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Autore: Andrea Clementini
L'ultimo canto del Tempo
Fantasy
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L'ultimo canto del Tempo
La profezia
Mara
Egli ci radunò quando ancora tutto era uguale a come era sempre stato. La grande luce era al solito posto, immobile a sfiorare l'orizzonte. Nulla lasciava presagire ciò che sarebbe accaduto di lì a breve, ma Egli sapeva. Egli vedeva ciò che noi comuni mortali non avremmo mai potuto vedere. Forse sarei divenuta come lui, ma quanti canti del tempo sarebbero dovuti passare prima che ciò accadesse, forse solo Egli lo sapeva.
- Figli della Luce, vi ho qui radunati perché siamo in pericolo. Tutte le terre della Luce lo sono. Il buio è in arrivo. Vedo una grande macchia nera che si muove nel cielo, grande almeno quanto la grande luce. Presto le passerà davanti. Presto la coprirà e oscurerà il nostro mondo. -
Mentre Egli parlava, i suoi occhi dapprima verdi come le foglie dei faggi della foresta di Below, la nostra città, divennero rossi, come se un fuoco divampasse dentro di sé. Mi ero abituata da tempo a tali cambiamenti, ma mai prima di allora avevo visto quegli occhi di un colore tanto acceso. Mai erano stati così vivi.
- Tutti noi sappiamo che tipo di creature si celano nell'oscurità. Le cacciamo tutti i giorni nella penombra, ma quando il buio sarà totale, perché così sarà, allora anche gli esseri più feroci giungeranno fin qui. I wontro potrebbero venire a bussare alle nostre case. -
Il silenzio più totale era intorno a me. Mi voltai un solo istante all'indietro e potei scorgere il terrore negli occhi dei presenti. Non credo che tra noi ci fosse qualcuno che avesse incontrato un wontro di persona, ma i racconti uditi a riguardo erano più che sufficienti per farci rabbrividire. Si narrava di creature immense, alte quanto tre uomini, ricoperte di dure scaglie nere e che nell'oscurità tendevano a muoversi rase al suolo, a quattro zampe, mimetizzandosi con l'ambiente. Al tempo stesso, però, erano in grado di ergersi su due zampe e agguantare esseri umani con i loro artigli acuminati e mangiarli con il loro lungo muso pieno di denti. Erano creature orrende, e terribili. Forti abbastanza da buttar giù con un solo colpo alberi, case e qualsiasi altra cosa ostacolasse il proprio cammino.
Egli chiuse gli occhi. Quando li riaprì erano gialli e luminosi come fossero due piccole grandi luci. Tanto abbaglianti che non riuscii più a fissarne lo sguardo.
- Il buio arriverà prima a Est e si estenderà fino a qui. Io devo intraprendere un pellegrinaggio durante questo periodo. Insieme ad un gruppo d'eletti, giungerò a Bordest alla prima nuova luce. È la mia missione. A questo sono stato chiamato. Ora andate, avvisate chi era a caccia di quanto vi ho detto. Below non cadrà perché grandi sono gli uomini che vi vivono, talmente grandi da poter essere la salvezza dell'intero mondo della Luce. Chiamerò uno ad uno chi è destinato a venire con me a Bordest. Una volta che la luce splenderà di nuovo su di noi e su queste terre, allora potremmo tornare vittoriosi a casa. -
I suoi occhi presero una colorazione ambrata e passarono sopra tutti i presenti, per poi posarsi su di me. Deglutii, ma tenni duro cercando di sopportare il suo pesante sguardo.
- La luce vive dentro ognuno di noi. Nell'oscurità non dimenticate: voi stessi siete Luce. -

Un nero risveglio
Edzard
- Ed, svegliati caro. È qui Vadil. Chiede di te. -
Aprii gli occhi senza capire se stessi sognando o se mia moglie mi stesse realmente chiamando. La sua voce sembrava venire da terre lontane, invece quando mi alzai lei era lì, davanti la porta della nostra camera da letto. Sul suo viso sorse spontaneo un sorriso pieno di dolcezza. I suoi occhi amaranto mi guardavano, accarezzandomi il viso. I capelli castani, ricadevano sinuosi sulle sue spalle bianche. Così pallide che per molto tempo la fecero disprezzare dall'intero villaggio. La pelle chiara non permetteva di stare molto sotto la grande luce e la rendeva una preda più facile nell'oscurità. Poco mi importava di tutto ciò, e di certo io non mi ero mai preoccupato del giudizio altrui. Ai miei occhi era semplicemente stupenda. Non avrei mai potuto trovare donna migliore. Ricambiai il sorriso, poi tornai a pensare all'uomo che era venuto a disturbarmi. - Vadil - ripetei tra me - perché diamine dovrebbe venire a svegliarmi durante il mio turno di riposo? Forse qualcuno si deve esser perso nella penombra. O peggio, deve esser stata avvistata una qualche creatura non troppo lontano dal villaggio. Forse proprio un wontro. -
Ancora confuso, dissi a Liz di farlo entrare. Così lei si recò verso l'ingresso per accogliere l'ospite. Lentamente mi alzai dal letto di foglie di betulla e mi misi seduto sul bordo, accompagnato dallo scricchiolio delle foglie ormai secche. Non doveva esser passato molto da quando mi ero addormentato, mi sentivo ancora stanco. Troppo stanco per aver dormito a sufficienza, per cui doveva essere accaduto qualcosa di grave. Mi convinsi così che doveva per forza esser stato avvistato un wontro. Era da tanto che non avevo a che fare con quelle creature. A dire il vero accadde solo una volta, e ne avevo avuto abbastanza per non volerne più vedere uno, ma la fama di chi è riuscito a sopravvivere all'incontro con uno di essi continuava a perseguitarmi.
