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Autore: Brooke Borgia
Una vacanza lunga un sogno
Romance
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Una vacanza lunga un sogno
Una leggera brezza stava muovendo dolcemente le tende che facevano filtrare a tratti i raggi del sole. Nel passarmi le mani tra i capelli raccolsi inavvertitamente una lacrima che era rimasta impigliata tra le ciglia. Sentii scorrere dentro di me una soave beatitudine. Mi stirai allungando le braccia, rendendo idealmente omaggio al Re Sole. Non avevo la benché minima voglia di lasciare quel nido caldo e girandomi di fianco mi trovai a pochi centimetri dal tuo viso. Eri immerso profondamente nel sonno e rimasi a guardare la tua dolcissima espressione con infinito amore. Osservandoti attentamente mi accorsi che le tue labbra avevano assunto la forma di un piccolo cuore e dovetti lottare strenuamente contro me stessa per non baciarti. Non so a che ora ci fossimo addormentati, ma doveva essere stato davvero tardi.
Mi alzai cercando di non svegliarti, mi lavai e indossai un pareo formandone un vestito come avevo visto fare da alcune ospiti indiane del resort. Uscii in punta di piedi e raggiunsi il bar. Tornai in camera poco dopo portando con me due tazze di cappuccino bollente e qualche cornetto al miele. Sistemai la colazione nel microonde spento, indossai il costume e ti lasciai dormire.
Raggiunta la riva mi fermai ad ammirare l'incanto della laguna. Mi immersi nell'acqua tiepida facendone increspare la superficie. Sembrava che quella mattina anche le creature del mare si fossero attardate e decisi di andare alla ricerca di qualche pesciolino variopinto. Un movimento sinuoso accolse la mia attenzione e con grande sorpresa vidi un polpo. Non era facile riuscire a vedere questi molluschi notoriamente timidi e rimasi immobile per poterlo ammirare. L'animale tuttavia si era accorto della mia presenza e si affrettò a nascondersi nella spaccatura di una roccia quasi a pelo d'acqua lasciando qualche tentacolo di fuori. Mi venne da ridere perché il poveretto non aveva preso bene le misure ma non si azzardava a uscire per trovare un altro riparo. Lo lasciai a riprendersi dallo spavento e cambiai direzione.
 
Sotto un'altra roccia dalla forma a ombrello vidi una moltitudine di pesci trombetta dalle livree argentee, schierati in file ordinate come soldati. Saranno stati un centinaio e sembravano volersi riparare dai raggi del sole. Procedendo nella mia escursione scorsi poco più avanti alcuni pesci balestra all'interno di una formazione di coralli marroncini; i loro musi dall'aria minacciosa erano puntati verso l'esterno e capii che stavano a guardia delle uova. Mi allontanai velocemente da quei musi duri ornati da denti aguzzi e andai a cozzare contro il carapace di un'ignara tartaruga marina che per lo spavento schizzò in alto. Una risata spontanea mi fece perdere preziose bollicine di aria costringendomi a riemergere per rifare il pieno di ossigeno. Stavo per tornare in apnea quando qualcosa di viscido ed enorme mi sfiorò una gamba. La paura mi gelò il sangue e rimasi bloccata in superficie. L'acqua di fronte a me si oscurò e piccole onde iniziarono a incresparsi attorno a me mentre la sagoma di una manta mi stava passando accanto con il suo intercedere elegante. Il mio primo pensiero andò a te e avrei dato non so cosa per condividere quel momento magico. Rimasi a guardare estasiata il grosso cetaceo allontanarsi lentamente. Mi sentii improvvisamente sola a vivere emozioni che avrei volentieri vissuto con te. Uscii dall'acqua con una tristezza infinita e corsi in camera gocciolando stille salate sul pavimento. Tu eri ancora addormentato e io avevo esaurito le idee su come trascorrere il tempo senza di te. Salii sul letto e posai le mie labbra bagnate e salate sulle tue. Con mia grande sorpresa rispondesti al bacio aprendo gli occhi. Ti raccontai come un fiume in piena e senza riprendere fiato dell'incontro con la manta e di quanto mi eri mancato. Senza darti il tempo di commentare quanto ti avevo appena raccontato andai a prendere il vassoio della colazione e lo posai sul letto. Mangiammo i cornetti alla nostra maniera, addentandoli ciascuno da un lato fino a baciarci al sapore di miele. Le nostre labbra si univano perfettamente come avessero fatto parte di una medesima conchiglia che conservava la perla del nostro amore. Fui la prima a staccarmi da te anche se avrei trascorso ore tra le tue braccia; sapevo che se l'avessi fatto  non avrei più lasciato l'isola. Cercando di raffreddare gli animi ti chiesi se ti andava di fare un tour dell'isola per fotografare qualche animale. La proposta ti piacque e dopo dieci minuti eravamo già usciti dal bungalow.
Ci incamminammo lungo la spiaggia abbracciati e muniti di macchine fotografiche e videocamere. Il primo animale che incontrammo fu un airone intento a riposarsi sulla sabbia, appoggiato su una sola zampa. Mi avvicinai lentamente fino a giungere a circa un metro dall'elegante pennuto che tuttavia riuscì a percepire la mia presenza. Senza staccarmi gli occhi di dosso iniziò a compiere piccoli passettini per allontanarsi da me e io lo imitavo compiendo altrettanti passi per avvicinarmi. Nel tentativo di aiutarmi tu facesti un giro largo per poi convergere verso l'altro fianco dell'animale. Accortosi del tentativo di accerchiamento l'airone dispiegò le sue possenti ali per decollare verso altri lidi più tranquilli. Seguimmo con lo sguardo il suo volo finché sembrò dissolversi tra le sottili nubi che rigavano il cielo.
Nel proseguire lungo la spiaggia ci dovemmo fermare di fronte a una serie di rocce che ci costrinsero a inoltrarci tra la fitta vegetazione dell'isola. Sebbene sapessimo che non c'erano animali pericolosi sulla terraferma ci bloccavamo ogni volta che sentivamo qualche rumore tra il fogliame. Prima di procedere cercavamo di individuarne invano l'origine.
Dopo un'ora di cammino ci fermammo per riprendere fiato. Senza darmi il tempo di guardarmi attorno ti appoggiasti a un tronco di una palma e mi facesti cenno di avvicinarmi. Prima di raggiungerti volli inquadrarti con la macchina fotografica e guardando nell'obiettivo mi accorsi della presenza sul tronco di un camaleonte che aveva assunto la colorazione del legno e perciò di difficile individuazione. Facendo finta di nulla ti scattai una foto, ignaro di doverla dividere con l'animaletto. Cercando di reprimere una risata ti invitai a non muoverti e ti indicai il punto preciso dove avresti potuto fare un incontro ravvicinato con un camaleonte. Ti voltasti lentamente e la bestiolina con gli occhi sgranati dallo stupore si infilò lesta tra le foglie facendo cadere un cocco che per pochi centimetri non ti colpì. Era stato un incontro emozionante anche per me; riuscire a scorgere animali allo stato brado era una sensazione unica, quasi paragonabile a quella di averti accanto in un paradiso. Quell'esperienza ci spronò a baciarci con trasporto, consapevoli di sentirci davvero felici di stare insieme circondati da una natura incontaminata.
 
