
Quando la nostra mente ci mente.
La vita quotidiana è costruita su aspettative, credenze, affermazioni, definizioni della realtà che per il semplice fatto di essere state pronunciate o pensate hanno, per noi, effetti reali. Quest'ultimi possono essere trascurabili o importanti, ma sono, comunque, concreti e hanno la tendenza ad auto realizzarsi se le circostanze lo permettono. Se crediamo che, per il solo fatto di appartenere a un segno zodiacale, la nostra vita sia nata sotto una certa stella e non potrà che avere un certo percorso, questa credenza condizionerà pesantemente il nostro futuro, precludendoci alcune strade e, forse, aprendone altre. Il tutto a conferma dell'oracolo iniziale, incarnato nel segno zodiacale di appartenenza. Se crediamo di essere odiati dalle persone che ci circondano, possiamo adottare una serie di comportamenti che possono innescare reazioni di odio, le quali, a loro volta, possono confermare la nostra credenza originaria. In altre parole, il semplice fatto di credere di esser odiati può causare odio reale. Questo può avere sulla nostra esistenza effetti devastanti. In effetti “gli uomini non rispondono solo agli elementi oggettivi di una situazione, ma anche e a volte, in primo luogo, al significato che la situazione ha per loro. E una volta che essi hanno attribuito un qualunque significato a una situazione, diventa la causa determinante del loro comportamento e di alcune conseguenze di esso” (Rosenthal et al. 1968). L'interesse verso la comprensione dei comportamenti degli individui ha origini antiche. L'essere umano, da sempre, ha indagato la ricerca di legami esistenti tra azioni e comportamenti. La nascita e la diffusione del concetto di bias cognitivi sono riconducibili all'inizio degli anni '70, quando gli psicologi Kahneman e Tversky avviarono il programma di ricerca denominato “Heuristics and bias program”, allo scopo di comprendere in che modo gli esseri umani maturassero decisioni in contesti caratterizzati da incertezza, ambiguità o scarsità delle risorse disponibili. Le evidenze sperimentali accumulate in quel periodo portarono i due autori a sviluppare un nuovo approccio con cui guardare i processi decisionali umani nel tentativo di pervenire a un modello che fosse quanto più rappresentativo del reale comportamento umano e quanto più lontano dall'impronta imposta dagli approcci teorici precedenti. Il contributo rivoluzionario fornito dai due autori fu definitamente riconosciuto nel 2002, quando a Daniel Kahneman fu assegnato il premio Nobel per l'Economia “per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d'incertezza”. Nell'andare a indagare cosa ci sia dentro la nostra mente e la logica che guida le nostre decisioni si è paradossalmente scoperto di quanta irrazionalità ci possa essere durante il nostro processo decisionale. I procedimenti mentali che vengono usati dal sistema cognitivo per dare risposte, prendere decisioni, dare giudizi di fronte a problemi complessi o informazioni incomplete sono chiamati euristiche. Quest'ultime sono scorciatoie mentali, acquisite nel corso dell'evoluzione, che portano a conclusioni veloci con il minimo sforzo cognitivo (Chaiken, 1980; Eagly et al., 1993). Vengono messe in atto in modo inconsapevole, quindi, risultano particolarmente difficili da evitare poiché il soggetto è in grado di accorgersi solo a posteriori di averle concretamente utilizzate in fase decisionale e di scelta (Kahneman et al., 1981). Le euristiche se applicate in un contesto non adeguato possono farci commettere errori gravi e sistematici, i bias. Quest'ultime sono euristiche inefficaci, sono errori cognitivi che impattano nella vita di tutti i giorni, non solo su decisioni e comportamenti, ma anche sui processi di pensiero. I bias cognitivi ci spiegano che i nostri comportamenti non sono per nulla razionali come vorremmo che fossero. Allo stesso tempo ci evidenziano come, anche lo sbaglio più stupido, talvolta, nasce da un meccanismo mentale che, studiato dall'esterno, ci appare curioso e stupefacente. Lo studio delle euristiche ha coinvolto campi della psicologia talvolta affini tra loro, dall'analisi dei processi di pensiero al problem solving (Mariani, 2009), dall'intelligenza artificiale alle espressioni di giudizio e di decisione (Groner et al., 1983). La psicologia è una scienza in grado di offrire spiegazioni a una serie di eventi che si verificano tutti i giorni. Le nostre scelte nascono dall'interazione di sistemi cognitivi di diversa natura. Elaborare, ordinare, analizzare e integrare l'informazione con i nostri schemi, per dare poi una risposta, è un processo talmente lento e stancante che potrebbe esaurire le nostre risorse mentali. Il pensiero complesso richiede uno sforzo e, quando si tratta di scegliere tra due strade, il nostro cervello di solito opta per quella più semplice. Nel suo libro più celebre, “Pensieri lenti e veloci” (2012), Daniel Kahneman mette in evidenza la contrapposizione tra i pensieri impulsivi e inconsapevoli e quelli più razionali. Nel primo caso il ragionamento porta a una soluzione attraverso l'intuito e la conoscenza dei