17 maggio 1816.
La nostra permanenza in Francia volge al termine. Quella di oggi è stata l'ultima giornata da turisti: abbiamo viaggiato senza fretta, visitando i villaggi e osservando i boschi, fermandoci ogni volta che ne avevamo il desiderio. Da domani aumenteremo il passo e ci dirigeremo verso il confine con la Svizzera, la nostra meta. Forse è la consapevolezza di essere ormai vicini alla destinazione finale a farmi sentire come se il nostro viaggio fosse appena cominciato. Lasciare l'Inghilterra e approdare al di là della Manica non aveva smosso in me molto altro all'infuori di un senso di distacco. Questa sera, invece, le cose sono diverse. Innanzitutto, oggi siamo riusciti a scorgere in tutta la sua radiosa bellezza un sole che non somiglia a quello spento di Londra, né a quello incerto che aveva dipinto Parigi e la Borgogna con pennellate cupe, facendole apparire come distese di piombo irte di torri e campanili. In mattinata, il velo di nubi si è sfilacciato, e queste sono state spinte ai margini estremi del cielo, mentre noi rimanevamo a osservarle dalle finestre della locanda. Dopo pranzo Percy è uscito sotto il pergolato, mutato in un alternarsi di ombre e chiazze dorate. Ritrovandosi accarezzato dai tiepidi raggi, ha proposto: «Andiamo a fare una passeggiata.» Io e Claire ci siamo guardate e abbiamo sorriso, avvertendo il richiamo della bella stagione risuonare nelle nostre orecchie come una dolce voce. Abbiamo sentito la melodia che solitamente la primavera riserva agli uccelli e ai pastori e, non diversamente dal grande dio Pan, Percy si è messo in cammino davanti a noi. Con la brezza delicata nei morbidi capelli color del miele, ci ha guidato oltre la strada polverosa e i prati, verso un folto bosco. Io lo seguivo tenendo tra le braccia nostro figlio, mentre mia sorella saltellava solo a un paio di passi di distanza, danzando tra i ciuffi d'erba senza preoccupazioni, fiduciosa nella vita e nell'amore. Ci siamo infilati in mezzo agli alberi, nella penombra ronzante del primo pomeriggio, salutati dal rumore di un corso d'acqua sempre più vicino. Infine siamo giunti sulla riva di un fiume, non tanto ampio ma abbellito da giunchi e sassi levigati simili a sete e gioielli. «Guardate, vi ho condotto in paradiso,» ha detto Percy, spalancando le braccia. Sorrideva mentre il sole gli splendeva sulla fronte e giocava sulla superficie dell'acqua. Mi sono seduta sull'erba e poi ho posato su un letto di foglie e di muschio il corpo del piccolo William, addormentato e avvolto nella sua copertina. Per un momento mi sono fermata a riflettere sulla gioia che stavo provando, in compagnia dell'uomo che amo e del mio bambino, e ho pensato a come due anni fossero stati sufficienti per farmi passare da un periodo molto duro a una promessa di felicità assoluta. Mi sono resa conto che nel profondo del cuore vedo l'estate in arrivo come l'inizio di un futuro nuovo e luminoso. Mentre riflettevo e contemplavo in silenzio la bellezza del paesaggio, però, Claire si è avvicinata a Percy e gli ha dato un pizzico su un braccio. «Non dimenticare che una sola donna è bastata per togliere il paradiso all'umanità intera,» ha detto ridacchiando. «Quindi che speranza puoi avere di conservarlo tu, che di donne ne hai addirittura due?» Lui ha risposto allo scherzo dandole una pacca sul sedere. «Ragazzina impudente, ti insegnerò io a non burlarti più del grande poeta Shelley» ha esclamato sghignazzando, mentre mia sorella sussultava per la sculacciata. Lei allora l'ha afferrato per la camicia e si è buttata a terra, trascinandolo giù e iniziando a rotolarsi insieme a lui sull'erba, ridacchiando come un folletto. «Avanti, adesso basta,» ho detto, alzandomi e avvicinandomi a loro, pronta a prendere un po' d'acqua nelle mani e a schizzargliela addosso, se fosse stato necessario per farli smettere. «Oh, non prendertela: ai fauni piace giocare con le ninfe,» ha replicato Percy, mentre si metteva a sedere. Anche Claire si è tirata su da terra, con i boccoli scuri composti in un'acconciatura ormai quasi completamente disfatta. Sorrideva con il fiato corto, le guance imporporate, il petto che si alzava e abbassava