Venite a giocare nel giardino dell'immaginazione. Che i semi dei vostri sogni crescano e sboccino in terre lontane e tempi dimenticati.
Londra 2011
Il giardiniere.
Tom aveva il viso così bollente che sembrava sul punto di esplodere. Ma, malgrado il sole a picco sulla schiena e una fastidiosa sensazione di solletico alla fronte per via del sudore, continuava a scavare. Se non avesse smesso, avrebbe senz'altro trovato qualche indizio! Un ciuffo di peli setosi? O uno squittio lontano? Oppure (e questo sì che sarebbe stato il top!) due occhietti spauriti e accecati dalla luce. Si fermò per asciugarsi il sudore con il dorso della mano, poi sollevò la vanga, forse per la centesima volta, e in quel preciso istante un'ombra scura si profilò alle sue spalle. Un brivido freddo gli corse lungo la schiena e, con il cuore che batteva forte, si girò ritrovandosi faccia a faccia con Charlie Green, il giardiniere, che lo fissava con sguardo penetrante. «Stammi bene a sentire, Tom Hawken, ho già il mio bel daffare con quelle montagnole di terra sollevate dalle talpe. Non ti ci mettere pure tu a vangare, perbacco!» Nonostante le guance in fiamme, il bambino si sentì raggelare. Charlie Green ce l'aveva con lui fin da quando si erano trasferiti in quel complesso residenziale con il suo giardino enorme. Ne era sicuro al cento per cento, viste le occhiatacce che gli scoccava. Tentò di replicare, ma non gli uscivano le parole, perché d'un tratto aveva la gola più secca e arsa del deserto del Sahara a mezzogiorno. Sì, perché il povero Tom era un vero asso a cacciarsi nei guai, ma un'autentica frana quando c'era da tirarsene fuori. «Se ti ribecco, lo dico a tua madre!» borbottò il giardiniere. «E ora raccatta il tuo straccio e pussa via!» Il ragazzino raccolse in fretta e furia per gli angoli il suo Fazzoletto dei Tesori. Per fortuna quell'uomo burbero non si era accorto della sfilza di bulbi che aveva dissotterrato e sparpagliato tra i suoi Tesori della Terra, ovvero: tre pietre bellissime, un coccio di bottiglia verde e una vecchia borsettina scalcagnata, forse persa da qualche bambola. Le pietre le avrebbe conservate nella scatola con la targhetta I TESORI DELLA TERRA DI TOM, sulla grata dell'enorme camino in camera sua. Il resto lo avrebbe buttato. Quando aprì con una spinta il cancellino che separava il cortiletto dei suoi genitori dall'enorme giardino condiviso, Charlie Green aveva già ritappato le buche scavate dalle talpe e se ne tornava tutto arrabbiato al suo capanno, passando per il prato. Minuscoli mucchi di terra erano disseminati dappertutto, segno che per quelle povere talpe del West London era stata proprio una settimana dura.
Ogni volta che Tom entrava nella sua stanza al primo piano, il suo cuore scoppiava di gioia. In confronto alla stanzetta minuscola in cui aveva dormito quando abitavano nell'appartamento di Hong Kong, al decimo piano di un palazzo, quella camera da letto era un sogno a occhi aperti! Aveva un soffitto talmente alto che sembrava di avere il cielo in una stanza; portefinestre strette ma svettanti come grattacieli, che davano su un minuscolo terrazzino assolato; e un maestoso camino di marmo, ben più alto di Tom, che si ergeva sulla parete in fondo. Ma la cosa più spettacolare era il panorama: un giardino che si estendeva a perdita d'occhio. Quel giardino gigantesco, condiviso da tutte le case del complesso residenziale, era quasi come un parco privato, pieno di cespugli di rododendro e querce dai rami tentacolari che parevano sfiorare le nuvole. Tom premette il naso contro la portafinestra, inspirò a fondo e ripensò a Charlie Green. Un attimo dopo, al di là del vetro appannato dal suo alito intravide un cagnolino che schizzava fuori da un gruppo di alberi e poi sfrecciava per il prato, verso le case. Il bambino fece un gran sorriso. «NON CI POSSO CREDERE, STELL!» gridò a più non posso. «È TORNATO HARRY!»
Stella non rispose. Era distesa sul letto nella camera accanto e fissava i fili intrecciati del suo braccialetto dell'amicizia. Ascoltava musica a tutto volume dall'iPhone e sperava tanto che i suoi amici a Hong Kong, che di sicuro stavano dormendo, quel giorno avessero pensato un po' a lei. Inoltre, proprio in quel momento si stava gustando la sua quinta Polo alla frutta – al gusto lime, per la precisione – che le faceva sempre venire il solletico alle orecchie. “Tom qui è stracontento” aveva appena scritto su Facebook a Hannah, la sua amica del cuore. “Per me invece è una noia mortale... Solo buche di talpe e mocciosi!”