dati, nel secondo caso, invece, si valida l'idea attraverso verifiche. Da questo confronto vengono teorizzati da Kahneman due sistemi mentali: - Sistema 1: è un processo di pensiero intuitivo che opera rapidamente senza uno sforzo cosciente. È il più antico ed è in comune con altri animali. Ci aiuta ad adattarci meglio alle richieste dell'ambiente in modo più flessibile e rapido. Ci permette di affrontare la vita con una sorta di pilota automatico. Si basa su istinti, emozioni e stereotipi. Spesso è influenzato dall'ambiente circostante. Le euristiche appartengono a questo sistema. I bias sono gli errori che si verificano quando le euristiche del sistema ci fanno cadere in una realtà distorta; - Sistema 2: è un processo di pensiero più logico, critico e cosciente, che opera più lentamente e richiede uno sforzo cognitivo. Questo tipo di pensiero coinvolge la riflessione e l'analisi. È spesso utilizzato per problemi complessi che richiedono attenzione e concentrazione. Da un punto di vista evolutivo è molto più recente. Non si attiva in modo automatico come il sistema 1 ma, con la nostra volontà. Corrisponde a circa il 5% della nostra attività cerebrale. Secondo Kahneman, entrambi i sistemi sono coinvolti nel processo decisionale umano ma, il sistema 1 tende a essere dominante, portando spesso a errori di giudizio e valutazione. Comprendere i due sistemi può aiutarci a prendere decisioni più consapevoli e razionali, riducendo così le probabilità di cadere in trappole cognitive. Ogni volta che esprimiamo un giudizio o prendiamo delle decisioni, anche quando ci sforziamo di essere il più razionali possibile, siamo soggetti a una serie di meccanismi mentali viziati, che influenzano in diversa misura il contenuto delle nostre decisioni. Questo riguarda tutti, in qualsiasi contesto di vita. La pubblicità, le imprese, la cultura si sono fatte eco di questi effetti psicologici in cui di solito cadiamo e hanno puntato su di essi come metodo per migliorare le vendite. Che possibilità ci sono per arrestare queste distorsioni del pensiero? L'essere umano è per sua natura imperfetto. La nostra mente e la nostra percezione ci influenzano costantemente. Possiamo, però, cercare di analizzare meglio le situazioni e con più lucidità, prima di prendere una decisione o esprimere un giudizio. I bias non sono così sconosciuti. Nel corso degli anni ne sono stati codificati a centinaia e raccolti, a loro volta in diverse categorie. Conoscerli significa anche riconoscersi in molti di essi. La mente umana, adattiva, pigra e selettiva innesca i bias per contrastare i problemi che si verificano di continuo, conseguenza delle circa 35.000 decisioni quotidiane alle quali il nostro cervello è chiamato a rispondere. I bias, codificati fino a ora, sono stati raggruppati in quattro macrocategorie: - Quelli che cercano di dare un senso al mondo: siamo abituati a prendere delle informazioni sparse, a metterle insieme e a costruire un senso apparentemente logico; - Quelli che ci aiutano a filtrare le informazioni: questi meccanismi sono sempre esistiti, ma oggi, nell'era dell'informazione, hanno un'importanza maggiore; - Quelli che ci suggeriscono le cose che dovremmo ricordare e quelle che possiamo dimenticare: noi preferiamo memorizzare le generalizzazioni piuttosto che i dettagli specifici. In parte è una nostra necessità fisiologica, per non dover ricordare troppe cose, ma questo meccanismo ci porta purtroppo a ragionare spesso per stereotipi; - Quelli che ci permettono di agire anche quando non abbiamo i mezzi per farlo con assoluta certezza: sono rappresentati da tutti quei meccanismi che ci permettono di prendere una decisione anche quando non abbiamo abbastanza informazioni per essere certi di scegliere quella giusta. Come possiamo difenderci dall'utilizzo di queste scappatoie da parte della nostra mente? Se i meccanismi inconsci producono i maggiori effetti dove meno te li aspetti, converrà imparare a identificare e a prevedere i contesti in cui si manifesteranno. Quando fidarci delle nostre intuizioni e quando diffidarne, come vedremo, è qualcosa che si può imparare. L'errore d'intuizione non è infatti frutto del caso ma di processi cognitivi sistematici di cui quegli stessi errori sono i più affidabili indicatori diagnostici. È una macchina quasi perfetta il nostro cervello, e il margine d'imperfezione può essere significativamente ridotto attraverso un sano esercizio critico. Questo libro si propone come una breve guida, che mostra fino a che punto siamo programmati per commettere gli errori più comuni che fa la nostra mente. Lo fa partendo da casi concreti tratti dalla nostra vita quotidiana e descrivendo le più rilevanti indagini psicologiche effettuate negli ultimi decenni. Si potrà così apprezzare la forza dei meccanismi cognitivi che portano una previsione infondata a produrre effetti tangibili nella nostra vita. Ogni scelta che facciamo ci può condizionare fortemente. Benjamin Franklin affermava: “Ci sono tre cose estremamente dure: l'acciaio, i diamanti e conoscere sé stessi”.
Vincenzo Adamo
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