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Lamberto da Castano nel contato di Firenze 1189.
All'ufficio c'era Piero, che chiacchierava con Anselmo. Mio fratello era molto bravo a mettere le persone a loro agio e in fondo mi serviva che coloro che interrogavo non fossero tesi già prima di cominciare l'interrogatorio. Così esordii dicendo: «Buona giornata, Piero, di che stavate parlando?» Si alzò in piedi ma gli feci cenno di sedersi. Non rispose, così ripetei: «Di che stavate chiacchierando?» «Oh, messere, così, della stagione. Sembra che stia per piovere. Un po' di pioggia fa bene alla campagna, troppa no.» «Bene, Piero, di chi siete figlio?» «Di Nuto, era di Bibbione, io però sono nato qui.» «Voi avete della terra?» «Solo una piccola vigna laggiù, al villaggio di mio padre. Per avere un po' di vino, è poco per venderlo. Poi mia moglie mi ha portato in dote un campicello.» «Capisco. Sentite, ieri mi avete visto, vero, mentre parlavo con la povera Iacopa? Mi parve di vedervi, eravate in un gruppo di quattro e ci indicavate. Che dicevate?» Mosse gli occhi come se fosse stato colto in fallo. Sospirò e rispose: «Sì, messere, ero con Migliore e un altro e c'era anche la guardia, mi pare... dicevamo, forse qualche scherzo, ma innocente, vi giuro!» «Non lo metto in dubbio. Secondo voi chi ha ucciso Iacopa?» «Non lo so proprio, messere, un grande sciagurato. Vi dirò che quella non mi piaceva molto, una donna che vive laggiù, chissà perché...» «Vive laggiù, cioè viveva, perché non aveva casa al villaggio e nemmeno soldi. Con quello che guadagnava consigliando i rimedi delle erbe poteva a stento comprarsi il pane.» Annuì contrito. «Scusatemi, messere, non sono un maldicente, vi ho riferito il mio sentimento per lei, che poi ora vedo che era sbagliato, un peccato in fondo, povera donna. A volte si è così, si giudica e non si sa.» «Ditemi, Piero, voi amate vostra moglie?» Sorrise: «Oh, sì, mio signore, l'amo molto. Una donna così discreta, così dolce, collaborativa. Il parentado lo fece mio padre, ma fu saggio.» «Quindi non vi fareste prendere dalla lussuria per un'altra donna?» «Ma no! Se mi venisse in mente una cosa simile... me lo taglierei, sarei indegno.» Ridacchiai: «Piano... così nuocereste anche alla vostra sposa. Comunque la vostra risposta mi piace. Non è da tutti.» Ebbe un leggero sorriso, certo gli era venuta in mente l'immagine della moglie. Dissi: «In questo momento state pensando a lei, vero?» Rise: «Ma come lo sapete? Mi leggete nel pensiero?» Risi anch'io e Anselmo ebbe un sorriso. «Magari potessi leggere nel pensiero! Il mio lavoro di investigazione ne sarebbe avvantaggiato.» «Disse Anselmo: «Mio fratello Lamberto è molto intelligente e capisce bene le persone.» «Vedete» continuai «tra i quattro che eravate lì ieri a scambiarvi battute, c'è l'omicida di Iacopa. Ora mi sembra difficile che siate voi, perché l'uccisione di quella povera donna è concatenata alle altre. Però, ora che ve ne andrete, pensatelo, che ho capito che uno di voi quattro è il colpevole.» Mi guardò con gli occhi sbarrati: «Uno di noi, e perché?» «Perché è così.» Gli si imperlò la fronte di sudore. Ma una simile reazione l'avrebbe avuta chiunque. Così continuai: «Ma tranquillo, capisco che non siete voi. Però pensateci e se vi viene in mente qualcosa, qualche reazione che avete notato negli altri tre e che vi è sembrata strana, venitemela a riferire. Naturalmente non vi consiglierei di riportare agli altri il mio pensiero, potrebbe essere sgradevole, l'omicida potrebbe reagire male... tre morti bastano, andate.» Quando se ne fu andato Anselmo mi lodò: «Lamberto, sei bravissimo. Sulle prime non capivo, ma poi ho compreso che è la strategia migliore. Però se lo dicesse agli altri, non sarebbe meglio? Si potrebbero tradire più facilmente.» «Forse lo dirà. Gli ho parlato così per farlo stare ancora di più in tensione, così pensa che uno di loro è un omicida.» «Sudava un po' quando l'hai detto, pensi che sia lui? Eppure...» «Non lo penso, Anselmo, Piero è una brava persona, il parroco me lo ha confermato. Passiamo a un altro. Fidele di Amonito, per esempio, non lo ravviso per niente, questo l'avevo già visto.» Quando fu giunto, lo salutai cortesemente: «Buongiorno Fidele, mi pare che ci siamo visti fuori della bottega di Coluccio, quando fu ucciso il suo garzone, vi ricordate?» «Certo che lo ricordo, messere.» «Voi siete un negoziante, vero? Mi pare che abbiate l'incarico di sorvegliare la porta a Fiorenza per vedere se passano forestieri, è così?» Annuiva: «È così, messere. Un po' ci guardo, poi certo, mi dedico anche alla bottega, ma tengo spesso lo sguardo anche da quella parte; non passano poi così tante persone. Avete per caso un appunto da farmi? È passato per caso qualcuno che non ho visto?» «No, no, era solo per inquadrarvi bene... scusate, sono io che sono forestiero e non capisco bene certe cose, per esempio alcuni nomi, come mai vostro