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Autore: Romina Zanetta
Il grande crash
Commedia Horror
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Il grande crash
Un urlo lancinante si protrasse per tutta la casa, seguito da un tonfo sordo.
Le due sorelle, sobbalzarono all'unisono e scattarono in piedi.
Si guardarono solo per una frazione di secondo negli occhi, non avendo nemmeno il tempo di domandarsi cosa stesse accadendo, poi si precipitarono fuori dalla stanza.
Si portarono immediatamente verso la camera mortuaria, e si trovarono davanti a qualcosa di inaspettato.
Il prete giaceva in terra, seduto in evidente stato di choc, tenendo il rosario in mano, e continuando a farsi il segno della croce.
Le labbra livide dallo spavento, seguitavano a recitare preghiere a raffica nel tentativo di esorcizzare qualsivoglia demone immaginario che la sua mente annebbiata dal terrore aveva creato.
Sudava copiosamente ormai sopraffatto dal panico mentre gli occhi spiritati, saettavano a destra e sinistra.
Grace gli si avvicinò preoccupata e gli mise le mani sulle spalle nel tentativo di calmarlo: “Padre Clemente cosa succede? Si sente male? Mi risponda la prego ... mi riconosce? Sono Grace ...”
Il prete fece uno sforzo per guardarla negli occhi e l'unica cosa che riuscì a fare, fu allungare una mano tremante ed indicare un punto davanti a sé.
Grace e Muriel si voltarono solo per trovarsi davanti agli occhi una scena surreale.
Dall'interno della bara provenne un movimento convulso e repentino, facendola ondeggiare lievemente ai lati e rischiare anche di cadere.
Poi una mano dall'interno, si appoggiò al bordo e videro il padre iniziare ad alzarsi lentamente dal suo giaciglio con aria sorniona.
Lo videro guardarsi intorno con aria spaesata e passarsi una mano tra i capelli grigi e sparuti.
Sembrava avere la bocca impastata, infatti lo videro sputare in terra i supporti di mussola messi dagli addetti alle pompe funebri per impedire che la mandibola si aprisse.
Davanti agli occhi esterrefatti delle sorelle Mc Grant, nel giro di pochi secondi, nel soggiorno, così amabilmente imbandito, si scatenò l'inferno.
Videro la zia zitella, che si era agghindata ed acconciata in maniera sofisticata per l'occasione, rovesciare gli occhi all'indietro e svenire tra le braccia della sua badante ucraina.
Due cugini di terzo grado, scapparono a gambe levate rovesciando qualunque cosa ostacolasse la loro fuga disperata, urlando come forsennati: “Questa casa è maledetta ... voi siete maledetti ...”
Le vedove Winchester, approfittando della confusione, iniziarono a riempirsi le borse con i tramezzini e i panini, svuotando letteralmente i vassoi per poi dileguarsi con la bocca piena di bignè al pistacchio e senza nemmeno prendersi il disturbo di disossare il pollo prima di rubarlo.
Videro la vicina di casa, una donna di mezza età, scialba e bigotta oltre ogni immaginazione, inginocchiarsi e lodare la potenza del Signore, ringraziandolo per aver potuto assistere ad un autentico miracolo.
Ma nel putiferio e nel degenero più completo, emerse anche la luce dell'innocenza e della fanciullezza in tutta la sua semplicità.
Nel caso specifico la piccola Tiffany, di appena 8 anni, iniziò a saltare gioiosa, chiamando la madre a gran voce: “Mamma, guarda, il nonno ci ha fatto uno scherzo. Non è morto, stava solo dormendo. Ora possiamo mangiare i marshmellow?”
Grace guardò la figlia senza vederla, e non riuscì a risponderle, rimanendo immobile e sbigottita.
Riuscì solo a vedere il piccolo Alex che, con foga ed entusiasmo, stava spelacchiando a mani piene, la grossa corona di fiori freschi che sarebbe servita ad adornare la bara, facendo un vero e proprio sterminio di rose, crisantemi e garofani.
