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Autore: Cristian Antolini
Sulle bizzarre vicende di Isacco Poe
Wierd Metafisico Fantasy
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Sulle bizzarre vicende di Isacco Poe

L'ultimo ragionamento. Poi, l'abbandono.
L'ultimo pensiero, l'ultimo processo mentale, l'ultima ricerca; l'assoluta sicurezza di compiere un tentativo del tutto privo di efficacia. Un processo meccanico al quale obbedire senza fare troppe storie.
Fece di nuovo il giro dentro il buio, come seguendo minuziosamente le solite istruzioni, tastando le lisce mura per trovare un passaggio alternativo.
Il passaggio, quello vecchio, che aveva aperto una volta e da cui non era voluto uscire, lo aspettava ansiosamente per ripetere i movimenti che una volta erano stati efficaci.
Ora camminava mantenendo un discreto equilibrio e le cadute rovinose sembravano appartenere ad un tempo passato, impolverato. Eppure, non era trascorso chissà quanto tempo, da quando il ventre senza colori e luce lo aveva inghiottito.
Mi merito di entrare, o uscire, si diceva costantemente senza interrompere i preziosi processi mentali. Solo in pochi arrivano fin qui, probabilmente.
Come se ‘entrare' e ‘uscire' fossero state parole di cui conoscesse davvero il significato. Per lui erano sullo stesso piano e erano traducibili soltanto “lasciare o abbandonare un posto”.
Le aveva sentite pronunciare da due persone che erano transitate da quelle parti tempo prima. Ma quanto prima? La striscia della scena si srotolò nella sua mente. La determinazione, la mancanza di perplessità e indugio nei loro fugaci discorsi. Imbarcati in un'avventura che in pochi avrebbero affrontato, sapevano a cosa sarebbero andati incontro, sapevano cosa bene o male gli stesse capitando e come affrontarlo.
Ci erano partiti, per affrontare quello. Lui no.
Il suo arrivo era stato quasi casuale, non voluto. E non volendo si era ritrovato nella vantaggiosa posizione di rubare ad altri la speranza di abbandonare quel posto, fior fiore di tenebra.
Mancando un'unità di misura per calcolare il tempo, l'incontro con i passanti poteva essere avvenuto poco prima o un'eternità fa.
Il giorno non c'è più. È sempre notte. Comunque sia, me ne voglio andare da qui. Non ho davvero più le forze; o sparirò come sono spariti gli altri. Mi addormenterò di sera e verrò portato via. La sera. Qui è sempre sera. Sia questo il posto in cui i nostri affetti vanno quando spariscono senza che nessuno li veda?
Sotto il pube una leggera pressione lo avvisò di un imminente bisogno. Un caldo liquido disegnò una chiazza invisibile sul pavimento e lui provò un senso di disgusto; ciò che era solito uscire dal tubo, non era il benvenuto nella sua forma più cruda. Inoltre, puzzava non poco e sulla superficie liscia sembrava non doversi asciugare mai.
Dopo aver espletato, rifece nuovamente dei calcoli e ricordò cosa doveva fare.
I polpastrelli sfiorano ogni singola imperfezione del pavimento e delle mura, infilò le unghie negli spazi più minuscoli per trovare quei meccanismi che gli avrebbero permesso di tornare a sperare.
Tentare, tenta e non smettere. Era la voce dell'istinto a cui non era abituato a dare ascolto. Nella sua vecchia vita nessuno dava retta agli istinti e si veniva educati a rispondere bene agli eventi.
Si obbediva e si viveva benissimo. La buona educazione che funge da morfina; non avrai altra educazione all'infuori di questa.
La nuova filosofia, trovata nel posto peggiore che gli potesse capitare, era una minuscola fontanella da cui sgorgavano rotonde e dense gocce di energia. Gocce che cadevano a intervalli regolari non molto frequenti su un motore mai creduto di avere.
Un motore nascosto, arrugginito, ma da cui si poteva intravedere un potenziale e nessuna usura temporale.
Tornò nello stesso punto dove era riuscito a aprire un varco; ripeté la stessa sequenza, con la stessa modalità e alla mossa finale non successe niente. Come preventivato; volle accumulare i pensieri per biasimare la forza a cui aveva dato retta, che gli faceva ripetere le stesse cose senza costrutto.
Meglio risparmiarsi.
Cercò di capire cosa non fosse andato bene. ancora una volta i movimenti e le manovre vennero ripetute mentalmente.
Cosa c'è che non va? Perché si è aperto per due volte, con la stessa sequenza e ora non più? Se non fossero state le mie stesse mani a aprire il passaggio, non crederei fosse possibile lasciare questo posto.
