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Zephyra.
Lontano dai rumori della città, in alto, si sentiva solo il leggero fruscio di ali. Un giovane falco bianco solcava l'aria con sicurezza, seguendo le correnti ascensionali come fossero guide invisibili. Nel suo becco brillava un oggetto, che l'animale custodiva con delicatezza, come fosse un dono prezioso. Il suo sguardo acuto vagava in ogni direzione, e le sue verdi iridi riflettevano ogni particolare del paesaggio sottostante. A un tratto, il rapace fu attirato da un viale alberato, dove le chiome si agitavano, lasciando intravedere, di tanto in tanto, la testa spettinata di un'esile figura dai lunghi capelli lucenti che procedeva a grandi falcate contro il vento sferzante. Il falco emise un forte stridio e, spalancando il becco, lasciò cadere il piccolo oggetto che, per un istante, brillò nell'aria come una goccia di luce, per poi scomparire tra le fronde degli alberi. La ragazza alzò gli occhi al cielo, attirata da quel suono acuto. Il falco, come se avesse percepito quello sguardo insistente, virò in modo repentino a destra e si diresse verso la parte alta di Zephyra, l'antico quartiere di Brezza. Nel punto più esposto della collina, l'altissimo faro GDS, con la sua sagoma aggressiva di scintillante metallo, svettava in netto contrasto con il fiorente giardino circostante. Imponente e maestoso, proiettava un'ombra minacciosa sul campanile decapitato al suo fianco, che in passato era stata la struttura più elevata della città; ora ridotto a un'appendice malconcia della chiesa, a sua volta appoggiata come una vecchia signora stanca alla nuova biblioteca. Visibile a chilometri di distanza, il faro dominava il promontorio come una spada piantata nella roccia, rappresentando il punto di riferimento geografico e, purtroppo, anche politico della zona. A pochi metri dal faro, nello stesso giardino, si trovava la stazione meteorologica, fondamentale in una città dove il tempo cambiava all'improvviso e i venti soffiavano incessanti. Più in basso, sul versante ovest, visibile da quasi tutta la città, il Repository, con la sua struttura fortificata e una corona di spine lungo tutto il suo perimetro, quasi a indicare le sofferenze indicibili che si consumavano al suo interno. Nei pressi, sorgeva l'unica scuola, dove i Guardiani Del Silenzio piantavano il seme della dottrina per le generazioni future. Un colpo d'ala verso sud, sempre nel quartiere di Brezza, ed ecco la stazione dell'eolicolare , arteria principale di comunicazione, attiva in direzione del cuore della città bassa, il quartiere di Vena Porta. In ogni angolo del centro, tra palazzi eleganti e tinteggiati di fresco, era possibile scorgere chiese diroccate o abbandonate, simbolo di una cultura tramontata da tempo. Le strade di Zephyra erano il dominio esclusivo delle corriere eoliche , unico mezzo di trasporto circolante, a parte i numerosi ventocipedi privati che scorrazzavano un po' ovunque. Una virata, poi di nuovo verso l'alto, lungo le verdi pendici della zona meno abitata di Zephyra, rivelò una foresta di bianche turbine eoliche, in rotazione infinita. Erano i polmoni della città; senza di esse, tutto si sarebbe fermato, come accadeva di rado nei giorni di bonaccia. Planando verso ovest, il sole si adagiava all'orizzonte, sopra le creste montuose, tra cui spiccava il perfetto triangolo del monte Eliso, la vetta più alta della catena. Il falco, con rapidi cambi di rotta, si mise a giocare tra i fasci di luce dorata, gettando lo sguardo sullo scacchiere moderno del quartiere Aliseo. Era un susseguirsi di viali e ville sinuose, tra cui spiccava una palazzina verde con due torri rotonde che incorniciavano una facciata austera, sormontata da un tetto piatto, sul quale si trovava un'enorme terrazza priva di qualsiasi protezione. Il quartiere si sviluppava lungo la sponda sinistra del fiume Orel e, in quell'istante, il rapace temerario decise di tuffarsi in picchiata fino a sfiorare le sue acque impetuose, passando sotto al ponte principale e risalendo in direzione della sorgente. Di nuovo verso la volta celeste, infine, come un candido spirito alato, il giovane falco riprendeva quota dove l'aria era più rarefatta. Rivolgeva lo sguardo verso una vista d'insieme stupenda di quel panorama perfetto. Da lassù, Zephyra, adagiata tra le verdi colline, al tramonto sembrava un essere vivente addormentato. Era un luogo meraviglioso e allo stesso tempo incuteva timore, stretto in una morsa invisibile che soffocava nel suo ventre le coscienze di ogni abitante, senza possibilità di evasione. Silent Party
