Nei prati dell'Irlanda profumati di rugiada si addormentò, dimentico di trovarsi in realtà in una prigione messicana. Non dormì a lungo in quel prato, a fianco di Neve. Urla e rumori lo svegliarono in piena notte, sentì persino degli spari. Alzandosi al buio si accorse che la porta della cella era aperta. Uscì per vedere la rivolta. Non era la prima, era già accaduto un tumulto con tanto di incendio che aveva consentito l'evasione del Cobra e di alcuni suoi uomini. Anche stavolta non aveva alcuna intenzione di prendere parte a quelle violenze, uscì comunque a vedere cosa accadeva. Alcuni detenuti stavano picchiando degli agenti e uno aveva preso una pistola, una guardia e due prigionieri erano a terra. Camminò verso le celle dei suoi amici che erano chiuse, tranne quella di Pepe. Guardò dentro e non vide nessuno, il suo amico non era più lì. “Stupido! Pazzo! Dove ti sei cacciato?” Pensò tra sé e sé, e decise di correre a cercarlo. Quell'uomo minuto e fragile non avrebbe mai dovuto mettersi nei guai così. In quel momento venne colpito. Un colpo al petto, forte, poi un dolore lancinante al fianco. Rimase in piedi e riuscì ad afferrare il suo aggressore e spezzargli un braccio, facendo cadere la lama. Continuò a colpirlo, finché non smise di combattere. Raccolse il coltello da terra e lo osservò: un coltello vero, nuovo, non una lama costruita in un carcere. Quell'arma era stata portata da fuori, chissà come, forse con il consenso di qualche guardia corrotta? Udì il rantolo dell'uomo che aveva atterrato, vide che sorrideva, un ghigno di labbra spaccate e denti intrisi di sangue. Si chinò per chiedergli perché lo avesse accoltellato. “È solo l'inizio, non sfuggirai” rispose l'uomo a terra. Liam si fermò per pensare, a cercare di capire. In quel momento due detenuti arrivarono correndo, inseguiti da un agente armato e Liam se ne andò, deciso a salvare il suo amico. Corse per i corridoi, le sale, scavalcando corpi a terra e scansando colpi, gente che lottava. Si fermò quando si sentì chiamare da una voce sconosciuta. “Liam, venga con me se vuole rivedere il suo amico vivo”. Lo seguì senza esitare. Camminarono al buio, inoltrandosi in una parte del carcere che non conosceva. Non vedeva bene quell'uomo al buio ma sembrava un agente.
Arrivati a una sala chiusa alla popolazione detenuta, arredata in stile meno sobrio, simile all'ufficio del direttore, illuminata da un lampadario acceso. Vide finalmente Pepe. L'uomo si trovava al centro della stanza, seduto e legato a una sedia. Un altro uomo, sconosciuto, vestito di nero con un passamontagna, era dietro di lui e reggeva nella mano guantata un pugnale che premeva sulla gola del terrorizzato detenuto. Altri due uomini vestiti uguali, tenevano in mano dei kalashnikov puntati verso Liam, che alzò le mani e cadde in ginocchio a terra. Non era la sua vita a preoccuparlo, ma la sorte del suo amico. In quel momento comprese come quella sommossa fosse collegata alle richieste di padre Rodriguez. Purtroppo non aveva capito, fino ad allora, quanto fosse determinato quel gesuita, o chi per lui. “Vengo con voi, slegatelo, lasciatelo andare” urlò verso quegli uomini. La lama si stacco dalla gola di Pepe e scivolò lungo il fianco dell'uomo che la reggeva. “Bene, sei un più intelligente di quanto sembri” disse l'uomo che lo aveva accompagnato fin lì e che, ora Liam poteva vederlo bene, era vestito come gli altri. Gli lasciarono slegare Pepe, che lo abbracciò. Liam gli disse di tornare in cella e di stare sempre vicino ad Alejandro, nessuno lo avrebbe infastidito sapendolo amico del cugino di un temuto narcotrafficante. Pepe forse non aveva compreso nulla di ciò che stava accadendo, ma intuì che non avrebbe più rivisto il suo amico: “Ma tu ... padre ...” “Io non posso restare, ci rivedremo, spero presto. Corri, torna in cella e chiuditi dentro”. Pepe corse via e Liam si recò dagli uomini col passamontagna, premendosi la mano sulla ferita. Sarebbe potuto scappare anche lui, forse avrebbe potuto combatterli, ma era evidente che i loro mandanti non avrebbero mollato e sapevano bene come costringerlo, avrebbero minacciato tutte le persone a cui teneva, forse arrivando a fare loro del male. Liam sapeva che c'era una sola via d'uscita: dare loro ciò che volevano. Lo accompagnarono fuori, le guardie erano state immobilizzate e un furgoncino attendeva all'entrata. Viaggiarono per circa un'ora, fino a giungere a un'ampia villa racchiusa in un giardino circondato da una cancellata. Lo lasciarono di fronte all'entrata e se ne andarono. La porta si aprì e un maggiordomo gli fece cenno di entrare. Venne accompagnato in una camera dove un infermiere in camice con in mano del disinfettante gli disse di togliersi la camicia per essere medicato. Liam se la tolse senza accorgersi che il sangue coagulato aveva incollato la stoffa alla carne viva. Mentre scopriva il petto muscoloso la staccò con uno strappo e una smorfia di dolore, la ferita si rimise a sanguinare e l'infermiere si avvicinò subito con il cotone bagnato di disinfettante. “Fortuna che è superficiale, devo comunque mettere qualche punto.” Gli spiegò. Liam rispose calmo: “Si, non avevano l'intenzione di uccidermi, solo di spaventarmi.” Una volta sistemata la ferita e assunto un antibiotico venne invitato a riposare. Liam si sdraiò, cercando di tornare in Irlanda col pensiero, per calmarsi e assopirsi un po', ma non ci riuscì. C'era un oceano tra il Messico e l'Irlanda e lui sembrava accorgersene ora per la prima volta. Decise di rimanere sdraiato con gli occhi chiusi comunque. Le sue labbra si mossero per un po', al ritmo delle preghiere sussurrate, finché le medicine e la stanchezza non ebbero la meglio e Liam scivolò in un dormiveglia agitato.