Stella non batté ciglio... E neppure Tom, che si stava sporgendo così tanto dal terrazzo da rischiare di ruzzolare di sotto. Voleva vedere a tutti i costi se la vecchia signora Moon si fosse affacciata al cancello per dare il bentornato al suo cane. Ma, ovviamente, non c'era. Dopotutto, mica era un'indovina che azzeccava il momento esatto in cui Harry rincasava. Altro che veggente... Quelli della zona la consideravano un po' svitata! Infatti, ogni volta che il suo cane scompariva – spesso per giorni e giorni – lei assillava di telefonate tutto il vicinato e tappezzava il quartiere di volantini con la scritta CANE SCOMPARSO. Quando andava fuori a scavare, Tom si era chiesto spesso cosa combinasse Harry. A quanto pareva, quell'andirivieni del piccolo terrier a pelo lungo ormai era parte integrante della vita del giardino... proprio come lo scorbutico Charlie Green, le buche delle talpe e, manco a dirlo, la vecchia e strampalata signora Moon. Chissà come mai quel cane spariva di continuo! E dove andava di preciso? Il pensiero del giardiniere brontolone si dissolse in fretta e Tom decise che entro la fine dell'estate avrebbe risolto il mistero di Harry.
SOTTO LA COLLINETTA
«Dove si sarà cacciato stavolta Harry?» mormorò Stella, mentre la brezza del mattino trasportava le note suonate dal pianoforte di sua madre. Ormai il terrier era sparito da quasi una settimana e la signora Moon era fuori di sé (e, di conseguenza, anche gran parte del vicinato!). Tom e Stella erano seduti sulla loro collinetta d'erba preferita, la cosiddetta “Isola”. Era un fazzoletto di prato al centro del giardino, ombreggiato da quattro querce e circondato da cespugli di rododendro. Stella giocherellava con il braccialetto dell'amicizia che Hannah le aveva regalato quando se ne erano andati da Hong Kong, promettendole: La nostra amicizia durerà nel tempo e nello spazio. E ora quelle parole contavano più che mai! «Chissà dove va ogni volta quel cagnolino!» si domandò perplesso Tom, smuovendo una zolla di terra con la sua paletta da giardiniere. «Smettila!» lo rimbrottò la sorella. «Se ti becca Charlie Green, poi...» «EHI! E questo cos'è?» Tom sgranò gli occhi sbalordito, lo sguardo fisso sul terreno tra i suoi piedi. «Cos'è cosa?» Stella si sporse in avanti per osservare il fratello che rimuoveva altra erba. «SEMBREREBBE UN TESORO BELLO E BUONO!» rispose lui. E, incredibile ma vero, mentre scavava e strabuzzava sempre di più gli occhi, iniziarono entrambi a scorgere quello che sembrava il coperchio stondato di una cassa di legno... di un forziere! Di colpo Stella gli si aggrappò al braccio. «Ahi! Lasciami!» si lamentò Tom. «Ssst!» sibilò lei, drizzando all'improvviso la schiena e guardando di fronte a sé. Udirono un fruscio tra i cespugli, lì davanti, e si immobilizzarono come due statue. Se fosse sbucato Charlie Green, sarebbero stati fritti! «Forse era solo un uccellino» sussurrò Tom, quando smise di trattenere il fiato. Tra i cespugli era di nuovo calato il silenzio, perciò riprese a scavare. «Sembra un baule con dei solchi sul coperchio!» esclamò. Il guaio era che più allargava la buca, più quel coperchio stondato pareva non finire mai. Poi fu Stella a strabuzzare gli occhi azzurri. «Tom!» sussurrò lei incredula. «Non è un baule... è una barca!» «Una barca?» ripeté lui. «Macché barca, sciocchina! Mica c'è l'acqua qua intorno!» In quell'istante, violenti fremiti scossero di nuovo il cespuglio e i due temettero sul serio il peggio. Avrebbero riconosciuto ovunque il respiro affannoso di Charlie Green. Con tutta probabilità stava avanzando di soppiatto là in mezzo per coglierli di sorpresa. Alla fine, però, le foglie del cespuglio si separarono con un brusco fruscio, e indovinate un po' chi balzò fuori? «HARRY!» gridarono all'unisono Tom e Stella. «È bagnato fradicio!» esclamò lei. Il cane li guardò un attimo, poi si girò e fuggì verso casa. «Harry, aspetta!» Il bambino gli corse dietro, ma il cane sfrecciò come un lampo oltre i cespugli di rododendro e sul prato inondato di sole. La signora Moon ancora non lo sapeva, ma c'era una piacevole sorpresa in serbo per lei.
