I. Oxford, febbraio 2022.
Nuovi tesori in Egitto non ne sarebbero stati scoperti, non tanto presto, almeno. Howard Carter aveva aperto la tomba di Tutankhamon nel 1922. Dopo di allora, le più importanti scoperte erano state fatte nei depositi dei musei, ed era impossibile che l'inesperta ricercatrice Martha Farrell, nonostante il tono nervoso della telefonata, avesse messo le mani su qualcosa di importante lavorando a Oxford. Il professor George Grayson a questo punto sorrise. Era sicuro che la giovane si agitasse inutilmente, ma la curiosità era forte e non esitò: salvò sul computer la traduzione su cui da giorni stava lavorando e scese al piano di sotto, quasi nel seminterrato, nell'ala in cui i ricercatori disponevano di microscopici uffici. Scese le scale a passo veloce, riflettendo che se Howard Carter nei primi decenni del '900 non avesse indagato a fondo su ogni sospetto, voce o indizio, anche quelli più trascurabili, non sarebbe mai arrivato alla tomba che lo aveva reso celebre. Certo, lui era Carter ed era nella Valle dei Re, non nella facoltà di lettere classiche all'Università di Oxford. Quando Martha lo vide entrare, gli porse un foglio a colori ancora caldo della stampante laser. «È questo il papiro di cui volevi parlarmi?» «Sì, è questo, la scansione non è di grande qualità.» «Mostrami a video l'originale.» Martha, una brunetta trentenne bassa di statura a cui gli occhiali con la montatura di tartaruga conferivano l'aspetto da topo di biblioteca, caricò l'immagine a pieno schermo e affermò: «Eccolo qui. È leggibile, ha qualche foro prodotto dagli insetti. Ti ingrandisco un dettaglio». «Sì, è leggibile, ed è completo fino ai bordi. Non c'è nemmeno bisogno di contrastarlo. Sembrerebbe greco del primo secolo, il solito greco della koinè. Prova a scendere più in basso.» «Non posso, non c'è altro! La mia amica mi ha mandato solo questo.» «Nient'altro? Nemmeno una traduzione di accompagnamento?» «No, nell'e-mail mi chiede se conosciamo questo papiro o se sappiamo da quale fondo proviene.» «Visto così, non mi dice nulla. Perché questa professoressa dovrebbe chiedere a noi se sappiamo da dove proviene?» «Non ne ho idea» rispose Martha scuotendo il capo. «È un elenco di beni?» «No, di sicuro no. Ho provato a tradurre qualche riga, sembra del primo secolo, o forse del secondo. Viene dall'Egitto, non c'è dubbio: è papiro dell'Egitto romano, si vede bene dalla trama delle fibre.» «Che cosa dice?» «Non sono riuscita a capire bene di cosa stia parlando, abbiamo solo cinque righe e ciascuna reca un numero all'inizio.» «Potrebbe essere un bando liturgico.» «No, niente del genere. Ti ho chiamato subito perché potrebbe trattarsi di qualcosa di importante. Leggi questa riga.» Martha indicò la terza riga che compariva sull'immagine ingrandita a tutto schermo; il professore prese una seggiola e si sedette accanto a lei. Rientrava nelle sue mansioni dare tutta l'assistenza necessaria ai ricercatori che avevano ottenuto il contratto annuale con l'istituto. George Grayson era un conosciuto papirologo, per quanto dopo nove anni di servizio fosse ancora fermo al ruolo di professore aggiunto. Se non si fosse scatenata qualche moria tra coloro che lo precedevano nella lista, forse sarebbe rimasto “aggiunto” per tutta la vita. Era già avviato alla cinquantina, ma non sembrava dar peso alla questione poiché aveva scelto di astrarsi dalla realtà quotidiana per vivere con la mente nell'antico Egitto, leggendo e traducendo documenti fondiari, polverose eredità, chiamate alle armi e tutto ciò che gli capitava sottomano, purché fosse antico e scritto in greco su un papiro di provenienza egizia. A Martha dava volentieri una mano: la giovane ricercatrice