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Autore: Tina Fancy
Voglio Lui: gli opposti si ri-conoscono
Romanzo
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Voglio Lui: gli opposti si ri-conoscono
Passione, tormento, riscoperta. Passione, tormento, riscoperta. Passione, tormento, riscoperta...
“E un'indiscutibile quantità di insetti!” aggiunse Sheila ad alta voce, mentre raggiungeva a passo svelto Mumbaki.
L'uomo, come sempre, sorrise delle trovate occidentali della sua ospite e, senza rallentare, attese che la donna fosse al suo fianco, poi disse “Sono addolorato all'idea che tu stia per partire, credevo che avremmo avuto più tempo.”
Sheila accolse l'ennesimo enigma dello sciamano scuotendo la testa e, con divertimento misto a rassegnazione, ribatté “Più tempo per cosa?”
“Per il tuo percorso. L'acqua ha appena cominciato a scorrere, ma il suo cammino è lungo e tortuoso... arrivare alla foce non sarà semplice, per te.”
La donna ricordò l'esperienza mistica della notte precedente e un brivido la travolse, riportandola alla condizione di smarrimento e di eccitazione con cui aveva affrontato il rito di Mumbaki...

Entrò in una tenda e lì, alla luce fioca del fuoco, un uomo le fece cenno di bere dalla ciotola posta al centro del piccolo gruppo di persone. Sheila rifletté, non sicura di stare facendo la cosa giusta. Poi decise di buttarsi – quella era la sua filosofia di vita ormai – e bevve un liquido dolciastro dalle note speziate e burrose. Subito dopo ricevette in offerta un infuso e, colta da un'improvvisa secchezza alla gola, lo terminò in un soffio.
Gli effetti non tardarono a mostrarsi: un improvviso calore, leggerezza, immagini indefinite ma estremamente potenti... e la necessità di lasciare il suo corpo per godere di una dimensione ultraterrena, sensuale e tentatrice.
Perché Sheila ricordava perfettamente, nonostante l'annebbiamento, di aver incontrato più spiriti, di aver percepito il loro tocco, come se fossero stati fatti di carne anziché di inconsistenza. Ed era certa di aver fatto l'amore con uno di loro, quello più abbagliante, l'unico che l'aveva attirata a sé e al quale non era stata in grado di sottrarsi...

Mumbaki continuava a sorridere, tanto che la donna si domandò se indossasse una maschera. Gliel'aveva chiesto un giorno, quale fosse il segreto della sua imperturbabilità, e lui aveva risposto che nulla poteva turbare il suo spirito, perché aveva imparato a non lasciarsi toccare dagli eventi esterni.
“Quando qualcosa ci tocca, è perché noi permettiamo che ciò accada. Quando ci arrabbiamo, ad esempio, è perché qualcosa o qualcuno alimenta una rabbia già presente in noi. Noi possiamo decidere se alimentarla o se lasciar scorrere il fiume... se lasciare che esso lavi via ogni male. Ciò che viene fuori è ciò che è già dentro di noi.”
Quelle risposte criptiche affascinavano e disturbavano Sheila, abituata a un mondo meno votato alla spiritualità e più collegato alla materialità della vita.
“Siamo arrivati” disse l'uomo, mostrandole il mezzo che l'avrebbe condotta all'aeroporto. “Ma prima ci sono alcune persone che vogliono salutarti, partirai dopo pranzo.”
La donna, abituata ormai a sottostare all'organizzazione di Mumbaki, non commentò. Volse lo sguardo e notò alcune testoline scure dagli occhi tristi: i bambini del villaggio le corsero incontro e lei non poté fare altro che aprire le braccia per tentare di contenerne più possibile.
Il destino aveva deciso per lei.
Dopo il matrimonio di Paul e Vanessa, le era stato comunicato che la sua avventura sarebbe cominciata in Ecuador, per una campagna di sensibilizzazione dedicata alla foresta amazzonica. L'idea di non allontanarsi dal continente l'aveva, in un certo modo, sollevata. Ci aveva pensato l'incontro con lo sciamano a scuoterla e a obbligarla a cominciare seriamente un percorso di rinascita.
