
Il Villaggio dell'Orrore.
Prefettura di Nagano, Giappone 3 giugno 1995, ore 23 e 06
La pioggia non smetteva di battere quella sera, anzi si può dire che l'intensità aumentasse a ogni secondo, o almeno così sembrava all'ispettore di polizia Maeda mentre usciva dall'auto d'ordinanza. Un suo subordinato gli corse incontro sotto l'acquazzone con un ombrello nero, ma bastò una raffica di vento e quel prezioso oggetto si ruppe. Maeda imprecò e fece cenno al sottoposto che non serviva più, gli bastava il suo impermeabile beige da cui non si separava mai, solo quando faceva molto caldo, tanto che fra di loro sottoposti e superiori lo chiamavano Bogart. In effetti un pò gli somigliava fisicamente, ma non di carattere e nei modi: alla fine era solo l'ennesimo poliziotto prossimo alla pensione, sempre se ci sarebbe arrivato vivo, se non gli sparavano prima o non lo uccideva un qualche malaccio. Contava di stare in ufficio, a controllare il lavoro dei suoi sottoposti, come un monarca nel suo regno, tra furti, omicidi e immigrazione clandestina. Ma quel giorno di pioggia, quel dannato giorno fu chiamato anche lui, e quando seppe chi era presente, capì che si trattava di qualcosa di grosso, molto, molto grosso. In un'ora raggiunsero la stazione di polizia del luogo, un paesino di appena 42 anime, dove si parlava una specie di dialetto incomprensibile persino per Maeda, che veniva da una famiglia di Nagano da generazioni. Quando entrarono nell'edificio, furono accolti da due ufficiali con degli asciugamani che sembravano fatti di cartone, gli venne offerta del tè caldo, ma lui rifiutò, allora lo accompagnarono negli uffici e trovò il caos. La stanza non era molto ampia, e a parte i tre subordinati incontrati, vi erano altri due colleghi, il commissario Aoki e il vice commissario Tajima: il primo basso, con il riporto e i baffetti, dal carattere ombroso e spesso sospettoso. Tajima, invece era l'opposto: tutto d'un pezzo, con il viso affilato, ma quella sera quei due avevano l'espressione di chi ha visto giorni migliori. «Che succede, avete visto un fantasma?» fece Maeda con un sorrisetto beffardo che poi ritirò subito, notando che non avevano uno sguardo sereno, cioè sapeva di avere un umorismo schifoso, ma notò subito una tensione nell'aria che si tagliava con un coltello, poi vide altre due persone: il sovrintendente Miyama, con la barbetta incolta, sembrava una versione slanciata e più giovane di Takeshi Kitano, il secondo era una persona che conosceva fin troppo bene, era un civile, un politico di nome Sasaki, originario di Tokyo, un uomo viscido e da prendere a schiaffi dal mattino alla sera. Anche perché si era sposato con l'ex moglie di Maeda... Finiti i convenevoli, Miyama presentò il problema al nuovo arrivato «Circa un anno fa, fu segnalata la scomparsa di alcuni giovani ragazzi del luogo, mai più trovati. Si pensò ad una fuga da casa, finché non scomparvero altri tre paesani, stavolta adulti, di cui solo tempo dopo furono ritrovati i corpi. Dai primi esami sembravano essere stati aggrediti da degli animali feroci, probabilmente cani randagi, ma gli accertamenti dimostrarono che si trattava dei morsi di maiali o di cinghiali, anche se molto grossi, più del normale. In seguito furono ritrovati i cadaveri, o parte di essi, dei cinque ragazzi scomparsi, con segni simili, anche se furono rinvenuti segni di “presenza” umana, fra cui un livido a forma di mano sul braccio di una delle vittime» e mostrò le foto di un arto mozzato con il livido vistoso di una mano, come se avessero stretto con una forza inaudita la carne della vittima, Maeda cercò di resistere dal vomitare, era sempre stato uno stomaco delicato, ma sapeva essere ligio al dovere «Impronte?» chiese ridando indietro la foto «Solo alcune, ma non sono schedate» continuò Miyama «In seguito, circa una settimana fa, arrivò la denuncia da parte del paese vicino, della scomparsa di tutti gli abitanti del luogo, animali esclusi», stavolta Maeda sgranò gli occhi «Come prego?», «Tre giorni prima il paese era gremito di vita, nonostante le indagini in corso, poi alla fine, dopo una tempesta durata due giorni, sono scomparsi tutti!» «In che senso?», Aoki sospirò «In questo senso...» e mostrò delle fotografie: vi erano stanze piene di sangue, segni di mani insanguinate sui muri, mobili rovesciati, ma nessun corpo. Maeda sbiancò, sembrava la scena di un film dell'orrore, ma non vi erano tracce di corpi «Dall'alto ci chiedono di mantenere il segreto su quanto è successo» «E cosa è successo, dannazione!?» chiese Maeda, «Ancora non lo sappiamo» fece Sasaki, poi la porta si aprì all'improvviso e apparve un poliziotto bagnato fradicio da capo a piedi, «Stavo ispezionando una casa, come da ordini, e ho trovato qualcosa» e mostrò un sacchetto contenente dei quaderni «Perché non li hai dati alla scientifica?» chiese la Tajima, il sottoposto aveva il volto sbiancato, come se avesse assistito a qualcosa di assurdo «...sono dei diari di uno dei poliziotti del villaggio e...e...» il poliziotto fissava i suoi superiori con l'aria spaventata, poi fu ringraziato e rimesso al lavoro. Tajima si mise i guanti e tirò fuori i quaderni: erano una decina, di vari colori, ma tutti avevano una targhetta con su scritta la data, prese quello di quando iniziarono le scomparse e cominciò a leggere «Sette maggio...