Quando finalmente decisi di alzarmi e di andare nella camera principale della casa, Vadil era già lì.
- Ben alzato Edzard, e scusate il disturbo. Eirich mi ha incaricato di chiamare tutti gli uomini del villaggio che non sono a caccia. A breve ci sarà una riunione della massima importanza in piazza ed è richiesta la presenza di tutti, specialmente la vostra. -
Guardai quel ragazzo parlare velocemente, quasi in soggezione per essere nella mia casa. La sua pelle era molto più scura rispetto a quella di molte altre persone del villaggio. Forse era questo uno dei motivi per cui il saggio Eirich l'aveva voluto al suo fianco, come allievo. Anche se a me non sembrava in gamba come molti altri ragazzi che avevo conosciuto. Avevo sempre pensato che il colore della pelle non fosse così importante come veniva considerato per gran parte della gente. Mi grattai la testa confuso tornando a pensare al motivo della riunione. Era strano che convocassero tutti gli uomini per un avvistamento, forse era accaduto qualcosa di più grave. Che qualcun altro fosse rimasto ucciso da una di quelle creature? Non potevo escluderlo. Era da molto che non si avvicinavano alla penombra, ma poteva essere la calma prima della tempesta. Feci un cenno di assenso e rapidamente Vadil si congedò da me con un inchino impacciato, blaterando che doveva ancora avvisare tutti gli altri cittadini.
- Chissà cosa sta accadendo. - Dissi a Liz non appena restammo soli.
Lei mi guardò con un'aria preoccupata e sospirò.
- Son certa lo capirai tu stesso non appena uscirai di casa. -
Non chiesi altro. Mi avvicinai a lei e le diedi un bacio sulla guancia. Mi abbracciò, stringendomi forte, e io non potei sottrarmi, ricambiando con altrettanto dolce vigore. Era da tanto che vivevamo insieme. Quasi una vita intera l'uno accanto all'altra. Quando affrontai il wontro già stavamo insieme. Se ero ancora vivo lo dovevo solo a lei.
Uscii di casa e mi diressi dalla parte opposta della grande luce, verso il fiume che attraversava il nostro villaggio. L'acqua era limpida, come sempre, e potei ammirare il mio riflesso. Vidi i miei occhi, neri come i capelli. Il riflesso era brillante, ma non come sempre. C'era qualcosa di strano. Mi sciacquai il viso. Poi mi alzai e guardai la grande luce. Rimasi come sempre abbagliato per qualche istante, poi gli occhi si abituarono alla sua vista. Era luminosa, come al solito, eppure iniziai a vedere un lieve contorno nero sul bordo destro di essa. Una macchia scura. Ecco il motivo della riunione. Era un brutto presagio, molto brutto. Mi diressi così verso il centro del villaggio, passando per le vie del villaggio, contornate da piccole abitazioni di legno.
Giunsi in piazza che il vecchio Thomoz e il saggio Eirich erano già lì, circondati da una dozzina di persone che chiedevano loro cosa stesse accadendo.
- Ecco l'ammazzawontro – esordì Thomoz – hai visto? -
Feci un cenno di assenso.
- Che ne pensate? - Chiesi sperando che Eirich avesse capito cosa fosse in realtà.
Thomoz scosse la testa. Continuavano ad arrivare concittadini e a radunarsi intorno a noi.
- Si tratta di una maledizione. - Urlò qualcuno.
- Dobbiamo fuggire - Ribatté un altro.
Tra tutte, tuonò all'improvviso la voce di Thomoz. - Silenzio! -
Ci fu ancora qualche istante in cui il mormorio continuava copioso. Poi ancora Thomoz continuò a parlare.
- Ho detto di fare silenzio. Vi ho qui riuniti perché, come tutti avete potuto vedere, una macchia sembra aver intaccato la grande luce. -
Un istante di silenzio e il mormorio presto ricominciò, con qualcuno che continuava a urlare dicendo si trattasse certamente di una maledizione.
- Non bisogna agitarsi. Il saggio Eirich sta osservando il cielo e ben presto saprà dirci di più a riguardo. Probabilmente è solo una qualche nube passeggera, o qualcosa di poco diverso, almeno per gli effetti che avrà su di noi. Quel che possiamo dirvi per ora è che la macchia si muove, lentamente. Se continua così andrà a coprire la grande luce, ma così come è venuta, essa se ne andrà. -
- E se così non fosse? - Chiese con vigore qualcuno dietro di me.