Il lavoro pro-bono con l'agenzia era durato un paio di mesi, il tempo di raccogliere le testimonianze, gestire i contatti coi media e impostare la campagna. Dopodiché, Sheila aveva avuto l'occasione di trascorrere qualche settimana con le persone che davvero abitavano quelle terre quasi incontaminate. Inutile dire che ne stava uscendo arricchita da talmente tanti punti di vista, da essere sbalordita lei per prima del risultato di quella tappa del percorso.
“Pocahontas!” l'apostrofò una delle bambine, scimmiottando Oliver.
Quest'ultimo continuava a fissare Sheila con sguardo malinconico. “Quindi hai deciso, non resti.”
La donna finse di non aver colto e continuò ad abbracciare i bimbi, a uno a uno, finché non furono richiamati per il pranzo.
Poi, rimasta sola con l'uomo, ribatté “Sento che è giusto così, lo dice anche Mumbaki...” Infine sorrise.
“Ah... ti giochi la carta dello sciamano, non vale!”
Oliver sorrise a sua volta e attirò Sheila a sé, incapace di starle lontano. “Mi mancherai. A questo non pensi?”
Quando lei era giunta al villaggio, l'uomo aveva dovuto sforzarsi di recuperare il respiro. La bellezza di Sheila, così simile alle giovani ecuadoregne eppure fatalmente differente nella patina di eleganza che possedeva, l'aveva stregato al pari degli intrugli dello sciamano. Ricordava ancora quel giorno. Sheila era scesa dalla jeep, uno scarponcino dopo l'altro. Poi aveva levato gli occhiali da sole, mostrando due occhi grandi, scuri come la notte e leggermente allungati. Il caldo l'aveva costretta a togliere la giacca color kaki e una canottiera attillata aveva svelato delle curve perfette e invitanti, così come i pantaloncini avevano mostrato, orgogliosi, le gambe toniche.
Se quel vestiario l'aveva resa simile a un'esploratrice, alcuni abiti più tradizionali, indossati da Sheila dopo averli ricevuti in dono dalle donne del villaggio, l'avevano fatta somigliare a Pocahontas. Da lì il soprannome, adottato anche dai bambini, nonostante fossero ignari del collegamento con la storia disneyana.
Ci aveva pensato Sheila a raccontarla, svelando quanto avesse adorato le vicende di Pocahontas e di John Smith e di quanto avesse amato la figura di nonna Salice, simile per saggezza e dolcezza alla sua defunta madre.
“Ci penso, ma sono sicura che te la caverai” rispose lei, restando sul vago e sperando di non offendere l'altro.
Oliver sospirò, frustrato per la risposta e per la durezza presente nei propri pantaloni. “Non mi concedi nemmeno un bacio di addio?”
“Se fosse solo un bacio, te lo darei senza problemi. Tuttavia dubito che sapresti accontentarti delle mie labbra.”
“Vorrei tutto di te” sospirò lui, a un centimetro dalla sua bocca. “E non solo del tuo corpo. Ma la cosa buffa è che sono certo che il resto sia ancora più difficile, per te, da concedere.”
Sheila soppesò quell'affermazione e sorrise, consapevole della verità che celava.
Lei e Oliver si erano attratti fin da subito, gli occhi azzurri e vispi di lui pieni di una luce autentica, che difficilmente aveva scorto nei visi degli uomini che aveva conosciuto. Solo Paul si era avvicinato a quella brillantezza, che si era ravvivata da quando si era ricongiunto con Vanessa. Sheila sospettava che dipendesse dalla volontà del proprietario di quello sguardo di vivere in modo pieno e in linea con i propri desideri.
