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Autore: Michele Scalini
La genesi delle terre devastate
Fantascienza Post-apocalittico
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La genesi delle terre devastate

Il Sole era prossimo al tramonto e stava arrivando il momento di cercare un posto dove fermarmi per trascorrere la notte.
Naturalmente, avrei dovuto cercare un posto isolato e dal quale avrei potuto tenere d'occhio il paesaggio circostante, in modo da prevenire eventuali pericoli.
Rallentai il veicolo e mi sollevai con la schiena dal sedile per avvicinarmi al parabrezza, in modo da avere più visuale, muovendo lo sguardo ovunque.
Andai avanti per qualche centinaio di metri fino a quando vidi un gruppo di alberi rinsecchiti e privi di foglie che avrebbero potuto fare al caso mio.
Essendo piuttosto lontano dalla strada, mi avrebbe permesso di rimanere nascosto nel buio della notte e avrei potuto dormire tranquillamente con entrambi gli occhi chiusi, cosa che raramente accadeva di recente.
Così, deciso nel dirigermi verso quel gruppo di alberi, mi guardai nuovamente intorno e, vedendo che non c'era anima viva, sterzai sulla sinistra per abbandonare quella strada.
Affrontai una vasta distesa di sabbia e rocce, cercando di tenere dritto il veicolo, il quale si spostava in ogni direzione, agendo sul volante e regolando il pedale dell'acceleratore.
Attraversai quella distesa di sabbia fino a raggiungere quel che rimaneva di quegli alberi e andai a parcheggiare il veicolo tenendo la parte frontale rivolta verso la strada.
Spento il motore, appoggiai le mani sulle gambe e rivolsi lo sguardo verso quella strada che avevo affrontato poco prima, notando che in lontananza si stavano formando delle nubi scure come la pece.
Una tempesta si sta formando oltre le colline, a diversi chilometri di distanza, e la cosa non mi piaceva affatto.
Mi ero sempre tenuto lontano da quei mostri, poiché al loro interno si sviluppavano tremendi uragani e si formavano anche delle scariche elettriche che distruggevano tutto ciò che colpivano.
Dovevo solo sperare che i venti l'avrebbero tenuta lontana dalla mia posizione, altrimenti avrei dovuto trascorrere la notte a scappare da quella mostruosità, rischiando di danneggiare il veicolo.
Distolsi lo sguardo da quella tempesta, ancora parecchio lontana da me, per rivolgerlo verso lo zaino che tenevo sul sedile del passeggero.
Lo afferrai con una mano e, dopo aver aperto lo sportello, scesi dal veicolo per spostarmi verso il cofano dove lo lasciai.
Appoggiai entrambe le mani ai fianchi, iniziai a svolgere dei piegamenti all'indietro con la schiena per diverse volte.
Eseguivo quegli esercizi dopo aver trascorso troppe ore alla guida senza concedermi una sosta, per risvegliare i muscoli e far svanire alcuni dolori provocati dal sedile del veicolo.
In seguito, facevo anche dei piegamenti sulle gambe per riattivare le articolazioni, temendo di correre il rischio di rimanere bloccato alle ginocchia.
Finiti quei rituali, afferrai lo zaino e andai a sedermi sulla radice di quell'albero, rivolgendo spesso lo sguardo verso l'orizzonte, per tenere d'occhio quella dannata tempesta.
«Vediamo cosa c'è di buono» borbottai prima di aprire lo zaino ed esaminare il suo contenuto.
Purtroppo, nonostante la mia battuta ottimista, non avevo molto dentro quello zaino: solo un paio di razioni militari trovate pochi giorni prima e alcune scatolette contenenti del cibo per cani.
Osservai quella roba per diversi istanti, fino a quando decisi di consumare il cibo per cani, visto che le razioni militari avevano una conservazione più lunga.
«E va bene... proviamo» borbottai prima di afferrare la linguetta di metallo che mi avrebbe permesso di aprire quella scatoletta.
Quella era la prima occasione in cui mi capitava di consumare quel tipo di pasto, poiché solitamente consumavo razioni militari o cibo per umani.
Alcuni giorni prima avevo rovistato all'interno di alcune abitazioni e il cibo per animali domestici era l'unica cosa che ero riuscito a trovare.
Lo presi con me perché non c'era niente di meglio da prendere e perché pensai che, in fondo, non mi avrebbe di certo ucciso e che comunque avrei dovuto adattarmi alle drammatiche circostanze che stavo affrontando.