L'unico a non perdere la calma e il sangue freddo, fu Fred, il marito di Grace, il quale, forse per via della sua professione di medico e dovendo sempre e comunque rispettare il giuramento di Ippocrate, chiamò immediatamente un'ambulanza, spiegando l'accaduto.
Grace e Muriel invece, rimasero come inebetite davanti a quello scenario quasi apocalittico di gente urlante in preda al panico e di stoviglie rovesciate, riuscendo solo a guardarsi sconsolate e ad esclamare all'unisono: “Merda!”
Vennero chiamate ben cinque ambulanze, dato che medici e paramedici, non dovettero occuparsi solo della mancata salma, ma anche di parecchi ospiti, che erano finiti lunghi e distesi in terra, colti da malori di vario genere.
Controllarono anche la bis nonna, che risultò essere la più in forma di tutti, almeno fisicamente.
Con un sorriso sdentato, la decrepita parente, afferrò il braccio dell'infermiere intento a misurarle la pressione ed esclamò con enfasi: “E' stato un meraviglioso matrimonio. Peccato non aver visto la sposa.”
Bryan, il marito di Muriel, si occupò di liquidare il servizio di catering e il fiorista, dato che ormai la funzione era giunta al termine, anche se in modo del tutto imprevisto.
Quando l'orda impazzita di parenti scossi e malmessi, si fu finalmente dileguata, nella casa regnò un silenzio spettrale, rotto solo dal ticchettio dell'orologio della cucina.
Rimasero solo i quattro addetti alle onoranze funebri che, continuando a guardarsi di sottecchi l'uno con l'altro, riavvolgendo i drappi viola, mentalmente si chiedevano chi avrebbe dovuto presentare il conto alle sorelle Mc Grant.
Fu il più anziano a prendere l'iniziativa, un signore dall'aria grigia e impettita.
Si avvicinò mestamente a Muriel e cercò di introdurre il discorso con il maggior tatto possibile: “Voglia scusarmi, Miss Muriel, io ... sono addolorato per quanto accaduto ... o meglio, no ... sono profondamente rasserenato dall'incredibile svolta degli eventi, ma come potrà ben immaginare, io e i miei ragazzi abbiamo assolto al nostro compito, sebbene ... ecco, non siamo arrivati all'obiettivo prefissato.”
Muriel capì immediatamente, anche se il becchino cercava di indorarle la pillola, che avrebbero dovuto pagare il servizio per un funerale non avvenuto.
L'uomo proseguì: “Sono disposto però a venirvi incontro con uno sconto speciale dato che la tumulazione del corpo non è avvenuta.”
Le due sorelle lo guardarono abbattute ma fu Muriel a rispondergli con aria sarcastica: “Fantastico.”
Fred, da canto suo, si offrì di parlare con i colleghi medici per assicurarsi che tutti gli invitati non riportassero conseguenze causate dallo spavento e, in ultimo, ma non meno importante, anche sulle condizioni di salute del suocero.
Si ritrovò nella sala medici dell'ospedale con altri tre colleghi, sconcertati tanto quanto lui.
Il cardiologo, un uomo prossimo alla pensione e con una prominente pancia di chi apprezza la buona tavola, scuoteva la testa incredulo: “Non mi sarei mai aspettato di trovarmi di fronte ad una cosa del genere in tanti anni di onorata carriera. E' una cosa assolutamente senza precedenti.”
Venne interrotto da un' avvenente dottoressa che sfoggiava giganteschi orecchini a cerchio esperta in rianimazione: “In realtà Cal, non è il primo caso di morte apparente, lo sai bene. Ma quello che mi sorprende è che a constatarne il decesso è stato mio cugino Michael e sapete bene quanto sia scrupoloso e maniacale. Non avrebbe mai emesso un certificato di morte se non ne fosse stato più che sicuro.”
A quel punto intervenne Fred: “Concordo con te, Jennifer. Ho visitato personalmente anche io mio suocero e vi posso assicurare che l'elettrocardiogramma segnava che l'attività cardiaca era cessata da parecchi minuti. Era morto.”