«TORNA A CASA, TOM!» Il bambino smise di rincorrere il cane circa a metà del prato, proprio mentre la voce della madre riecheggiava nel gigantesco giardino. «SBRIGATEVI, RAGAZZI, DOBBIAMO USCIRE!» «Dammi una mano» disse Stella al fratello, mentre trascinava un ceppo di legno verso la terra smossa sulla collinetta d'erba. «Se Charlie Green scopre quel disastro, ci chiudono in casa per una settimana!» Tom si rattristò. Quello era il ritrovamento più sensazionale della sua carriera da cercatore di tesori e ora gli toccava coprirlo di nuovo, uffa! «Ma io voglio tirarla fuori, quella barca!» protestò lui. «Ora non c'è tempo! Dobbiamo andare dalla nonna» ansimò lei. «Prendi l'altra estremità, svelto!» Trascinarono ancora di qualche passo il ciocco di legno fino a coprire il cumulo di terra. Il bambino indietreggiò e sferrò un calcio al tronco per la rabbia. «Senti,» disse la sorella in tono deciso «adesso è inutile fare tante storie. Domani ci torniamo e cerchiamo di scoprire da dove è sbucato Harry.» Tom la guardò confuso. «Che vuoi dire?» «Be',» rispose Stella, aprendo una nuova confezione di caramelle «se c'è una barca, deve esserci anche dell'acqua, no?» Si lanciò in bocca una Polo all'arancia e inarcò le sopracciglia con entusiasmo. «E credo proprio che Harry lo sappia, dov'è quell'acqua... ed è per forza qui da qualche parte!»
FUGA ALL'ALBA
Stranamente, a dormire male quella notte fu Stella. Tom invece, nella stanza accanto, si addormentò come un sasso non appena toccò il cuscino. «Una barca!» continuava a ripetersi la ragazzina. «Come accidenti ci è finita lì, una barca? E perché Harry era bagnato fradicio?» L'indomani, pensò, avrebbero rovistato tra i cespugli... Poi udì un rumore metallico da fuori e balzò a sedere sul letto. L'orologio sul comodino segnava le cinque di mattina, quindi doveva essersi addormentata. Sgattaiolò alla finestra, continuando a pensare al cagnolino. Il sole non era ancora sorto e il giardino era immerso nella foschia. Non vide nulla. Forse se lo era sognato. Poi, però, quando stava per richiudere le tende, sentì di nuovo uno sferragliare sulla destra, perciò si voltò in quella direzione. Udì un cigolio acuto seguito da un altro rumore metallico e, un attimo dopo, intravide Harry nella penombra che trotterellava sul prato, verso l'Isola. Era stato lui, dunque, a fare quel baccano cercando di uscire dal cancello della signora Moon.
«Svegliati, Tom!» Stella lo strattonò con forza per il pigiama. «Che c'è...? Dov'è la talpa? Toglimela di dosso!» «Oooh, svegliati... presto!» sussurrò la sorella, spazientita. Il bambino si tirò su a sedere in un bagno di sudore. Si era sognato che una talpa, dapprima mansueta, gli era saltata addosso. «Che succede?» farfugliò lui, scorgendo il volto della sorella nel buio. «Harry... sta scappando un'altra volta! L'ho appena visto.» Di colpo sveglissimo, Tom si alzò così in fretta che capitombolò giù dal letto. «Seguiamolo!» esclamò, cercando a tentoni la vestaglia. In un batter d'occhio, erano sul pianerottolo. «Silenzio!» mimò con le labbra Stella, severa come una maestrina. Scesero pian pianino giù per le scale, infilarono le scarpe da ginnastica e sgattaiolarono fuori nell'aria grigiastra del primo mattino. «Forza! Non abbiamo molto tempo» sussurrò lei. Afferrò il fratello per mano e insieme corsero per il prato umido verso l'Isola, con indosso solo il pigiama, la vestaglia e le scarpe da ginnastica. «Ci è sfuggito, mannaggia!» esclamò Stella. Dopo almeno cinque minuti che perlustravano l'Isola, si arresero all'evidenza: regnava il silenzio e di Harry non c'era la minima traccia. Tuttavia, il ceppo di legno era ancora dove l'avevano lasciato, il che significava che il giardiniere non si era accorto di nulla. «Dai, rientriamo. Più tardi torniamo e diamo una bella occhiata alla luce del giorno» sospirò la ragazza. Dopodiché s'incamminarono verso casa, con il prato bagnato di rugiada che faceva cic ciac sotto le suole delle scarpe. Erano quasi a metà strada quando Tom notò qualcosa con la coda dell'occhio. Si voltò a destra e per un attimo gli parve di scorgere nella leggera foschia tre o quattro talpe che zampettavano in cerchio sull'erba. Tempo di sbattere le palpebre, però, ed erano sparite. Forse in quella penombra aveva scambiato fischi per fiaschi. Poco dopo si rinfilarono a letto, tutti tremolanti di freddo, e dormirono della grossa.
Il suono del telefono interruppe la quiete del primo mattino. «Pronto... Oh, no, signora Moon, di nuovo! Mi dispiace tantissimo... Ma certo, cara, se lo vediamo, l'avvisiamo immediatamente. Buona giornata, signora Moon.» Origliando la conversazione della madre, Tom e Stella, ciascuno dalla propria camera, si resero conto che la gitarella di qualche ora prima non era stata affatto un sogno e che, dopo colazione, dovevano continuare a tutti i costi a cercare Harry.
Karen Inglis
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