo accettare di giocarci. Osservo le sue mani che stringono ancora le carte con le quali mi ha sconfitto...grandi e forti. Una è tatuata e sembra che oltre il polsino della sua camicia quei disegni sconvenienti continuino, davvero anomalo vederli su un nobile, sicuramente quando andrà a corte o nelle occasioni ufficiali dovrà indossare dei guanti. Non ho più un centesimo, ma non so cosa mi prende... Non voglio darlo a vedere, non voglio fargli capire che ho paura di quello che mi sta accadendo. - farei ancora una o due mani ma non ho più denaro contante con me, vi firmerei una cambiale, fra gentiluomini credo che si possa fare. Azzardo pentendomene praticamente subito. - sei impazzito! Interviene John non troppo velatamente, abbandonando qualsiasi apparenza. - Dwayn ti stai rovinando! Ormai mi redarguisce neanche più tanto sussurrando dato che è arrabbiatissimo con me. - certo che continuiamo si sta facendo divertente... Mi risponde il Duca di Benedict aggiustandosicon una mano preziosamente inanellata, i lunghi capelli neri scomposti con un gesto sicuro. Lo osservo mentre distribuisce le carte, parlano malissimo di lui nonostante sia il braccio destro del Principe Albert Victor Christian Edward di Clarence e Avondale I Conte di Atholone, il nipote della Regina Vittoria. È criticatissimo per la sua selvaggia capigliatura, come per i suoi modi rozzi che poco hanno a che fare con la sua nobile appartenenza. L'avevo già incontrato in diverse occasioni a balli e concerti, mi ha sempre rivolto un gesto educato di saluto, ma non mi ha mai ritenuto degno d'invito a partecipare ai discorsi della sua combriccola di nobili ricchi sfondati. Su di lui circolano voci di ogni genere, le ho sentite in diverse occasioni nei salotti mondani. Sembra sia abile negli affari e tremendo con le donne. Un avventuriero senza scrupoli, eppure tutte ci provano perché accasarsi con lui per una donzella sarebbe sistemarsi con il miglior partito in assoluto. Lo scopro a scrutare le mie espressioni, sento curiosità nei miei confronti e la pesantezza del suo potere che mi sfiora facendomi rabbrividire. Sono solo un Barone, le vicissitudini sulla povertà nella quale siamo caduti la mia famiglia e io dopo la morte di mio padre dev'essere giunta alle sue orecchie. La mia classe nobiliare ed economica mi pesa, almeno John è figlio di un Conte, denaro e appoggi sociali non gli mancano mai. I Baroni sono l'ultima ruota dell'aristocratico carro come diceva il mio povero padre. Ho bisogno di vincere mi servono i soldi, in banca non mi fanno più credito, non posso più chiedere al mio migliore amico prestiti che ormai non onoro più da tempo. Non so come mai John mi sia ancora vicino, non può più far nulla per il mio declino che è sempre più inevitabile. Probabilmente a giorni mi pignoreranno i mobili di casa. Mia madre ne morirà e mia sorella mi insulterà come fa sempre. Da quando è morto mio padre non sono riuscito ad andare avanti, come capofamiglia lascio alquanto a desiderare, lui era in gamba, aveva tante conoscenze e giocava bene. La situazione economica era la stessa, ma se la cavava sempre. Io no, a parte John e i suoi piccoli continui aiuti, rimasto da solo non ho dove sbattere la testa, ho trovato così tante porte chiuse che ho perso il conto. Così mi sono indebitato con la banca... Un disastro dopo l'altro, ma adesso credo di aver proprio toccato il fondo. - tocca a lei Lord Fender... Non si distragga! No... No che non mi distraggo...Bastardo penso fra me e me... Ho solo delle carte schifose. Non ho neanche il coraggio di calarle. Lo faccio con un sospiro doloroso che mi sconquassa il petto. Ovviamente il Duca di Benedict le ha migliori delle mie e così firmo la prima cambiale... Poi la seconda... Improvvisamente mi devo assentare per andarealla toilette, la nausea mi causa un vomito nervoso. All'uscita trovo John, mi osserva sconvolto. - ora basta! Quante volte te l'ho chiesto? Se non vuoi farlo per te, fallo in nome della nostra amicizia.. Dice soltanto. Ma non lo ascolto risedendomi al tavolo e riprendendo il gioco. La mia mano trema nel firmare la terza... Sono disperato e credo mi si legga in faccia. Il Duca ha un sorriso provocatorio... Sta godendo della mia drammatica situazione. John mi guarda al di là del tavolone da gioco con gli occhi lucidi e un'espressione delusa sul volto per non averlo ascoltato. Il mio amico resta non se ne va, gli sono grato perché non credo che riuscirò a tornare a casastasera se non appoggiandomi alla sua spalla sicura. Mi alzo improvvisamente...Segno che da parte mia il gioco è finito. Il Duca di Benedict smette di sorridere e la sua espressione non promette niente di buono. Si alza aggiustando la giacca, indicando al suo valletto di recuperare le cambiali dal tavolo e il denaro, lui di certo non si disturba a farlo. Mi porge la mano come si fa tra gentiluomini stringendola forte. È grande in confronto alla mia e la sua stretta è decisa. - Lord Fender domani le farò visita intorno alle 11.00 presso la sua abitazione per definire le nostre faccende...Si faccia trovare. Vorrei evitare di sfidarla a duello, i debiti di gioco si onorano sempre in un modo o nell'altro. Inchino il volto annuendo e lasciandolo passare seguendo la sua uscita di scena maledicendolo. Mentre camminiamo nella notte raggiungendo la carrozza di John sento di dovermi scusare con lui. - perdonami di averti costretto ad assistere alla mia vergognosa sconfitta, amico mio ti ho messo in imbarazzo. La sua mano rassicurante arriva immediata sulla mia spalla. - non scusarti, troveremo una soluzione. Non so come però, dovrò pensarci. Io non posso più aiutarti ho dato fondo ai miei risparmi e mio padre mi ha pesantemente rimproverato. Ora mi elargisce quanto basta per passare il mese, ormai mi considera un incosciente. Forse se mi fossi laureato prima mi avrebbe dato i soldi che mi ha lasciato mia nonna...ma lo sai come sono messo con gli studi... Intanto domani vediamo cosa vuole il Duca di Benedict, come ti dilazionerà i pagamenti, perché dovrà farlo dato che tu non hai più niente. - mi preoccupa... Non sembra una persona per bene. - stai tranquillo, è un nobile comunque, anche se di aspetto non si direbbe. Non può comportarsi come uno strozzino di strada. Lo dice come fosse un'ovvietà ma Lord Benedict Calan è un aristocratico decisamente fuori dall'ordinario. - domani mi cercherò un lavoro. Non credo di avere altra scelta. - ossignore se ti vengono di questi pensieri devo proprio preoccuparmi! Dice infilandosi le mani nei capelli platealmente per poi alzare gli occhi al cielo perché ha iniziato a piovere. John riesce a farmi sorridere anche quando sono nei guai è davvero il mio migliore amico, se dice che ci sarà una soluzione per i miei problemi voglio credergli.
Yory Bright
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