Sarei voluta rimanere lì per sempre e sarei stata disposta a rinunciare a qualsiasi bene materiale per  il resto della mia esistenza.
Era quasi l'ora di pranzo e ci affrettammo a raggiungere l'altra parte dell'isola. Fortunatamente non eravamo lontani dal nostro bungalow dove avremmo dovuto lasciare la macchina fotografica e la videocamera prima di recarci a mangiare.
Lungo il tragitto di ritorno trovammo sparsi sulla sabbia numerosi tronchetti di corallo che raccolsi a piene mani. Sapevo che dalle Maldive non si poteva portare via corallo non lavorato ma finché eravamo lì avremmo potuto farci ciò che volevamo, anche dei monili da sfoggiare sull'isola. Fin da quando ero bambina avevo la passione di raccogliere ogni tipo di materiale naturale per forgiarlo a mio piacimento. Nel bungalow avevo una cesta piena di piccoli tesori tra cui due mezze noci di cocco con le quali mi ero riproposta di farne un reggiseno. Nel pomeriggio sarei andata alla ricerca di alcune foglie di palma per farne una gonnellina e poi mi sarei davvero sentita selvaggia fino alle ossa.
Quel giorno il ristorante profumava di pesce appena pescato e piatti colorati ricolmi di sushi erano stati sistemati sopra una lunga tavola. Mi piaceva la novità del self-service ma non avevo mai avuto la benché minima intenzione di assaggiare il pesce crudo; pertanto riempii il vassoio di verdure grigliate e innumerevoli bicchierini ricolmi di dolci al cucchiaio. Tu al contrario amavi il sushi e ben presto il tuo vassoio sembrò quasi chiedere pietà per quanto lo avevi caricato. I dolci si rivelarono deliziosi e per una volta non pensai alla mia paura di ingrassare. Il mio rapporto con il cibo era sempre stato di amore-odio e ci tenevo a mantenere la linea, a costo di patire la fame. Tu invece sembravi non avere alcun problema nel consumare pasti regolari e rimanere snello.
Terminato il pranzo ci dirigemmo verso il bar sulla spiaggia. Il barman ci salutò allegramente, seguito dal vociare di un variopinto pappagallo dai colori sgargianti. Venimmo a sapere che era una delle due mascotte dell'isola, lasciato anni prima al resort da un eclettico miliardario americano che non si era sentito di riportare la bestiolina nella metropoli caotica di New York. La colorazione del pennuto lo faceva sembrare quasi finto.
Il barman sfoderava con piacere le poche parole di italiano che conosceva e ti chiamava sempre con l'appellativo di dottore, ignaro del fatto che lo eri davvero.
In realtà in quell'isola non era presente un presidio medico ma soltanto una piccola infermeria dotata di medicinali che gli ospiti regalavano volentieri prima di partire. Tuttavia tra lo staff presente in loco c'era sempre qualcuno che aveva conoscenze mediche di pronto soccorso. Nel caso di problemi più gravi era previsto l'intervento dell'eliambulanza che avrebbe trasportato all'ospedale di Malè i casi più gravi.
Si stava facendo sentire la stanchezza della gita mattutina e tornammo nuovamente al bungalow per riposarci. Il letto era stato nuovamente cosparso di petali di fiori. Ci guardammo e decidemmo all'unisono di prenderci quel pomeriggio per non fare nulla se non stenderci sulle fresche lenzuola profumate e farci le coccole fino all'ora di cena. Presi per prima possesso del letto occupando volutamente il tuo lato preferito e provocando in te vive proteste. Non contenta ti sfidai a farmi spostare ma nell'avvicinarti a me cambiasti idea; in fin dei conti avremmo potuto rimanere entrambi sullo stesso lato senza lamentarci. Chiusi gli occhi cercando di immaginare di essere in un altro luogo ma non ci riuscivo perché era lì che volevo stare, abbracciata a te per sempre.

Brooke Borgia

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