Storia tragicomica di sopravvivenza familiare.
03 gennaio 2022. Simone si svegliò presto.
Corse da me con lo sguardo sgranato, i capelli sfatti, due pantofole diverse tra loro e il pigiama tristemente maltrattato: tipico dei pigiami indossati da chi ha il sonno agitato.
Iniziò così con le sue farneticazioni mistiche: “Papà ho capito cosa è successo... Il covid in realtà è un farmaco. Noi siamo il virus all'interno di una cellula di un enorme organismo vivente che noi chiamiamo Universo... anzi Dio.
Siamo noi che abbiamo attaccato l'essere vivente. Non il contrario. Ci stiamo riproducendo in esso e ci evolviamo attraverso la selezione naturale.
Stiamo facendo ammalare il nostro stesso creatore. A lungo andare rischiamo di ucciderlo.” Poi entra sempre di più nei dettagli. Pensai che fosse rimasto sveglio tutta la notte per ragionare sulla sua teoria.
“ Dio non fa altro che tentare di sopravvivere... cerca di debellarci con l'uso dei farmaci. Ecco, il Covid 19 è una specie di antibiotico. Noi siamo i batteri da eliminare per evitare ulteriori danni al suo organismo.
Storicamente, quando noi batteri o virus aumentiamo di numero, diventiamo incontrollabili e pericolosi.
Iniziamo a provocare danni alla cellula / mondo che ci ospita e, di conseguenza, al resto delle cellule. Lui avverte il malessere e sente il bisogno di stare meglio. Le guerre, i cataclismi, le pandemie, sono cure. I terremoti sono brividi di febbre. Le eruzioni vulcaniche sono colpi di tosse...! È il sistema immunitario divino che fa solo il suo dovere.”
Finì di parlare e restò in silenzio con lo sguardo nel vuoto, per alcuni istanti, poi si girò e osservò fuori dalla finestra gli altri virus e batteri intenti a colonizzare gli spazi della cellula che, suo malgrado, ci ospita.
In effetti, il mio vicino di casa l'ho sempre considerato un batterio putrefacente, anzi, un parassita vero e proprio.
E mia moglie? Appena sveglia aveva le sembianze di uno streptococco spettinato, nel caso avesse avuto i capelli.
Cominciai a immaginare un enorme scatolo del farmaco “Sars Cov 19” completo di bugiardino che consigliava un uso attento e la somministrazione di una pillola ogni otto ore. Lontano dai pasti.
Poi tornai in me. Nel frattempo Simone aveva iniziato la colazione. Anche i batteri mangiano, ma lo vedevo ancora pensieroso.
Forse, pensai, per il suo bene converrebbe abbatterlo subito con una dose massiccia di antinfiammatori miscelati alla coca cola... oppure convincerlo a recarsi al Conad, levarsi la mascherina e tossire violentemente.
Sarebbe stato il delitto perfetto, l'inevitabile lapidazione con lancio di costolette, latticini e congelati vari, di sicuro, avrebbe posto fine alla sua sofferenza intellettuale.
Optai per assecondarlo nel suo ragionamento, che nascondeva un certo fascino ad essere sincero.
Simone ha sempre avuto fantasia e capacità di ragionamento, anche surreale, che mi impressiona ancora.
Ho sempre pensato di aver messo al mondo un piccolo genio... oppure è stato l'idraulico... che importa.
Mi insegna e mi sorprende continuamente, come quando mi disse, guardandomi seriosamente, che questo periodo nascondeva un aspetto positivo... in quanto stavamo vivendo un periodo storico.
Oppure come quando mi guardò con aria sgomenta, sentenziando: “ma come... non sai che Plutone non è più un pianeta del sistema solare? Sei proprio un ignorante!”
Anche in quell'istante dovetti faticare per reprimere la volontà di far effettuare un aborto con quindici anni di ritardo! Che cosa può fare l'amore paterno.
Giorno 7 Quella notte avevamo catturato due grosse nutrie. La cena era assicurata.
Aveva mo sostituito l'acqua minerale con l'acqua piovana presa direttamente dalle grondaie.
Simone e Delia, forti delle esperienze Scout, avevano trasformato il salone in un accampamento, completo di falò e cucina da campo.
La notte strimpellavano con un immaginaria chitarra e indicavano fantomatiche stelle sul soffitto.
Con una forchetta legata ad un appendiabiti pensammo di catturare il pesciolino rosso e trasformarlo in sushi.
