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Autore: Niccolò Ferrarese
Nulla è come sembra
Racconti
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Nulla è come sembra

Botti di Capodanno.

Capodanno era ormai vicino e la città sembrava come impazzita: fermento, allegria a tutti i costi, anche se un po' forzata, iperattività.
Tutti si stavano preparando e Sergio non era da meno. Negli ultimi quindici giorni, a qualsiasi ora del giorno e della notte, si potevano sentire le esplosioni di petardi e fuochi d'artificio. Sembrava quasi di essere in guerra, una gara a chi esplodeva il “botto” più grosso.
In testa c'era sicuramente il sig. Granetti, piano 4, interno 3, che dal suo terrazzo, senza soluzione di continuità, lanciava vere e proprie bombe di ogni grandezza e potenza.
Sergio, dopo una delle esplosioni, aveva pensato a una fuga di gas quando il boato aveva rimbombato nel giardino alle due di notte. In pochi secondi aveva preso moglie e figlia ed era scattato giù per le scale. Poi aveva capito la vera natura dei rumori e si era sentito un po' stupido, con la moglie stravolta e la bimba in lacrime, terrorizzati da quelle “prove tecniche di botti di Capodanno”.
Alla fine si era quasi abituato e aveva capito che non poteva essere da meno.
La sfida era probabilmente impari: il sig. Granetti, un corpulento omone arrogante e prepotente, da alcuni invidiato, da altri evitato, da quasi tutti temuto. Vinceva ogni anno ed era in netto vantaggio sull'intero vicinato. A Capodanno dava il “meglio” di sé ma anche in altri periodi riusciva a farsi detestare da tutto il comprensorio (due palazzi gemelli di 6 piani): come quando parcheggiava
nei posti degli altri o in quelli dei disabili. O quando lanciava i mozziconi di sigarette sui balconi altrui, in un continuo tentativo di provocare il prossimo. Aveva già scatenato un paio di risse coi vicini, uscendone sempre vincitore. Anche Sergio aveva avuto la sua esperienza diretta: un occhio nero e un labbro spaccato per aver chiesto gentilmente di non sputare dalla finestra con tanto di rumori catarrosi.
Ormai tutti cercavano di stargli alla larga.
Granetti aveva sicuramente in serbo mille sorprese per questo Capodanno, ma Sergio era deciso a non cedere terreno: avrebbe probabilmente perso molte battaglie nei giorni a seguire, ma certamente non la guerra.
Aveva girato in lungo e in largo per la città ma nulla faceva al caso suo: petardi classici, fuochi di artificio più o meno legali, più o meno potenti, ma niente che facesse veramente la differenza.
E allora aveva deciso. Google era una fucina d'idee, trovate e suggerimenti per costruirsi da soli il necessario. Aveva acquistato solo un po' di girandole, qualche fuoco di artificio e due o
tre petardi piuttosto grossi per ottenere gli ingredienti principali, insieme a un grosso tubo di ferro da usare come contenitore di lancio, dopodiché aveva scaricato un po' di “manuali” da un paio di siti americani e messicani.
Il suo botto di Capodanno avrebbe fatto impallidire qualsiasi trovata del sig. Granetti.
Mentre lavorava alla sua creazione, nei giorni che seguirono, era saltato più volte sulla sedia per colpa del vicino e delle sue “bombe” e spesso si era dovuto interrompere per andare dalla figlia in lacrime, decisamente impaurita per quei suoni che la terrorizzavano e svegliavano anche durante orari da riposino o nel pieno della notte.
Sergio lavorava in ogni momento di libertà senza dire nulla neanche alla sua famiglia: la sera, dopo che moglie e figlia erano andate a dormire, nei week end, nei ritagli di tempo. Prese anche un paio di giorni di ferie per assemblare il tutto.
Sarebbe stata una bella sorpresa anche per tutto il vicinato.
Quando finalmente arrivò il 31 dicembre Sergio era un uomo felice. Stressato dai continui sobbalzi provocati da Granetti, ma notevolmente felice.
Non sapeva cosa aveva in serbo il vicino per la notte in arrivo, ma tutto sarebbe impallidito di fronte al suo “botto”.
Le ore passarono e Sergio era sempre più impaziente. Si sentiva come quando era bimbo e tutto era nuovo e suo padre lo portava in giardino e lanciava due o tre fuochi di artificio classici.
Eccitato, allegro, con un'aspettativa incredibile. Erano anni che non si sentiva in quel modo.
