03- Chicago Minotaurs Baasket Series.
Si studiano tre settimane, si amano tre mesi, litigano tre anni, si tollerano trent'anni, e i figli ricominciano. Hippolyte Taine
«Quindi tu sei in grado di comprendere il carattere di una persona solo osservando il suo modo di camminare?» Bertie mi sta osservando con aria scettica, con il sopracciglio destro alzato, pronto a scoppiare a ridere. «Mettimi alla prova, ragazzaccio incredulo!» Sono assolutamente sicura di non sbagliare. Osservo e giudico il mondo da ventidue anni. Valuto, soppeso, traggo le mie conclusioni, così come gli altri fanno con me. E credo che questo locale in cui lavoro part time, il Portillo's hot dogs, sia un punto di osservazione privilegiato. Un laboratorio, oserei dire. Si tratta di un ristorante piuttosto conosciuto qui a Chicago, consigliato anche dalle guide turistiche. Si cucina un po' di tutto, ma le nostre specialità sono l'hot dog e l'Italian beef sandwich. Bertie, che lavora a tempo pieno, ha il compito di grigliare i würstel da inserire nell'hot dog, mentre io servo ai tavoli, apparecchio, sparecchio e pulisco nella zona self-service. Il locale è perennemente affollato, in alcuni momenti addirittura caotico nelle ore centrali della giornata e all'ora di cena, anche se la gente mangia tutto il santo giorno. Se la notte non chiudessimo, mangerebbero anche alle cinque del mattino. «Mettimi alla prova», insisto, rivolta verso Bertie. «Ragazza, capelli corti biondi, a ore tre», indica. «Ha un bel viso. Me la farei». «Sei un diciottenne maniaco sessuale», rispondo ridendo, dandogli un pugnetto sul braccio sinistro. La ragazza indicata è sola, cammina con le spalle curve, non sorride, fa passi piccoli e leggeri. «È una ragazza introversa, forse anche un po' spaventata, reduce da brutte esperienze», gli spiego, mentre mi allontano per sistemare un paio di tavoli. «Non ti consiglio di provarci». Bertie annuisce. «Ok. Desisto». Si guarda intorno, come un radar. «Camicia a quadri gialla e marrone, vicino alla finestra», suggerisce. Vado proprio da quelle parti con dei bicchieri in mano. Studio il soggetto. «Passo fermo e deciso. Uomo sposato che attende amici. Abbastanza sicuro di sé», è la mia sentenza. Non aggiungo che mi ha squadrata da capo a piedi, soffermandosi sulla mia quarta di reggiseno e sicuramente sul mio lato b. «Probabilmente a caccia di avventure», aggiungo. Il locale è un vortice di movimento frenetico, eppure riesco a isolarmi nelle piccole storie che si svolgono tra un morso e l'altro di un hot dog. «Uomo appena entrato», suggerisce Bertie. Vado a sistemare un tavolo nella zona self-service. «Poliziotto alle prese con un caso complicato. Non è in cerca di donne. Direi vedovo o separato da poco», spiego, mentre Olivia mi guarda con le mani sui fianchi. «Ehi, ma chi sei? La mia amica o Sherlock Holmes?» «Sono solo ipotesi, El. Teorie. Nessuna certezza», dichiara Bertie guardandomi, divertito dalla mia sicurezza nell'analizzare gli avventori. Dalla cuffia che indossa per cucinare sfugge un ciuffo biondo. Sta diventando proprio un bel ragazzo. «Ipotesi? Osserva!» Mi avvicino ancheggiando all'uomo in questione. «Mi scusi, detective...», esclamo, in modo che Bertie senta. «Ispettore, signorina. Mi dica». «Sarebbe così gentile da spostarsi? Devo prendere quella», affermo sorridendo, indicando una bottiglia posata alle spalle dell'uomo, riposta su una mensola a circa due metri e trenta di altezza. Ho con me uno sgabello su cui salire. «Ci penso io, se permette» e così dicendo sale sullo sgabello e mi porge quella bottiglia, per cui lo ringrazio, ma che in realtà non mi serve e che porgo con aria trionfante a Bertie, raccontandogli i dettagli. «È solo un caso fortuito. Non ci sono prove. Quella donna con gli occhiali da sole al tavolo sei», mi sfida, indicando una signora elegante seduta da sola con un giornale piegato accanto al piatto. Mi avvicino senza esitare, osservando il modo in cui incrocia le gambe con eleganza e tiene la forchetta come se fosse una penna durante una riunione d'affari. «Divorziata da poco. Probabilmente manager o dirigente d'azienda. Cerca di ritrovare se stessa. Ha un debole per i romanzi rosa, ma non lo ammetterebbe mai», sentenzio. Bertie ride, riconoscendo la precisione delle mie parole. Non confesso di aver adocchiato un romanzo che fuorusciva dalla borsa della signora... «Le tue sono solo illazioni! Non hai le prove!» Nel frattempo, un gruppo di ragazze e ragazzi entra ridendo e scherzando, e il mio sguardo si posa su un ragazzo con una maglietta da football, sicuramente un giocatore. Il suo passo è deciso, la testa alta, gli occhi fissi avanti. «Ecco a te un esemplare di maschio alfa spaccone», dico a Bertie, indicando il ragazzo. «Oh, mi piace questa sfida!» esclama, grigliando più würstel del solito. Il ragazzo avanza con una sicurezza che attrae l'attenzione. Ha un sorriso che potrebbe far innamorare chiunque, ma la sua espressione trasmette anche una certa dose