Seguirono altri interminabili secondi di silenzio in cui nessuno dei quattro sapeva che pesci pigliare.
Alla fine, il più giovane, un pneumologo di non più di trent'anni, concluse la discussione con aria spicciola: “Rimarrà negli annali come un mistero irrisolto, ma questa storia scatenerà un fenomeno mediatico incredibile, Fred. La stampa vi tempesterà di domande e la vostra casa verrà presa d'assalto dai cronisti.”
Fred si massaggiò le tempie con la punta delle dita con aria meditabonda: “Questo sarà l'ultimo dei problemi, Jack. Te lo posso assicurare.”
Le due sorelle, rimaste sole, cercavano penosamente di trovare una soluzione a quell'assurda situazione.
Grace, si tolse le scarpe e le fece volare sul pavimento mentre Muriel, seguitava a camminare avanti e indietro per lo studio, fumando una sigaretta dietro l'altra.
“Ma lo capisci in che razza di casino ci troviamo adesso? Quelli delle onoranze funebri vogliono essere pagati. Pagati, capisci? E con cosa paghiamo?”
Grace tentava debolmente di calmare la sorella massaggiandosi un piede che le doleva a causa dei tacchi alti, ma con scarsi risultati, sia per l'una che per l'altra cosa.
Dopo il quinto whisky che si serviva, Muriel esordì con una scappatoia che a lei sembrò geniale: “Ecco, potremmo andare a letto con i becchini. Ho visto come ti guardava quello con i capelli lunghi e gli occhiali da sole. Potremmo patteggiare ...”
Grace spalancò la bocca agghiacciata dall'idea della sorella: “Ma ti ha dato di volta il cervello? Vorrei ricordarti che sono sposata e madre di due figli. Non inizierò certo adesso a prostituirmi. E poi dubito che anche Bryan sia d'accordo con questa tua trovata!”
Muriel accantonò subito l'idea, riacquistando un minimo di lucidità dai fumi dell'alcool.
“Sì, hai ragione. Era una cazzata, però se ci pensi ...”
Una prepotente scampanellata, interruppe bruscamente i discorsi delle donne, che si guardarono con aria interrogativa.
Grace sbuffò spazientita: “Ma chi è a quest'ora?”
Muriel si abbandonò con ben poca eleganza sul divano, portandosi una mano in faccia nel tentativo di riprendersi dai torpori della sbornia: “Vai tu ad aprire, Grace. Io sono troppo ubriaca.”
La primogenita ubbidì controvoglia ed andò ad aprire allo scocciatore con tutte le intenzioni di mandarlo al Diavolo prima di subito.
Ma quando aprì la porta, il suo atteggiamento cambiò improvvisamente.
In quel preciso istante, un fulmine si abbatté sul giardino, illuminando in modo inquietante la macabra figura che si stagliava sull'uscio della porta.
Una donna anziana e dai lunghissimi capelli neri, vestita in abiti scuri e decisamente demodé, la fissava con un sorriso sbilenco, mettendo in mostra i pochi denti marci ed anneriti.
Il collo e le braccia erano ricoperti di collane e braccialetti di ogni sorta, con ciondoli e talismani e in mano teneva un' enorme bambola voodoo.
Chiunque se la fosse trovata davanti in vicoli bui e ad ore tarde, non avrebbe esitato a darsela a gambe, gridando ‘La strega'.
Grace sospirò stancamente prima di domandare alla vecchia megera: “Ah, sei tu zia Judith? Entra, stavo per preparare una tazza di tè.”
L'accompagnò nello studio dove Muriel stava fumando l'ennesima sigaretta.
L'anziana si sedette sulla poltrona di fronte a lei e iniziò a parlare a bassa voce, come se dovesse svelare un antico segreto.
La voce dell'anziana, sembrava provenire dalle profondità degli abissi.
Roca e melmosa come le acque di una palude: “Devo parlarvi, ragazze. Quello che è accaduto oggi, non è una cosa terrena. C'è qualcosa di oscuro, di misterioso in questa storia.”
