Writer Officina - Biblioteca

Autore: Raffaele Boccia
Libro dei baci perduti
Taccuino di viaggio nell'anima
Lettori 190 1 1
Libro dei baci perduti

Pronto Soccorso.

Giornata al pronto soccorso.
Mia madre, quella tignosa, slogata il polso, ma sembrava fosse giunta la sua ultima ora. Niente.
Invece, molte vite sospese in lettighe bianche tra stanze e corridoi.

Una mamma, con il suo bimbo, e ridicolo marito in pantaloni rossi, presa alla sprovvista da un mancamento, e le gambe non la tengono più. Di qua e di là a far esami. Per tutte le quattro ore che son stato là, in quel crocevia della vita.
Parlottano sottovoce, il bimbo piange, la mamma lo tiene al petto, trattenendo le lacrime.
La tragedia è più evidente per l'inadeguatezza degli abiti. Lui con i suoi pantaloni rossi, lei con la maglietta a righe. Toctoc, ha fatto il destino, oggi...

Un signore, lasciato nel corridoio, senza nessuno, senza parole, ste-so, nei suoi capelli bianchi, a guardare il neon impietoso degli ospedali, lontano ricordo del sole di un'estate di che anno, che anno era? pensa pensa, non ricorda.
Non sente male, solo fatica a respirare. Voci lontane. E Marta?
Era proprio una bella estate, quella. A Cavazuccherina. Mario, Gio-vanni, Nicola, e Sandra, Sandra! era molto bella Sandra, innamorata di Mario, ma niente, niente...
Fa freddo, qui.
Che importa, che importa?..

Una mamma, sorpresa nella sua mise strashicc dalla vita che corre, più veloce di suo figlio, e l'ha fermato, sto benedetto figlio, sto bel-lissimo figlio che ho. Lo accarezza, il figlio, gli massaggia la fronte, gli parla, come quando si svegliava da piccolo, nella paura di qual-che sogno.
Quante notti, alla lucina del comodino, a parlare sottovoce, a que-sto benedetto figlio, unico frutto del ventre rimodellato da sapiente chirurgia.
Proprio oggi, un giorno qualunque, che s'ha da tornare al lavoro! Ci fosse suo padre, quando serve! quando la vita ti viene incontro.
Non sarà niente, non sarà niente, mica si muore così...

Si sono presentati in tre. Lei, la sua amica, e lui. In tre non faceva-no cinquant'anni. Ma lei voleva la pillola del giorno dopo. Alle 11 di mattina. E la voleva al pronto soccorso.
Sei maggiorenne? ha chiesto una scettica infermiera, e lei ha mo-strato la carta d'identità. Per pentirsi bisogna essere maggiorenni.
Ecco, vai alla guardia medica, deciderà il medico.
Ahimé, questo è un covo di antiabortisti cattolici premiati.
Lui, il lui di oggi, le parla fitto fitto, sottovoce. Molto razionalmen-te.
Lei molto emozionalmente non ricorda, ora, quella cosa divertente e sballante dell'altra sera. Lui è carino, e ci sa anche abbastanza fa-re, ma un figlio, cristo!! un figlio ora! mai e poi mai. Con la vita non si scherza...

La signora, sdraiata, sudata, con la flebo in vena, con i figli intorno. Che paura!! Il cuore, stupido, tremava come un'anguilla nel petto, andava a 230 battiti al minuto, come un passerotto, come volesse librarsi e lasciarlo, il corpo di lei, la mamma, che stava tagliando la torta del compleanno.
Le cose, queste cose, accadono così, irrispettosamente, nei momen-ti più normali della vita, magari non sei nemmeno pettinata, o cam-biata.
E i crocevia s'incontrano nel grumo di fili rossi aggrovigliati, ine-stricabili, da non far più passare un solo filo d'aria...
Il coltello è caduto, la signora è caduta seduta, nel bel soggiorno appena addobbato, con tutti gli invitati con le tartine in bocca, e il prosecco nel calice, e guardavano senza capire cosa stesse acca-dendo, mentre accadeva.
Come milioni di volte è accaduto, ed accadrà...

La moglie guarda il marito. Il figlio guarda il padre. Al padre si ve-dono i tendini alla nuca. La moglie guarda il marito. Quel vecchio laggiù. Ricorda.
I ricordi sono sopiti, o talmente tanti, e quasi nessuno senza dignità di ricordo, che sono una poltiglia grigiastra in qualche bidone del cervello.
Ho mangiato bistecca, ieri sera, buona.
Chissà come si mangia qui in ospedale, pensa la moglie. La moglie a fianco della lettiga lungo il corridoio, le mani in tasca.
Lo terranno dentro? Mi durerà ancora quanto? Povero...
Sì, gli vuol ancor bene, in nome di non si sa che. Non si ricorda neanche chi, come. Lui è talmente parte della sua vita che neanche lo vede, quasi, non lo mette in discussione, è, e basta. Da talmente tanto tempo che...
Papà e mamma, pensa il figlio, poi alle bimbe a casa, e al pranzo ormai freddo, e alla partita di calcetto stasera, persa.
Il figlio è grigio come i genitori. Nei capelli, nei vestiti, nella faccia, negli occhi. Grigio normalità. Non vede, guarda solo, non pensa, fa le cose che si devono fare.
Come papà, e mamma, da sempre, e per sempre. Portando felice-mente a termine la vita che gli fu data, in una notte d'estate, qua-rant'anni fa.
Che altro? Che altro c'è?...