Delia preferiva la pesca a traina. Aveva creato una sua tecnica.
Lanciava un capello, alla cui estremità aveva legato un amo, nella boccia di vetro... poi correva avanti e indietro in attesa dello “strike”.
Delia mi preoccupava un tantino... parlava spesso con la sua amica Alexa e rideva allegramente con occhi spiritati, urlando “tu mi capisci”.
Le preoccupazioni valevano anche per me, in quanto simulavo di farmi la barba utilizzando una scheggia affilata prelevata dall'ultima bottiglia di vino... terminata ormai tre giorni prima. Lo stesso posso dire per mia moglie, che conservava l'ultimo cioccolatino dell'Epifania su una mensola... lontano da possibili aggressioni, e ogni tanto ci permetteva di annusarlo.
Ogni tanto organizzavamo qualche scena cinematografica. Nascondevo il contenuto dell'ultima bustina di tachipirina in una “caramella” di cellophane termosaldata e camminavo per la casa con occhiali da sole e cappuccio sulla testa, tentando di smerciarla per “bamba” agli altri tre... ma finivo sempre per essere arrestato.
Osservavamo la vita normale dalle finestre. Simone insisteva nel volermi farmi credere che i strani esseri di “fuori” erano nostri simili.
Costruimmo un totem con la scopa e con vecchie mascherine. Rappresentava “CoviDio”, una divinità che veneravamo.
Di tanto in tanto bruciavamo ciuffi di capelli ai suoi piedi, come sacrificio umano, al fine di propiziarci i suoi favori...! Io sono ateo! Andrà tutto bene!
Ottavo giorno da infetto Guardavo la parete della cucina e pensavo che, quando tutto sarà finito, dovrò tinteggiare nuovamente per coprire le asticelle disegnate sul muro.
Annotavo i giorni di isolamento in questo modo. Mi sentivo proiettato in “prison break”. Forse Netflix mi stava condizionando un tantino.
Anche Simone seguiva la serie e, utilizzando alcune biro, mi aveva tatuato sul polpaccio la sigla “A.C.A.B. - All Coronavirus Are Bastard”.
Mia moglie, invece, seguiva Gomorra e di tanto in tanto avvicinava il suo viso a pochi centimetri dal mio e mi ripeteva in sguaiato dialetto partenopeo: “ A guerra nun ‘a vince chi è chiu' forte, ‘a vince chi è chiu' brav' a aspettà” incutendomi una certa ansia. Delia aveva litigato con Alexa. Pare che non la considerasse. Quando le confidava di essere positiva al Covid rispondeva “mi dispiace non lo so” mostrando evidente disinteresse per il suo stato di salute. In seguito dialogò solo con ok google. Questo interesse per i maschietti non mi piaceva. Confesso di essere geloso della mia principessa. Come ogni giorno, mi chiamò mio padre novantenne e mi chiese se potevo uscire per fargli la spesa. Gli risposi sempre la stessa cosa: “ No, papà. Sono in quarantena.” Lui, con tono soddisfatto ribatté: “ Ah.. vabbè... esco io che sono negativo e tre volte vaccinato” dopodiché rise appagato. Non penso che dipendesse dalla senilità... penso che mi voleva proprio sfottere.
Nono giorno di imposta emarginazione sociale Dovevo trovare un metodo per far sfogare la normale aggressività adolescenziale dei due mostriciattoli. Restare reclusi, essere costretti a svegliarsi tardi... restare in tuta tutta la giornata, tra TV e play station, gironzolare per la casa con il cellulare sempre in mano... andare a letto tardi per vedere come finiva la serie preferita... Tutto questo per un adolescente di oggi è mostruoso...! Mostruosamente bello, purtroppo!
I miei piccoli alieni erano felici di essere covidizzati, di avere un'idonea giustificazione per comportarsi come amebe incolori, tutta la giornata.
Ma er o sicuro che, in fondo all'animo, stavano accumulando rancore, ansia e rabbia inespressa. Lo capivo da come giocavano a risiko.
Attaccava no con cattiveria... lanciavano i dadi con odio e gioivano come ricci (preferisco il termine “gioivano” ad altri troppo inflazionati e impegnativi) quando costatavano la riduzione delle difese altrui, i territori avversari che restavano abbandonati a se stessi, penosamente fiduciosi nella strenua difesa dell'ultimo, sgangherato carro armato...!
Claudio Palatucci
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