
Banque Privèe Edmond de Rothschild - Lugano
"Il successo a lungo termine cela sempre una parte di mistero. All'inizio della nostra storia, il Barone Edmond de Rothschild, uomo volitivo, che invece di acquistare, volle creare. Nella sua vita piantò ceppi di vite e forgiò un gruppo bancario. In seguito gli è succeduto suo figlio: il Barone Benjamin de Rothschild il quale, anziché accontentarsi di ricevere, continuò a creare."
Glenda si soffermò solo un istante di fronte a quelle parole, scolpite nel marmo grigio dell'ingresso, poi si diresse con passo austero verso il salottino privato dove l'attendeva l'avvocato Salvo Marini.
«Pretendo che l'incontro si svolga in lingua italiana,» esordì, salutandolo con un flebile sorriso «non sono abituata a pensare in francese.»
«Ho già concordato questo dettaglio tra le parti,» rispose, visibilmente affascinato dalla nobildonna «conosco il notaio Iweins da quarant'anni, andrà tutto come da lei richiesto. A proposito, si fermerà a Lugano dopo la lettura del testamento per visitare Villa Artemisia?»
Rispose con un impercettibile cenno di intesa, cercando oltre i vetri della finestra un flebile raggio di sole tra la nebbia che avvolgeva il lago.
«Desidera che venga anteposto il titolo nobiliare,» continuò l'avvocato «ogni volta che verrà citato il suo nome?»
«Non è necessario,» scosse il capo in modo impercettibile «non viviamo più in un'epoca dove è di moda ostentare il colore del proprio sangue.»
Eppure, nonostante questi intendimenti, l'anziano notaio l'appellò come da cerimonia, indicandola agli astanti come la Contessa Glenda Carolina Ruffo. Lei rispose chinando timidamente il capo. Si guardò intorno ed attese di conoscere il nome dei presenti. Dopo di lei fu nominato Akim Kunze, amministratore della BioNexus, un centro di ricerca svizzero, finito spesso sui giornali per le infrazioni etiche dei suoi studi.
La lettura del testamento ebbe inizio dai personaggi secondari, assegnando centomila Franchi Svizzeri alla governante e cinquantamila per ciascuno agli inservienti che lavoravano alla villa. Ben più cospicua fu la donazione alla BioNexus, indicata in ben tre milioni di Franchi. Fu allora che il legale di Akim Kunze chiese di poter consegnare un documento privato al notaio, titolandolo come un ulteriore lascito del defunto che intendeva rinunciare alle azioni della Società in suo possesso. L'avvocato della Contessa si pronunciò subito con dissenso, adducendo che nessuna rinuncia poteva essere manifestata in sede privata.
Ci volle oltre un'ora prima che il notaio Iweins poté prendere visione della documentazione, ma l'attesa della sua decisione durò il tempo di un sorso d'acqua: «Le volontà testamentarie sono molto chiare,» sentenziò «tutto ciò che non è stato già assegnato a diversa persona, viene lasciato in eredità alla figlia qui presente; quindi anche le azioni della BioNexus citate nel supplemento, di cui ho pieno possesso degli originali. Sarà la Contessa Glenda Carolina Ruffo a decidere liberamente se rinunciare a suddette azioni.»
Akim Kunze, pur trattenuto dal suo legale, fece presente la propria intenzione di adire per vie legali. Per tutta risposta, Iweins chiamò i domestici a firmare e li accomiatò consegnando loro i rispettivi assegni. «Per quanto mi riguarda,» riprese il discorso, «lei è libero di comportarsi come ritiene giusto e sacrosanto,» spiegò all'amministratore della BioNexus, visibilmente infastidito dall'attesa «ma le faccio presente che, se ritiene di impugnare questo testamento, significa che non ne riconosce la validità, quindi non posso versarle la donazione stabilita. E se, di contro, accetta di firmare per ottenere i tre milioni di Franchi stabiliti, è come se certificasse la validità testamentaria. Si consulti col suo avvocato e decida cosa fare prima che io chiuda questa pratica.»
Mentre l'uomo parlottava sotto voce col legale, Glenda lo guardò con insistenza, curiosa di capire fino a che punto volesse sfidare l'anziano notaio.
«Che percentuale aveva mio padre nella BioNexus?» domandò all'esecutore testamentario.
«Il cinquantuno per cento!» rispose Iweins, sul punto di chiudere il carteggio.
«Accettiamo la donazione.» esclamò Akim «ma al contempo chiediamo alla Contessa Ruffo di rispettare l'intenzione espressa dal padre, tre mesi prima della sua dipartita.»
«Ci riserviamo di valutare questa ipotesi in altra sede,» intervenne l'avvocato Salvo Marini «non è certo il momento adatto per una discussione di tal genere!»
Più tardi, nel suo studio, spiegò a Glenda che la BioNexus era stata più volte indagata dalla magistratura che aveva posto un problema etico sulla natura delle ricerche. «Si è rivolta all'Alta Corte,» spiegò «che per nostra fortuna non ha ancora preso nessuna decisione al proposito.»
«Mi sta dicendo che è un rischio detenere la maggioranza azionaria di questa Società?»
«La sto informando della situazione,» continuò Marini «forse per questo suo padre voleva liberarsene del principale pacchetto azionario.»
«Ne avevate discusso insieme?» insistette Glenda.
«Mi aveva esclusivamente manifestato i suoi dubbi, ma in seguito si è ammalato e, pur sentendoci spesso, non siamo più ritornati sull'argomento.»