rapidamente, lasciando appena intuire il movimento dei seni sotto l'ampia casacca. In quell'istante mi è sembrata ancora la ragazzina di dieci o dodici anni che fu la mia confidente e l'unica persona che sembrasse sostenermi nella casa di famiglia, quando litigavo con la mia matrigna e mio padre prendeva sempre le difese di quella nuova moglie. Era strano vederla ancora così, come una bambina dolce eppure viziata, che da anni mi causava problemi e al tempo stesso mi aiutava a superarli. Una parte di me avrebbe quasi voluto tenerla ancora al mio fianco, per sempre, come una vera sorella minore o addirittura una figlia, ma in realtà anche in quel momento sapevo che la cosa migliore da fare era aiutarla a uscire dal nido e a costruirsi una vita. Mentre io la osservavo e riflettevo, lei si è alzata, spazzando via l'erba dai vestiti. «Voglio rinfrescarmi i piedi nel fiume,» ha detto, sollevando la gonna fino alle ginocchia. «Perché solo i piedi? Qui intorno non c'è nessuno, possiamo stare tranquilli,» ha replicato Percy, mentre si sbottonava rapidamente la camicia. «Che cosa vuoi fare?» gli ho chiesto. «Il bagno nel fiume. E perché no, dopotutto? Lasciate che il premio per aver ritrovato l'Età dell'Oro sia liberarmi dei vestiti, dei pensieri, di ogni consapevolezza. Ecco, ora finisco di spogliarmi e non avrò nulla da invidiare ai giorni più felici della Grecia antica.» Sono rimasta ad ascoltarlo, come sempre incantata dalle sue parole. Ogni volta che la sua voce mi tocca nella mente e nello spirito, giungo quasi a dimenticare il mio nome e non voglio più essere Mary ma soltanto la sua compagna. E in quel momento di contemplazione estatica l'ho visto togliersi anche i pantaloni e rimanere completamente nudo, bello come un dio, con il corpo bianco e magro accarezzato dal respiro della natura, circondato dall'oro del sole. Gli sarei corsa incontro, avrei premuto il petto contro il suo, avrei lasciato scivolare le mani lungo la liscia perfezione della schiena, stringendomi a lui per farmi avvolgere dalla luce e dal calore che irradia come una stella... Avrei fatto tutto questo e molto di più, se non ci fosse stata Claire. Ma mi sono ricordata di lei e girando la testa l'ho vista percorrere con gli occhi le membra di Percy, salutando con un sorriso la sua nudità. «Sono sicura che l'acqua è molto fredda,» ho borbottato, non trovando di meglio da dire per provare a frenare il suo entusiasmo. Non potevo protestare apertamente per il fatto che restasse nudo davanti a mia sorella, perché so che questo genere di pudore non fa parte del suo modo di vedere il mondo. Per molto tempo, a dire il vero, sono stata d'accordo. Non so perché adesso mi senta così gelosa, ma comunque non voglio infastidirlo né soffocare il suo spirito ribelle a ogni catena. «Oh, avanti, Mary, lasciaci divertire,» ha detto Claire ridendo, mentre si sfilava la casacca e la gonna con movimenti veloci. «Quando ti comporti così sembri la mamma.» Mi stava solo prendendo in giro, come succede spesso tra sorelle. Ma mi sono sentita punta sul vivo, perché preferirei morire piuttosto che diventare come sua madre, la mia matrigna. Inoltre non avevo intenzione di permetterle di rimanere nuda da sola insieme al mio amato. Perciò, dopo aver lanciato un'occhiata al piccolo William per assicurarmi che ancora dormisse sereno avvolto nella coperta, ho abbandonato ogni esitazione, mi sono spogliata e mi sono diretta verso la riva del fiume. «Bene, è così che si fa!» ha esclamato Percy, come sempre divertito dai nostri piccoli battibecchi e dalle gare con cui a volte ci mettiamo in mostra per conquistare la sua attenzione. «Nelle famiglie povere fratelli e sorelle dormono nello stesso letto e fanno il bagno insieme, senza che nessuno si scandalizzi. Se solo potessimo tornare tutti a essere come i bambini, come i popoli primitivi, come gli uomini dell'Età dell'Oro! I vestiti vennero inventati da chi pensava di aver qualcosa da nascondere, dovremmo liberare il mondo tanto dagli abiti quanto dal denaro.» Mentre ci avvicinavamo a lui, ho sentito il suo sguardo scorrermi sul corpo come la carezza di un addestratore sul pelo morbido del cucciolo favorito. Durante