non nascondeva una certa aria impertinente, ma per quanto si chiamassero familiarmente per nome, come si usa tra colleghi, il professore non avrebbe mai potuto permettersi delle confidenze con lei, o magari invitarla a cena; la sua posizione non glielo permetteva. Si calcò gli occhiali sul naso e si concentrò sulla riga indicata dalla donna, vergata in distinte lettere greche con inchiostro marrone chiaro; sull'originale i caratteri dovevano essere piccolissimi, alti non più di cinque millimetri. Si vedevano le sbavature dell'inchiostro dovute al movimento della mano dello scrivente, e minuscole infiltrazioni scure si erano propagate lungo le fibre del papiro. «Anche l'inchiostro è egizio... Menfi o El Fayyum, direi, se dovessi tirare a indovinare. El Fayyum, quasi di sicuro. La qualità del papiro è molto simile a quelli della collezione Grenfell e Hunt di Tebtynis» affermò Grayson. Rimase in silenzio per alcuni istanti concentrandosi sulla lettura della riga indicata dalla ricercatrice e tradusse a bassa voce: «“Coraggio, Diomede, combatti contro i troiani”. Che cosa vuol dire? Diomede e i troiani? Questa è Iliade». «Ben per quello ti ho chiamato subito!» sorrise Martha. «Potrebbe trattarsi di un manoscritto del primo secolo dell'Iliade... o forse di qualcos'altro di Omero!» Ma subito la delusione gli scavò una ruga sul viso. «Di sicuro si tratta solo di una citazione. Le altre righe... hanno a che fare con Omero anche quelle?» «Forse no... non lo so. Stavo giusto iniziando ora la ricerca. Sto scaricando l'Opera omnia di Omero in digitale, in greco, per fare una ricerca sull'ipertesto con le parole chiave.» «Questa ricerca, se non ti spiace, potremmo farla insieme», disse il professore. «Chi te l'ha mandato non sa se sia un testo catalogato, e se ci capitasse tra le mani un originale sconosciuto del primo secolo... non voglio nemmeno pensarci, sarebbe un colpo fin troppo fortunato. Ha anche il resto? È un rotolo o fogli sparsi?». «Non lo so. La collega che me l'ha mandato è una papirologa italiana con cui ogni tanto ci scambiamo delle note su delle traduzioni incerte.» «La conosci di persona?» «No, le parlo via e-mail. Una dozzina di volte ci siamo scambiate delle ipotesi di integrazione su papiri mutili a cui mancano parti importanti necessarie per ricostruire il contesto generale. Si pensava di pubblicare i risultati a nome di tutte e due. Questa è l'e-mail di accompagnamento dell'immagine.» Il professor Grayson lesse distrattamente una riga dello scarno messaggio, ma la sua mente stava lavorando a qualcosa d'altro. «Dimmi cosa sai di questa tua amica. Potrebbe avere tra le mani un frammento importante.» «Insegna in Sudafrica, ma è italiana.» «Pensa di trovare dei papiri in Sudafrica? Sta facendo qualche campagna di scavo?» domandò Grayson senza nascondere lo stupore. «Non credo, deve avere una cattedra in un'università locale, una città dal nome impossibile, dovrebbe essere vicino a Pretoria. Questa è l'e-mail che mi ha mandato stanotte, è scritto nell'intestazione.» «“Giovanna Corsini, Lecturer, Faculty of Theology and Religion, University of the Free State, Bloemfontein, 9300 South Africa”. Mai sentito nominare questo luogo, nemmeno sapevo che esistesse. Come ha fatto questa Corsini a finire là?» «Non ne ho idea, te l'ho detto, la conosco solo attraverso le e-mail.» «Potrebbe avere in mano un papiro inedito! Io sono qui da più di trent'anni e non ho mai visto una riga di Omero che non fosse già stata pubblicata. Prova a cercare sul web, magari riusciamo a sapere cosa sta facendo laggiù la tua amica Corsini. Sai come potrebbe essere finito là questo papiro? In Sudafrica non hanno nulla di egizio, ma potrebbe trattarsi di uno