Oceano Atlantico Orientale, settembre 1942.
«Situazione, tenente» chiese Karl. Fritz Ghendal era l'ufficiale in seconda, corporatura esile, capelli biondi, barba corta e occhi chiari. Figlio di ufficiale d'alto rango aveva preferito la marina, invece che seguire la carriera del padre sui Panzer. «Barra orizzontale, profondità centocinquanta metri, rotta uno otto zero, motori avanti un quarto, nessun contatto sonar e navigazione silenziosa, capitano.» «Bene, giriamo di cinque gradi a dritta, manteniamo quota e velocità.» Questo ordine fece fare un ampio cerchio al sommergibile per controllare se vi fossero imbarcazioni nel raggio del sonar. «Sergente, posso avere una tazza di caffè?» Claus Svartz, uno dei marinai più anziani imbarcati, capelli biondi, occhi neri, le rughe visibili sulla fronte, marito e padre di due figli maschi, desideroso di vedere finita questa guerra, per fare ritorno a casa, che aveva lasciato all'inizio della guerra, quella casa che per ora guarda sullo sfondo nella foto con la moglie ed i figli. «Subito, capitano» rispose e rivolgendosi a un marinaio con uno schiocco delle dita. Dopo un paio di minuti il marinaio tornò con una tazza contenente un liquido scuro e fumante, in apparenza doveva essere caffè, ma chissà quante volte era stato utilizzato lo stesso fondo. «Sempre peggio questo caffè, stramaledetta guerra!» commentò Karl. Appoggiato al pilone del periscopio, dopo avere guardato l'orologio al polso e sbirciato le carte nautiche, disposte sul tavolino, si girò verso gli uomini presenti nella sala comando.
«Se oggi non troviamo nessuna nave nemica, faremo ritorno in porto, abbiamo solo due siluri, un motore che starnutisce e siamo senza caffè» dichiarò, facendo una smorfia di disgusto mentre guardava dentro la tazza. Dopo un'ora di navigazione, una voce si levò dal fondo del sommergibile, trasformando la smorfia di Karl, in allarme. «Comandante! Rilevamento eliche di superficie, posizione uno otto cinque, velocità dieci nodi, direzione otto zero sette gradi est, distanza due cinque zero.» Il capitano Vaisser si diresse immediatamente alle spalle del marinaio con le cuffie, il cui compito era ascoltare ogni rumore presente sott'acqua generato dalle eliche in movimento delle navi in superficie. Il commilitone doveva capire le differenze, per dare una visione esatta di quale nave o sottomarino si trattasse, amico o nemico, quanti siano, la velocità e la direzione, così che il capitano potesse governare il sottomarino per attaccare di poppa, senza essere visto né sentito. «Quante sono?» chiese Karl. «Una sola, comandante.» «Tenente, posizione di poppa, distanza trecento metri» ordinò con voce ferma e decisa. «Posizionarsi di poppa, distanza trecento metri» ripeté al marinaio timoniere. Trascorsero pochi interminabili minuti. «In posizione, signore» confermò l'ufficiale. Karl si rivolse all'addetto al sonar: «Altre eliche?» «No signore, sono sicuro» rispose il marinaio. «Quota periscopio, vediamo di cosa si tratta.» Il sommergibile si posizionò e sulla superficie uscì il periscopio, battezzato l'occhio di falco. Portandosi alla poppa della nave, il falco fu praticamente invisibile, la scia che normalmente compare sulla superficie, generata con la velocità di manovra, si aggiunse a quella lasciata dalle eliche della nave che li precedeva. Appena la lente si liberò dall'acqua, Karl girò il periscopio a trecentosessanta gradi, in modo da verificare che non ci fossero altre navi nella loro scia.
L'unica sagoma presente era quella del mercantile a prua. Azionato lo zoom sulla manetta di sinistra, riuscì a leggere distintamente il nome. «Verifica nave, nome MARK III.» Franz Kapplan, ventuno anni appena compiuti, al suo primo imbarco, aveva il compito di verificare, tramite le segnalazioni ricevute dal servizio di spionaggio, le imbarcazioni che venivano incrociate. «Confermo nave mercantile inglese, signore.» «Preparare tubi di lancio tre e quattro, armare siluri a centocinquanta metri, mantenere velocità e direzione» ordinò Karl. «Siluri pronti e armati, velocità e direzione costanti, pronti signore» rispose Ghendal trascorsi un paio di minuti. «Fuori tre, fuori quattro.» I due siluri uscirono dalle camere di lancio di prua, emettendo un sibilo e dirigendosi sul bersaglio. A metà percorso i siluri si armarono, pronti a esplodere nell'impatto contro la poppa della nave, ignara della propria sorte.
