
̵ Scusate il disturbo. Gianni, che si è girato per uscire e andare alla cabina telefonica, una delle poche ancora in vita, all'angolo con via Principe Eugenio, per fare quella dannata telefonata anonima alla polizia ̵ non ne ha molta voglia, a essere onesti; non piace nemmeno a lui il piano che ha in testa, anche se le sue sono sempre scuse per non agire, in attesa, chissà, che ci sia qualcun altro con le idee più chiare ̵ riconosce dall'impermeabile grigio che indossa l'uomo appena entrato, e senza bussare, pare, che si è fermato sulla porta, con la mano sulla maniglia, a gambe larghe, quasi a voler precludere a chiunque provi la possibilità di fuga, uno dei due che parlottavano vicino all'auto di Sandro. Più che riconoscerlo, lo intuisce. Fin da quel primo mattino, infatti, si stanno susseguendo troppi avvenimenti insoliti, tuttavia concatenati fra loro, parti tutti di un unico diabolico puzzle che si sta componendo, la cui fine, se mai ci arriverà, gli svelerà l'arcano mistero della vita. Li aveva visti da lontano, trenta quaranta metri, ma il colore, il taglio dell'impermeabile che indossano, come aveva detto Tullio, gli avevano ricordato i detective dei film americani. E la loro fisionomia, interpretata, data la distanza, piuttosto che studiata nel dettaglio, gli era rimasta impressa nella mente, così come rimane impressa, dicono, nella pupilla dell'assassinato il volto dell'assassino. Non può che essere uno dei due, quello che si trova adesso davanti. A Gianni, che in quel momento di stasi può guardarlo meglio, non dà per nulla l'impressione che sia un detective, un poliziotto, no di certo. Quindi. Sente un brivido gelato corrergli lungo la schiena dalla cervicale al coccige... Si volta verso Giulia. Lui ha gli occhi dilatati dallo spavento, probabilmente è anche sbiancato in volto. È solo una frazione di secondo, come se il suo girarsi fosse per indirizzare il nuovo arrivato alla responsabile del palazzo. E Giulia nota quel lampo nei suoi occhi, il repentino cambiamento di sfumatura sulle sue guance, quel suo modo tutto particolare di inviarle emozioni che ha imparato a riconoscere sul suo viso. È solo lei che parla, che racconta, che confida il suo bisogno d'amore e quando Gianni tenta di rispondere, le poche volte che lo fa, se lo fa, sopraffatto dal vino, lei fatica a capire. Ci riesce guardandolo negli occhi, appunto, e Gianni, guardandola in quel modo, spera che lei capisca la nuova criticità. Sono là fuori e stanno aspettando il passo falso, le aveva detto poco prima, su in casa. Gianni si sente svenire e si fa schifo. Stringe i denti fino a farli scricchiolare. Un barlume d'orgoglio. L'orgoglio del non fare, non dare soddisfazione alle aspettative degli altri. Reazione contraria a ciò che ci si aspetta da lui. È costretto a indietreggiare per appoggiarsi al tavolo e, nel complesso della scena, quello risulta un movimento del tutto naturale, come se desse agio all'uomo di entrare, di non stare sulla porta, considerata anche l'aria fredda che entra dal portone. Un invito, insomma, un gesto di cortesia. Quasi un'ostentazione di sicurezza. ̵ Dica, prego. Giulia, donna dalla reattività immediata, è più adatta ad affrontare situazioni le più svariate, come questa, in cui i sentimenti non contano. Per lei è basilare solo ed esclusivamente il problema da risolvere, e il prima possibile. È per il lavoro che fa, ovvio. Ogni giorno. Inquilini che entrano e protestano, sparlano alle spalle. Fattorini, postini. Lei è amica di tutti. Il suo volto una maschera che esprime quanto è necessario in quel preciso istante per soddisfare la richiesta preposta. L'uomo è alto e magro, dall'aria distinta, se non fosse per la strana luce negli occhi... occhi di brace... che danno al viso una sfumatura che non si riesce bene a definire e che lasciano chi li guarda con il dubbio se ha di fronte una persona civile con cui si possa dialogare tranquillamente o ci sia invece il rischio di una coltellata alle spalle. ̵ Vorrei sapere, per cortesia, se avete visto entrare