la gravidanza ero stata spesso debole e di umore malinconico, ma adesso mi sento molto meglio e, anche se sono sempre piuttosto pallida, Percy mi ha assicurato che la mia pelle gli piace. Dice che la maternità rende più belle le donne giovani e magre come me. Tutti e tre ci siamo spinti oltre la riva, evitando una macchia di giunchi e stando attenti a non scivolare sui sassi arrotondati. L'acqua, però, era fredda, proprio come avevo immaginato, e bastava a farci scuotere per i brividi. Io e Claire ci siamo paralizzate, rivestite di pelle d'oca come se l'inverno ci avesse cosparso di brina, senza avere alcuna possibilità di fingere che stessimo bene dal momento che il nostro stesso corpo rivelava la verità. Ci siamo fermate, entrambe profondamente a disagio all'idea di permettere al fiume di accarezzarci fra le gambe fino a gelare i nostri grembi. E anche il nostro compagno, in realtà, non aveva nessuna intenzione di sfidare il freddo immergendosi fino alla vita. Siamo tornati tutti e tre indietro e subito il tocco del sole ci ha fatto sentire meglio. Abbiamo lasciato che i raggi scorressero sui nostri corpi, scacciando il freddo e cullandoci in una sonnolenza che faceva pensare ai pomeriggi della Grecia antica e dell'Inghilterra medievale. Siamo rimasti distesi come pastori o cavalieri durante il riposo nei prati, come i protagonisti di un dipinto o di una ballata. Io mi stringevo al corpo di Percy, alla ricerca di calore, e ascoltavo le sue parole mentre una delle sue mani scorreva tra i miei capelli, ormai sciolti sulle spalle e sul petto in una cascata dalle sfumature di rame. Devo essermi assopita per qualche momento e mi sono svegliata sentendo il pianto di un bambino. Mi sono sollevata e messa a sedere, rendendomi conto che il mio amato continuava a osservare il cielo, come se la voce di William non fosse diversa da quella degli alberi e del fiume. Mi sono alzata per andare a prendere mio figlio e cullarlo, ma mi sono accorta che Claire mi aveva preceduto: visto che si trovava proprio accanto al giaciglio di foglie e muschio, aveva allungato le mani e aveva preso il piccolo. Adesso lo stringeva fra le braccia e William teneva fra le labbra uno dei suoi capezzoli, credendolo il mio. In quel momento ho visto qualcosa sul viso reclinato di Claire, una luce degna di una natività dipinta da qualche pittore del Rinascimento, che ha spazzato via l'immagine della ragazzina capricciosa. Mi sono avvicinata e le ho posato una mano sulla spalla, con tutta la dolcezza che solo una sorella potrebbe avere. Lei ha sollevato la testa, senza fare nulla per nascondere le lacrime che splendevano sopra il suo sorriso, due gocce di pioggia ad accompagnare un arcobaleno. «Aspetto un bambino,» ha detto soltanto. Subito Percy si è destato dal languore e si è inginocchiato accanto a me. Abbiamo fatto a Claire le domande che non potevano proprio essere taciute, pur cercando di non infastidirla con la richiesta di troppi dettagli. Lei ci ha risposto con sincerità, senza sprecare parole. «Sì, sono sicura. È di Byron, sono sicura anche di questo. No, lui non lo sa ancora, non avrei mai potuto dirglielo con una lettera. Ma voglio fare tutto il possibile per rimanere insieme a lui, per convincerlo che io e il bambino potremmo essere la sua famiglia e renderlo felice.» «Andrà tutto bene, non ti preoccupare,» ha detto alla fine Percy, facendole adagiare la testa sul suo petto e accarezzandole i capelli. Io ho preso William e l'ho stretto al seno. Non ero affatto sicura che quelle parole piene di speranza fossero destinate a realizzarsi, poiché non ignoro la fama di Lord Byron come instancabile avventuriero e dongiovanni né l'esito fallimentare del suo primo matrimonio. Ma in quel momento, in compagnia delle uniche due persone a cui sono davvero legata e con il mio bambino tra le braccia, ho sentito di non avere spazio dentro di me per la paura e i rimproveri. Non ho detto nulla, per non rovinare quella gioia incastonata nel sole e nella serenità della natura. Penso che non dimenticherò mai quella scena, e anzi la ricorderò spesso, in futuro.
Paolo Fumagalli
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