Per un istante mi sembrò di tornare nell'oscurità. Vidi Myka accanto a me. La fiaccola nella mia mano illuminava il suo fianco. La lancia stretta nel suo pugno. Il wontro che si alzò innanzi a lui e lo colpì con forza. Lo scaraventò a terra, ma lui non mollò la presa e quando quell'essere gli si buttò sopra, Myka colpì forte con la lancia. Io rimasi immobile, paralizzato dalla paura. Il ruggito prima del wontro e il suo grido poi, mi destarono. Fu l'ultima volta che vidi Myka. L'ultima volta che udii la sua voce.
- Dobbiamo essere pronti. - Fu la risposta di Eirich, che mi riportò alla realtà.
- Pronti a difendere le nostre case. Le creature delle tenebre non tarderanno ad invadere le nostre terra. - Aggiunse con decisione Thomoz, prendendo consenso da molti. Odiavo i suoi modi da gran leader. Pensava davvero di poterci difendere dall'arrivo dei wontro? Nessuno di loro si era mai trovato di fronte a una di quelle creature. Io sì, e da allora non avevo più voluto spingermi oltre la penombra.
- Potremmo chiedere rifugio a Luceria. - Proposi, conscio che il mio parere era molto importante per l'intera comunità. Tutti tacquero, solo pochi istanti. Si guardarono e iniziarono presto a discutere. Molti si chiesero se fuggire potesse essere una soluzione. Molti, anche tra coloro che avevano gridato un - sì - convinto alle parole di Thomoz, si trovarono a ritrattare.
- Silenzio! – urlò ancora una volta il vecchio Thomoz, e continuò guardandomi con disprezzo – Mi stupisce che l'uomo considerato il più coraggioso tra la nostra gente, il famoso ammazzawontro, sia il primo a voler abbandonare la propria casa. -
Una frecciata, dura. Aveva già palesato dubbi riguardo ciò che avvenne quando Myka morì. Era certo che la morte del fratello fosse stata causata dalla mia codardia.
- Thomoz, so meglio di chiunque altro quali creature si celano nel buio. -
- Proprio per questo il tuo supporto potrebbe essere il più importante per tutti noi. O vuoi abbandonarci come hai abbandonato mio fratello? -
Insisteva, ancora. Non erano frecciate, ma vere e proprie accuse. Chiusi gli occhi inspirando e il freddo mi pervase. Gli occhi di Myka mi guardavano mentre un grido gli morì tra le labbra. Non sarei mai riuscito a togliermi quegli istanti dalla mente. Quel che avvenne dopo lo ricordo a stento. Ricordo di aver visto la ferita inflitta da Myka alla creatura. La sua lancia era penetrata tra le scaglie del mostro, aprendone uno squarcio. Lì avevo pensato di colpire. Mi gettai sul mostro cercando di salvare il mio amico, ma era troppo tardi. La lancia penetrò la carne del wontro. Poi venni colpito. La torcia mi scivolò dalle mani, incastrandosi tra le due lance infilzate che presero fuoco. Il destino volle salvarmi. Le urla del wontro le udirono fino al villaggio. Ero a terra e inerme, e vidi quella creatura ardere al suo interno, e contorcersi fino a tacere per sempre.
Evitai di rispondere a quella provocazione.
- Non possiamo difenderci da esseri alti tre volte uno di noi. Arriveranno anche altre creature, di sicuro più piccole e meno spaventose dei wontro, ma comunque pericolose. Sarà buio e freddo. Non sarà come stare a caccia nella penombra, ma come andare nel profondo delle loro terre. Non sarà più casa nostra, ma la loro. - Sentii la mia voce tremare mentre parlavo, così mi fermai e chiusi gli occhi, ancora, cercando di respirare con regolarità.
- Credi che Luceria potrà ospitarci e proteggerci tutti? - Thomoz continuava a ribattere, colpo su colpo.
- Hanno mura di pietra. - Rispose qualcuno, venendo in sostegno alla mia tesi.
- Possiamo costruire un muro anche noi. - Replicò Thomoz.
- Non potremmo mai fare un muro di pietra in così poco tempo. - Ribatté sempre la stessa persona.
- No, ma possiamo farlo in legno. - Rispose ancora il vecchio, accogliendo consensi da un gran numero di presenti.
- In legno? – risposi trattenendo una risata – Se i wontro giungeranno fin qui, non li fermerà di certo il vostro muro, né tantomeno sarei in grado io. Il giorno in cui sono riuscito ad abbatterne uno, ho perso tre amici. Non voglio che accada ancora qualcosa di simile. Voi fate quel che volete. Non resterò qui a vedere i miei figli morire. -
Ci fu silenzio. Io mi voltai per tornare a casa. Bisognava preparare tutto per partire. Intanto sentii, oltre a qualche insulto nei miei confronti, la voce di Eirich: - Tornate alle vostre attività. Al prossimo canto del tempo ci ritroveremo qui e spero di sapervi dire con certezza cosa accadrà e come potremmo agire, tutti insieme. -

Andrea Clementini

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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