padre si chiamava “Amonito”, o si chiama, scusate, magari è ancora in vita.» Sorrise: «Sì, grazie, è ancora vivo, ma molto malandato, e non capisce quasi più niente... sul nome non saprei che dirvi. Forse era molto agitato da bambino e lo hanno soprannominato così e il nome gli è rimasto.» «Capisco. Era per parlare un poco. Dopo che ci vedemmo davanti alla bottega del povero Coluccio, voi rimaneste con un gruppo di altri cittadini a parlare, vero?» «Sì, mi pare di sì.» «Vi ricordate chi era con voi?» Mi guardò con un misto di dubbio e di smarrimento. Cercava di ricordare. Poi: «Sì, ricordo, c'era la guardia, poi Migliore, poi Piero, non ricordo se c'era qualcun altro.» «No, eravate voi quattro, lo ricordo io. E cominciaste a fare delle battute tra voi, indicando ora me e ora la povera Iacopa.» Il suo sguardo indicava che stava interrogandosi su dove andassi a parare. «Sì, è vero, si disse qualcosa...» Rimasi in attesa. «Si fecero degli scherzi.» «Scherzavate su di me e Iacopa, immagino. Non vi ricordate qualche battuta?» Cominciava a sudare, era preoccupato. Anselmo lo guardava in modo indagatore, io invece dovevo apparire tranquillo. «Forse... forse abbiamo detto qualcosa che non dovevamo?» «No, no, volevo sapere il succo del discorso. Se prendevate in giro me, non mi interessa. Chi vuole può scherzare su di me, non sono un re o il Papa, ma mi interesserebbe sapere cosa dicevate. Lo chiedo per l'indagine che sto facendo, anche delle battute mi possono essere utili.» La sua preoccupazione aumentava. Sudava. Continuai: «Guardate che non voglio mettervi paura, state tranquillo. Allora?» «Ma volete che vi dica proprio chi diceva una cosa?» «Sarebbe meglio.» «Mah, uno disse... forse era Migliore? “Ma guarda la Iacopa, si mette in mezzo, e il giudice l'ascolta”. Io dissi, questo lo ricordo bene: “mah, forse non sa chi è”. Poi la guardia disse: “Magari lei sa qualcosa e glielo vuol dire, lei gira, gira e guarda”. Poi, forse Piero, fece un commento... irriverente, però non ve la prenderete con lui, vero? È tanto un brav'uomo, perché disse: “Magari il giudice... si innamora della Iacopa!” Ecco, l'ho detto.» Anselmo e io ci mettemmo a ridere. L'uomo ci guardò e parve rasserenarsi un poco. Poi: «Sono battute, signore, senza cattiveria. Piero... Piero pensa sempre a queste cose, la sua donna gli piace tanto che crede che tutti abbiano solo l'amore nella testa.» Sorridendo dissi: «Sì, l'avevo sentito, Piero è un brav'uomo, non farebbe male a una mosca.» «Però, signore, nemmeno io farei male a una mosca. Non sono così innamorato della moglie, ma sono una persona tranquilla.» «Immagino, ma sentite, in coscienza, tanto da qui non esce niente, non state bene con vostra moglie?» Ebbe un'espressione dubbiosa: «Mah, a dirvelo in coscienza, signore, ci sto perché me l'hanno data, ma è una gran brontolona.» «E non cercate un'altra donna, così, ogni tanto?» Negò arricciando il labbro inferiore: «No, messere, è sempre mia moglie, me l'hanno data i genitori e io ci sto, non farei mai cose simili, sotterfugi, vedere una di nascosto, a parte il peccato non sono il tipo.» «Capisco. Bene, la chiacchierata con voi mi è stata utile. Sapete, secondo me uno di voi quattro è un assassino. Non so chi, sto cercando di scoprirlo.» Il suo viso si fece allarmato, guardandomi fisso disse: «Io no, messere, no!» Annuii e dissi: «Sapete... avete presente l'Ultima Cena, quando nostro Signore dice: “Uno di voi mi tradirà” e tutti si domandano: “sono forse io, Signore?” Loro non lo sanno perché il tradimento di Giuda deve ancora avvenire, invece uno di voi lo sa. Questo è il mio vantaggio.» Rimase come inebetito a guardarmi. Poi riprese, allargando le braccia: «Signore, non potete pensare che sia io.» Annuendo leggermente dissi: «Chi pensate che sia?» Mi guardò stringendosi un po' nelle spalle: «Uno di noi quattro, lo sapete per certo? Mah!» Abbassò gli occhi e la testa in segno di scoramento. «Non so, signore, non posso pensare che uno di noi sia quello che ha ucciso. Ma ne siete sicuro?» Lo guardai fisso negli occhi e risposi: «Se non è uno di voi, mi dimetto e me ne vado... ma prima vengo a chiedervi scusa in ginocchio per aver dubitato di voi. Comunque, se la vostra coscienza è pulita, non avete niente da temere, solo vi consiglierei di non parlarne agli altri, non si sa mai. L'assassino potrebbe fare qualche gesto inconsulto. Ora andate.» Si mosse e nell'andare strascicava i piedi. Comprendevo la sua angoscia. Quando fu uscito dal palazzetto Anselmo mi chiese se poteva essere lui. «Non credo, Anselmo, secondo me questi due sono puri come l'acqua.» Rise: «Ma quella battuta!» «Anselmo, qua nella Tuscia e vicino a Fiorenza sono tutti in vena di battute, e anche di prendere un po' in giro, lasciamoli fare: il riso, a volte, è una medicina. Fammi venir su Vigoroso e stai attento che se si offende è temibile.»
Renato Delfiol
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