scritto acquistato da qualche magnate. C'è un mercato clandestino di enormi proporzioni per i papiri importanti.» «Lo so», annuì la brunetta, «io una piccola ricerca l'ho già fatta, subito dopo aver tradotto quella riga. La mia collega ha le carte in regola e un curriculum di tutto rispetto, con numerose pubblicazioni concentrate su papiri di bandi liturgici. Collaboro volentieri con lei proprio per via del suo curriculum. Dovrebbe avere trentanove anni». «Trentanove anni... se fosse in corso una campagna di scavo in Sudafrica, noi lo sapremmo. Che si possano trovare dei papiri egizi a così grande distanza dal Nilo, la ritengo cosa assai difficile, non si è mai udito nulla da laggiù. Al massimo potrebbe trattarsi di qualche reperto sepolto in un museo o in una collezione privata.» Il professor Grayson tacque per alcuni istanti rimuginando qualcosa: «Sai cos'è che non mi piace di questa storia? Che ci abbia mandato cinque righe leggibili senza dirci di cosa si tratta. Anche le altre volte ti ha mandato dei frammenti senza dirti altro?». «No, te l'ho detto, mi mandava dei papiri mutili dei quali aveva avviato la traduzione, ma era ancora lontana dal senso generale del testo.» «Quindi ti mandava una bozza di traduzione con le note. E stavolta invece ti manda un papiro, forse importante, senza dirti nulla? Fammi rileggere quell'e-mail.» Martha la mise di nuovo a video.
Giovanna Corsini, Lecturer, Faculty of Theology and Religion, University of the Free State, Bloemfontein, 9300 South Africa. Buongiorno Martha, un collega mi sta chiedendo di tradurgli un papiro che contiene alcuni termini che non conosco, e il contesto generale è completamente oscuro. Le cinque righe contenute nell'immagine che ti mando allegata a questa e-mail, sono frasi distinte, sintatticamente corrette ma completamente slegate tra di loro. Potresti controllare se questo testo risulta già registrato all'Oxford Institute, per evitare inutili tentativi di traduzione? Grazie, Giovanna
«Vuoi che non si sia accorta che potrebbe trattarsi di qualcosa che ha a che fare con Omero?» domandò il professor Grayson, dubbioso. «Non lo so, dovrebbe essersene accorta, ma potrebbe trattarsi semplicemente di una citazione... forse è un appunto di uno studente dell'epoca, ce ne sono tantissimi anche tra i papiri di Grenfell e Hunt.» «Non è un appunto di studente», ragionò serio il professore, «sono frasi allineate e numerate... per qualche ragione. So per certo, però, che quando saltano fuori cose sconosciute di questo genere, il direttore vuole essere informato subito». Martha sorrise e replicò: «Ma il papiro non è nemmeno nostro, e nemmeno sappiamo da dove venga. La Corsini mi dice nell'e-mail che non è suo, e l'immagine le è stata mandata da un collega». Il professor Grayson, sforzandosi di ignorare il profumo di lavanda della giovane, scosse il capo e disse: «Sì, ma qui si tratta di qualcosa di diverso. Questa fotografia, intanto, arriva da un luogo in cui di papiri non ce ne dovrebbero essere. Potrebbe trattarsi di una nuova scoperta o del risultato di scavi clandestini in Egitto. A naso direi che si tratta di una cosa che non va sottovalutata! Il direttore è perennemente alla ricerca di idee nuove fuori dagli schemi, per trasformarle in progetti per i quali chiede finanziamenti al consiglio di amministrazione». «Vorresti dirglielo?» «Sì, prima lo chiamo, meglio è. Deciderà lui se è qualcosa di interesse per l'istituto.» «Verrò anch'io a parlargli? Sai che la mia è una posizione un po' particolare...» «Lo faccio venire qui. Voglio che veda esattamente ciò che ho visto io... e l'e-mail della tua amica. È una buona occasione anche per te di presentarti. Non sei qui per farti conoscere?»