Aperta la scatoletta, la avvicinai al naso per annusare il suo odore, che non trovai affatto male.
Anzi, avrei detto che fosse migliore delle razioni di cibo militare.
Sorrisi per farmi coraggio all'idea di mangiare quella roba e avvicinai la mano alla tasca laterale dello zaino, dove custodivo delle posate avvolte in un panno per tenerle pulite.
Infilai una forchetta all'interno della scatoletta per infilzare un pezzo di carne e avvicinarlo alla bocca muovendo lentamente il braccio.
Mi allungai leggermente con il collo per accostare il naso a quel pezzo di carne e lo annusai nuovamente quando decisi di farmi coraggio e inserirlo dentro la bocca con un rapido gesto della mano.
Chiusi gli occhi ed iniziai a masticare lentamente quel boccone, cercando di pensare che fosse una succosa bistecca anziché carne per animali.
Masticai quel boccone assaporandone il sapore che, dopo tutto, trovai anche accettabile.
In quel momento, mentre continuavo a consumare quel pasto, mi resi conto di una cosa fondamentale: il mondo non era più quello di un tempo e non potevo fare tanto lo schizzinoso riguardo a quello che trovavo da mangiare.
Dovevo adattarmi e dovevo farlo senza farmi troppi problemi, pensando solamente a sopravvivere il più a lungo possibile.
Quello doveva essere il mio scopo di vita: sopravvivere con i mezzi che trovavo, anche se ero consapevole che ne avrei dovuto aggiungerne un altro per dare un senso a quella sopravvivenza.
Ma sapevo che prima o poi avrei trovato un motivo per andare avanti in quel mondo.
Dovevo solo pazientare.
Continuai divertito a consumare quella carne in scatola, muovendo lo sguardo davanti a me, quando mi accorsi che quella tempesta stava cambiando direzione e si stava allontanando dalla mia posizione.
Sollevato dal fatto che quella tempesta non mi avrebbe coinvolto, incrociai le gambe cercando di rilassarmi, e andai avanti ad infilare la forchetta dentro quella scatoletta, portando i bocconi di carne alla bocca.
Finita di consumare la cena, bevvi il liquido che trovai all'interno di quella scatoletta, pensando che il giorno seguente avrei dovuto cercare dell'acqua, confidando in un briciolo di fortuna, la quale, negli ultimi tempi, sembrava tenersi alla larga da me.
Ma, come ero solito fare, cercai di non perdermi d'animo, sapendo che da qualche parte, e in qualche modo, avrei trovato ciò che stavo cercando.
Sotterrai quella scatoletta sotto la sabbia e pulii con una pezza quella forchetta che avevo usato per mangiare, prima di infilarla nella tasca laterale dello zaino, dove l'avrei ritrovata per il pasto successivo.
Visto che la notte stava lentamente coprendo il paesaggio circostante, mi alzai in piedi e mi spostai sul retro del veicolo per prendere la coperta che tenevo all'interno del bagagliaio.
Andai a sdraiarmi tra le radici di uno di quegli alberi che spuntavano dal terreno e, dopo aver steso quella coperta sopra il mio corpo, rivolsi lo sguardo verso il cielo per osservare le stelle che risplendevano su di esso.
Mossi lo sguardo attraverso quelle costellazioni che venivano osservate sin dagli albori della nostra civiltà, le quali avevano visto tutta la nostra evoluzione fino alla nostra totale distruzione.
Se quelle costellazioni avessero potuto parlare, ne avrebbero avute di storie da raccontare sul nostro conto, pensai.
Andai avanti ad osservare quelle stelle, quando mi tornò alla mente il giorno in cui venne annunciato l'arrivo di quella cometa, quando stava divenendo visibile ad occhio nudo.
Ricordai la gente che rivolgeva lo sguardo verso il cielo per osservare quello spettacolo della natura, nonostante fosse un micidiale proiettile che stava puntando dritto contro di noi.
Ma quelli erano eventi rari a cui poter assistere e nessuno riusciva a resistergli.
Molti non avevano mai visto niente di simile e difficilmente non si rimaneva affascinati da quell'oggetto celeste che viaggiava attraverso il cosmo, lasciando dietro di sé quella scia luminosa composta da ghiaccio e detriti vari.
Anche io e mia moglie eravamo soliti osservare quell'oggetto, nonostante ne fossimo terrorizzati.

Michele Scalini

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