È notte nell'agglomerato. Questa in particolare, sembra la più nera degli ultimi anni. Nei vicoli smunti e lugubri del ghetto rimbombano le note di una malinconica melodia. Poche note, mascherate dall'incessante gocciolare delle grondaie arrugginite. I fumi provenienti dai tombini avvampano le strette viuzze, inondandole di un odore tanto acre da bruciare anche l'anima. Ecco. L'amara cantilena è appena terminata. Un attimo di silenzio poi una voce femminile irruppe nell'aere: «La voce amica della buia notte, qui Radio Valhalla e questa voce è della vostra Valchiria Eriana!!....ci giungono notizie di disordini nel ghetto....l'istituto di salute continua i controlli a tappeto. 5 morti durante una rissa....dicono che i vigilanti abbiano aperto il fuoco su dei bambini...» una lunga pausa. Pochi secondi, che sembrarono ore. Un sussulto sul microfono, 'Sarebbe troppo per chiunque'. «Piove, piove ininterrottamente da 3 giorni oramai. Gli esperti dicono che per via di una forte concentrazione di sostanze tossiche nell'area sopra l'agglomerato, il fenomeno piovoso continuerà ancora per qualche altro giorno. Si consiglia di evitare lunghe esposizioni. Per ora è tutto, la vostra Valchiria tornerà all'alba! Buonanotte e ....buona fortuna lì fuori! » .
«Drin! Drin!» il telefono iniziò a squillare rumorosamente. Mi svegliai di soprassalto. Le 2 del mattino. 'Iniziamo male' pensai.«Pronto» risposi svogliato.«Salve, avrei urgenza di parlare col signor Sirio» la voce di una donna di mezza età, decisa e dai toni squillanti.«Sono io signora... ma l'orario di apertura dell'ufficio è dalle 8 alle...» non riuscii a finire la frase che venni interrotto «Lo so, e mi perdoni se l'ho disturbata a quest'ora del mattino. Ma ogni minuto potrebbe essere prezioso» un forte senso d'agitazione traspariva dalla voce, che si era fatta tremante. «Mi dica tutto signora...?» . «Ah! Giusto, mi scusi. Sono la Signora Carolyn Stephan, moglie del notaio Icarus Stephan» balzai giù dal letto. «La chiamo perché mio marito... è stato assassinato!» un brivido freddo mi scosse definitivamente dal mio torpore.«Signora, ha chiamato i vigilanti?» chiesi con tono quasi sarcastico. Sapevo già la risposta.«Beh, come potrà immaginare, preferirei non mettere in mezzo le autorità... preferirei fare le cose in modo più "discreto"» . 'Discreto'. Solitamente quella parola era portatrice di guai. «Capisco. Verrò immediatamente.» 'È iniziata veramente male' pensai mentre, ancora disteso sul letto, allungai una mano al pacchetto di sigarette sul comodino. Dalle tapparelle ingiallite della camera si intravedeva una flebile luce intermittente. Dalla strada il perpetuo vociare della notte, con le sue mille anime. Mille storie silenziose ogni notte si susseguivano nei vicoli, nelle polverose e strette vie ammassate dell'insano borgo. Una profonda boccata alla sigaretta. E poi un'altra. Ci misi un po' prima di trovare il coraggio di alzarmi. «Muovi il culo pivello!» il mantra di ogni risveglio ereditato dai tempi della leva nei vigilanti. Mi mossi lento verso il bagno. 'Sono uno straccio' pensai mentre passavo la mano sulla barba incolta. I lunghi capelli castani contornati da sporadiche ciocche lucenti come l'argento, legati alla bene e meglio da un laccio di stoffa nera. Sorrisi al ricordare cosa mi disse mia madre all'ultima riunione di famiglia:"Sirio figliolo!Hai 34 anni, e abiti in un bilocale nel ghetto ....con un cane....e...il tuo lavoro poi...andarti a immischiare con i criminali...rabbrividisco...quand'è che metterai la testa a posto? Come tuo fratello Orlando o tua sorella Penelope?". "E lavorare come contabile nell'azienda di famiglia, sposarmi, avere dei figli e morire di vecchiaia in un letto nell'ospedale cittadino? Preferisco entrare nel ghetto a fucile spianato!" Risposi all'epoca facendo impallidire la vecchia.
'Equipaggiamento dell'investigatore dei bassifondi: sigarette, un taccuino, una macchina fotografica datata quanto la città stessa, un lungo cappotto color verde petrolio macchiato, strappato e rattoppato in modo fantasioso, occhiali di vetro grezzo per nascondere le occhiaie e la mia magnum, la cara "contessa".