Un fiore imponente e luminoso svettava fino a sfiorare l'altissima volta della biblioteca. I suoi petali, di proporzioni maestose, ruotavano stanchi, come le pale eoliche sulle colline di Zephyra nei giorni di bonaccia. Al centro, sembrava nascondere un grande occhio ipnotico, che diffondeva nella sala fasci di luce penetrante. Immersi in un silenzio quasi surreale, una moltitudine di adolescenti ondeggiava in perfetta sincronia, accompagnata soltanto dal rumore dei passi. Sulla pista affollata, le tonalità predominanti degli abiti oscillavano tra il rosa delle ragazze e il celeste dei ragazzi. Solo poche eccezioni, sparse qua e là, si sottraevano a quella uniformità di stile. Il pavimento, avvolto da una fitta nebbia artificiale che nascondeva i piedi dei partecipanti, creava l'illusione che stessero galleggiando nel vuoto. Tra le ombre danzanti e le luci soffuse della sala, tre figure spiccavano per la loro aria di sfida silenziosa. Delezia, la più alta del gruppo, dominava come leader indiscussa. La sua postura eretta era un chiaro segnale della sua autorità, così come i suoi occhi scuri e penetranti, capaci di scrutare ogni pensiero nascosto e ogni debolezza. Era bella, Delezia, ma i suoi lineamenti perfetti emanavano un'aura di negatività, percepibile a chiunque la osservasse con attenzione. Al suo fianco, Edalia, con il mento aguzzo, capelli cortissimi, taglienti come lame e occhi simili a due spilli avvelenati, osservava il mondo con uno sguardo velato d'invidia. Poco distante, Fril, iridi verdi, un viso dolce come un fiore tra le ortiche, in netto contrasto con le altre due, portava comunque la sua maschera di conformità e lanciava occhiate di giudizio verso Aeris. «Edalia, hai notato Aeris? Vuole sempre distinguersi. Non l'ho mai vista con un look decente», commentò sarcastica Delezia, come un direttore d'orchestra che si appresta a dare l'attacco a una sinfonia di pettegolezzi. Edalia, coerente con il suo modo di essere, impartì un comando alla sua IA Standard: «IA, parla per me: genera una frase offensiva con soggetto Aeris.» Subito, nella loro rete eterea, l'IA di Edalia, con una voce sibilante simile a un serpente, trasmise il messaggio. «Con quella calzamaglia ricca di effetti olografici, Aeris sembra un pesce agonizzante nella rete che sta soffocando!» Risero tutte e tre, con Fril che lo fece in modo più contenuto e a malincuore. Senza preoccuparsi di quanto accadeva intorno a lei, Aeris danzava e rifletteva. Sentiva che quel Silent Party di inizio anno le pesava parecchio; sperava fosse l'ultimo. Tra poco avrebbe compiuto diciott'anni, e avvertiva una profonda stanchezza. Anche la musica sembrava peggiore del solito.
“... Hide your tears and control the pain. Devotion first, then let duty reign. Emotions fade and the rules remain. Save your tears for another day...”
La melodia della canzone non era male, ma il testo trasudava propaganda, il che le faceva perdere la voglia di ballare. L'unica cosa decente era la qualità dello streaming. Con la sua felpa grigia e i leggings olografici, in mezzo alla pista affollata di rosa e celeste, Aeris spiccava come un neo su una pelle perfetta. Anche i tratti del suo viso rivelavano la sua unicità. Nessuna ragazza a Zephyra le somigliava. Il fascino discreto dei suoi lineamenti avrebbe potuto catturare l'anima di qualsiasi ragazzo, se solo l'avesse osservata con interesse. Avventurarsi nei suoi grandi occhi blu, profondi come laghi insondabili, sarebbe stato per chiunque un bellissimo viaggio senza ritorno. Annoiata e indolente, Aeris, si muoveva in modo quasi meccanico. Si tirò su le maniche della felpa, sentendosi mancare l'aria in mezzo a tutta quella gente. Le venne in mente che i Guardiani del Silenzio, in fondo, con queste feste inutili, volessero solo tenerli buoni, temendo di perdere il controllo su di loro, sulle loro vite. Senza accorgersene, pestò il piede a una ragazza dietro di lei, che la ricambiò con una brutta occhiata. Aeris si scusò con un cenno dello sguardo, poi proseguì la sua danza, toccandosi l'orecchio sinistro, un po' infastidita. Detestava quel chip. Provava spesso un prurito al lobo; forse era solo una sua impressione, ma negli ultimi tempi le appariva insopportabile. Si sollevò i lunghi capelli lucenti con entrambe le mani, poi li lasciò ricadere per rinfrescarsi il collo. A volte desiderava che quel maledetto corpo estraneo, impiantato nel lobo del suo orecchio dalla nascita, si spegnesse per sempre. Era cosciente, però, che i GDS se ne sarebbero accorti subito e le conseguenze sarebbero state tremende.
Aeris MIAO
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