Si svegliò al profumo di caffè. Un cameriere era entrato con un carrello con una colazione completa. Aprì le tende: “La attendono di sotto tra un'ora. Spero che la colazione sia di suo gradimento”. Consumò velocemente il pasto e si lavò stando attento a non bagnare la ferita medicata, coperta da una garza. Passò le dita tra i capelli cercando di pettinarli e li raccolse con l'elastico. Qualcuno gli aveva lasciato dei vestiti puliti che si infilò velocemente sul corpo indolenzito. Bevve un ultimo bicchiere di caffè e si incamminò lungo la scalinata che portava al piano terra. Padre Rodriguez era seduto su una poltrona, nell'ampio salotto della villa arredata con mobili di modernariato. Tappeti orientali ornavano il parquet lucidissimo. Altri due uomini erano in piedi a fianco di Rodriguez e una donna sulla sessantina, elegante e raffinata, sedeva su un divano color avorio a fianco di un uomo magro e stempiato che aveva l'aria di essere suo marito. Rodriguez ruppe il ghiaccio: “I signori Malvan hanno accettato di ospitarci nella loro villa, spero che apprezzerà.” Liam fece un cenno di saluto, in silenzio, alla coppia sul divano, poi si rivolse a Rodriguez: “Può dirmi subito cosa vuole da me?” “Ma certo!” Rispose il gesuita, poi, rivolgendosi a uno degli uomini in piedi: “per favore, vogliamo mostrare al nostro amico di cosa si tratta?” L'uomo prese dei fogli da una cartellina e li gettò sul tavolo di marmo verdastro. Liam si avvicinò per dare un'occhiata e inorridì: le fotografie mostravano corpi smembrati e mutilati di uomini, donne e bambini. Non riuscì a guardarle tutte. Rodriguez riprese a parlare: “Le immagini parlano più delle parole, vero? Questi episodi stanno accadendo in varie zone, anche se le notizie non vengono diffuse per non scatenare il panico. Si tratta perlopiù di persone emarginate, o scomparsi da tempo che vengono ritrovati così. Sono state trovate anche fosse comuni con diversi corpi conciati come nelle foto. Ci sono buoni motivi per pensare che si tratti di omicidi rituali. Le investigazioni hanno portato solo a scoprire poche informazioni, sembra che gli artefici di queste barbarie siano ben coperti.” “Coperti?” Chiese Liam ancora scosso dalla visione delle foto. “Non sappiamo chi siano ma ogni tentativo di arrivare a loro cade nel nulla, in Germania due poliziotti che avevano scoperto qualcosa sono morti. Qui in Messico, come negli Stati Uniti, le indagini vengono insabbiate o il materiale probatorio va perso. A Roma sono molto preoccupati perché qualcuno sostiene che gli omicidi siano collegati ad altri episodi e a una setta segreta e ben radicata negli ambienti del potere. Alcuni a Roma pensano addirittura che questa setta sia infiltrata ...” la voce del gesuita si ruppe mentre una smorfia di tensione passò sul suo volto, “nella Chiesa cattolica” concluse Liam. La signora Malvan si alzò cercando di stemperare l'atmosfera: “abbiamo preparato del thè con dei pasticcini, ve li faccio portare subito”. Liam, pensieroso, ignorò la donna che era uscita dalla stanza per chiamare il cameriere, “perché io?” chiese a Rodriguez. Il gesuita restò in silenzio a guardarlo qualche minuto, poi cambiò posizione sulla poltrona e gli parlò (...)
Barbara G.V. Lattanzi
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