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Autore: Elena Andreotti
Commissaria Cinzia Ribò
Poliziesco
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Commissaria Cinzia Ribò
Operazione Baby.

La parrucchiera stava asciugandole i capelli quando il telefono squillò.
«Neanche qui la lasciano in pace» osservò la donna.
«Dimmi, Carme'» si affrettò a rispondere Cinzia.
«Hanno trovato una ragazza morta ai margini della strada, all'incrocio tra Via Tossica e Via Tiburtina.»
«Arrivo subito.» Cinzia chiuse la comunicazione e chiese alla parrucchiera di accelerare l'asciugatura.
«Ma così esce quasi spettinata.»
«Non ti preoccupare Fra'. Devo fare in fretta. Hanno ucciso una.»
«Non si può stare in pace una attimo, però!»
«Non dirlo a me. Questo è il mestiere che mi sono scelta. Forse avrei dovuto fare come diceva mio padre, che mi voleva Magistrato come lui, ma a questo punto penso che mi sarebbe stato bene anche un concorso a qualche ministero.» Mentre parlava si era tolta la mantellina dalle spalle e si era alzata per andare via velocemente. «Quanto ti devo?»
«Che mi deve... Non mi deve niente. Le ho fatto solo lo shampoo. Vada, vada ché c'è bisogno di lei.»
«Grazie Fra'» rispose che era già sulla porta.

***

Quando arrivò sul luogo dell'incidente, almeno fino a quel momento aveva pensato che fosse tale, trovò già il medico legale, Filippo Falcetti, che si stava occupando della prima ricognizione del cadavere. Prima di raggiungerlo, aprì il cofano dell'auto e prese le soprascarpe e un paio di guanti. Si arrotolò il fondo dei pantaloni, per non infangarsi. Il giorno prima aveva piovuto molto e il terreno era fradicio.
C'era anche il furgone della Polizia scientifica. Salutò l'ispettore Rondella che guidava il gruppo ed era appena sceso dal veicolo. Gli agenti aspettavano che desse istruzioni, ma nel frattempo scattavano foto da tutte le angolazioni.
Cinzia individuò i due agenti della volante che erano arrivati per primi. Li riconobbe: erano del suo stesso distretto. Vide che avevano svolto tutti i compiti che competevano loro.
«Salve, ragazzi.» Fece loro un cenno di saluto a cui risposero portandosi la mano alla fronte nel saluto tipico. «Bel lavoro. Ben fatto.»
Cinzia si avvicinò al medico legale; lo conosceva e aveva una certa confidenza con lui. A lei piaceva assistere alle autopsie e Filippo era contento della sua compagnia.
Un'ambulanza era ferma sul ciglio della strada.
Cinzia salutò il magistrato presente, la dottoressa Marta Fratino, che le rispose con un cenno del capo, poi si rivolse al medico.
«Fili', cosa abbiamo?» chiese Cinzia al vecchio amico.
«Ciao, Ci'. È una giovane donna, bianca, dall'apparente età di circa vent'anni. Non so dirti altro sulle generalità perché non ha documenti con sé. In buona salute, all'apparenza. Non si notano traumi sul corpo, ma ti dirò meglio dopo l'autopsia. Quello che mi lascia perplesso è che la botta alla testa, che sembra aver preso cadendo, non ha sanguinato molto; questo mi fa presupporre che fosse già morta, quando è finita qui. Chi ce l'abbia portata o buttata è difficile saperlo, per il momento. Quello che ti posso dire è che non è morta da molto tempo, forse da una decina di ore.»
Cinzia guardò con attenzione il cadavere. Aveva quell'aspetto stropicciato e abbandonato che lei ravvisava in tutti i cadaveri, una sua personale impressione. Come una marionetta senza fili era riversa tra l'erba alta del ciglio della strada e giaceva su un fianco, cosicché appariva solo un profilo. I capelli scuri e lunghi erano afflosciati, senza vita anche loro, ormai. Gli abiti denotavano un'estrazione sociale modesta. Le gambe erano leggermente piegate e le braccia tese in avanti, come se stesse dormendo, ma non si sarebbe svegliata più.
Il sonno eterno, fu ciò che venne in mente a Cinzia.
«Nessuno se n'è accorto?» chiese, distogliendo lo sguardo dalla giovane donna.
«A parte quel ciclista che ha visto i piedi sbucare dall'erba e ha chiamato. Siamo in pieno giorno, ma nessun altro ha segnalato la presenza del cadavere.»
«Forse un'auto si è fermata vicino al ciglio e l'ha scaricata senza che se ne accorgesse nessuno. Del resto su questa strada vanno tutti di fretta.»
«Penso che sia andata proprio come dici tu. Carme'. Voi avete fatto?»
«Noi abbiamo tutte le foto che ci servono. Ora delimitiamo l'area, non appena gli operatori sanitari avranno portato via la salma. Tu, Fili', stai a posto?»
Filippo si allontanò dal corpo. «Sì, ho espletato tutti i miei compiti, almeno quelli che sono richiesti in situazioni come questa. Ho anch'io scattato le mie solite foto.» Arrivato sulla strada, si tolse le calosce, i guanti e il camice e li buttò nell'apposito contenitore per i rifiuti di quella natura e disse agli operatori che potevano portare via la povera ragazza. Cinzia lo seguì e si avvicinò alla propria auto per togliersi le soprascarpe e i guanti.
«Dottoressa Fratino, la terremo aggiornata», disse la commissaria al magistrato, che in quel momento stava conferendo con il medico legale. La donna le fece un cenno con la mano. «Ragazzi, possiamo tornare al distretto» ordinò subito dopo ai suoi collaboratori, risalendo sulla sua auto privata. Gli altri presero posto sulla volante guidata dal viceispettore Peppe Rotunno.