nel palazzo, e se lo conoscete, un signore... robusto... sulla sessantina... con una valigetta... diciamo un'oretta fa. Ho un appuntamento con lui, ma è in ritardo, a quanto pare. Mi ha detto di aspettarlo vicino alla sua auto. So che ha un conoscente in questa via e che prima passa sempre a trovarlo. Sto chiedendo in tutti i palazzi qui vicino. È che avrei una certa urgenza. Ha parlato lentamente, facendo una breve pausa a ogni affermazione, non per cercare la definizione giusta, non ce ne sarebbe bisogno, d'altronde è in una portineria, mica in un'aula di tribunale, ma per studiare il loro effetto su i due che ha davanti e che l'hanno subito insospettito. ̵ No, non ho visto nessuno entrare, me ne sarei accorta. E poi, se come dice, questo signore conosce qualcuno in questo palazzo e viene qui spesso, si sarebbe certamente fermato da me un attimo per salutarmi. Spegne lentamente la sigaretta nel portacene, Giulia. Poi si sistema il maglione, un vezzo femminile, per mettersi in ordine di fronte a un uomo elegante, quasi si sentisse in imbarazzo a essere vestita a quel modo. Gianni si sta riprendendo e la consapevolezza di essere in secondo piano, in quel momento, lo rinfranca un po'. Anche se il problema rimane. Il tipo continua a guardare Giulia, con quel sorriso di cortesia stampato sulle labbra sottili. È sulle sue tracce, dunque, anche se non sa con esattezza che è lui l'amico di Sandro. Troppi elementi in gioco e prima o poi ne avrà la conferma. E adesso guarda anche Gianni che per fortuna si è ripreso e gli oppone la sua espressione vuota di ogni passione. Per poi passare alternativamente da l'una all'altro, con una indifferenza studiata, quasi a non voler allarmare; lasciare nel dubbio del capito e il non capito. E Gianni è immobile di fronte a lui, con le mani in tasca, appoggiato al tavolo, che tremano non viste, e non sa quanto potrà resistere in quella posizione. Gli sembra che il tempo si sia fermato. Quel tipo non avrebbe più ragione di restare lì sulla porta, considerato che la sua richiesta di informazioni è stata soddisfatta. ̵ Non so cos'altro dirle, come aiutarla. Giulia è tutta cortesia. Gianni si chiede perché non la smetta di fare la gatta morta, se ha capito o no che quello è uno dei due eccetera, e che quindi prima se ne va, meglio è. ̵ Ciao Giulia. Sulla porta, dietro le spalle del tizio, appare la faccia di una signora di mezza età, ben truccata e curata, tipica delle signore di mezza età che non vogliono invecchiare o rivelare l'età che hanno. È l'amica di Giulia, quella del secondo caffè al mattino, del quarto piano. ̵ Mi scusi, mi scusi, non volevo disturbare. Dice con le sue labbra pitturate di rosso, che adesso allarga ad arte in un sorriso smaliziato. Ha visto l'uomo elegante, sulla porta della portineria, che certamente sta parlando con Giulia. E quindi... ̵ Dimmi Maria, hai bisogno? Giulia va in contro all'amica. Un modo come un altro per far capire al tizio che il suo tempo è finito. Gianni guarda le due donne parlottare, Maria ogni tanto sorride al tizio, che adesso indietreggia e mentre indietreggia guarda Gianni. A Gianni pare che quello sguardo duri un'infinità; poi, finalmente, si volta e se ne va. Sente Maria che chiede a Giulia, Chi è, Chi è, e Giulia che risponde, Uno scocciatore. ̵ Allora vado. Gianni ha ritrovato un po' di forze. Guarda Giulia. Spera si ricordi quanto hanno stabilito poco prima. Giulia gli sorride. Gianni sa che per il momento sarà impegnata con la sua amica a parlare del tizio e poi di lui, del fatto che l'ha lasciato. Certamente glielo avrà già detto che l'ha lasciato e Maria sicuramente le chiederà come mai Gianni si trovasse in portineria, forse che magari si stanno riappacificando? La folata di vento gagliardo che scorre nell'androne scuote Gianni e lo rianima. Troppa tensione e in poco tempo. Non è abituato e soprattutto non ha ancora smaltito i settecentocinquanta ml. di Pinot che sente gorgogliare nello stomaco.
Giovanni Beria
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