Ormai mancavano dieci minuti alla fine dell'anno e Granetti aveva già iniziato il suo spettacolo: le mura tremavano a ogni lancio del vicino da quanto forti erano le esplosioni. Chissà cosa aveva in serbo per la mezzanotte!
La moglie e la figlia di Sergio erano praticamente nascoste in salotto a vedere il conto alla rovescia alla televisione: dallo schermo un conduttore scialbo, circondato da due donnine seminude, nonostante il freddo, urlava frasi banali e ricordava ogni tanto quanto mancava allo scadere della mezzanotte.
«Vado un secondo in bagno» disse Sergio.
«Sì ma sbrigati, ché devi stappare lo spumantino, tesoro» rispose la moglie.
Sergio prese con molta attenzione e persino con un pizzico di rispetto la sua creazione e uscì silenziosamente dall'abitazione.
Non poteva correre il pericolo che si accendesse dentro casa o sul terrazzo, il rischio era troppo grosso e non voleva diventare una delle numerose vittime elencate quasi con disprezzo dai TG del giorno dopo.
Mancavano dieci minuti: ce la poteva fare.
Scese le scale saltando gli scalini a tre alla volta, una rampa dopo l'altra, poi girò a destra ed entrò nell'androne del palazzo gemello, senza incrociare nessuno, prese l'interno 3 e ricominciò la scalata. Al 4° piano si fermò con un po' di fiatone. Lesse la targhetta: Granetti.
Pigiò il campanello col cuore che gli batteva per l'emozione, sperando che il rumore delle esplosioni non coprisse il suono e attese.
Dall'interno sentì il vicino bestemmiare e dire: «Chi cazzo rompe le palle a quest'ora?!», poi la porta si spalancò.
‘Ottima domanda' pensò Sergio ‘a quest'ora, effettivamente, si dovrebbe lasciare in pace il vicinato'. Dopodiché, senza degnarlo di una risposta, puntò il tubo di metallo contro il ventre prominente di Granetti.
La miccia era già accesa da qualche secondo. Granetti impallidì, spalancò la bocca, ma non fece in tempo a dire altro.
«Buon Capodanno, testa di cazzo» fu l'unica cosa che Sergio aggiunse in un sorriso.
Dopodiché dal tubo eruttò, con un placido rumorino come di sabbia che cade, un getto di fuoco e scintille che investì Granetti con una forza paurosa.
L'uomo fu gettato all'indietro e atterrò nel soggiorno gridando di dolore, ma i primi botti all'esterno e i rumori e le musiche dei festeggiamenti dell'intero palazzo coprirono le urla.
L'ultima cosa che Sergio vide prima di lasciar cadere il tubo nell'appartamento, chiudere la porta e darsela a gambe, fu lo sguardo incredulo del vicino urlante che si guardava la pancia insanguinata.
Da questa fuoriusciva la coda di un razzo che iniziava a sprizzare scintille.
Poi corse via.
Fece il tragitto a ritroso e rientrò in casa proprio mentre il conduttore, dallo schermo della televisione, circondato dalle due soubrette seminude e da una moltitudine di personaggi insulsi con sorrisi falsi stampati sul viso, iniziava il conto alla rovescia.
Si tolse i guanti da giardinaggio, li buttò sotto il lavello e prese lo spumante dal frigo, poi si avvicinò ai suoi cari.
Pensò subito che era stato quasi perfetto nel calcolare i tempi: a soli due secondi dal countdown ufficiale ci fu infatti l'esplosione.
Il boato si sentì per chilometri e chilometri ed in pochi secondi l'appartamento di Granetti fu pieno di fuoco e altre deflagrazioni: evidentemente le fiamme erano arrivate velocemente alla Santa Barbara che l'energumeno teneva nascosta.
I vetri di molti appartamenti vicini andarono in frantumi e subito iniziarono le urla di paura.
In un angolo sua moglie e sua figlia guardavano terrorizzate la terrazza del 4° piano da cui uscivano fiamme e volute di fumo nero e acre. Sempre più vicine si udivano anche le sirene dei pompieri in arrivo. Nessuno si accorse del sorriso di Sergio, felice e sollevato.
Il giorno dopo giornali e TG titolavano: “Uomo costruisce da solo ordigno esplosivo illegale per festeggiare il Capodanno.
Gli esplode addosso e perde la vita. Sfiorato l'incendio in tutto il palazzo a causa di numerosi altri fuochi che deteneva illegalmente”.
Seguivano interviste ai vicini che raccontavano di come Granetti avesse reso la vita un inferno a tutto lo stabile per tanti giorni (e notti!).
Molti aggiungevano anche: “In fondo se l'è meritato”.

Niccolò Ferrarese

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