***

Carmela, Rotunno, Striani e Valletta si riunirono tutti nella stanza di Cinzia. Avevano portato le sedie, per evitare di restare in piedi. Il brainstorming sarebbe durato un po'.
«Facciamo a caldo il punto della situazione. Tu Valletta prendi le foto scattate e valle subito a stampare. Voialtri, restate qua e riferitemi le vostre impressioni, le idee a caldo, tutto quello che vi è passato per la testa.» Cinzia si sedette al suo posto e indicò agli altri di sedere. «Inizia tu, Carme'.»
«C'è poco altro da dire. Quello che hai visto tu lo abbiamo visto noi. Dall'abbigliamento non mi è sembrata particolarmente abbiente. Gli abiti erano abbastanza usurati e dozzinali. Forse una studentessa... L'aspetto mi è sembrato quello di una brava ragazza.»
«Non aveva anelli alle dita, quindi, possiamo presupporre che non fosse né fidanzata e né sposata» aggiunse l'agente scelto Toto Striani.
«Giusto. Ciò non toglie che possa avere un qualche tipo di relazione amorosa» suggerì Cinzia.
«Mi è sembrata una persona che tiene alla linea, oppure è una che mantiene il peso giusto senza fatica» continuò Carmela e lo disse con un certo rammarico, pensando al suo fisico rotondetto.
«Se va in palestra abbiamo qualche possibilità di scoprire chi è» intervenne Rotunno.
«Magari, o magari la rintracciamo sui social. Vediamo che foto ci riporta Valletta.»
Come se fosse stato evocato, l'agente riportò le stampe delle foto. Le appuntò su un tabellone.
«Purtroppo, abbiamo solo il profilo della ragazza» disse Cinzia. «motivo per cui dovremo aspettare le foto che scatterà Filippo in obitorio. Vi viene in mente qualche altro aspetto che vi ha colpito?»
Tutti fecero di no con la testa.
«Allora ricapitoliamo.» Cinzia cominciò a scrivere sul tabellone.
«Uno: Donna bianca sui venti, venticinque anni.
Due: Capelli scuri e lunghi.
Causa decesso: Morta per apparente colpo alla testa, forse in un altro luogo, diverso da quello del rinvenimento del cadavere.
Segni di lotta: Nessun segno di colluttazione evidente.
Stato fisico: Buona forma fisica.
Altro: Abbigliamento modesto. Nessun anello al dito. Senza documenti e telefono cellulare.
Vi viene in mente altro?»
Al diniego dei presenti, proseguì: «Ho visto un comprensorio abitativo nei paraggi. Rotunno, facci un salto con Striani a porre qualche domanda agli inquilini. Che so: se qualcuno ha visto qualcosa di sospetto o ha sentito rumori strani provenire dalla strada... Bene, credo che sia tutto. Potete andare».
Per primo si alzò il viceispettore Rotunno; Cinzia lo osservò: alto e ben piantato, sapeva che era celibe, di quasi quarant'anni. I due giovani agenti che lo seguirono erano giunti da meno di un anno al distretto; ambedue sposati da poco, avevano preso casa nei paraggi, tenuto conto dei costi proibitivi di Roma. Erano due giovani robusti e con una certa dose di muscoli, dallo sguardo sveglio.
«Posso andare anch'io?» domandò Carmela.
«Certo, vai. Tra un'ora vado pure io a casa.»
Quando tutti si furono allontanati, Cinzia restò sola con i suoi pensieri, non proprio sereni.
«Chi sei?» chiese alla foto che mostrava la ragazza riversa su un fianco tra l'erba, con il volto reclinato di lato, con un solo profilo visibile. Immaginò che ci fosse qualcuno che l'aspettava e che quella sera non l'avrebbe vista ritornare. Sperò che arrivassero telefonate di gente preoccupata per un congiunto che non era rientrato, così avrebbero potuto dare un nome alla ragazza, ma sarebbe potuto anche accadere che nessuno lamentasse la sua assenza.
Si alzò anche lei per tornare a casa.