Apro la porta della camera ed ecco che vengo assalito. È Baron, un rarissimo esemplare di lupo siberiano addomesticato, intelligente, sveglio ma testardo. L'unica compagnia in quel lugubre angolo di mondo. «ehi ehi! Ascolta, devo lavorare... tu fa la guardia da bravo!» dissi accarezzandogli il muso. Si mise subito accanto alla porta. Non voleva sentir ragioni.«Lo sai che non puoi venire con me! Non mi freghi questa volta!» . Abbassò le orecchie. Mi si sciolse il cuore come al solito.«Va bene forza!» . Salimmo in macchina, e partimmo anche se a fatica, tra qualche scoppiettio e lo stridere del metallo arrugginito.
Ho sempre amato guidare di notte. La fioca luce dei lampioni, i vapori dei tombini...la leggera nebbia che solerte e placida, si posava sulle fredde vite dei nottambuli. Un lampo. Il cielo nuvolo e tenebroso. Oscurità alimentata dalle alte ciminiere della città, che spadroneggiano sull'orizzonte da ovunque si guardi. Riecheggia il rumore delle porte della chiusa cittadina. Uscendo dai bassi fondi, l'ambientazione piano piano cambia. Il limbo. Chiamato così perché mondo "di mezzo". Da una parte, la desolazione, la povertà. Dall'altra l'accesso alla diga, che precede i piani più ricchi. Un grande anello intermedio, dove l'eroe si mischia alla feccia, lì dove la mafia incontra il duro lavoro degli onesti. Moltitudini di insegne luminose popolano le vie ancora intrise di vita e di gente. I locali sono lungi dall'abbassare le saracinesche. "Da Betty la battona"..'Allungano il Grog' pensai leggendo l'insegna."Cyber"..'i famosi Cyber cocktail....allucinogeni e realtà virtuale per sballarti fino all'alba...forse finito di lavorare ci faccio un salto'. Sfrecciando nelle strade del limbo, ritornai col pensiero al lavoro a cui stavo andando incontro.
Lavora, Prega e Muori
Il notaio Icarus Stephan era famoso archivista, amato e benvoluto da tutti per la sua benevolenza verso i più poveri. Grazie a lui infatti, in molti hanno trovato fortuna. Una chiacchiera qui, una chiacchiera lì, e in breve tempo il vecchio Icarus ti faceva fare fortuna!...Ed in cambio??..Beh prima o poi il vecchio avrebbe trovato il metodo per riscuotere. Un furbacchione di una cinquantina d'anni, un bel pancione tondo. Sempre ben curato e profumato. Portava spesso un panciotto rosicchiato dal tempo, di un color verde pisello. Affabile ma risoluto negli affari. Insomma...chi mai lo avrebbe voluto morto? Il suo ufficio non era lontano.
Le gallerie commerciali incastonate dentro la chiusa erano probabilmente il punto di ritrovo preferito dai criminali della città. Un labirintico intrigo di claustrofobici corridoi di pietra grezza. E ad ogni angolo si intravedevano locali e localetti, di ogni forma, colore e genere. «Baron, stammi vicino ed occhi aperti là dentro!» dissi accarezzandogli il muso. Un ringhio per dire 'conta su di me'. Mi diressi subito verso l'ufficio del notaio, nel cuore del labirinto. Nonostante fossero a malapena le 2 e mezzo, le gallerie erano ancora piene di gente, feccia che tentava di raggirare i poveri passanti. Uomini dal fare losco mi scrutavano dagli anfratti più bui.
«Sirio!Ehi!Amico mio!» . Una voce conosciuta. Mi girai, e tra la marmaglia riconobbi un vecchio amico. Era Zigg "mano pesante", uno zingaro del sud chiamato così per il suo feticismo smisurato per la polvere da sparo; un trafficante d'armi, nonché ex commilitone in giovane età.
«Ehi Zigg!Vecchio mio!Ancora respiri?» chiesi schietto«Sei fortunato che io non abbia ancora stirato le zampe, bestia!» disse aprendo le braccia. Poi mettendo una mano nella tasca, tirò fuori una piccola scatolina. Porgendomela sussurrò «Proiettili di mia invenzione!Tutto quello che devi sapere....» si avvicinò, parlandomi all'orecchio «con ogni probabilità l'effetto sarà alquanto sgradevole alla vista..quindi occhio a non stargli troppo vicino...provali!Te li regalo!» .'Capito, un proiettile di questi è in grado di far esplodere la testa di un rinoceronte corazzato a 30 metri....' pensai soddisfatto. Proprio quello che mi ci voleva per tirarmi su di morale. Salutai con un cenno, e mi allontanai.
cusano simone
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