
Introduzione.
Devo svegliare la Musa gentile! Non è regina di cuori adoranti, nemmeno fata di fiori ammalianti, solo la fiamma di un cuore infantile
pulsante al sogno improvviso che danza. Genera roghi d'inquieti misteri all'ombra oscura d'occulti poteri, fasulli o veri, procede ad oltranza
sino a destare il favore dei venti. Mai si dichiara prezioso diamante ma giocoliere dal ritmo incalzante che entra nel gorgo e scatena gli eventi!
Segue d'impulso l'ansiosa corrente nel senso opposto del fluire dell'onda, forte al pensiero in un mare che affonda ogni ideale conforme alla mente.
Si placa il fuoco se l'acqua lo investe, infida e scura che vampa consuma, e lo trascina in deriva alla piuma nera di pece, insidiosa a proteste
di chi al suo pari si veste indovina. Dama dei corvi o fiorente stratega? Solo Morgana, incantevole strega, ma di giustizia una gran paladina!
Sempre munita di freccia che all'arco saetta intinta nel verbo al veleno; fulminea, quanto alla psiche il baleno, schietta, a far centro di fronte al rimarco.
Ne apre il suo varco ed insorge ai meschini; “spiriti ottusi che il nulla rimpiangono e di sé stessi nemmeno si piangono ma nel sentire son vili aguzzini”.
Dice Lucrezia, dei Borgia la figlia ribelle e alquanto contesa Duchessa, amante amica, al suo cuore complessa. “Qui devo dire che un po' mi somiglia!”
Entro le croci convive sicura l'essenza pura che va all'autoscontro pur di trovare un principio d'incontro tra angelo bianco od oscura figura.
Ma chi sarà mai costei di cui parlo? La principessa d'inventi in malia nel bel castello che fa simpatia! Si chiama Sara o vi lascio col tarlo?
Sara Brillante.
Prologo.
Luce oltre le tenebre.
Mi fanno strada, si espandono all'oltre, negando al sole sin l'ultimo raggio e di sgomento elargiscono omaggio; sono le ombre che al fosco fan coltre
laddove il sogno va incontro alla sorte. È la vigilia d'occulto presagio, il dì del Santo schierato a suffragio contro le forze malvage di morte.
Nel mentre il lume m'induce alla tenebra, il passo stanco diviene più breve e fronte a nubi nell'aria sì greve, perdo le forze nel gorgo che celebra
la voce in tuono ammonito dal lampo. Al guizzo appare incombente l'altura con le sue brecce insidiate da mura, tetre e ferrate in difetto allo scampo.
Persa, sorpresa da inconscio timore in specie al luogo dipinto dal male, snebbio la vista dinnanzi al portale incastonato da orrore o stupore!
Un soffio gela quell'unico varco, oltre la soglia la psiche s'adombra sì come un velo di falsa penombra che mette a fuoco la cupola ad arco.
Muta e allibita sollevo lo sguardo a un labirinto di ponti e passaggi segreti, occlusi da mille ingranaggi, orditi a tela, che aprirli è un azzardo!
Un risuonare argentino lontano, il crepitare del fuoco alla torcia, scorgo la luce e lo spazio si accorcia; dal nulla appare il buon frate guardiano.
Ad ogni scatto un sorriso indiviso m'irradia il viso, e il bel suon di catene spezzate in volo, rincuora le pene; entro nell'antro con slancio improvviso
e ascendo all'alta spirale in votato silenzio, in fronte a scaffali ricolmi dei libri aurei a me cari, stracolmi di stinte tracce a quel tempo volato
e mai scordato. Dal verbo io nasco! “Collana in perle” annodate a saggezza illuminate di grande bellezza. Ora, nel verso germoglio e rinasco!
Prima perla.
«Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.» (Dante)
Disincanto.
Esiste un sentiero nascosto in un magico e tragico bosco. Le spoglie chiome di alberi oscuri negano il sole alle anime perse, pari a foglie disperse. Tra i rovi, le rose come spose divine, piangono lacrime intrecciate di spine. Cuori di pietra sotto forma di massi, sono grida d'aiuto, scolpite e sopite nel dolore più acuto. Dalla sorgente sgorga sangue malato che infetta il terreno con insano veleno. Un cancello logorato dal tempo inibisce l'ingresso alla realtà di un invento, disegnato dalla mano del vento. La luce è oscurata da una nube velata, le stelle violate da sentinelle stregate, alle forze del bene è vietato l'accesso, al giardino incantato dal male protetto. Disincanto, di un tempo passato abusato da uomini all'apparenza di demoni, sulla via delle tenebre, sotto un manto di cenere. Nel silenzio, attendo...
Soffio di ombre.
Muoio di luce vivendo nel buio di un raggio audace di luna riflesso che arde e brama la chiave d'accesso per l'oltre mondo che accolgo ed abbuio.
Dal nulla insorge l'arcano portale, ne prende forma al calar delle brume, tra le aspre sponde, sul greto del fiume, ove m'attende il nocchiero ancestrale.
Nell'aria greve mi porge le mani, tese a condurmi al suo sguardo di brace, negato al lampo del sole che or tace, di fronte a strida d'affranti profani;
umane genti dannate al maligno, principe offeso che infiamma l'inverno dell'arso cuore recluso all'inferno, rovente e muto, celato al suo scrigno.
Un coro d'ali frammenta il cristallo, fragile e puro all'ordito del tempo, rubato in volo nel bacio anzitempo, che ancor rammenta l'ardore di un ballo;
danza improvvisa eccitata da un brivido caldo e violento al lamento del vento che urla impetuoso alle fronde in tormento, oscure figlie dell'astro più vivido.
Fulgenti ninfe segnate d'inganno, ordito in trame al bel manto mendace d'immonde streghe dall'occhio rapace, bramose al sorso del sangue tiranno
che sgorga impuro da pavide foglie colme di linfa vitale e rimorso; ingordo assale all'impavido morso, colto da falsa speranza che accoglie.
Persa tra sabbie fangose di un guado, soffro alla vista di fiere fameliche d'ali scolpite, fulgenti ed angeliche, pronte a planare, con sommo malgrado,
sul mio cammino e malvagio destino; evanescente al miraggio ingannato ed al contempo pur sempre agognato, atto al traguardo tra umano e divino.
Sto scomparendo nell'ombra d'invento, senza un Vangelo e certezze al contempo, vinta da un riso svanito al maltempo in questo averno a me ambito e violento.
Sola ed inquieta mi gioco la sorte tra avide lingue di pioggia infuocata che non si acquieta alla stilla ghiacciata d'insana bolgia che imbroglia la morte,
ma m'introduce nel fulcro del niente, ove al suo tutto troneggia l'immondo col sommo capo di fuoco iracondo forte allo scontro che impera imminente!
Il freddo argento alla lama si flette sul giorno avverso dal fato perverso, quando anche il lutto librava disperso su opaco marmo che più non riflette
se non un pianto taciuto al soffrire. Prode, dal ventre risale il fragore, d'insano grido che irrompe al mio cuore, infausto al mostro che anela infierire
su di una vita che al cosmo s'invita, senza piegarsi ad un patto immorale ma rinnegando il Signore del male e si congeda al di là dell'uscita.
Spazio che spegne alla notte i pensieri, vaganti sogni alla volta di stelle cadenti in sciami d'intense fiammelle, pronte a svelare novelli sentieri.
Sara Brillante
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