Il Mistero di Eris...oltre Plutone
|
Perso nell'immensità dello spazio su quel guscio di noce che, secondo lui, era la Green Leaf, Adam si chiese, per la prima volta in molti anni, se stesse facendo la cosa giusta. Nonostante i suoi centocinquanta metri di lunghezza, di cui tuttavia, appena un terzo costituivano la parte destinata all'equipaggio e ai locali tecnici, il veicolo spaziale era pur sempre poca cosa, perso nell'immensità del cosmo; vastità che ora gli pesava come un macigno sull'anima. Un viaggio ai confini del sistema solare per provare, soprattutto a sé stesso, che le tecnologie che così inaspettatamente aveva messo a punto, erano sufficientemente mature per proseguire nel Piano. Forse, in fondo, era solo un modo complicato per verificare se la lunga cavalcata solitaria che stava metaforicamente affrontando nella vita, potesse continuare oltre quei limiti di essere umano, con i quali ormai era in lotta aperta. Forse era solo questo che cercava, la legittimazione a sentirsi al di fuori dell'Umanità, umano sì, ma anche altro, fratello, ma forse più padre, condottiero, guida; nessuna di queste definizioni, si adattava a lui, ormai. Una prova che aveva voluto affrontare da solo, almeno da solo componente umano dell'equipaggio, visto che due suoi assistenti sintetici erano con lui. La sensazione di vuoto e smarrimento, era iniziata oltre l'orbita di Plutone, un confine invisibile più psicologico che reale, visto che Plutone, ormai da tempo, non era più l'ultimo pianeta del Sistema Solare. Tuttavia, il pianeta nano, segnava l'inizio della Fascia di Kuiper e l'uscita dallo spazio interno al sistema della stella madre. Sfidare il buio e la distanza per giungere fino a Eris, il pianeta nano dall'orbita fortemente ellittica, che ora si trovava a circa sette miliardi di chilometri dal Sole, per scoprire quale strana anomalia aveva leggermente modificato la sua orbita. Una mera scusa, in realtà si trattava di una sfida e lui sapeva anche da dove arrivava. Quando il Sole, un dio che ha dominato superbo e potente i cieli di tante civiltà, appare solo come una stella un po' più brillante tra le altre e lo spazio sembra uguale in tutte le direzioni, strani fantasmi insorgono dalle profondità della mente. Le note di un notturno di Chopin, si spandevano sul ponte di comando, nel vano tentativo di mutare la paura in semplice e, più sopportabile, malinconia. Egli sapeva bene, di essersi mosso pochissimo sulla scala delle distanze stellari e di essere appena alla periferia del sistema solare, ma la sua era una condizione spirituale, una molto sgradevole sensazione di solitudine appena attenuata dalla incombente presenza del Totem. In quel vuoto, lontano ambiente fatto di nulla, il freddo sembrava penetrargli nelle ossa, nonostante le condizioni climatiche interne alla nave fossero ottimali. “Che stai cercando di dirmi?” - Chiese a un certo punto, con irritazione, a voce alta, richiamando, involontariamente, l'attenzione del Pilota, che impiegò qualche istante a capire che si trattava di un soliloquio. Da moltissimo tempo, non provava una simile angoscia; avrebbe potuto arrestare la missione e tornare indietro in qualunque momento; in fondo, un veicolo automatico avrebbe potuto investigare il mistero dell'anomalia con indubbia efficacia. No, la sfida era stata accettata, la missione sarebbe stata compiuta.
Cercò di distrarsi con l'analisi dei parametri funzionali della nave. Quell'attività gli arrecava sempre grande soddisfazione; quell'agile guscio di metallo e polimero che sfidava il freddo e l'ignoto, era la sua creatura. Il livello del conglomerato di ghiaccio e minerali, rubato a una cometa, era al valore stimato, nel grande serbatoio; l'efficienza del motore che lo trasformava in un continuo getto di plasma incandescente, era massima; così come il potentissimo campo magneto-dinamico di contenimento. Il generatore di massa negativa era in perfetta sincronizzazione con la massa vera della nave che, fino allo spegnimento del dispositivo, sarebbe stata, per il resto dell'universo, pari a un decimo di quella reale, realizzando l'esotico effetto di Propulsione Non Newtoniana. “Un bel trucco!” Pensò Adam sorridendo, un abile imbroglio generato da quel curioso effetto di risonanza quantistica, che il Totem aveva svelato, collegando nozioni già alla portata della scienza umana. Un miracolo della nuova fisica, che permetteva di moltiplicare per dieci l'accelerazione, impiegando la stessa quantità di carburante e di arrivare ai confini della fascia di Kuiper. Lo stesso ‘magico' effetto generava una sorta di bolla, all'interno della quale anche le accelerazioni erano smorzate e ridotte. Una bolla di spazio anomalo, rarefatto rispetto a quello normale, nel quale scivolava l'astronave come una goccia d'olio nell'acqua.