Il ritorno fu come sempre in mezzo al traffico.
La giornata era una di quelle tipiche di marzo. In certi momenti c'era un sole brillante, in altri, si rabbuiava, promettendo pioggia.
Era ormai il crepuscolo, quell'ora che rende la visione difficile, perché gli occhi non riescono a adattarsi a quella luce opalescente.
In fila indiana tra le auto dei romani che tornavano alla stessa ora alle loro case, si incantò di fronte a un tramonto spettacolare, come solo a Roma si può vedere. Il cielo si era incendiato di rosso e del sole non era rimasta traccia.
In breve, fu quasi buio. Le luci apparivano ancora più abbaglianti.
Devo controllarmi la vista, pensò.

***

Aperta la porta di casa, Cinzia fu raggiunta subito da un odore inequivocabile: qualcosa veniva cucinato al forno e le sue papille gustative si misero autonomamente in funzione.
«Cosa c'è di buono stasera?» gridò verso la cucina, mentre si toglieva la giacca e l'appendeva ai ganci all'ingresso.
L'abitazione, in zona Conca d'oro, non era di recente costruzione, perciò, la struttura della casa era in parte datata riguardo ai gusti abitativi attuali. L'ingresso era separato ed era fornito di un ampio armadio da una parte e una porzione di libreria dall'altra. Erano riusciti a unire la cucina alla sala e al salotto, perciò, quest'area era spaziosa e luminosa. Il resto della casa era composto da due camere, uno studio, usato più che altro dal marito, e due bagni.
«Ho cucinato una bella orata al forno» rispose il consorte dalla sua postazione di cuoco.
Cinzia entrò con lo sguardo famelico.
«Non vedo l'ora! Oggi, non ho mangiato.»
«Ho saputo di quella ragazza trovata morta sulla Tiburtina. È un tuo caso?»
«Sì, ma te lo racconto dopo. Ora mi vado a infilare il pigiama e mi metto le pantofole.»
Cinzia andò in camera e si concesse un attimo di tregua. Aveva tutte le membra indolenzite per la tensione accumulata nella giornata. Un buon massaggio, ecco cosa le serviva in quel momento, però, i morsi della fame le segnalarono il bisogno di recuperare energie, prima di tutto.
Si spogliò con calma, andò in bagno a togliere il poco trucco che metteva, si mise il pigiama e tornò in cucina.
«Allora, pronta per questa lauta cena che ho preparato con tanto amore?»
«Prontissima! Versami, intanto, un goccio di vino.»
Giorgio aveva apparecchiato in sala, con una bella tovaglia di lino decorata.
«Non era meglio mettersi all'isola in cucina?»
«Ho pensato che avresti preferito stendere le gambe sotto al tavolo, invece che stare seduta sul trespolo come un pappagallo.»
L'immagine di lei simile a un pennuto le sembrava davvero comica.
«Dopo questa visione, la cucina non mi sembrerà più la stessa.» Rise, finalmente rilassata.
Iniziarono a mangiare, rispettando per un po' un silenzio quasi religioso.
«Mmh... Quest'orata merita un minuto di raccoglimento» disse Cinzia, ripulendo il sughetto nel piatto con un pezzo di rosetta.
«Sono contento che ti sia piaciuta. Penso che oggi tu abbia mangiato poco e male. Non è così?»
«In effetti...» rispose Cinzia con il boccone ancora in bocca. «Come già sai anche tu, abbiamo ritrovato una ragazza morta, sul ciglio della strada.»
«Se ne sta occupando un mio collega, per il giornale.»
«Non abbiamo idea di chi sia.»
«Una cosa rara al giorno d'oggi. Non aveva niente addosso? Che so... documenti, smartphone...»
«Niente. È come cercare Maria per Roma. »
«Come pensate di procedere?»
«Due miei collaboratori andranno a fare domande agli inquilini dei palazzi vicino al luogo dell'incidente.»
«Pensi che otterranno qualcosa?»
«Difficile fare previsioni. Nelle grandi città si è propensi a farsi i fatti propri e non si ama essere invischiati in situazioni simili. Poi, magari, ti capita la vecchietta che passa il tempo alla finestra e ha voglia di parlare. Vedremo, ma non ci conto molto.»
«Ora è meglio che fai una doccia e ti rilassi, prima di andare a letto.»
«Mi farai un massaggio, dopo?»
«Certo. Va' in bagno. Io rassetto la cucina e ti raggiungo.»
Quando fu il momento dell'agognato massaggio, Cinzia già dormiva profondamente. Il marito le tirò su le coperte fino al collo e spense la luce, dopo averle dato un bacio sulla fronte.
«Dormi bene, Ci'» le sussurrò.

