L'uomo, quarantenne, giunto sul promontorio, si siede su un masso. - Ciao. – - Ciao – risponde, Antonio, suo coetaneo, seduto accanto. - Come stai? – gli chiede Tommaso. - Bene. - - Sicuro? – - Certo! Vengo qui tutti i giorni. – - Lo so. – - Non posso farne meno. - - Capisco. – - Troppi ricordi, belli e brutti ... - - Già. – - Eleonora ne andava matta, era il suo luogo preferito; perfino nelle brutte giornate d'inverno, con il vento gelido che sferzava, stavamo seduti qui, abbracciati l'uno all'altra – dice Antonio, con un velo di tristezza. - Sì, è un luogo meraviglioso. Un tempo era anche la nostra meta preferita. – afferma Tommaso, cercando di distogliere l'amico dai brutti pensieri. - Già. Sei venuto qui apposta, o ti trovavi di passaggio? – - Ho provato a chiamarti al cellulare ... - - Sì, purtroppo l'ho dimenticato a casa; sono molto distratto. – - Capisco, lo siamo tutti. – - Mi dimentico anche le cose più semplici. – - Esempio? – - Fare la spesa, lavare gli indumenti, a volte persino di lavarmi. – - E pensi di essere l'unico? Io, sono tre giorni che non mi lavo. – - No, non è vero! – - Sì, invece. – - Siamo messi male. – - Per così poco? – - Sei sempre ottimista. – - Lo sei sempre stato anche tu. – - Sì, sono sempre stato un ottimista incallito. – - Già. Il vento di libeccio fa agitare le acque; è molto suggestivo, anche se ... - dice Tommaso, guardando le onde che si infrangono sugli scogli. - Mette paura? – chiede Antonio. - Sì, un po' – ammette Tommaso. - Se poi consideriamo che sono un pessimo nuotatore, be', il senso di paura aumenta. – - Sì, confermo, sei un pessimo nuotatore. – - Forse, non è un bene che tu venga tutti i giorni qui; sarebbe meglio distrarti in qualcosa di diverso. – - Sono passati tre mesi, ed è come se fosse successo ieri. – - Come ogni evento doloroso, per superarlo richiede tempo e forza di volontà. – - Ed è quello che mi manca, è questo che intendi. – - No, ognuno ha i propri tempi, però bisogna mettercela tutta. So che è dura. – - Sì, è così. Ma ho deciso che ... è l'ultima volta che vengo qui. – - Bene; sì, è la cosa giusta. – - Non faccio altro che pensare a lei. – - È normale; ti rimarrà sempre nel cuore. – - ... sì. Ricordo ancora quando ci siamo conosciuti, aveva un'aria impaurita, come se avesse incontrato il lupo cattivo.
Bastò che incrociassimo lo sguardo, mentre camminavamo sul marciapiede in senso opposto, e persi subito la testa, come un ragazzino. In quell'occasione cercai in tutti i modi di superare la mia timidezza. Pensai come poterla fermare e parlarle; la cosa peggiore che potesse ricevere era un suo rifiuto al dialogo, e tutto sarebbe finito lì. Speravo di essere fortunato, che andasse bene. Mi voltai e la segui, fin quando si fermò davanti alla vetrina di un negozio. Mi si presentò una buona opportunità di approccio.
- Salve. – - ... salve – risponde lei. - Disturbo? – - No. – Rimango per alcuni secondi senza proferire parola. - Deve dirmi qualcosa? – chiede, vedendomi in difficoltà. - Ecco ... - - Sì? – - Il mio nome è Antonio. – - Immagino che dovrei dire il mio; ok, sono Eleonora. Bene, ci siamo presentati, ora i suoi propositi cosa prevedono? – - Fare amicizia con lei. – - Si sente solo? – - No, non è questo ... - - Cos'è allora? – - Mi è simpatica. – - È stato folgorato dalla mia simpatia. – - Sì. – - La cosa dovrebbe essere reciproca. – - Certo. Se lei non vuole, vado via, come se non fosse successo nulla. – - Giusto. Mi ha messo in imbarazzo ... - - Non erano queste le mie intenzioni. – - Già, se non di fare amicizia, con la prima persona che si incontra, seppur simpatica. Finora come l'è andata? – - Non capisco ... - - Non vorrà dirmi che è la prima volta che ferma le persone per strada. – - Sì, è così; non ci ho mai pensato, non sono portato per queste cose. – - Se l'è cavata bene, complimenti! – - Grazie. – - Scommetto che ora mi inviterà a prendere qualcosa al bar. – - Sì, è quello che stavo pensando. – - Già; guarda caso il bar è a un tiro di schioppo – tiene a precisare lei, guardando il locale a pochi metri di distanza. - Se ha da fare, possiamo fare per la prossima volta – le propongo, per non sembrare troppo assillante. - No, non ho nessun impegno, possiamo toglierci il pensiero, perché non possiamo sapere se ci sarà una prossima volta. – - Ok.
Entrammo al bar, sedendoci a un tavolino. Ordinammo due croissant integrali al miele.