«Scendiamo a centocinquanta metri, a dritta per dieci gradi, velocità dieci nodi, chiudere porte stagne» ordinò Karl. Non rimaneva mai nella posizione dopo avere lanciato i siluri, per evitare le cariche di profondità che alcune imbarcazioni, a volte anche mercantili, portavano con sé come difesa. Questo accorgimento aveva salvato più di una volta il sommergibile e il suo equipaggio. I fusti pieni di tritolo venivano lanciati e fatti esplodere a diverse profondità, nel tentativo di squarciare i sottomarini nemici. «Comandante da sonar, nave colpita signore, rumore di lamiere, eliche ferme, oggetti che cadono in acqua... sta affondando.» «Macchine pari minimo, quota periscopio» ordinò Karl. In lontananza la scia di fumo nero si levò dall'acqua, azionando lo zoom del periscopio, fece in tempo a vedere la nave che alzando la prua, si stava inabissando, le esplosioni seguite all'impatto squarciarono lo scafo, scaraventando in mare parte del materiale. I detriti galleggianti sparsi intorno ai sopravvissuti, alcuni marinai sui gommoni di salvataggio stavano aiutando i malcapitati commilitoni a salirvi a bordo. «Confermo affondamento del mercantile MARK III. Tenente torniamo a casa, profondità centocinquanta metri, tracci la rotta per la base H4» disse Karl, poi chiuse le manopole del periscopio e questo discese nella torretta.
«Agli ordini, capitano.» Sulla via di ritorno, Karl non riuscì a dormire. Sebbene fosse l'ufficiale in comando aveva un giaciglio scomodo e angusto. Una brandina con un materasso alto tre dita e un cuscino che sembrava un pezzo avanzato dal materasso. C'era un pannello metallico ribaltabile come scrittoio, un armadietto per contenere i pochi effetti personali, le uniformi e il giornale di bordo. Ma quello che non lo faceva riposare erano le domande alle quali non riusciva a dare una risposta, forse in futuro, forse a breve, ma non adesso. Seduto sulla branda iniziò a scrivere quelle domande su un foglio di carta. Perché quel battello era solo? Perché nessuna scorta? Cosa trasportava? Preso un altro foglio scrisse due righe da fare cifrare all'addetto alla radio. “U456B A COMMA Mercantile MARK III affondato largo Inghilterra meridionale. Nessuna nave appoggio. Rientro base H4 per urgenti riparazione e rifornimenti. Previsto arrivo trenta pv. CAPVK” Uscito dalla cabina, si diresse alla postazione radio. «Cifrare! Avvisami quando possiamo trasmetterlo» disse all'addetto. La cifratura fu eseguita in alcuni minuti, utilizzando la cifrante ritenuta la più efficace di tutti i tempi, ENIGMA. All'apparenza sembrava una macchina da scrivere, ma al suo interno, aveva un sofisticato sistema di leve e rotelle che venivano settate in base a indicazioni precise, seguendo una logica, ma soprattutto, una procedura. I messaggi in ricezione venivano decifrati con un codice, mentre quelli in trasmissione ne utilizzavano un altro. Per sapere chi trasmetteva, e quale sequenza di codici utilizzare, era sufficiente leggere i primi cinque e gli ultimi cinque caratteri del documento. Karl giunse al centro di comando.
«Quota antenna a bassa frequenza, ridurre velocità, fuori lo snorkel» ordinò. «Subito, capitano» rispose Ghendal. «Messaggio pronto Capitano» echeggiò la voce della sala radio. «Bene, trasmettiamo.» La quota per la trasmissione radio permetteva il ricambio dell'aria attraverso lo snorkel, costituito da un filtro montato sulla sommità di un palo. Oltre a cambiare l'aria all'interno del sommergibile, portava ossigeno ai motori diesel, permettendo una velocità maggiore di navigazione e allo stesso tempo ricaricare le batterie utilizzate in immersione. Il processo elettrolitico ricondizionava gli elementi, eliminando i vapori dell'acido solforico. Approfittando dell'oscurità, Karl, decise che potevano rimanere a quella quota. «Messaggio in arrivo, capitano» disse l'addetto alla radio. «Decifrare» rispose Karl. “COMMA a U456B Autorizzati rientro base H4. Assegnato affondamento nave. Attendere nuova missione. Comunicare partenza dopo rifornimento. AMMRH”
Maurizio Efrem
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