
Sotto il cielo di Vallefiorita.
«Mi racconti una storia?» Gli occhioni verdi luccicavano nella penombra della sera mentre stringeva tra le braccia il suo orsacchiotto di peluche dal quale non si separava mai. Aveva un gilet di stoffa rossa decorata e bottoncini abbinati. Gli occhietti neri e lucenti le infondevano sicurezza. «Quale vuoi che ti racconti?» Sorrise dolcemente sapendo già che quelle che lei voleva ascoltare non erano le solite storie che chiede la maggior parte dei bambini, non erano le favole che iniziavano con "C'era una volta..." «Mmm, quella delle mele e dei serpenti.» Dopo aver affondato la testa nel cuscino, sul quale i suoi capelli biondi si diramavano in morbide onde, ascoltò attenta come sempre, e soprattutto, immaginando ogni cosa. Immaginando sua mamma bambina proprio come era lei adesso. Immaginandola coi capelli scompigliati e le guance arrossate dal sole mentre correva a piedi nudi sull'erba... Aveva sentito quelle storie tante e tante volte ma quando le riascoltava era sempre come se fosse la prima volta. Erano racconti semplici di una vita in campagna, difficile e bellissima nel contempo. Erano i racconti di quando sua mamma era bambina. E con i suoi racconti lei si addormentava, li avrebbe impressi nella sua mente e li avrebbe custoditi gelosamente nel suo “mondo dei ricordi”. «Dormi adesso.» La baciò stringendola con calore a sé. «Buonanotte mamma».
Vallefiorita-Ritorno
Rosmari, distesa sull'erba ai piedi di una bellissima quercia secolare, chiuse gli occhi. Per alcuni secondi le rimase impressa dietro le palpebre l'ultima immagine vista: rami intrecciati colmi di foglie. E quelle fronde come sospese sopra la sua testa, sembravano fluttuare. Dopo pochi attimi l'immagine svanì per cedere il posto a giochi di luci rosso-arancioni e a ombre tremolanti. Poi il suo pensiero si concentrò sull'aria dolce che allietava le sue narici avide di quel profumo. Che buon odore ha la natura! Pensò inspirando a pieni polmoni mentre sorrideva compiaciuta della posizione comoda che aveva guadagnato. La sua esile figura ben si amalgamava al mondo circostante. I suoi capelli mossi e ribelli si armonizzavano col movimento delle fronde. Si sentiva leggera e parte di un mondo invisibile dove le sensazioni pulsavano forti dentro di lei. Il venticello sul viso era come una prolungata carezza, sopra di lei quella chioma folta le infondeva sicurezza, il fruscìo delle fronde che ondeggiavano lievi parevano sussurrarle qualcosa... Ed ecco che alle sue orecchie arrivavano storie di tempi lontani e di persone che una volta abitavano quei luoghi... Diverse volte durante le sue passeggiate, le era capitato e le capitava di imbattersi in qualche vecchio rudere, in resti di vecchie case disabitate da tempo. E sempre, ogni volta, sentiva forte il desiderio irresistibile di toccare quelle mura, di poter aprire quelle vecchie porte di legno cigolanti e sbirciare al loro interno... Spesso le case erano quasi completamente vuote ma di tanto in tanto, in alcune, le era capitato di trovarvi vecchi mobili o parti di essi ormai danneggiati dal tempo con ancora delle stoviglie: qualche tegame, magari anche una caffettiera, dei bicchieri e delle tazzine. A volte c'erano posate sparse sul pavimento, cocci di piatti, cianfrusaglie varie nei cassetti semi aperti, indumenti negli armadi dalle ante sbilenche, qualche cappello, una cintura. E poi c'erano cantine con canestre, setacci, fiaschi impagliati e botti. E c'erano stalle con ancora alcuni attrezzi da campagna, vanghe, zappe e forconi ormai corrosi dalla ruggine e col manico di legno ricurvo per l'umidità accumulata nel tempo. Rimasti lì dall'ultima volta che il proprietario li aveva riposti dopo averli utilizzati, erano appoggiati alle pareti. E quegli oggetti sospesi nel tempo parevano quasi in attesa che qualcuno