Poi anche di più.

C'era una vecchina, si vedeva appena, piegata dall'artrite che non stava manco distesa. Con lunghi capelli bianchi, crespi, che furono scuri, con una ciocca che cadeva verso il petto. Un che di donna del sud. Respirava soltanto, niente più. Lo sguardo fisso al lenzuo-lo.

Non chiedermi perché.
Mi sono immaginato fossi tu, la donna che amo, fra cento anni.
Come una foto del futuro, con il tuo corpo, e la tua bellezza, e il tuo sorriso... (oh! non farmici pensare)

Sabbia negli occhi, e sono uscito, in un autunno vestito a festa dal sole, e ti ho chiamata, e sentita la tua voce, distorta, ma tua, dolce, lontana. E non ti ho potuto dire nulla.
Che avrei potuto dire?

MANUALE DEL BOIA

Questo è un pensiero piuttosto complicato, e pudico. Parla della fine dei giorni.
Ci provo. Semplificando.

Ogni giorno ci si alza e si ha la speranza di provare del piacere. O almeno evitare il dolore.
Piaceri piccoli: come un sorriso, un cappuccino, una musica, una buona giornata in ufficio, una telefonata, un pensiero che consoli.
Piaceri grandi, rari, piccoli strilli in una vita, in un anno: un bacio, una carezza, qualcuno che ti ama e che ami, il cuore che batte, l'e-stasi, l'euforia, la serenità dell'armonia.

Poi l'orizzonte si chiude, per vecchiaia, per malattia dell'anima, per consunzione.
Quel cappuccino non ti consola, nemmeno quella musica. Non ci sono telefonate, non c'è amore, il cuore pompa sangue, non batte. L'euforia e l'estasi sono ricordi, o sbiadite foglie cadute. A volte s'intromette una malattia del corpo, il lavoro che non va, gli amici che non ci sono perché non ci sono mai stati. Non è nemmeno il dolore che si sostituisce al piacere.
È il nulla.
E potresti essere un uomo di successo, o una donna invidiata e bella. Ma è il nulla che ti parla. Un nulla segreto da cui hai iniziato la tua vita, anni fa, e al quale ritorni, percorso il lungo cerchio, chiu-dendone la circonferenza. Così sai che è tempo di andare, tornare.

Chi non può, o non sa diversamente, si lascia semplicemente morire. Imitando la vita per il tempo che gli rimane, decidendo per la cattiveria molesta, chi avesse quell'animo, mentre chi è mite tace come una candela che si consuma.

Chi abbia invece un'anima eroica, deciderà il tempo il luogo il modo, secondo la propria estetica ed inclinazione. Che sia presto e bene, come ogni buon boia ha imparato.

L'INVERNO DEL NOSTRO SCONTENTO

Freddo come oggi, grigio come oggi, ma tempo fa.
Stavamo seduti nella sala d'attesa, solo noi due. Le tenevo la mano, lei parlava a voce alta, io facevo il buffone per distrarla.
Ma erano le pause a parlare davvero.
Uno dei me parlava del natale delle feste, un altro me pensava alla donna che amavo e che tenevo per mano, e questo esame, uno stu-pido intoppo, che avrebbe detto se dovesse vivere o morire.
Due righe su un foglio di carta in perfetto medichese, dove le paro-le contano, ogni singola parola come una sentenza di lucido metal-lo.

Poi lei entrò per l'ecografia, ed io rimasi lì da solo a pensare. Se me l'avessero mandata indietro ammalata, se ci fosse poi voluta una qualche terapia della miseria umana, il vomito i capelli persi la pelle gialla, la sua bella pelle luminosa, fino a trasformare la sua bellezza in un cartoccio grigio?

Seduta a fianco, la ragione mi snocciolava le statistiche e i fastidi e il dolore; di quello diceva con perfidia, che sa quanto mi tocca l'empatia, che non vorrei averla, ma ce l'ho, tutta, di sentire come sente chi mi sta attorno, che è bellissimo nella gioia e ti uccide nel dolore.
Facevo spallucce alla ragione. Me la porto a casa, le dicevo. Me la porto a casa e se morirà moriremo assieme, come fosse normale, ed è normale.
Quando dici questo, senti questo, tutto il resto è un ininfluente det-taglio buono solo per la letteratura.

