«Stai fumando più del solito, che ti prende?» «Simone, ho un sacco di casini in testa. Chi c'è di là per il caffè?» «È tornata Sabrina. Come vorrei scoparmela... ma sembra che sia fedelissima al marito.» «Dacci un taglio. Hai un chiodo fisso! Prima o poi ti denunceranno per molestie!» «Parli tu! A te cascano tutte ai piedi! Ti sei scopato pure Sandra! Ma come cazzo fai?» «Non posso dirtelo, altrimenti poi dovrei ucciderti. Ciao Simo'!» Entrai nel locale e mi diressi verso il bancone. «Ben tornata, Sabrina! Mi fai un caffè, per favore?» «Certo, ma tu mi lasci una sigaretta che tra un po' ho la pausa.» «Ma certo, figurati. Non sapevo che fumassi.» Aveva ragione Simone, il sorriso di Sabrina aveva qualcosa di particolare. Era come se volesse sedurti, ma senza manifestare il minimo interesse. Si accendeva di erotismo, ma non ti lasciava capire il perché. Guardandola sorridere, potevi vedere i suoi occhi accendersi di desiderio, ma non sapevi se dipendesse da te, o da chissà quale altro motivo. «Se ti va ti faccio compagnia mentre sei in pausa. In fondo, da quando sei venuta a lavorare qui non abbiamo avuto molto tempo per parlare.» «Ahahah ma allora è vero quello che dice Simone, che alla prima occasione ci provi con tutte!» «Ma quale provarci... per una sigaretta!» Eppure io ero arrossito e lei sorrideva, con quei suoi occhi nocciola cangiante. «Ok, dai, anticipo la pausa. Facciamoci una sigaretta.» Non ebbe neanche il tempo di provare a uscire da dietro il bancone che Simone rientrò, invadendo il locale assieme a una comitiva di turisti tedeschi. Teneva sottobraccio una bionda scollata e prosperosa che sembrava essere la capo comitiva. «Sabrina, ti prego, ritarda un po' la pausa. I signori qui vogliono bere e mangiare, e credo che saranno generosi con le mance!» «Sarà per un'altra volta, Hemingway!» mi disse Sabrina. L'occhiolino che seguì le sue parole fece rimanere a bocca aperta il povero Simone, che sicuramente ci stava già immaginando a letto, incastrati in sedute tantriche degne del miglior Sting! Io e Sabrina ci sorridemmo e poi uscii dal bar. Accesi una sigaretta e mi misi a fumare davanti alla mia finestra. Chissà, magari la donna misteriosa sarebbe passata di lì e avrebbe fumato con me! Pensare a quelle caviglie mi portò a chiedermi come fosse possibile che ne fossi così ossessionato. Solo la notte prima avevo scopato per ore con Sandra, e adesso avevo appena finito di flirtare con una ragazza bellissima, ma la mia mente tornava sempre a quei piedi misteriosi! Strano come a volte siano i piccoli particolari delle persone a colpirci: le caviglie della sconosciuta, gli occhi e il sorriso di Sabrina – che avevo visto sempre dalla vita in su, ma di cui Simone mi aveva dettagliatamente descritto il fondoschiena – il seno piccolo e sodo di Sandra, la sua bocca e il suo sedere, il mio piccolo folletto lesbo. Erano solo particolari. Forse per questo non sono mai riuscito a tenermi una donna, non riesco a farmele piacere tutte, intere. Forse per questo ne ho avute tante. In ognuna c'è un particolare diverso che mi affascina. Finita la sigaretta e buttato un occhio nel locale, dove Sabrina si destreggiava tra pizzette e cappuccini mentre Simone sembrava trattenersi a fatica dal fiondare il naso tra le tette della tedesca, mi diressi verso il mio appartamento. Dovevo assolutamente concentrarmi sui draghi e i cavalieri della favola che stavo scrivendo. Ero in ritardo, e il mio editore mi sarebbe venuto a trovare a cena l'indomani, con la sua nuova compagna.