07/05
Ho finalmente iniziato la mia nuova vita in questo villaggio, un paesino di appena 42 anime, come funzionario della polizia del luogo. Assieme a me ci sono i senpai Hakai e Shizuma, miei superiori in grado, Hakai anche in avanzata età. Il paese non è male: per quanto siamo sotto una montagna, la gente è solare e cordiale, diversamente da quanto si dica. Mia madre mi ha sempre detto “Stai attento agli abitanti dei villaggi, che son cattivi”, ma no, non a qui, dove la mattina la signora Himura, un'amabile vecchietta in yukata, mi saluta mentre annaffia le sue piante, e il sacerdote del tempio shintoista, Saitou, che saluta con un bel sorriso mentre parla del più e del meno con il sindaco. I giovani che si dirigono a scuola in bicicletta. Un unico negozio del paese, nella piazza centrale, che funge da ritrovo per gli anziani, i bambini che giocano mentre le mamme li rimproverano di non correre troppo. È un paradiso in terra, un luogo perfetto, lontano dalle grandi città, e magari è qui che mi piacerebbe trasferirmi il giorno della pensione. E...
«Potrebbe arrivare al dunque?» fece Aoki spazientito, Tajima lo guardò stizzito e fece scorrere le pagine del diario, poi si bloccò «Ecco, c'è qualcosa: dieci settembre...
10/09
Sono scomparsi tre anziani, settimane dopo i cinque ragazzi e la cosa sta innervosendo Shizuma, che ripete a pappagallo qualcosa su un sogno ricorrente: una ragazza nella nebbia e le urla dei maiali nel mattatoio (il vecchio mattatoio fuori dal paese, bruciato in un incidente nel 1951). Ma sono solo sogni, dice il sacerdote, anche se, quando in lacrime gli raccontò di quel sogno terrificante, io ero presente: il vecchio sussultò, come se sapesse qualcosa, qualcosa di oscuro.
Tajima passò qualche pagina, poi ricominciò:
15/09
Ho passato la notte a pensare a quello che ha raccontato il collega. Il giorno dopo sono andato a fare la spesa al negozio e ho sentito due persone parlare sottovoce del sogno di Shizuma. Ma come lo sapevano? Forse perché nei piccoli borghi tutti sanno tutto di tutti? Ho provato ad investigare, ma se provo a parlarne con qualcuno, questi gira la testa dall'altra parte. Ho provato a parlarne con Hakai, ma lui ridacchiando mi ha risposto «Ha solo avuto un incubo, niente di che...»
20/09
È successo qualcosa di terribile: Shizuma si è suicidato, impiccandosi nella sua stanza. La sera prima l'avevo visto ubriaco per le strade del paese, che rideva e piangeva perché non riusciva più a dormire da giorni. L'accompagnai a casa, notando che nessuno l'aiutava, anzi sembravano aver paura di lui. Fu trovato dal sacerdote, che era andato per vedere come stesse. È ancora sotto shock... La cosa più sconvolgente è il viso di Shizuma: scarno, smunto, con delle vistose occhiaie, cosa che non aveva la sera prima. La salma fu rispedita a Nagano per i funerali.
30/09
L'orrore. Abbiamo trovato la macchina dei cinque ragazzi scomparsi in una scarpata: è stata letteralmente squartata, come una scatoletta di tonno aperta con un apriscatole usato da un folle, e dentro è piena di sangue. Ci sono tagli sui sedili grigi, ora macchiati di rosso, nero e marrone, no, non tagli, ma veri e propri squarci, come se una bestia feroce si fosse accanita su quella macchina, o chi la occupava. Poi il ritrovamento del corpo di uno dei ragazzi, anzi, del braccio, che secondo il medico legale era stato senza dubbio staccato a morsi da un cinghiale o un maiale selvatico. Non ho parole per tanto orrore...
Nero Profondo (Gioiana Nardi)
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