Gli balenò l'idea che qualcosa si fosse rotto, eppure aveva l'impressione che tutto lì fosse pronto per essere scoperto, come se lo stessero aspettando, come se fosse capitato lì per dimostrare qualcosa. Cercò di ragionarci e venne stoppato dalla fame.
Altra possibilità; chi era scappato prima di lui aveva modificato il meccanismo dall'esterno, rendendo la fuga non più possibile. Ma perché? Perché impedire ad altri di battere la stessa via verso un mondo diverso?
Quando mi sveglio, dopo essere stato tramortito dalla sete, essa non mi assale e non mi contorce il desiderio di leccare il mio stesso sudore. E sempre quando mi sveglio gli escrementi da cui mi guardo bene dal toccare, non sono più sul pavimento. Scompaiono quando io non me ne accorgo. Cosa gli succede, dove vanno?
Il fiume dei pensieri e delle ipotesi venne interrotto dall'unico amico vivo che avesse nei paraggi. Dei brontolii provennero dal ventre come se avesse avuto un cucciolo di cane che si divincolava tra le viscere.
Un altro amico, il suo compagno di ventura, invece, era sempre lì. Fermo e ogni giorno più fino, ma non era vivo. Un po' come stava diventando lui. Più passava il tempo, più il suo corpo sembrava essere stato mangiato da qualche misterioso famelico mostro.
Le gambe si erano affinate e la faccia aveva dei profondi solchi sotto gli occhi; non potendo vedersi, immaginava sé stesso nella sua nuova forma e capiva che tutto ciò non era salutare.
Non si era mai sentito così male. Così tramortito, ora che non c'era più il solito pasto servito a scadenze regolari e che il ritmo della digestione e della distribuzione del cibo conseguente erano persi, faceva una fatica enorme a adattarsi. Ma nonostante questo, altre interessanti evoluzioni avevano preso posto nella normale vita eternamente notturna di adesso.
Poteva camminare solo sulle gambe o con le gambe e le mani a terra, alzarsi e abbassarsi, accasciarsi sulle ginocchia, flettere il busto in quasi tutte le direzioni. Il tutto accompagnato da scricchiolii vari e fitte ai muscoli.
Accanto alla felicità dei movimenti, c'era il rammarico, al quale non riusciva a dare un seguito a livello cognitivo, di non aver potuto fare quelle scoperte prima. Il suo corpo era stato fatto per quello, lo percepiva da ciò che i timidi muscoli e ossa gli dicevano.
Come sempre, quando arrivava ad un livello di pensiero superiore, la più fina ignoranza lo fermava delicatamente come un neonato che si spinge troppo oltre le braccia del genitore.
Camminare, camminare con le mani e le gambe. Non avere nessuno ostacolo nella scelta della direzione; ci sono addirittura delle direzioni intermedie tra l'avanti e l'indietro. Tra la destra e la sinistra. Sono al centro di un cerchio. Il cerchio che credevo avesse rappresentazione solo nella figura degli occhi e del tubo. Infinite soluzioni. Non ci sono vincoli, o costrizioni. Vado dove voglio, quando voglio.
Con rammarico appurò che questi nuovi movimenti gli facevano bruciare molta energia. Agganciato ad un tubo e vincolato da movimenti a cui non si era chiamati a decidere, non si era mai presentato il problema di autogestirsi e pensare ad una destinazione personale scevra dai movimenti dei vicini.
Mangiare per acquisire forza non era mai stata una priorità. Ora che si trovava queste responsabilità sulle spalle la pressione aumentava di pari passo alla sua determinazione.
Se mi sposto da solo, significa che dovrò fare altre cose da solo. Sarò costretto a provvedere al mio stesso sostentamento; che sia un preludio a ciò che mi aspetterebbe oltre il pannello? Sarebbe una prova, questo buco nero?
Quando non ce la faceva più a sopportare la mancanza d'acqua, sveniva e si destava soltanto molto dopo, con una preoccupante sensazione di aver soddisfatto la sete. Era difficile da spiegare; approfittare dei momenti di rinvigorita serenità era diventato un piacevole passatempo.
Come se ricominciassi ogni volta dallo stesso punto; no, non è vero. Come se ricominciassi da capo con una capacità migliore di valutare e di crescere mentalmente; se non ho torto, adesso dovrei riprovare ad aprire il pannello.
Ennesimo tentativo sul pannello. Vano. Due tentativi fa non era l'ultima prova?

Cristian Antolini

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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