Dicembre 2013
È verità universalmente riconosciuta che una serata iniziata male può solo terminare peggio. Non credevo a questa leggenda metropolitana fino a quando, purtroppo, sono state le circostanze della vita a smentirmi in toto. Tutto ha inizio durante una gelida sera di dicembre, a pochi giorni dal Natale, quando uscita dalla doccia, con ancora l'asciugamano sulla testa, rivolgo uno sguardo distratto in direzione della sveglia posta sulla mensola del bagno e per poco non finisco dritta nell'altro mondo. Le lancette colorate segnano l'orario d'inizio del party di Shelly, la donna più puntuale del mondo, nonché mia migliore amica. Come possono due creature tanto diverse andare d'accordo? Sinceramente non lo so nemmeno io. Ho conosciuto Shelly per caso, durante una mattinata uggiosa, quando una pioggia improvvisa si era abbattuta sulle teste dei tanti newyorkesi affaccendati tra le vie del centro. Tra questi c'ero anch'io (tra i newyorkesi non tra gli affaccendati, voglio precisare!). Complice la grandinata e qualcosa di non meglio identificato che mi ha intralciato il cammino, sono caduta ai suoi piedi. Un'immagine da film strappalacrime se si fosse trattato di un incontro fortuito con il principe azzurro. Un'immagine raccapricciante nel mio caso. Una volta alzato lo sguardo, gli occhi della sottoscritta imbranata cittadina si sono posati sulla silhouette della glaciale Shelly Hosburn, una delle donne single più ambite della Grande Mela. Non che sia Miss Universo, chiariamoci. Ciò che di lei affascina gli uomini è il suo albero genealogico. Discendente di una delle famiglie più in vista della City, proprietaria di un impero di calzature, Shelly Hosburn è una delle poche donne al mondo a conoscere l'autentico significato dell'espressione - Vivere di rendita - . Ora capite perché tutti gli scapoli sono pronti a sottoporsi a faticose prove pur di sposarla? E invece niente, nada, nothing: Shelly Hosburn è ancora (felicemente) single e questa sera ha organizzato un party esclusivo presso la sua residenza per festeggiare un numero ignoto di primavere, poiché lei la sua età non la rivela nemmeno sotto tortura. Lottando contro il tempo, corro in camera. Con una mano reggo il phon col quale ho intenzione di realizzare un'elaborata acconciatura a testa in giù e con l'altra infilo la biancheria. Non ce la farò mai, ne sono certa. Quando finalmente spengo la luce della stanza, della magnifica acconciatura vintage che ho visto realizzare in decine di tutorial su YouTube non vi è nemmeno l'ombra, più che a una diva d'altri tempi assomiglio a uno spaventapasseri in preda a un'atroce emicrania e sicuramente, vista l'ora, Shelly starà per spegnere la solitaria e simbolica candelina posta sull'originale torta realizzata in suo onore. Dannazione! Ignorando tutti gli orologi e gli specchi disseminati lungo il cammino, afferro la pianta ornamentale – della quale non ricordo più nemmeno il nome – che ho acquistato qualche ora fa e chiudo con un tonfo la porta di casa. Tutto si risolverà per il meglio, starete pensando in questo momento. Be', mi spiace distruggere i vostri sogni di gloria, ma la Catastrofe, quella con la C maiuscola, è in agguato. Sistemo la pianta incredibilmente sofferente sul sedile del passeggero, assicurandola con la cintura di sicurezza nel remoto caso in cui una brusca frenata le conceda la possibilità di fuggire schizzando fuori dal parabrezza. Dove troverei una degna sostituta? - Prevenire è meglio che curare - ripeteva sempre la mia defunta nonna italiana. E io che ho paura dei dottori, prevengo. Apro lo sportello del guidatore, mi siedo, sistemo lo specchietto retrovisore, allaccio la cintura e dopo aver accarezzato il volante di Winnie, la mia adorata macchinina, giro la chiave nel quadro di accensione, ma non accade nulla. Calma, un bel respiro e tutto andrà per il meglio. È solo il freddo. Col cuore in tumulto ripeto l'operazione ma ottengo il medesimo risultato. - E adesso cosa facciamo noi due? - esclamo rivolgendomi alla pianta sofferente, mia compagna d'avventura. La neve ha iniziato a scendere copiosa dal cielo e in pochi minuti un candido e idilliaco manto bianco prende il posto del grigio e urbanizzato paesaggio newyorkese. Sono bloccata. Bloccata all'interno della mia auto fuori uso a causa di una tempesta di neve. - Mi dispiace, ma se non vuoi morire assiderata lì fuori, credo proprio che dovrai ancora pernottare da me - continuo, accarezzando le foglie della sfortunata passeggera. La sfiga si è accanita contro di me, non vi è altra spiegazione. Shelly mi ucciderà. Ne sono certa. Mi sembra già di udire i tamburi accompagnare il mio incedere verso il patibolo. Disperata, abbasso la testa, poggiandola sul volante. Con le mani sudate liscio le pieghe dello splendido abito Versace che indosso. Già, un acquisto folle, una sorta di colpo di testa per l'occasione. Delusa dalla non serata, porto la