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Autore: Ambra C.
Sola
Narrativa
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Sola

Ambra.

Tutto ebbe inizio una fredda mattina dell'anno 1973, quando mamma Clara e papà Adelmo diedero alla luce la piccola Ambra. Clara era molto bella, e col passare degli anni lo rimase. Sorrideva molto, aveva poche ambizioni nella vita, il suo unico hobby era la pulizia della casa, al punto da esagerare.
Passava intere giornate a non far altro: pulire, pulire, pulire... e null'altro.
Si sposò giovanissima, proveniva da una famiglia povera e numerosa. Nonna Lucia cucì per lei, per le sue nozze, un abito di pizzo, bellissimo. Una volta diventata la sposa di papà Adelmo, mamma si trasferì dalla campagna alla grande città.
Adelmo non le fece mai mancare nulla, le diede tutto ciò che lei voleva, materialmente, ma non le diede mai amore. Quello con la “A” maiuscola, quello vero. Nonostante ciò fu un buon marito, a suo modo. Ma non un buon padre per Ambra.
Anche papà proveniva da una famiglia numerosa, di campagna. Giovanissimo approdò per lavoro in una grande città del nord. Si sposarono, ebbero tre figli, uno morì a poche ore dal parto. Furono felici.
La piccola Ambra venne alla luce il 19 dicembre 1973 alle ore 13:00. Era una bimba non tanto bella, la sua infanzia fu tranquilla, serena. Papà e mamma prediligevano la primogenita, Rita.
Rita aveva 3 anni in più di Ambra, aveva lunghi capelli biondi che mamma raccoglieva con preziosi fiocchi di seta, aveva gli occhi azzurri, era piccola e gracile, la gioia della famiglia.
Tutti coccolavano Rita, tutti complimentavano Rita per la sua bellezza, Ambra era nell'ombra. Un po' un brutto anatroccolo. Capelli scuri, corti corti, che mamma non faceva mai allungare. Chissà perché, Ambra se lo chiese sempre, ma non seppe darsi una risposta. Lei veniva vestita da maschietto, con lunghi pantaloni e grandi pullover, così crebbe un po' un maschiaccio.
Giocava solo con i maschietti, le bambine preferivano allontanarla. Così Ambra visse la sua infanzia, in cortile con i bimbi più grandi, a raccogliere ciliegie sugli alberi, ad ascoltare continuamente nel suo giradischi giallo “Furia cavallo del west” di Mal.
Sognava Ambra, sognava che un giorno sarebbe diventata grande, bella e avrebbe sposato Mal, un famoso cantante di quel tempo. Sognava. Ambra giocava con la Barbie, con i soldatini, con i mandarini e cresceva.
Così un bel giorno, quella che fu brutto anatroccolo, come nelle fiabe, divenne un bel cigno, una bella ragazza.
Aveva 13 anni. I capelli non furono più tagliati, ma cominciarono a crescere, lunghi e ricci, e schiarirono.
Iniziò ad indossare abiti femminili che portava con grazia, e quelli maschili vennero messi dentro al dimenticatoio.
Ambra studiava, era una ragazzina deliziosa, modello. Sognava, sognava molto.
Il suo sogno più ardito era vedersi un prestigioso avvocato, un giorno. Già, il fatidico sogno nel cassetto che ognuno di noi racchiude, il primo grande sogno. Ma i sogni a volte vengono infranti purtroppo, e così fu per Ambra.
Un triste giorno Ambra tornò da scuola e mamma le fece una bella sorpresa, già, veramente bella.
La prima tra le più brutte della sua vita: le annunciò il suo fidanzamento. Questa ragazzina che giocava ancora con la Barbie, che sognava un giorno la toga nera, si vide fidanzata con un uomo più grande di lei di 12 anni, un uomo che lei mai pensava potesse un giorno diventare suo marito.
Quel giorno la vita di Ambra finì di esistere, per lei iniziò l'inferno. Piangeva, si disperava, supplicava, gridava aiuto.
Niente. Nessuno la ascoltò. Nessuno la aiutò.
Il fidanzamento ci fu e ci fu pure l'addio alla scuola, allo studio, al sogno di diventare avvocato. Ambra non sarebbe mai diventata un avvocato.
Avevano spezzato le ali a questa ragazzina, lei che si sentiva una farfalla, lei che voleva volare lontano, leggera, desiderava spiccare il volo.
Ma non fu possibile, quelle ali si spezzarono, così ad Ambra non fu possibile volare.