Ma poi uscì sorridente come sempre, gli occhi solo un po' smarriti, ché la morte per oggi promessa era rimandata a data da destinarsi, una condanna con la condizionale come sempre viviamo.
E uscimmo nel freddo ridendo, e la strinsi forte senza parole, e mangiammo una qualche schifezza per strada, come fosse stata la cosa più buona del mondo.

TRE PASTORI

È buio e freddo. Le stazioni hanno sempre un sentore di ferro e urina, di pietra ed approssimazione.
Mi si avvicinano in tre, di non so che parte dell'Est, piccoli e bru-ciati, con i capelli ricci. Sembrano pastori.
Li aiuto a trovare un treno su quel tabellone incomprensibile, "no ho li occhiali" dice, ma è che non sanno leggere.

Hanno la giacca, e sotto un grosso e liso maglione, e le mani in ta-sca. Mi toccano, come a stabilire un contatto: lo fanno tutti e tre.
Mi ringraziano, sorridono, parlano fitto tra loro, sembrano fratelli. Non hanno bagaglio. Mi guardano sfuggenti, ridono imbarazzati, vorrebbero dirmi qualcosa, non sanno come.
Li farei felici a parlar con loro, non fossi quel testone riservato che sono.
Mi chiedono conferma, e sorridono, di quel sorriso che ho visto ovunque nel mondo, quello degli umani senza spada.
Nel toccarmi hanno stabilito un fugace veloce contatto che ricordo, il contatto di due mondi, due storie, che questa sera convergono in questo crocevia della terra, per subito perdersi.
Io sorrido, faccio segno con il pollice che va tutto bene. E penso, mentre lo faccio, che il gesto è del corpo, ovunque, e contiene un senso. Come un abbraccio.

Poi arriva il treno dagli occhi gialli, e lei scende, e non so di altro al mondo...

(I tre pastori li metto qui, come loro ricompensa alle parole che non ho saputo dire.)

L'INDICIBILE

Poi, quando l'indicibile è stato pronunciato, la luce cambia. Cambia anche il tempo che scorre, e l'aria d'intorno.
Quando gli innamorati dicono "potremmo lasciarci", quel che non era nemmeno pensabile prende una forma e un colore, e si piazza come un cappellaccio sul capo.
Le mani adorate potrebbero contenere uno schiaffo, se non artigli, e le labbra adorate potrebbero dare condanne di cui il solo suono è dolore, rivelando zanne d'acciaio che non si sapevano, nemmeno mai immaginate.

Il tempo ora accelera ora rallenta, e sempre al rovescio, ad aumentare l'angoscia patita, scavalcando il tempo del cuore che pure accelera e rallenta al rovescio di vita.

E l'aria è ghiaccia se fosse estate, bollente se fosse inverno, e sempre sarebbe inospitale e malata, poiché l'indicibile è stato ora detto, e prefigurato, come di una tortura che sarà, presto, di quei rampini ben infissi nel cuore: ricordi?

Gli innamorati ora grigi, spenti i lucenti capelli, spenta la speranza del sempre, aspettano a capo chino: che il verdetto dica condanna, o clemenza, di déi indifferenti.
Aspettano, nella terra di mezzo, nella vita di mezzo, e respirano piano, camminano piano, abbracciati, quasi volessero non farsi vedere dal nuovo destino, quasi volessero farsi dimenticare.

UNA STORIA SILENZIOSA

PROLOGO: L'AMOR CHE MOVE

“L'amor che move il sole, e l'altre stelle”.
Ne ho incontrato anni fa la versione assoluta, quella che ti cambia, ti spreme l'anima e può distruggerla, quella che non avevo mai pro-vato in tutte le vite precedenti, quella che si sublimò percorrendo quasi duemila lettere, succo di quel che non potevamo dirci per la distanza.
E in questa stessa assenza crescendo, tensione delle anime all'unirsi.

Eppure, anche questo grande amore, che avrebbe riempito tre vite, si è dissolto contro le grate della normalità.
Questo grande regalo che ci fu fatto, questa magia, non era sufficiente a riempire i vuoti, a curare i problemi che avevamo singolarmente dentro di noi, tantomeno ad appianare cose dolorose ed ingombranti, ma normali.

Così, non movemmo il sole, né l'altre stelle, noi che pensavamo d'essere stelle.
E ci allontanammo, ognuno per la propria strada, coprendoci per esserci scoperti nudi, come fu nel Giardino dell'Eden, affranti.