di arroganza. «Giocatore di basket o pallavolo, forse capitano della squadra del liceo. Una schiappa nello studio. Popolare, sicuramente. Gli piace essere al centro dell'attenzione», affermo, osservandolo avvicinarsi al bancone per ordinare. Bertie alza le sopracciglia, incuriosito. «Scommettiamo due hot dog che riesco a fargli abbassare la guardia e a farlo sorridere?» «Ci sto. Però niente hot dog. Meglio due pizze. Gli hot dog ormai mi danno la nausea», rispondo. «E un bacio con la lingua», rilancia, ridendo. Olivia, la mia collega e coinquilina, ci guarda malissimo. «Sempre a scherzare, voi due. Senza di me, i clienti starebbero freschi!» «Niente lingua, solo un bacio a stampo», ribatto alla sfida con un sorriso complice. «Per me sei praticamente un lattante. Io apprezzo gli uomini dai trentacinque in su». «I vecchi! Su, Elettra, osserva come si fa...» Bertie ha il dono di avvicinarsi alle persone con la sua simpatia contagiosa. Intanto, il maschio alfa spaccone si avvicina al bancone. Mi avvista a distanza, mi studia. Gli piaccio. Io lo ignoro. È il momento di mettere alla prova le mie capacità di lettura. «Che cosa prendi di solito? Noi siamo celebri per i nostri hot dog e per la nostra simpatia» chiede Bertie, sorridendo al ragazzo. Il giovane giocatore sorride a sua volta, abbassando appena la guardia. Il maschio alfa si è totalmente scordato di me e ha ceduto il posto a un ragazzo sorridente. «L'hot dog gigante e una bibita grande». Bertie ride, sicuro di sé. «Hai appena perso due pizze, amica mia!» Mentre il ragazzo si allontana col suo ordine, scuoto la testa, sorridendo. La lettura delle persone è un gioco intrigante, e qui al Portillo's, ogni cliente è un capitolo nuovo da scoprire. «Benvenuti al Portillo's, dove paghi un hot dog e ti ritrovi con una strizzacervelli dilettante!» Ma io non sono una strizzacervelli. Sono solo una ragazza di Milwaukee, Wisconsin, in città per studiare letteratura inglese all'università Notre Dame. Capitolo 2
I cavalli vincenti si vedono alla fine” Sinisa Mihajlović
Se le partite di basket durassero 30 minuti, la mia squadra, la Chicago Minotaurs Basket, sarebbe ai primi posti del campionato. E, invece, la maledizione dell'ultimo quarto stavolta ha colpito ancora la nostra compagine in maglia blu, capitanata dal coach Damien Anderson. E lo ha fatto in maniera fragorosa, con una sorte di suicidio sportivo davvero incredibile da spiegare e raccontare a chi non ne è stato testimone. Per fortuna, il campionato non è ancora iniziato. Non riesco proprio a capire come possa essere successo. Abbiamo dominato per tre quarti di gara. E poi? Nel basket è necessario il massimo equilibrio psicofisico: la forza massima e la forza in alzata determinano le differenze tra le due squadre che si affrontano. La forza va dosata, perché altrimenti si rischiano urti dolorosissimi con gli avversari. Il coach insiste costantemente sulla “frenata”. Purché la partita non sia basata solo su questo, però... Mentre il pubblico ci acclamava sugli spalti, e ci sentivamo sicuri della vittoria, qualcosa è cambiato. Stavamo conducendo senza patema alcuno, prima di smettere improvvisamente di giocare. A volte capita, e senza alcuna spiegazione apparente. E abbiamo perso. James è furioso. Incontenibile. È furioso con Arthur. Gli si avvicina minaccioso, mettendolo spalle al muro nello spogliatoio. «Si può sapere a che cosa pensavi? Tu devi difendere la nostra squadra, non giocare contro di noi! Hai rovinato tutti i passaggi di Albert! E tu, Luther?» Mi intrometto. Quando James è fuori di sé, fa paura. Ma io ho sangue norreno nelle vene, e sono alto due metri e due centimetri. Non che i miei compagni di squadra siano bassi. Insieme, sembriamo una foresta di sequoie. «Abbiamo perso tutti. Non è colpa sua. Non eravamo abbastanza concentrati». Avverto un'anomala animosità nell'aria. La squadra litiga, riserve incluse: sono costretto a sedare gli animi. Una leggera pressione sulla spalla di James da parte mia è sufficiente per calmarlo. I miei occhi intensi scrutano la scena. Nessuna parola, solo la mia presenza che emana un'autorità silenziosa. «Albert, hai visto cosa ha combinato Arthur?» sussurra James, cercando un alleato. Alzo una mano, segnalando di abbassare i toni. «Calma, James. Le partite si vincono e si perdono insieme. Non possiamo incolpare uno solo. Dobbiamo imparare da questo e tornare più forti». James sbuffa, ma piano piano si calma. Sono il veterano rispettato da tutti. Anche il team dei fisioterapisti, che si è unito a noi, sente la mia forza rassicurante. Arthur, visibilmente nervoso, si scusa ripetutamente. Ma la rabbia di James non si placa e si allarga alla panchina. E non solo per una questione sportiva. Ad alimentare la rabbia è Kevin Hellis. Il fatto che sua sorella, Kinsley, vada a letto con Arthur non gli va giù. «Sono un idiota, ragazzi. Vi prometto che non succederà più».
Priscilla Potter
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