testa indietro e chiudo gli occhi. Quando li riapro, la neve ha smesso di cadere, un timido sole rende il paesaggio ancor più fiabesco e un uomo avvolto in un pesante cappotto di caschmere scruta, curioso, all'interno dell'abitacolo. COSA? Chi caspita è questo essere? Cosa vuole da me? Certo che madre natura è stata generosa nei suoi confronti! E se si trattasse di un malintenzionato che si serve della sua bellezza per sedurre povere fanciulle innocenti? Se solo questa stupida macchina partisse... Un leggero picchiettare contro il vetro, seguito dallo scatto delle portiere, mi toglie dieci anni di vita in un secondo. Calma, Apple, non lasciarti prendere dal panico. Metti in moto il cervello e reagisci! La pianta! Perché non ci ho pensato prima? Rivolgo uno sguardo pietoso in direzione di quello che sarebbe dovuto essere il regalo per Shelly, ridotto ormai a un cumulo di clorofilla passata a miglior vita e liberato il vaso dalla cintura di sicurezza, aperta la portiera, con tutta la forza che ho in me scaglio la mia arma improvvisata contro l'aggressore. - Sta' lontano da me, delinquente! - urlo con enfasi. L'uomo, con un gesto atletico, scansa facilmente il - proiettile - e mi afferra con decisione i polsi. - Cosa vuoi da me? - continuo a urlare - soldi? Mi spiace, ma non ne ho. Ero invitata a una festa ieri. - Lo sconosciuto mi rivolge un'occhiata perplessa. - Cos'è, non mi credi? Secondo te vado tutti i giorni in giro con questo vestito? Oddio, sto parlando con un malvivente! Cosa mi è saltato in mente? Sto diventando complice di un reato! A mio danno, per giunta... - Mi prendo la testa tra le mani in preda alla disperazione, poi a gran voce grido: - Sparisci o sarò costretta a chiamare il 911! - - Mi dispiace, ma non puoi chiamarlo - mi fa eco lui con tono sprezzante. Non solo delinquente ma anche tremendamente simpatico. Credo proprio che l'onda nera della sfiga mi stia ancora perseguitando. - Non ho bisogno del tuo permesso, sai? Ti consiglio di scappare, altrimenti trascorrerai il resto dei tuoi giorni in prigione... Anche se, a pensarci bene, potrei fare un identikit - replico col suo stesso tono, mentre le mie dita si muovono fameliche alla ricerca dello smartphone. Perdere le cose nei meandri di una pochette è praticamente impossibile, ma, a quanto pare, non per me. - Cercavi questo? - sussurra il malvivente al mio orecchio, provocandomi un'ondata di brividi lungo la schiena. Insomma, Apple, non avrai mica intenzione di perdere la testa per un uomo del genere? Davanti ai miei occhi dondola lo smartphone che ho cercato invano. - Ridammelo! - grido. - Non dovresti lasciare oggetti di valore nel vano del cruscotto. Chiunque potrebbe approfittarne - sentenzia, facendo sparire la mia àncora di salvezza nella tasca del cappotto. Che questo ti serva da lezione, Apple. Se mai sopravvivrai, s'intende. - Ti prego, ridammelo - piagnucolo. - Che fai? Piangi? - Brava, continua così. Renditi ridicola e vedrai cosa accadrà... O forse potrebbe risparmiarmi? Le mie lacrime potrebbero impietosirlo, dopotutto anche i cattivi hanno un cuore. Ben nascosto, certo, ma lo hanno. - Shelly mi ha detto che sei molto sensibile... - COSA? HA DAVVERO DETTO SHELLY? Oh my God, Shelly dev'esserci rimasta davvero male se ha assunto a tempo record un killer per uccidermi. E se avesse avuto tra le braccia il regalo che avevo scelto per lei, come avrebbe reagito? Sicuramente avrebbe eretto lei stessa un patibolo a Times Square con George Clooney nella veste del boia. Certo che, onestamente, morire per mano del mitico George non dev'essere poi tanto male... - She... Shelly? - balbetto. - Oh, che sbadato! - s'intromette il killer, portandosi teatralmente una mano alla fronte - non mi sono presentato. - Si presenta? Allora è davvero la fine per me. Ciao a tutti, vi ho voluto bene. - Strano che non ci siamo mai incontrati prima d'ora - continua. Bello, io non sono solita frequentare gente poco raccomandabile. Intesi? Gli rivolgo uno sguardo perplesso. - Piacere, sono Bruce, un amico di Shelly - conclude con un enorme sorriso da tachicardia. Amico? Quanto amico?Possibile che non mi abbia mai parlato di te? - Shelly era molto preoccupata - riprende. Ah sì? E allora per quale motivo non è venuta personalmente a cercarmi? Non che non abbia gradito, sia chiaro. - Piacere mio, quindi non sei qui per derubarmi? - L'intrigante Bruce si concede una calda risata, decisamente in antitesi col grande gelo che questa mattina si è abbattuto su New York. - Sono per la pace e la legalità. - - Menomale! - esclamo ricambiando il suo sguardo penetrante, finalmente rilassata. - A proposito... - - Dimmi. - - Stai benissimo con questo vestito! - Se il tuo romanzo ha un sottotitolo, inseriscilo qui nella prima riga con uno spazio a seguire.
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Silvia Devitofrancesco
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