Aeroporto di Punta Raisi – Palermo - Sicilia.
L'aereo si ferma sulla pista e finalmente posso riaccendere lo smartphone. I ricordi del passato mi tornano prepotentemente alla mente, specialmente quelli che hanno lasciato un segno indelebile nella mia complicata sessualità. Immediatamente avverto il suono delle notifiche, che sembra un'interminabile cantilena senza fine. Le scorro rapidamente in cerca di quella che sto aspettando sin dalla partenza e, quando finalmente la trovo, avverto un brivido di inquietudine. Questo è il momento della verità e non sopporterei di essere delusa. Il messaggio mi indirizza esattamente al luogo dell'appuntamento. Vedo la Lexus in attesa e subito appare Rosa che mi viene incontro, mentre Antonio resta ad attenderci col motore acceso, sotto lo sguardo vigile della Polizia locale. Giusto il tempo di caricare i bagagli e finalmente mi posso godere la loro presenza senza uno schermo che ci separa. Li ho conosciuti su Facebook tre mesi fa, sono degli ingordi lettori dei miei romanzi e non ne hanno mai perso uno. Abbiamo chiacchierato molto in queste ultime settimane, prima su Messenger e poi al telefono. Pian piano si è creata una stuzzicante amicizia, fino ad arrivare alla decisione di incontrarci durante questa mia visita nel paese di mia madre. Intanto i parenti aspettano il mio arrivo in giornata. L'occasione è quella triste di un funerale che si svolgerà domani e, per rispetto di mia madre, non potevo mancare. Ora però la compagnia è sicuramente migliore. In Sicilia, le donne sono di due tipi: quelle che sembrano uscite da un film del secolo scorso e le altre che sono femmine di un altro pianeta. Rosa appartiene a questa seconda categoria, e sprizza sessualità da ogni poro. Antonio invece è il classico uomo del sud, camicia aperta e collanina d'oro, barba corta, curatissima, e un buon profumo di maschio. Durante il viaggio parliamo di tutto, senza mai arrivare a ciò che ci interessa davvero. Le aspettative sono alte ed è chiaro che l'interesse è reciproco. Intuisco subito che servirà un lento avvicinamento alla meta, così da far coincidere tutti i tasselli del puzzle. Il mio impegno di domani arriva giusto in tempo per lasciare acquietare le acque e scongiurare il rischio che la fretta possa rovinare ogni cosa. La prima tappa è il Foro Italico, quattro passi dedicati a noi donne per sculettare in compagnia. Rosa gioca a fare la timida ed è sicuramente lei lo scoglio da superare. C'è una grande differenza tra il giocare con le nostre fantasie e confrontarci con la cruda realtà. Ciò che ci siamo detti in tutto questo tempo, adesso non conta. Bisogna estrapolare dalle intenzioni la volontà di andare oltre. Probabilmente, se fosse per Antonio, sarei già nuda tra le sue gambe, ma le dinamiche di una coppia sono imprevedibili e spesso i propositi piccanti si scontrano con un perentorio e inevitabile rifiuto. I patti erano chiari sin da subito: ci incontriamo e decidiamo se davvero può nascere l'intrigo. Per lui è più semplice, perché ha tutto da guadagnare, mentre Rosa vuole il controllo totale della situazione. Quando meno me lo aspetto, è lei a prendere la parola e mi sorprende per la sua determinazione: «É la prima volta che fantastichiamo su un incontro di questo tipo e, come puoi immaginare, non abbiamo alcuna esperienza. Sia ben chiaro, non lo escludo a priori, però non voglio che accada qualcosa di cui non sono pienamente convinta.» «Come siete arrivati a questo punto?» la interrogo, cercando di interpretare il suo ragionamento. «Un video...» interviene Antonio «alla fine abbiamo avuto le stesse sensazioni.» «Gli ho soltanto detto che mi era piaciuto,» lo interrompe Rosa «ma ha continuato a torturarmi per tutto questo tempo fino a sfinirmi. Quando è finalmente riuscito a superare le mie perplessità, abbiamo trovato i tuoi libri e poi tu. I messaggi in chat hanno aperto molti spiragli, ma adesso che siamo qui, non è così semplice.» «Cosa ti spaventa?» «Tutto.» scoppia a ridere «Sia l'idea di sfiorare un'altra donna e soprattutto di permettere a mio marito di fare la stessa cosa.» «Più la prima o la seconda?» «Dovrei essere ubriaca per venire a letto con te,» sorride «e completamente priva di sensi per accettare il resto.» Antonio torna subito alla carica: «Le tue esperienze in merito come sono andate?» «Erano situazioni completamente differenti.» gli spiego «Le coppie che ho incontrato erano consapevoli di cosa volessero, perché già convinte per aver precedentemente vissuto almeno un'esperienza simile. In pratica erano loro a cercare di convincere me e non il contrario.» Sembra deluso delle mie parole e guarda la moglie affinché aggiunga qualcosa. É il classico esempio in cui si vuole lasciare la responsabilità all'altro, in modo da fingersi disinteressato. Rosa scuote il capo: «Con le parole era tutto più semplice.» ammette. «Serve tempo,» provo a spiegarle «e sicuramente anche un chiarimento tra di voi dopo questo iniziale incontro. Prima rappresentavo una specie di lontana fantasia, invece adesso stiamo facendo i conti con la possibilità di trasformarla in realtà.» Quando mi accompagnano al paese e ci salutiamo, ho la sensazione che nel ritorno in auto finiranno per discutere animatamente. In questa fase non voglio intromettermi nel loro rapporto e sinceramente tutto il mio entusiasmo si è spento.
