Quel giorno era un giorno come tanti altri, nel cielo splendeva un grande sole giallo e gli uccellini cinguettavano felici sui rami degli alberi tra le foglie verdi. Era mattina e come tutte le mattine Ettore si stava preparando per andare al nido, non lo stesso degli uccellini, ma una casina colorata dove si giocava, si dormiva e si mangiava tutti insieme. I bambini più grandi invece andavano in un posto che si chiama scuola, dove si impara a scrivere e a leggere per diventare ancora più grandi. Come sempre, lo scuolabus passava a raccoglierli davanti a casa e aspettava che salissero uno ad uno. «Non correte,» si raccomandava l'autista «e non spingete i vostri compagni! Sedetevi bene al solito posto e tenetevi stretti che adesso si parte.» Uno di questi bambini grandi aveva con sé una pallina e la faceva saltare contro il vetro del finestrino. In quello stesso momento Ettore e Bulla scesero in giardino per salutare il papà che stava uscendo con l'automobile per andare al lavoro. Il cancello era rimasto aperto e appena Bulla vide il bambino che giocava con la pallina, cominciò ad abbaiare forte e si mise a correre verso lo scuolabus. Ettore cercò di prenderla per la coda, ma non riuscì ad afferrarla, così pensò di correre anche lui per spiegare al bambino con la pallina di tenerla nascosta nello zaino, altrimenti il cane gliela avrebbe presa. Nel frattempo, Bulla era salita sullo scuolabus e aveva cominciato a leccare tutti sulla faccia, a partire dal primo fino all'ultimo dei bambini che erano seduti. L'autista stava parlando con una mamma che lo aveva chiamato dalla parte opposta e non si era accorto di quello che stava succedendo, nemmeno di Ettore che era salito anche lui per riprendere il suo cane. Partì come faceva sempre mentre tutti giocavano con Bulla e siccome era l'ultima fermata, arrivò fino davanti alla scuola. Tutti scesero coi loro libri e il bambino che aveva la pallina la regalò a Ettore che subito si nascose tra i sedili con il suo cane per non essere scoperto. Lo scuolabus ripartì senza accorgersi di loro e si fermò soltanto quando arrivò al deposito dove c'erano tutti gli altri autobus vuoti. Fu allora che Ettore capì che si era allontanato da casa senza il permesso di mamma e papà e diventò triste. Voleva scendere, ma la porta era chiusa e non c'era nessuno in giro. Proprio nessuno non è affatto vero, perché sdraiato sopra il tetto di una vecchia auto c'era un gatto bianco e grigio di nome Camillo. Bulla cominciò ad abbaiargli, ma lui se ne stava pacifico a guardarla, rigirandosi ogni tanto sulla schiena. «Gatto... gatto... ci siamo persi.» gli gridò Ettore «Tu sai aprire la porta dello scuolabus per farci scendere?» «Miao... miao... certo che lo so fare, ma ho paura del tuo cane.» «Bulla è buona, anzi buonissima.» «Non ci credo.» rispose Camillo «Un mio amico mi ha raccontato che alcuni cani lo hanno inseguito finché non è riuscito a salire su un albero.» «Io non sono cattiva, ma a me piace rincorrere i gatti e anche gli scoiattoli.» spiegò Bulla. «E cosa succede quando riesci a prenderli? Li mordi?» «Veramente non lo so, perché non sono mai riuscita ad acchiapparne uno.» «Hai una faccia simpatica.» disse il gatto «Però di te non mi posso fidare.» «Aiutaci!» lo pregò Ettore «La mia mamma e il mio papà ci staranno cercando e probabilmente sono molto tristi perché non ci trovano.» «Posso aiutare te a scendere dallo scuolabus, però devi legare il tuo cane.» «Io non sono capace, sto ancora imparando a legare le stringhe delle scarpe come è spiegato in un libro che mi ha regalato la mia TataZia.» «Allora mi dispiace, non posso aiutarti, ho troppa paura.» disse Camillo, rimettendosi a dormire. Bulla si avvicinò a Ettore e gli sussurrò in un orecchio: «Fai finta di legarmi al sedile e io starò buona buona finché il gatto ci farà uscire da qui.» «E poi?» chiese Ettore. «E poi non lo so. Noi cani seguiamo l'istinto e quando vediamo qualcuno correre, ci prende una voglia irresistibile di inseguirlo. Non importa se sia un gatto, uno scoiattolo oppure una pallina, l'istinto è più forte di noi.» «Ma cos'è questo istinto?» «È qualcosa che abbiamo tutti fin dalla nascita e ci aiuta a fare le cose giuste, ma a volte anche sbagliate.» «Non ti sei spiegata bene, l'importante è che se scendiamo dallo scuolabus, questo tuo istinto ci aiuterà a tornare a casa.» Bulla scosse il capo: «Il mio istinto, mentre eravamo in viaggio per arrivare sin qui, si era distratto con la pallina.» «Cosa significa distratto?» «Guarda il gatto, noi stiamo parlando e lui ha la testa girata da un'altra parte, non è attento o forse non gli importa niente di quello che diciamo, come fai qualche volta anche tu quando la mamma o il papà ti spiegano le cose. Ti ricordi quando sei caduto dal muretto perché non stavi fermo?» Ettore si fermò a pensare: «Quella volta che c'era anche il nonno e poi siamo andati insieme a picchiare con la mano sul muretto dicendo “cattivo, cattivo, cattivo”?» «Questa parte non me la ricordo perché ero distratta.» affermò Bulla. «Io forse sono distratto perché sono un bambino, ma tu ormai sei grande, devi essere sempre attenta.»
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Abel Wakaam