potesse da un momento all'altro ritornare a imbracciarli per riprendere un lavoro interrotto tanto, tanto tempo addietro. E c'erano vecchi camini in pietra con ancora la cenere annerita... Quanti avvenimenti erano stati raccontati davanti a quei fuochi ardenti e vibranti, quante persone quelle fiamme avevano riscaldato, di quante storie quelle ceneri conservavano ancora memoria. Ma per Rosmari tutti quei resti non erano semplici cose... Erano oggetti dai quali sentiva trapelare una forte energia, erano oggetti che parlavano di una vita passata ormai silenziosa. I vecchi ruderi li aveva sempre trovati irresistibili fin da bambina quando in punta di piedi e con fare ossequioso - quasi a non voler disturbare il ricordo degli abitanti di quelle antiche dimore - saliva le vecchie gradinate e, con occhi curiosi e trepidanti, guardava attraverso finestre sgangherate dal legno usurato e ingrigito dal tempo. A lei bastava sfiorare un vecchio muro in pietra per avvertire come un formicolio che dalle dita si propagava nel suo corpo. Avvertiva allora calore e un insieme di sensazioni e sentimenti a volte anche contrastanti come euforia e tenerezza o malinconia e disagio. Ciò che per gli altri erano ammassi di pietre di vecchie case, per Rosmari erano un mondo da scoprire, riscoprire e da rivivere... perché se chiudeva gli occhi poteva ritrovarsi in un attimo là dove quegli oggetti la portavano e in un passato reale e tangibile come non mai. A onor del vero aveva da sempre avuto una fervida immaginazione, come quando si ritrovava a fendere i flutti di mari impervi per raggiungere isole deserte alla ricerca di tesori - con una semplice barchetta di carta costruita delle sue dimensioni e rivestita di scotch per renderla impermeabile - o come quando pensava di poter raggiungere la luna con un'ampolla per pesciolini in testa e un'astronave costruita sempre di carta ma questa volta ricoperta di carta stagnola. In quel caso si limitò a costruire un piccolo prototipo, un modellino alto un'ottantina di centimetri. Tutto questo quando era una bimbetta di soli sette-otto anni ancora ignara delle leggi della fisica e di tutte quelle che regolano l'intero universo. Quanta fantasia allora. Ma adesso, adesso non era solo quello, lei lo sapeva. Lo sentiva. Ed ecco che quelle dimore che visitava e quegli oggetti che toccava, le parlavano di serate intorno a fuochi ardenti, di bambini e mamme e nonni, di persone che in un'epoca lontana avevano reso vivi quei luoghi. E allora si materializzava quel tempo andato, ogni cosa prendeva forma e ritornavano i suoni e i profumi... Ora, quelle persone di un tempo passato non c'erano più ...ma non per lei! ... I raggi del sole a tratti si facevano spazio tra i ramoscelli più esili che ondeggiavano leggeri all'estremità della verdeggiante chioma come l'orlo di un'ampia sottana. Rosmari riaprì gli occhi. Uno sfavillio dorato vivacizzò i suoi occhi verdi, occhi curiosi sempre pronti a sorprendersi e a scrutare cieli infiniti e orizzonti lontani. Era ritornata in quel luogo a lei così caro... e si sentiva serena. Cullata dal vento lieve e abbracciata dalla terra, rimase ancora distesa lasciando che lo sguardo accarezzasse ogni cosa, e delicatamente fece scorrere più volte tra le dita i ciuffi d'erba che incorniciavano la sagoma del suo corpo. Erano morbidi al tatto e freschi. Sentì poi le palpebre farsi dolcemente pesanti e sforzandosi cercò di tenerle aperte. Voleva opporsi e non cedere a quella piacevole sensazione di abbandono per assaporare ogni istante e godere di ogni vista. Ma il richiamo era forte ... Iniziò allora a pensare e a ricordare per tenere sveglia la mente ma scivolò inconsapevolmente nell'oblio e si addormentò. E così in un batter di ciglia si ritrovò a viaggiare in quel mondo fatto di storie di tempi lontani ...
Rosaria Manco
|