“Adam, siamo al limite di missione e pronti per l'inversione della spinta." Disse la voce di Pilota, l'assistente I.A. Ancora un po' di tempo e avrebbe saputo la vera entità del rischio che affrontare quel viaggio comportava. “Procedere con la sequenza di inversione...adesso!” Le telecamere esterne mostrarono la scia incandescente dietro la coda dell'astronave che perdeva di luminosità, man mano che i tre motori a fusione venivano spenti, uno dopo l'altro. “Campo interno di protezione delle camere di fusione spento, valori temperatura nominali...” Continuò Pilota, l'intelligenza artificiale si era dimostrata estremamente efficiente nel governare la nave. La spinta cessò del tutto lasciando il vascello a gravità zero. Adam e i suoi compagni sintetici erano ben assicurati ai sedili delle loro postazioni. La Green Leaf procedeva ora per inerzia, alla velocità massima raggiunta a fine accelerazione. “Approfittiamo per dare un'occhiata all'esterno dello scafo.” “Sonda 2 fuori.” Confermò Pilota. L'Immagine dello scafo grigio perla della nave comparve sul pannello virtuale di fronte alla sedia del comandante. Un cilindro con due ogive alle estremità formava il corpo principale del veicolo. L'ogiva posteriore, mozzata, si raccordava con un secondo corpo cilindrico di pari diametro, dove alloggiava il serbatoio del conglomerato, usato per la propulsione. Da quest'ultimo si diramavano i condotti che portavano il materiale polverizzato e preriscaldato ai tre motori a fusione posti in coda a centoventi gradi tra loro. Tra i motori a fusione, quasi incastrati, erano visibili i tre motori elettromagnetici, decisamente meno potenti, utilizzati per la propulsione nella fase lenta di manovra. Quattro modanature partivano dal vertice dell'ogiva anteriore e percorrevano simmetricamente tutta la lunghezza della nave fino agli scarichi, formando una sorta di sottile esoscheletro. Si trattava dei condotti che alteravano la struttura dello spazio attraverso la risonanza subatomica.
Tutto sembrava in ordine. Lo scafo principale era di una lega multi-composita, stampata in tre dimensioni, a livello molecolare che garantiva una resistenza pari a dieci centimetri del migliore acciaio. “Nessuna anomalia.” Arrivò la conferma. “Ora sapremo se questa missione sarà un successo, almeno come test di navigazione.” Disse Adam, mentre i getti laterali completavano la rotazione di centottanta gradi dello scafo. “Inizio sequenza di frenata appena raggiunta posizione calcolata.” Di lì a pochi secondi, iniziò la fase di riaccensione dei tre motori a fusione. Se anche solo uno dei motori avesse fallito l'operazione, la frenata, in virtù della velocità acquisita a piena spinta, sarebbe stata troppo lunga e avrebbero superato il punto di arrivo. Questo avrebbe significato dover poi accelerare e frenare di nuovo per tornare al punto prestabilito. Se poi ben due motori fossero andati in avaria, allora sarebbe stata vera emergenza, perché con un solo propulsore la frenata sarebbe stata troppo parziale per continuare la missione e avrebbe dovuto abbandonare la rotta di uscita dal sistema solare per inserirsi in una lunga traiettoria curva per rientrare alla base. Ci sarebbero voluti mesi; oppure, avrebbe potuto tentare una riparazione, utilizzando i componenti di scorta e i sistemi di stampa molecolare situati nella stiva. La gravità apparente prodotta dalla frenata cominciò a farsi sentire gradualmente. "Accensione numero tre completa ed efficace." Scandì l'I.A. "Bene, bene..." disse lo skipper, fregandosi le mani, apparentemente sollevato nel suo umore. Si trattava dello scenario migliore; del resto, duemila ore di accensione continua durante le prove di test, depongono bene sull'affidabilità dei motori, pensò con una sfumatura di orgoglio. Si rilassò e scese sul ponte inferiore dove, in meno di cento metri quadrati, erano ricavati due alloggi, la cambusa e il laboratorio biomedico, mentre il resto del ponte due era dedicato a sistemi di sopravvivenza e laboratori di precisione. Saltava agli occhi la presenza di consistenti spazi vuoti, evidentemente per usi futuri. L'intera sezione, che occupava circa sei metri della lunghezza della nave, poteva essere messa in rotazione, per la simulazione di una gravità artificiale utilizzando la forza centrifuga, nel caso di soste lunghe. Per effetto di questa scelta strutturale, la zona perimetrale del locale era destinata ad assetti il cui utilizzo era previsto stando verticali rispetto alla parete perimetrale, ragion per cui, la maggior parte di essi era ripiegata o chiusa in apposite alcove. Si stese su una delle poltrone reclinabili della zona pranzo-relax e ordinò un cappuccino. Guardò la sua immagine riflessa sulla superficie lucida di un pannello della cambusa, un uomo dell'apparente età di poco più di quarant'anni in ottima forma, gli restituì lo sguardo. Sapeva bene che anche quello era un inganno. Mentre partiva il brano blues che aveva scelto, con la mente tornò ai tempi in cui tutto era iniziato in maniera così inaspettata.
Angelo Messina
Biblioteca
|
Acquista
|
Preferenze
|
Contatto
|
|