Al risveglio, Cinzia era sola nel letto, ma dalla cucina arrivavano già profumi e rumori noti. Si alzò e si mise la vestaglia. Si affacciò in cucina dove il marito preparava la colazione per entrambi.
«Buongiorno! Quando sei venuto a letto? Poi, non mi hai fatto il massaggio.»
«Dormivi della grossa e facevi rumore come un carro armato.»
«Non è vero!»
«Prima o poi ti porterò le prove. Metterò un registratore sul tuo comodino.»
«Non farlo! Ti arresterò per oltraggio.»
«Ed io userò la prova quando divorzieremo!»
«Non lo faresti!»
«Oh, sì!»
«Sei un impunito! Non sapevo questo, quando ti ho sposato. Potrei addurre questa scusa per ottenere la nullità.»
«Ma di cosa stiamo parlando? Beviti 'sto caffè così smetti di sparlare.»
Ridendo, Cinzia si accomodò sullo sgabello e bevve di gusto, addentando delle fette biscottate con marmellata. Ne fece fuori quattro, completando la colazione con una bella spremuta. Quello avrebbe potuto essere l'unico pasto certo della giornata, con molta probabilità.
Dopo una doccia veloce, si vestì e salutò il marito che quel giorno avrebbe lavorato da casa.

***

L'unico vantaggio di lavorare in periferia era che lo stabile dove aveva sede il distretto era nuovo ed era dotato di un ampio parcheggio, per le auto di servizio e per quelle private. Le stanze erano tutte provviste di aria condizionata, un privilegio per chi doveva passare l'estate a Roma a lavorare.
Cinzia parcheggiò la sua auto accanto a quella di Rotunno.
«Buongiorno, commissa'.»
Cinzia rispose al saluto e il viceispettore le si affiancò mentre entravano nell'edificio.
«Oggi, pensavo di fare una ricerca sui social per quella ragazza...»
«Certo. Sai che questo è il tuo compito. Sei quello più capace con le nuove tecnologie. Piuttosto, come fai, visto che la faccia della ragazza è visibile solo a metà?»
«Mi sono permesso di elaborare il viso con un software specifico, che mi ha restituito un volto per intero. Poi, col software per il riconoscimento facciale, la cerco nei social.»
«E bravo, Rotunno. Avvantaggiati. Se trovi qualcosa di interessante, vieni subito a parlarmene. Poi lo confronteremo con le immagini che ci darà il medico legale, sperando che le tue elaborazioni corrispondano al reale.»
Entrarono nello stabile e si separarono sul corridoio che portava alle reciproche postazioni di lavoro.
Cinzia trovò Carmela a sorseggiare il suo caffè.
«Ne vuoi?» le chiese indicando il termos che si portava da casa.
«Grazie, Carme'. Più tardi.»
Mentre si toglieva il trench, arrivarono i due agenti, Striani e Valletta.
«Buongiorno ragazzi. Avete buone notizie dai condomini?»
Valletta si schiarì la voce. «Abbiamo suonato a tutti i campanelli. Quelli che ci hanno risposto hanno detto che non ne vogliono sapere niente e non hanno visto niente.»
«Come mai siete andati voi due? Avevo detto a Rotunno di andare con Striani.»
«Beh...» cominciò Valletta.
«Lasciate perdere, poi lo chiedo a lui. Non vi preoccupate di aver fallito. Sapete meglio di me che sono passi che dobbiamo fare nelle indagini, ma sappiamo tutti che non si cava un ragno dal buco, di solito.» Cinzia si accomodò alla poltrona e continuò: «E poi, a me, i testimoni oculari piacciono poco, perciò, se non ne abbiamo, è meglio. Andate pure. Mettete a posto anche la parte burocratica di quello che avete fatto».
I due agenti uscirono. Confabularono tra loro. Si capiva che stavano decidendo chi avrebbe scritto il verbale.
«E che ca...» sbottò Striani alla volta dell'amico.
Non finì la frase, che Cinzia gli urlò dietro. «Vi ho detto che non voglio parolacce, qui dentro!»
«Sì, signor commissario» fu la risposta all'unisono dei due, che si affrettarono a scomparire alla vista del loro superiore.
«Commissaria!» gli gridò alle spalle.
«Gli fai proprio paura a 'sti poveri ragazzi.» Carmela stava ridendo di gusto.
«Lo sai che non sopporto il turpiloquio, specialmente sul posto di lavoro.»
«È un semplice intercalare.»
«Lo so, ma preferisco che abbiano un comportamento consono al ruolo. La gente ti rispetta di più.»

Elena Andreotti

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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