Capitolo 7
Alessandro tirò fuori l'iPhone dalla tasca e lo poggiò sul tavolo, accanto alla coppa di panna cotta mangiata per metà. Il segnale era chiaro. Non era la prima volta che veniva a casa mia con la scusa di leggere le ultime bozze e poi finiva col farmi scopare la sua fidanzata di turno. Un voyeur, ecco cos'era il mio editore. Alto un metro e novanta, fisico asciutto, capelli brizzolati tagliati cortissimi, con i suoi cinquant'anni portati benissimo sembrava più un militare che un intellettuale, se così lo si può definire. Per sua fortuna aveva gran bei gusti in fatto di donne e abbastanza soldi per permettersi varie fidanzate costose. Quella sera mi aveva portato a cena la sua nuova fiamma, Ana, portoricana, aspirante giornalista di 26 anni. Aveva un viso imbronciato, per nulla attraente, ma un corpo da modella di Playboy. Tette tonde e sode, culo fantastico e gambe abbronzate, come tutto il resto del corpo. Indossava una tutina a pantaloncino nera molto scollata sul seno e con la schiena praticamente nuda quasi fino al sedere. A giudicare da come mi stava guardando dall'inizio della serata, avevo capito che Alessandro doveva averla già «battezzata». Non sarei stato di certo il primo a farsi scopare da lei mentre lui la guardava. Come avevo immaginato, Alessandro disse: «Io vado di là a leggere il libro. Voi intanto fate un po' di conversazione, conoscetevi meglio... Per tutta la serata abbiamo parlato solo di lavoro!» Il sorriso laido di Alessandro mi faceva venire il voltastomaco tutte le volte, ma in fondo era lui che mi dava da mangiare pubblicando tutti i miei libri. Ana mi raggiunse sul divano, sorridente. «Alessandro mi ha parlato tanto di te. Crede molto nel tuo lavoro.» «Sì, lo so, è un buon editore. Un brav'uomo. Tu ti trovi bene con lui?» Ana si morse il labbro inferiore. «Io lo amo tanto. Mi ha insegnato a fare quello che a lui piace. Soprattutto quello che lo eccita.» Mi misi a ridere. L'imbarazzo di Ana si mischiava alla voglia di iniziare il gioco perverso che il fidanzato la costringeva a fare. «E che cosa ti ha insegnato, di preciso?» Ana si avvicinò e cominciò a baciarmi. La sua bocca sapeva di panna cotta. Baciava bene. Si scoprì il seno e mi prese una mano, guidandomi perché la palpassi. Mi ero eccitato. Lei se ne accorse e cominciò a massaggiarmi attraverso i pantaloni. «Alessandro dice che non avrei mai il coraggio di farmi trovare sul divano con te, col tuo cazzo in bocca... non ha capito che farei tutto per lui...» Mentre parlava lo aveva tirato fuori, e ora lo guardava mentre mi masturbava. Con la voce rotta dall'eccitazione le risposi: «Alessandro è il mio editore... fai pure... mica posso rischiare il licenziamento!» Lei si mise a ridere, si abbassò e cominciò a succhiarmelo. Era brava, sapeva muoversi bene e lo faceva piano. Non poteva rischiare di farmi venire prima che Alessandro ci vedesse. Lui non si fece attendere. Probabilmente più che leggere la bozza del mio lavoro stava origliando per capire quando rientrare. «Complimenti, Ana, non credevo lo avresti fatto davvero, sei una porca!» Alessandro si tolse i pantaloni. L'eccitazione era evidente nei suoi soliti, ridicoli, slip bianchi. «Giulio, ti dispiace se vi faccio un po' di foto?» La domanda era palesemente retorica, aveva già fatto diversi scatti. Ana intanto, si era spogliata e, strofinando il sedere sul mio cazzo, si era girata verso Alessandro per tirare fuori il suo e iniziare a masturbarlo. Non era la prima volta che capitava, ma ogni volta mi stupiva vedere il cazzo di Alessandro. Poche altre volte avevo incontrato uomini più dotati di me. «Aspetta, Ana.» Alessandro scostò la fidanzata e si rivolse a me: «Giulio, ti dispiace se andiamo di là? Staremo più comodi.» Ci alzammo dal divano, Ana afferrò i nostri uccelli tesi e ci guidò verso la camera da letto. Io e Ana ci mettemmo sul letto, mentre Alessandro restò in piedi. Armato di iPhone, continuava a scattare foto di me che leccavo la fica della sua ragazza. Mentre scattava chiedeva ad Ana se le piacesse. Lo chiedeva ripetutamente, ossessivamente. Ana mi chiese di penetrarla e io la accontentai. Lei urlò il nome del mio editore, e lui si avvicinò per farglielo prendere in bocca. Mentre io mi scopavo la sua ragazza e lui se lo faceva succhiare fotografandomi, mi disse di farla venire alzandole le gambe e tenendola per le caviglie. Appena le afferrai, mi venne subito in mente la mia donna misteriosa. Che differenza le sue caviglie con quelle di Ana, grosse e sgraziate nonostante le belle gambe. A causa di questo pensiero l'erezione cominciò a scemare. Uscii dal corpo di Ana dicendo ad Alessandro che era arrivato il suo turno. Lui la fece girare mettendola a pecorina e cominciò a scoparla, continuando a fotografare anche se stesso. Ana nel frattempo, mi aveva chiamato verso la sua bocca e me lo stava succhiando, ma senza molto successo. Ormai stavo pensando alle mie caviglie misteriose, e quel gioco a tre mi sembrava quanto di più squallido potesse esistere. Alessandro si accorse subito che mi si stava ammosciando. «Tutto bene, Giulio?» «Si, forse ho solo bevuto un po' troppo.» Mi alzai dal letto per andare a bere un bicchiere d'acqua e sciacquarmi il viso. Quando tornai in camera da letto, Ana stava di nuovo succhiando il cazzo di Alessandro, che mi chiese se poteva fotografarmi mentre Ana mi faceva sborrare nella sua bocca. Volevo che se ne andassero il prima possibile, perciò mi avvicinai alla bocca di Ana e chiusi gli occhi, immaginando lì con me la mia donna misteriosa. Dopo poco mi era tornato duro. Lo presi in mano e iniziai a masturbarmi con forza sulla bocca di Ana, che leccava eccitata, finché non le venni in bocca. Nello stesso momento, Alessandro, vedendomi e fotografandomi, eiaculò sulle tette della sua ragazza. Presi un accappatoio per Ana, le indicai il bagno e dissi ad Alessandro: «Pensi che la favola potrà venire tradotta anche in portoghese?»
Fabrizio Mineo
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