Muriel alzò lo sguardo verso di lei con un sorriso ebete stampato in faccia: “Tu dici? A me invece sembra così normale che un tizio si alzi dalla bara nel giorno del suo funerale...”
La vecchia, sentendosi presa in giro, montò subito su tutte le furie e tirò la bambola voodoo in testa alla sfacciata nipote: “Non essere impertinente, Muriel. So quel che dico.”
In quel momento, Grace entrò nella stanza con un grosso vassoio in mano e servì il tè con dei biscotti secchi.
Raccolse l' inquietante bambola di pezza e la porse all'iraconda zia.
Prima di lasciarla però, osservò l'oggetto di così cattivo gusto, arricciando il naso, disgustata: “Zia, ma perché vai in giro con una bambola voodoo? Serve per caso a proteggerti da qualche spirito inquieto?”
L'arzilla vecchietta gliela strappò letteralmente di mano: “Ma che idiozie vai farneticando? E' la mia borsa, l'ho comprata in una liquidazione. Ora state zitte e lasciatemi parlare.”
Le ragazze si accomodarono per meglio ascoltare attentamente la comunicazione dell'attempata zia: “Dovete sapere che parecchi anni fa, la vostra compianta madre, mi aveva confidato una cosa che ha del surreale. In uno dei numerosi viaggi di svago di vostro padre, pare si sia recato in un piccolo villaggio nel sud Africa ed abbia sborsato una cifra considerevole in cambio di un rito sciamanico molto particolare.”
Prese la tazza di tè offerta dalla nipote e iniziò a sorseggiare lentamente, assaporando con calma la deliziosa bevanda.
Grace e Muriel si guardarono l'un l'altra con aria interrogativa, poi Muriel chiese con superficialità: “E allora? Perché la cosa dovrebbe interessarci?”
La zia ripose velocemente la tazza sul tavolino di fronte a sé solo per prendere di nuovo in mano l'orrenda borsa ed iniziare a picchiarla ripetutamente sulle teste delle ottuse nipoti.
Grace tentò di ripararsi con le braccia: “Ahia, zia smettila, ci fai male.”
Terminato il raptus aggressivo, l'attempata signora, si rimise a sedere composta riprendendo in mano la sua tazza e proseguì il discorso da dove lo aveva interrotto: “Non capite, razza di zuccone ignoranti? Vostro padre si è fatto fare un rito di longevità. Si tratta di un incantesimo imperituro in cui il soggetto che ne beneficia, godrà di salute e fortuna sfacciata per moltissimi anni. Ecco spiegato l'accaduto.”
Le due sorelle rimasero alcuni istanti con la bocca aperta, incredule, guardando l'anziana mangiare una gran quantità di biscotti inzuppati nel tè.
Grace si riscosse scuotendo la testa per allontanare dalla mente la colossale cretinata esposta dalla testarda congiunta.
Si alzò con grazia e con un sorriso finto, aiutò la zia ad alzarsi, accompagnandola con decisione alla porta e parlandole con la calma con cui si assecondano i pazzi.
“Ma certo zia Judith, avevamo immaginato infatti che si trattasse di qualcosa del genere. Hai fatto benissimo ad informarci ma ora è tempo di tornare alla clinica di igiene mentale, ricordi? Cosa direbbe la signora Pichely se non ti trovasse nella tua stanza? Si è fatto davvero molto tardi, ma torna a trovarci quando vuoi.”
Senza che l'anziana potesse ribellarsi in alcun modo o pronunciare un'altra parola, Grace la sbatté letteralmente fuori di casa, nel bel mezzo di un violento temporale e richiuse energicamente la porta.
Tornò verso lo studio dove la attendeva Muriel, persa nei suoi pensieri.
Grace infilò il soprabito scocciata: “Per concludere in bellezza la giornata, ci mancavano solo gli sproloqui dei malati di mente.”
Ma Muriel non la stava ascoltando.
Con lo sguardo fisso verso il nulla, si portò un dito alle labbra con aria pensosa: “E se invece avesse ragione?”

Romina Zanetta

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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