- È buonissimo – dice Eleonora, gustando il dolce. - Sì, è davvero buono – rispondo, mentre assaporo il croissant. – Mi dispiace. – - Per cosa? – - Per il modo in cui mi sono approcciato. – - Mi sembra che, una volta che l'ho ipnotizzata, non avesse altra scelta. – - Sì, è vero, stento ancora a crederci che sono qui seduto a parlare con lei; lo desideravo, ma ... la fortuna, che io ricordi, non mi è stata mai amica. – - Dovrà ricredersi. – - Già. – Giunge il cameriere con un vassoio con sopra due caffè e altrettanti bicchieri d'acqua, che poggia sul tavolino, per poi allontanarsi. - Anche per me è la prima volta ... sì, insomma, che un uomo mi fermi per strada con l'intento di attaccare bottone – ammette Eleonora. - Se n'è pentita? – - È ancora presto per dirlo. – - Questo significa ... - - Che continueremo a vederci? Non possiamo saperlo con certezza, dipende da vari fattori. – - Sì, sono d'accordo; possiamo darci del tu? – - Sì, se non altro è più confidenziale. Aspetto che ... tu mi dica, con onestà, cosa ti ha spinto, fra tante persone, a volermi conoscere. – - La tua bellezza, è la verità. – - Se non sei un grande attore, sembri sincero. –
Ero sincero, mi aveva attratto la sua bellezza, in modo particolare, i suoi occhi e ... le sue splendide labbra truccate di un color rosa che mi veniva quasi voglia di prenderle a morsi. Gliel'avrei pure detto, ma forse è stato un bene trattenermi, ogni cosa a suo tempo, ammesso che ne avessi avuto l'occasione. Si trattava del nostro primo incontro, quindi siamo stati attenti a non toccare la sfera personale, sarebbe stato alquanto inopportuno, anche se sembrava chiaro, e non solo perché non portavamo la fede al dito, che fossimo sentimentalmente liberi. Meglio così, pensavo tra me e me. Non mi illudevo più di tanto, perché eravamo solo agli inizi, ma volevo essere fiducioso. Forse la dea bendata si era accorta di me. Le proposi di rivederci l'indomani, e accettò. Considerando i nostri impegni lavorativi, ci vedemmo intorno alle ore venti. L'idea era quella di approfondire la nostra amicizia, per qualcosa di diverso solo il tempo poteva dircelo. Io non stavo più sulla pelle, mi piaceva parecchio; sì, come donna, per il resto era ancora tutto da scoprire. Ci incontrammo come fanno due vecchi amici, nello stesso punto dove ci eravamo conosciuti, e questo faceva ben sperare. Era primavera inoltrata e si stava benissimo.
- Ciao. – - Ciao. - Come stai? – le chiedo. - Bene; tu? – risponde Eleonora. - Bene. La bella stagione è alle porte, e questo mette di buonumore. – - Già; e in una serata come questa sarebbe un peccato non uscire. – - Saresti rimasta a casa se non ci fossimo visti? – - Credo di sì; tu? – - Anch'io. Dopo un giorno di lavoro, finisco quasi sempre per adagiarmi seduto sul comodo divano. – - Ti capisco. Che lavoro fai? Se posso chiedertelo – dice Eleonora. - Sono un elettricista, lavoro in una ditta – rispondo, mentre ci incamminiamo. - Ti impegna parecchio. – - Sì; dipende dalle giornate. Tu, cosa fai? – - Lavoro come collaboratrice domestica presso una coppia di libri professionisti, genitori di due bambini. – - Be', credo che il tuo lavoro non sia meno impegnativo del mio. – - Sì; anche nel mio caso, dipende dalle giornate. Ho un diploma classico che finora non mi è servito a nulla. Continuo a fare concorsi, fin quando non mi stuferò, senza fortuna. – - Arriverà. – - Sì, intanto gli anni passano. – - Sei giovane. – - Non so cosa intendi per giovane ... ho capito vuoi sapere la mia età. – - No, davvero ... - - Ho trentacinque anni. – - Sei giovanissima. – - Già. Tu, sei vecchio da quel che ho capito. – - Ho quarant'anni. – - Sì, sei veramente vecchio. – - Non sono sposato e nemmeno fidanzato. – - Come per dire, meglio mettere le cose in chiaro; Ok, sono una vecchia zitella e non c'è nessun fidanzato che mi coccoli. – - E questo ti mette tristezza? – - No, ammetto di aver passato dei periodi poco felici, ma ora mi godo ... - - Il tuo stato di single. – - Sì, è così. Tu sei ansioso? – - Pensandoci bene, no, nessuna ansia. – - Sicuro? Eppure, ti sei dato da fare. – - Ti riferisci all'approccio che ho avuto con te. – - Sì, certo. – - Non ci pensavo minimamente, come ti ho spiegato ... - - Già, non hai potuto farne a meno, sei stato colpito dalla mia bellezza. – - Proprio così. – - Le circostanze non lasciano dubbi; non capisco perché sto ancora a parlarne, mi copro di ridicolo. – - No, semplicemente non te l'aspettavi. – - Questo è sicuro. – - Potevi anche allontanarmi, con una scusa qualsiasi, ma non l'hai fatto. – - Quindi, secondo te ... lo desideravo anch'io. - - Fare nuove conoscenze, sì, non c'è nulla di male. – - No, non c'è nulla di male, ma si è sempre in tempo a rimediare – afferma con un velato sorriso, Eleonora. – Comunque, è bene che tu lo sappia, ho detto una bugia. – - Sarebbe? – le chiedo. - Sono stata sposata. – - Anche in questo non c'è nulla di male, potevi dirmelo. – - Sì, potevo farlo, ma non mi sembrava opportuno raccontare le mie cose personali con il primo arrivato. – - Scusami, hai ragione. – - Mi sono separata due anni fa. – - Dispiace. – - A me no, è stato un epilogo inevitabile. – - Sì, capisco, però è sempre triste quando una storia finisce. – - Purtroppo il rapporto è finito male, e l'unica cosa triste è avergli dato fiducia; se l'avessi capito subito, avrei evitato tanta sofferenza. – - Dispiace. – - È finita. – - Io ... ho detto la verità, non mi sono sposato. – - Per tua scelta? – - No, non sono contro il matrimonio, non ho trovato la persona giusta. – - Non è mai troppo tardi. – - Sì, anche se preferisco di gran lunga la convivenza. –
Salvatore Scalisi
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