
Svegliati pure, cara... Svegliati pure, cara... Cara... Delisa aprì gli occhi all'improvviso: la prima cosa che vide fu il soffitto della stanza in cui si trovava che emetteva strani bagliori, ma poi si accorse che erano solo una sorta di faretti che emanavano luci chiare. Era sdraiata su un letto, fra lenzuola fresche e profumate di pulito. Girò la testa notando che qualcuno si stava muovendo nella stanza. Notò una donna, di spalle, che aveva dei capelli così biondi che sembravano quasi bianchi, raccolti in una particolare acconciatura a forma di rosa. Era vestita come la ragazza del suo sogno, con una tuta color indaco e stava manovrando su una sorta di computer dallo schermo piatto ma trasparente. I muri della stanza erano colorati e s'illuminavano a intermittenza creando un gioco di luci. C'era un'atmosfera surreale e nell'aria un odore dolciastro ma gradevole che lei non aveva mai sentito prima. «Scusa...?» La voce le uscì appena percettibile. Credeva ancora di sognare, ma si sentiva talmente scombussolata e confusa che capì che stavolta era tutto vero. La donna si girò di scatto e Delisa vide un viso giovane e una carnagione chiarissima illuminata da due occhi cerulei e bellissimi. «Ha ripreso conoscenza, signora Samori, molto bene» disse. «Aspettavamo con ansia. Avverto subito la dottoressa». La ragazza si diresse verso l'uscita a porta automatica della stanza. «Dove siamo?» Volle sapere Delisa. «In ospedale» rispose l'altra. «Io sono Ivy, una delle sue infermiere» si presentò, quindi uscì. Era sempre più confusa. L'odore che avvertiva non era per nulla somigliante a quello dei disinfettanti che solitamente si avvertiva negli ospedali. Notò dei fili trasparenti che, fissati in varie parti del suo corpo, erano collegati a dei macchinari presenti nella stanza. Dalla forma di questi capì che si trattava di tecnologia molto avanzata. Non aveva mai visto una stanza d'ospedale come quella: il letto era grande e comodissimo; c'era un tavolo laccato bianco con due sedie moderne ma eleganti e vicino alla finestra due poltrone foderate di una stoffa rossa, effetto metal. Sembrava la suite di un hotel. Dietro una porta a vetri trasparente c'era il bagno privato. Ai piedi del letto era steso un tappeto a forma di pesce addirittura brillantato. Poco dopo, la porta automatica si riaprì e rientrò Ivy assieme ad altre due donne. Una, più anziana, indossava la stessa tuta indaco e portava i capelli corti, brizzolati e pettinati all'insù. Aveva un viso disteso e, nonostante l'età, perfettamente truccato. L'altra era Vicky, la ragazza del sogno. «Ti conosco!» Esclamò Delisa. La più anziana si girò verso Vicky, con aria interrogativa. «Vicky cara» esordì «devo dedurre che hai nuovamente usato la Dream Machine senza chiedermi il permesso» aggiunse, ma senza rimprovero. La ragazza arrossì per l'imbarazzo e non disse nulla. «Dottoressa, non la sgridi» intervenne Ivy, in sua difesa. «Probabilmente Vicky stava solo monitorando i sogni della paziente, come ci ha detto di fare lei, per essere sicura che a livello cerebrale fosse tutto nella norma». «Certo, ma non avevo dato l'autorizzazione di usare il tasto “partecipa”. Si vede che la nostra Vicky si è lasciata prendere troppo dalla curiosità. Pazienza» sospirò la dottoressa. «Piuttosto, veniamo a noi». Si girò a guardare Delisa. «Signora Samori, noto con piacere che ha ripreso perfettamente conoscenza e che i suoi parametri vitali sono buoni. Ovviamente per ora non si può alzare dal letto, ci vorranno ancora giorni di terapie...» «Parametri vitali?» Ripeté Delisa, smarrita. «Signora Samori, lei è stata risvegliata dopo uno stato d'ibernazione a una temperatura di meno 195 gradi e in questo momento si trova nella Stanza della Resurrezione numero tre sita nel reparto “Dolcerisveglio” del Luxury Hospital di Rimini». Delisa ebbe la sensazione di cadere nel vuoto. «Cooosa?» Subito dopo ricordò lo sparo, il proiettile che la perforava. Ebbe un brivido e ricadde fra i cuscini del letto. Cercò con la mano il punto del basso ventre in cui era stata colpita e avvertì un senso di nausea che però svanì in pochi istanti. «Il proiettile le fu