La telefonata fu brevissima: il professor Allsman-Pennington, il direttore di Facoltà, probabilmente in quel momento non aveva nulla di urgente da fare e, incuriosito dalla notizia che “c'era qualcosa di nuovo che era meglio vedesse di persona”, non si fece attendere che pochi minuti. Era un uomo corpulento, con la barba ordinata che si addice a un rispettabile direttore d'istituto; spesso compariva su qualche giornale o sui media ed era attentissimo a non avere mai nemmeno un capello fuori posto. «Lei è Martha Farrell, la nostra ricercatrice più giovane» la presentò Grayson indicandola con l'indice. Il direttore Allsman-Pennington la salutò con un burbero cenno del capo. «Il dottor Grayson mi dice che si è data da fare. Cos'è che vuole mostrarmi?» «Questo papiro...» rispose timidamente Martha, che per la prima volta aveva la possibilità di parlare del suo lavoro al direttore in persona. Il solido dottor Allsman-Pennington, aggiustati gli occhiali di tartaruga sul naso, esaminò a video lo scritto in un batter d'occhio e disse: «Questa riga non si capisce, nemmeno questa. La terza riga... “i troiani”... è Omero. È per questo, George, che mi hai chiamato?». «Sì, è per questo. Il papiro è saltato fuori in Sudafrica, dove non dovrebbe essere.» «In Sudafrica?» Martha caricò a video l'e-mail della collega sudafricana, e il direttore Allsman-Pennington lesse riga per riga. «A Bloemfontein non hanno mai avuto papiri, George. Tu temi che si tratti di un papiro rubato? Magari di un inedito della collezione di Grenfell e Hunt? Potrebbe trattarsi di qualcosa che ha a che fare con la nostra collezione?» e rivolse uno sguardo sinistro al professore. «Non lo so, ma potrebbe essere utile indagare. Martha è in corrispondenza con questa italiana, Giovanna Corsini. Potrebbe chiederle se ha qualche altra immagine da mostrarci, e se può dirci qualcosa sulla provenienza. Se si trattasse di un papiro in rotolo, potrebbe essere qualcosa di importante.» «No», scattò secco Allsman-Pennington, che doveva già essersi fatto un'idea, «la signorina Farrell risponderà alla sua amica dopo che avremo capito di cosa si tratta. La fotografia di questo papiro ha qualcosa che non mi convince. Fai venire qui Marcus, il nostro fotografo. Lui è in grado di dirci qualcosa di più di questa scansione. Mi sembra poco convincente, come se fosse fatta ad arte per nascondere qualcosa». Marcus, un quarantenne lentigginoso dai capelli rossi, si trovava in istituto e dopo pochi minuti si presentò alla postazione del computer. «Cosa mi sai dire di questa scansione?» gli domandò il direttore senza tanti complimenti. «Non è una delle mie, direttore», sorrise l'uomo, «sembra una maldestra scansione fatta con qualche vecchio scanner a bassa risoluzione. No... non è nemmeno una scansione. È una fotografia! Deve essere stata fatta con un cellulare. Posso mettermi io al computer?». In un istante l'esperto Marcus, preso il posto di Martha, ingrandì al massimo i dettagli dei bordi del papiro e affermò: «La foto è stata presa con un cellulare, un apparecchio che non ha né buona ottica né buona risoluzione. I bordi sono parecchio deformati dall'obiettivo». «Cos'è quella macchia sul lato destro?» lo interruppe il direttore indicando un segno scuro indistinto, visibile tra le frange del bordo del papiro. «È qualcosa presente sul ripiano su cui è stata scattata la foto.» Marcus armeggiò qualche istante ingrandendo e riducendo, e persino provando a