CAPITOLO 1: IL MIGLIO VERDE

Si è fatto l'amore con la morte nel cuore, una mattina di dicembre, ed ognuno di noi due sapeva, di niente che ci fossimo detti, come fossimo nel braccio della morte, il miglio verde, e il cappellano ci aspettasse in fondo al corridoio.
Ci si lasciava così, in amore, con il suo contrario infisso duramente nel cuore.
Poi la tempesta, che non mi aspettavo diventasse uragano (ma po-teva essere diversamente?).

- quante volte hai amato nella tua vita? - chiedevo
- tutta la vita?
- tutta la vita
- compresa questa?
- compresa questa...
- una

(il volo era Lufthansa 729) (quante cose si ricordano, chiare, di nessuna importanza)

CAPITOLO 2: UN MAGO DA NIENTE

Ho amato una donna, anzi più d'una, che non aveva la poesia, ma me la suscitava.
Per una curva del collo, o una forma del corpo, o per la voce, o per le Parole.
O per una stagione della sua vita.
O per l'anima che intravedevo. Quel che credevo di intravedere.
A volte con me partecipando, per come lei sapeva o poteva. A vol-te del tutto inconsapevole.

Così facevo un nido, di poesia, e questa vi si accoccolava, regina, potendo prendere e disporre d'ogni cosa nella mia anima.
E più si specchiava nel mio amore, più splendeva per quello che di sé vedeva, amata amandosi.
E certo, sì, la tenerezza, quella c'è sempre stata.

Quando mi distraevo però, la storia finiva, dicendomi che era solo la mia magia a renderla vera e possibile.
Allora forse ho amato solo la poesia, devo dirmi, ed incidentalmen-te, per arrivare a questa, i nomi della mia vita.
Ma è un mago da niente quel mago che soffra per la sua stessa ma-gia.

CAPITOLO 3: IL PASTO VIVO

Ho messo gli occhi in quelli della regina delle Gorgoni, Medusa. Temerario cavaliere errante.
Per prima cosa mi ha legato la lingua, con un nodo semplice che si chiama "silenzio".
Poi mi ha legato i pensieri, la cosa più difficile, ma è stata brava, li ha ancorati con pochi gesti e la sua maschera sorridente.
Ha aspettato un po' per vedere se ancora respiravo, solo allora mi ha legato le mani, quelle dita amorose con le quali l'accarezzavo a lungo: tale era il bottino di carezze che le sarebbe bastato per molto, fino al prossimo mortale.
È uscita lesta, dal bel nido di parole che per lei avevo costruito, facendone scempio, ché son rimaste solo mezze frasi e lettere scomposte senza senso
Infine mi ha paralizzato, lì sulla lava secca e nera che portava a lei, con fili setosi e stretti, che sembrava ma non eran miele.

È stato facile arrivare al mio cuore, metterlo a nudo, iniziarne il pasto vivo, sorridendo.

CAPITOLO 4: LA FESTA E' FINITA

Che si fa quando finisce la festa?
Si spengono le candele, si smette il bell'abito il sorriso e il pensiero.
Si pulisce, si raccolgono le briciole, si toglie la tovaglia ricamata, si versa il vino nel lavandino, si butta ciò che non serve più, ormai inutile.
Si lavano i piatti del miele e del cibo buono, si toglie la tavola.
Si stendono lini bianchi a coprire la casa, si spegne la musica, si scopa via ogni coriandolo e stella filante.

Spegni ogni immagine, e riponi ogni cosa che è, o avrebbe potuto essere.
Se sai come, spegni la stella.
E ti siedi nel tornato silenzio, che entra come nebbia ovunque, che come polvere che copre ogni cosa.

CAPITOLO 5: TRE COSE

Quando ami, ami davvero, quando hai liberato la belva dagli occhi dolci e denti sempre nuovi, non sperare clemenza, ti lascerà solo finito.
Tre cose ricorda per poterlo poi raccontare ancora:
a) pilloline forti per il cuore b) anestetiche pilloline blu per quando la belva verrà a cercarti c) pilloline bianche per il notturno oblio.

E spera che funzionino, fino all'alba ed oltre...

EPILOGO: NEL LIMO

Il bambino cade camminando lungo il fiume. E' un piccolo uomo che sa appena camminare.
La madre lo raccoglie tra le sue braccia, lo consola, gli dice non piangere, non ti sei fatto nulla, vedi la manine? sono solo sporche di terra, non ti sei fatto niente.

Il bimbo piange lo stesso, non si aspettava la caduta, è solo spaventato. Ma tra le braccia della madre piano si quieta. Sorride guardandosi le mani.
Un cigno bianco affonda il lungo collo nell'acqua, cercando, nel limo del fondo...

Raffaele Boccia

Biblioteca
Acquista
Preferenze
Contatto
Ultime interviste
Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
Altre interviste su Writer Officina Blog
Articoli
Scrittori si nasce Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP, ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo già formattato che per la copertina.
Self Publishing Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
Lettori OnLine