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Intanto la sera sta già calando l'ombra scura del campanile sul mare. Ad aspettarmi in paese c'è solo Anna, che qui tutti chiamano Annita. É la moglie di Binnu (Bernardo), che è imbarcato su una nave mercantile. É proprio la sua assenza che ha fatto decidere i parenti sulla mia collocazione in casa sua. Ha un figlio di quindici anni che si chiama Jaco (Giacomo), che sembra stampato in fotocopia al padre. Baci, abbracci e una serie infinita di complimenti, finché Anna non mi accompagna a casa, dove mi affida la cameretta del ragazzo. «Lui in questi giorni dorme con me,» mi rassicura «così tu puoi startene tranquilla.» Sono scocciata, come direbbero qui. Annoiata ancora prima di abituarmi a questa realtà così diversa da quella in cui vivo. Probabilmente, quando sono venuta in Sicilia le prime volte, non ero in grado di riconoscere le differenze. Adesso invece mi sento imprigionata in una realtà che non mi appartiene.
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La mattina seguente, Jaco mi viene a svegliare come se fosse arrivato il terremoto. Mi strappa le coperte e si diverte a guardarmi nuda. Anna interviene di corsa, lo trascina fuori dalla camera per i capelli, poi torna a rassicurarmi che non accadrà mai più e mi informa che la colazione è in tavola. Quando restiamo sole, mi prega di mantenere un atteggiamento meno libertino, perché il ragazzo è nell'età in cui gli ormoni cominciano a fare faville e vuole evitare che si prenda libertà che non gli competono. Conclude la sua ramanzina con un laconico: «Nemmeno le mutande porti!» Il funerale è questa mattina e già si preoccupa di come andrò vestita. Fa di tutto per indagare sulle mie intenzioni e mi fa addirittura trovare in camera l'abito che ha usato lei al funerale di una parente dieci anni prima. «Ti dovrebbe andare.» mi spiega con dovizia di dettagli «Quando l'ho indossato ero più piccina, anche se avevo più seno di te.» Non che adesso ne abbia meno, ma se lo stringe dentro un reggiseno a balconcino che non si usa più da almeno dieci anni. Non essendomi portata un vestito che lei possa considerare adatto, accetto la sua proposta e mi preparo a provarlo. Anna caccia letteralmente di casa il ragazzo e mi rinchiude con lei in camera. Vuole vedermi nuda, è ovvio, ed è anche curiosa di controllarmi per bene, per poi raccontare alle amiche che non ho chissà quali qualità per conquistare gli uomini. Non me lo dice, ma è convinta che io sia un po' puttana. Non nel senso completo del termine, ma comunque mi reputa una donna “che fotte con chi gli pare”. Mi guarda come se dovesse scansionarmi ogni millimetro del corpo. Si sofferma su ogni minimo particolare, ma senza trovare il coraggio di criticarmi apertamente. Solo quando mi sto per infilare il vestito, riesce a imbastire un dialogo. «Tu non ne porti mai di mutande?» mi chiede con aria sospettosa «E neanche di peli?» «Non mi piace che si veda il segno sotto al vestito.»
Izabel Nevsky
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