«Trovo strano che mio padre abbia elargito una donazione così cospicua ad una Società di cui voleva liberarsi.» obiettò Glenda «Non ne capisco il senso.»
«Più che una donazione,» rispose l'avvocato «si tratta del pagamento del canone trentennale per la conservazione della salma.»
«Tre milione di Franchi per tenere le sue ceneri su uno scaffale in cantina?»
«Non è stato cremato,» spiegò, pur con riluttanza «la BioNexus ha brevettato un sistema di conservazione corporea sotto liquido amniotico, per questo è stata indagata dalla magistratura.»
Sede Amministrativa BioNexus - Lugano
L'incontro era stato preparato con una cura maniacale in ogni dettaglio ma, all'ultimo istante, Akim Kunze pretese un breve colloquio privato con la Contessa Glenda. Nonostante il parere contrario dei rispettivi legali, il confronto avvenne in un salotto dell'ultimo piano, dove l'Amministratore della BioNexus era solito concedersi qualche pausa di riflessione. Quando lei lo raggiunse, lo trovò in piedi, davanti all'enorme vetrata che si affacciava sul lago. «Suo padre mi parlava spesso di una figlia di cui andava fiero,» esclamò, con aria apparentemente preoccupata e in questa occasione ho potuto costatarne il motivo.»
«Testarda, autoritaria e decisa come lui?» domandò Glenda?
«Questa società non è un buon affare,» tagliò corto «se manterrà la maggioranza delle azioni, sarà chiamata a risanarne il bilancio.»
«Ha appena ricevuto tre milioni di Franchi... li ha già spesi tutti in cancelleria?»
«La ricerca costa, specialmente se fatta ad altissimo livello e in un momento in cui l'opinione pubblica è contro di noi.»
«A causa di un problema etico che ha fatto fuggire gli investitori?» obiettò Glenda, appoggiando entrambe le mani sulla vetrata.
«Lo sa vero che, se interromperemo le ricerche, il corpo di suo padre andrà irrimediabilmente perduto?»
«Mio padre è morto, esimio dott. Kunze,» affermò, guardandolo per un istante negli occhi «non c'è più nulla che possiamo fare per lui.»
«Nessuno è morto finché la sua anima non finisce in cenere,» insistette Akim «lei sta ragionando secondo il target della medicina convenzionale.»
«Lei invece segue qualche filosofia orientale?» lo interruppe, abbozzando un sorriso sarcastico.
«Non posso pretendere che lei possa capire quello che sto dicendo.»
«Provi a spiegarmelo con parole chiare, ma soprattutto credibili.»
« Prima risponda seriamente a una sola domanda. Se oggi potesse rinascere, cosa vorrebbe conservare?»
«L'esperienza!» rispose di getto.
«Certo, l'esperienza, i ricordi, la capacità di non perdere il vissuto... altrimenti non avrebbe senso rinascere. E allora proviamo a ragionare come se fossimo delle macchine. Lasciamo pure che la parte meccanica, l'hardware, vada irrimediabilmente perduto e recuperiamo il software per un nuovo contenitore. Immagini per un attimo che l'intelletto sia asportabile, che la mente sia recuperabile, e con essa i ricordi, l'intelligenza e, perché no, l'anima di una persona.»
«Quel che sta dicendo sarebbe meraviglioso, se non fosse che si scontra con una realtà molto più concreta. Il nostro cervello, senza un apporto continuo di ossigeno, va irrimediabilmente perduto.»
«Il cervello sì,» continuò Akim, avvicinandosi a lei «ma quello che c'è dentro? Qualcuno s'è mai posto il problema di come vengano immagazzinate le informazioni che contiene? Sa qual è la funzione della memoria RAM in un computer?»
«Me lo dica.»
«Se lei sta usando entrambe le mani ed è costretta a manipolare più di due documenti, le serve qualcosa dove appoggiarli prima di sistemarli definitivamente là dove andranno riposti. Questo "qualcosa" ha uno spazio ridotto e serve soltanto per creare un supporto momentaneo. Quando lei cercherà quei documenti, non penserà mai al momento in cui li ha appoggiati sulla scrivania, ma li andrà a cercare nell'archivio generale. Finora la scienza ha preso in considerazione la memoria come qualcosa di non definitivo, invece io le dico che qui alla BioNexus abbiamo individuato il sistema di archiviazione del cervello e lo reputiamo di tipo risolutivo.»
Glenda si lasciò avvelenare dal dubbio: «Cosa intende per risolutivo?»
«Se le dicessi che la nostra memoria non è di tipo elettrico, ma chimico, e che dopo la morte può essere asportato integro e reimpiantato; cosa le verrebbe in mente?»
«Reimpiantato dove, in una macchina?»
«Non elettrico... » ripeté Akim «ma chimico.»
«In un altro cervello?» asserì Glenda, provando nel contempo un senso di assoluto smarrimento «È questo dunque il problema etico che vi viene imputato?»
«Non sanno che siamo a questo punto, non ne possono conoscere il meccanismo.»
«È una teoria affascinate, ma quanti decenni devono ancora passare per arrivare a capire se sia attuabile?»
Kunze non rispose. Le si avvicinò fino a sfiorarle la guancia e le sussurrò all'orecchio: «Quando vuole una prova, sono pronto a dargliela di persona.»
«Sarebbe come pretendere che io sia in grado di capire? Comprendo il concetto, ma da qui a valutarne la veridicità.»
«Immagini che io sia in grado di inocularle i ricordi di un'altra persona, in questo caso mi crederebbe?»
«Lo avete già fatto?» domandò cercando di non scomporsi «È un esperimento già provato?»
Argan
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