Oliver, le aveva confessato lui all'inizio della loro conoscenza, aveva lasciato un paesino della periferia londinese per aiutare il prossimo. Era un ottimo interprete e, dopo aver conquistato la fiducia della tribù di Mumbaki, era rimasto per aiutare la comunità a sopravvivere e a integrarsi con il contesto evoluto in modo armonioso. La sua scelta di vita, estrema ma appagante, gli aveva reso difficile trovare qualcuno da amare. Perciò, tranne qualche flirt passeggero, non aveva sperato in qualcosa di più duraturo... fino all'arrivo di lei.
L'attrazione reciproca e immediata tra loro li aveva spinti a conoscersi intimamente. Sheila aveva cambiato molte abitudini, ma non quella di garantirsi del buon sesso, soprattutto se con un bell'uomo come Oliver. Tuttavia, l'incontro con lo sciamano l'aveva convinta a intraprendere un percorso di purificazione che comprendeva anche l'astinenza. Per quel motivo, dopo alcuni incontri focosi, la donna aveva messo un freno alla relazione con l'interprete, sforzandosi di seguire il consiglio di Mumbaki.
Forse era per questo che si era concessa allo spirito, la sera precedente: per soddisfare quel bisogno di carnalità che faticava a tenere a bada.
Dopo quel dialogo difficile, Sheila si diresse verso la zona in cui era stato allestito il pranzo e rimase colpita dalle ghirlande di fiori tropicali che, insieme ai frutti posti in vari punti del tavolo, creavano un'atmosfera di festa. Il concetto di semplicità, ormai lo aveva capito, assumeva dei contorni molto più autentici in quel luogo. A Washington, e in generale nel suo mondo, una celebrazione avrebbe richiesto centinaia di dollari di decorazioni, tra luci e oggetti. Eppure lì, nel cuore della foresta, vedeva il significato della parola festa ampliarsi in un modo mai visto prima: lo vedeva negli sguardi della gente, nei sorrisi degli anziani, nei bronci dei bambini tristi all'idea di perdere un'amica.
“Cara Sheila, è stato un onore averti qui e, lo ammetto, una piacevole scoperta.”
Lei chinò il capo e ringraziò silenziosamente Mumbaki per quel riconoscimento prezioso. Poi si sedette nel posto libero che alcuni bimbi le avevano lasciato e accolse, per l'ultima volta, i sapori di una terra che non avrebbe visto per molto tempo.
Finito il pasto, raggiunse l'alloggio e Siryam, la figlia di Mumbaki, bussò piano sulla porta semiaperta, infine entrò e si sedette sul letto.
“Vuoi convincermi a rimanere anche tu?”
Siryam alzò un sopracciglio, abituata ai modi diretti dell'amica, e con tono divertito rispose “Potrei riuscirci?”
Senza voltarsi, le mani impegnate a riporre le ultime cose nel borsone, Sheila ironizzò “Lo so che mi vuoi fuori dai piedi per avere campo libero con Oliver... sareste proprio una bella coppia, in effetti!”
Una risata si levò alta tra le pareti dell'umile alloggio. “Smettila, lo sai che non è il mio tipo.”
L'altra evitò di confessare di averla beccata più di una volta a lanciare sguardi languidi all'uomo. “Piuttosto, mi hai portato quello che ti ho chiesto?”
“Se mio padre lo scopre...” commentò Siryam preoccupata, mentre frugava nella tasca ed estraeva un sacchettino.
Sheila lo prese in mano e sospirò, poi lo ripose nella tasca interna del borsone e chiuse la cerniera. Sapeva di doverlo usare con cautela, eppure era certa che le sarebbe tornato utile... così le aveva detto lo spirito che le era apparso in sogno, dopo l'esperienza extracorporea vissuta nella tenda. Sospirò ancora, si voltò e si avvicinò a Siryam per un abbraccio.
Quest'ultima, stupita per il gesto, strinse l'amica a sé e sussurrò “Spero, un giorno, di diventare come te.”
A quel punto fu Sheila a ridere. “Non ci pensare nemmeno! Cerca di fare di meglio” ribatté con dolcezza, infine si staccò e sentì il rumore del furgoncino che l'avrebbe portata all'aeroporto più vicino, per una tappa in Europa prima di volare fino a Mumbai.

Tina Fancy

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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