ruotare le scritte. Infine, col testo rovesciato di 180 gradi, segnò col dito il bordo più chiaro della macchia sospetta e concluse: «Ho capito cos'è! È la “fuga” delle piastrelle di un pavimento! Qualche millimetro di cemento che sta tra una piastrella e l'altra. È stato fotografato per terra! Quello che vediamo su questo lato, dietro il papiro, è un pavimento». Il professor Grayson era rimasto a bocca aperta, e il direttore trasse le conclusioni: «Quindi chi ha fatto questa foto non è un professionista, ma una persona che ha avuto tra le mani il papiro, magari per caso, e ha pensato di fargli una fotografia con il cellulare, appoggiandolo a terra! E non è nemmeno un papirologo, se ha chiesto aiuto all'amica di Martha. Marcus, puoi dirci qualcosa di più sulla tecnica di ripresa?». Marcus scosse il capo pigiando sulla tastiera e provando a cambiare inquadratura. Alla fine, disse: «Forse c'è qualche informazione nei metadati dell'immagine». Premendo alcuni tasti, aprì la lista in cui si trovavano le caratteristiche tecniche dell'immagine: formato, risoluzione, rete di provenienza e altro. «Puoi sapere dove è stata scattata?» domandò il direttore. «No, non è possibile, almeno non con i mezzi che abbiamo qui. Ma qui c'è qualcosa: riguarda l'ultima modifica effettuata sull'immagine prima del salvataggio, vede?» e indicò una riga della lista. «La fotografia era talmente brutta che qualcuno ha cercato di migliorarla prima di spedirla, e ha usato il computer di un hotel!» aggiunse. Sulla riga indicata stava scritto: F:UsersAdministratorDocumentsserver 000022 Executive Lounge - Fairmont Nile City - Nile City Towers - 2005 B, Corniche El Nil Ramlet Beaulac, Cairo 2466 Egypt. «Tre giorni fa, alle 22.35 ora locale, questa fotografia è stata modificata per migliorarne il contrasto in questo hotel, al Cairo» concluse Marcus segnando lo schermo con l'indice. «Chi ha fatto questa fotografia», sussurrò il direttore, «aveva in mano il papiro originale, non sapeva cos'era e soggiornava in un hotel al Cairo! Si tratta quasi di sicuro di un papiro sconosciuto alla letteratura. È un papiro nuovo e non credo abbia nulla a che fare con la nostra collezione. Sarebbe interessante sapere chi è la persona che ha fatto la foto, e se si tratta di un papiro in rotolo o del brandello di un foglio. Se si trattasse solo di mezzo foglio, nonostante la citazione di Omero, sarebbe di ben poco interesse. Citazioni di Omero ce ne sono ovunque. Se, invece, si trattasse di un papiro lungo parecchi metri, magari integro, potrebbe essere una scoperta importante». Rifletté qualche istante, infine concluse: «Signorina Farrell, mi prepari una scheda di questa sua amica, con un curriculum e qualche notizia». «Volentieri, direttore.» «Dobbiamo riflettere prima di fare domande. Se fosse un papiro scoperto da poco, potrebbe trattarsi di un rotolo integro. Al Cairo a volte circolano reperti importanti provenienti da scavi abusivi o dalle cantine dei bazar della città vecchia. Tu, George, traduci il testo del papiro e insieme alla signorina Farrell accertati se le frasi ricorrono in qualche testo già conosciuto. Dobbiamo capire se si tratta di un falso. Non sarebbe la prima volta.» Fece l'atto di andarsene, ma quand'era già sulla porta, si rivolse di nuovo a Martha e ribadì: «Quel curriculum della sua amica... lo mandi alla mia e-mail insieme alla fotografia del papiro».
Claudio Rossi
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