Arrivarono anche gli assistenti sociali che dissero di far tornare Ambra a scuola, ma non fecero nulla perché ciò avvenisse. Nei tre anni di fidanzamento precedenti il matrimonio tra Ambra e lui, l'orco cattivo, non ci fu niente.
Proprio niente. Non un bacio, un abbraccio, una carezza, nulla.
Mamma portò Ambra da un dottore, perché lei rifiutava questo fidanzamento, accusandola di essere pazza o lesbica.
Ambra non fece che piangere, piangere, piangere.
L'orco cattivo viveva la sua vita, la sera rientrava a casa, cenava da Ambra e dopo andava via.
Ambra doveva cucinare quotidianamente per l'orco cattivo, doveva mantenere pulita la sua biancheria e occuparsi di lui.
Così una ragazzina dai tredici ai sedici anni visse la sua adolescenza. Lavando, stirando e preparando pietanze per l'orco cattivo. E se si rifiutava erano botte.
Tutti i sogni di questa ragazzina si persero, le speranze non ci furono più. La spensieratezza, quella che ogni giovane di quell'età dovrebbe vivere, non ci fu.
Ambra si regalava qualche piccolo spazio continuando a giocare con la sua Barbie e continuando a sognare.
Lei era Barbie e Ken il suo principe azzurro che un giorno sarebbe arrivato e l'avrebbe salvata.
L'avrebbe trovata e sul suo cavallo bianco l'avrebbe portata lontano.
Sognava.
Ma quando tornava alla realtà, quando apriva gli occhi e si guardava intorno non c'era Ken, il principe azzurro, non c'era Barbie, bella, splendente e felice. C'erano una triste ragazza, sola, tanto sola, e un orco cattivo.
Ambra non aveva amiche, non usciva più, non frequentava più la scuola, usciva solo con la sua mamma.
Quella mamma così bella fuori e così brutta dentro, senza un cuore, fredda.
Quella mamma che aveva deciso di uccidere i sogni di questa figlia, che aveva creato un rapporto di odio-amore con sua figlia.
Forse tutto dipendeva dal fatto che questa bimba non aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri come la sorella. La sorella, già, Ambra viveva nell'ombra, annientata da quella che tutti definivano la bellezza di Rita.
Eppure un giorno anche Ambra diventò bella, anche più di Rita.
Forse questa fu la causa. Questo fu che portò mamma Clara a punire Ambra e decidere di darla in pasto all'orco cattivo. La vita andava, proseguiva il suo corso, Ambra cresceva, soffriva tanto, ma non smetteva mai di sognare, di sperare.
Ora sognava che le cose potessero cambiare, che un giorno tutto ciò potesse terminare. Sognava di poter ricucire le sue ali e di riprendere a volare. Ma sognava e i sogni si sa, non sempre si esaudiscono.
Venne il giorno delle nozze, il tanto atteso giorno, il fatidico giorno. Anche in questa occasione venne infranto un sogno. Non ci fu il tanto desiderato abito bianco, non ci fu la festa, non ci furono i dolci, i fiori, non ci fu niente.
Ambra si alzò come ogni mattina, indossò un abito di velluto rosso e accompagnata da papà Adelmo e da Rita, con l'orco cattivo, si avviò al municipio.
Non ci fu la chiesa, non ci fu la benedizione del Signore. Forse anche lui non era d'accordo che avvenissero queste nozze. Ma nessuno se ne accorse, a nessuno importava che in questa terra ci fosse un cuore triste che piangeva, una ragazzina che voleva crescere, che voleva vivere, una ragazzina che voleva essere solo una ragazzina, che chiedeva quello che era giusto per lei, la libertà.
Le porte del carcere erano aperte e la stavano aspettando.
Quel cuore doveva solo piangere. Stava scritto così nel destino.
Clara non partecipò a quelle nozze. Lei doveva pulire, proprio così, pulire.
Il sindaco regalò a questa sposa un fiore, un'orchidea. Lei avrebbe voluto essere quel fiore bellissimo ma che da lì a pochi giorni sarebbe appassito e avrebbe smesso di vivere. Però non era un fiore, e per appassire ne avrebbe dovuto aspettare di tempo. I sogni di questa ragazzina cambiarono, non c'era più Ken che la salvava e la portava via. Ora c'era il buio. Lei viveva nel buio, sola, sola con se stessa, e desiderava solo la morte, per volare lontano, per sempre.

Ambra C.

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