rimosso in sala operatoria quello stesso giorno, ma purtroppo non si riuscì a fermare la forte emorragia. Era stata lesionata un'arteria importante, quella femorale» iniziò a spiegare la dottoressa. «Lei morì alle 10:42 del 27 novembre 2018 e la sua salma fu presa subito in carico dalla Kryogenic Spa, la società con cui lei aveva, da alcuni anni, firmato un contratto per conservare il suo corpo in stato di ibernazione finché non si fossero trovate tecnologie in grado di riportare in vita le persone decedute. Ricorda ora? Inoltre, prima del suo risveglio, l'arteria lesionata è stata suturata con l'ausilio di tecniche chirurgiche avanzate e ne abbiamo ripristinato tutte le normali funzioni». Delisa adesso ricordava. Tornò con la mente alla cena con Claudio la sera prima della tragedia, e ripensò al disappunto del fratello sulla sua decisione di essere ibernata dopo la morte. «Ora lei si trova nel Ventiduesimo secolo, precisamente nell'anno 2152. Io sono la dottoressa Rubina, caporeparto e primario di Chirurgia Rigenerativa, mentre queste» indicò le ragazze «sono le mie infermiere Vicky e Ivy, che si occuperanno di lei e della sua riabilitazione». Delisa non sapeva se essere felice o incredula. Erano passati centotrentaquattro anni, il suo sogno di vedere il futuro si era avverato. Capì che il suo cervello, dal momento in cui era uscito dallo stato d'ibernazione, aveva fatto un percorso inverso: morte, coma, sogno, risveglio. Era davvero straordinario. Pensò, tuttavia, anche al fatto che le persone a lei più care, essendo trascorso oltre un secolo, erano sicuramente tutte morte e non le avrebbe mai più riviste. Questo bastò a farla passare da uno stato di gioia passeggera ad uno di tristezza e nostalgia. Francesco, sua madre, Claudio... come avevano vissuto dopo la sua morte? E soprattutto, cosa era successo negli anni successivi? «Dottoressa, potrei sapere se i miei famigliari, dopo la mia morte, hanno lasciato messaggi da farmi recapitare in caso mi fossi risvegliata?» Delisa, conoscendo sia Claudio che sua madre, era convinta di sì. «Purtroppo non abbiamo notizie dei suoi famigliari, mi dispiace» rispose la donna, lasciando Delisa nello sconforto più totale. «Ma ne è sicura?!» «Anche se avessero lasciato dei messaggi o videomessaggi, credo che questo materiale sia andato ormai perduto, o almeno noi non possediamo nulla. L'unica cosa che ci è stata consegnata dalla Kryogenic è una cassetta con dei suoi effetti personali che furono raccolti prima che il suo corpo venisse messo in ibernazione. Gliela faremo avere fra breve». Le due infermiere se ne stavano in silenzio col capo chino. «Mi dica, dottoressa... Per caso c'è stata una guerra o un altro evento catastrofico? Ho fatto proprio un sogno del genere mentre non ero cosciente... Ivy e Vicky cambiarono immediatamente espressione e divennero da tristi a serie. La dottoressa Rubina invece restò composta. «Gli incubi che lei ha avuto non erano reali, stia tranquilla» la rassicurò. La cassetta con i suoi oggetti personali le venne consegnata da Ivy. Era una scatola bianca che si apriva solamente inserendo l'impronta digitale. Ivy spiegò a Delisa che le combinazioni numeriche usate per gran parte del Ventunesimo secolo erano state rimpiazzate, da diverso tempo, dal riconoscimento oculare e così anche le password di PC e altri dispositivi. La cassetta dove la Kryogenic Spa aveva raccolto i suoi oggetti era una delle poche rimaste ad aprirsi con l'impronta digitale. Si ricordò, infatti, che quando aveva firmato il contratto con la società le fu chiesto di rilasciare l'impronta che sarebbe servita, in seguito, come password per poter accedere ai suoi effetti personali dopo un suo ipotetico risveglio. Delisa appoggiò il dito indice nell'insenatura apposita e quella scatola rimasta chiusa per più di cento anni si aprì subito con un crick. La prima cosa che trovò fu il suo vecchio smartphone della Samsung. Pensò che non fosse neppure possibile riaccenderlo. Notò qualcosa che brillava e con sua grande sorpresa si accorse che si trattava del suo inseparabile ciondolo...
Milena Rega
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