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Autore: Izabel Nevsky
Madame, il vizio della vanità
Erotico
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Madame, il vizio della vanità
"Con questo nuovo romanzo voglio provare a uscire dal mio personaggio e indossare i panni di un'amica, cercando di trasferire le sue confidenze in una storia che la vede protagonista in prima persona.
Il testo è stato redatto con i racconti della protagonista, ma rappresenta soltanto una storia romanzata che non può essere ricondotta alla realtà. Gli altri personaggi della trama sono totalmente immaginari."

Clarissa.

Ho cinquant'anni e la voglia di sentirmi viva. Da qualche mese ho trovato il modo di appagare la mia vanità e non riesco più a farne a meno.
Ho cominciato a fotografarmi davanti allo specchio e ho trovato il coraggio di pubblicare questi scatti fotografici sul mio profilo Facebook. Ero convinta che sarebbero passati inosservati e invece si è scatenato un interesse spropositato nei miei confronti, fatto di messaggi privati molto diretti e decisamente inaspettati.
E tutto questo mi è subito piaciuto.
All'inizio ero infastidita da certe esagerate manifestazioni di apprezzamento, ma col passare del tempo ho imparato ad accettarle, trasformandole in una provocazione che ho lasciato crescere per riempire un vuoto che doveva essere colmato.
Mi sono resa conto di quale potere avesse la mia vanità quando mi sono accorta che il piacere si è trasformato pian pian in un'eccitazione latente, che mi accompagnava sin dal primo istante in cui immaginavo e preparavo una nuova posa.
Mi sentivo sicura, protetta dalla distanza incolmabile che separa il virtuale dal reale e non mi sono mai posta il problema che questa barriera potesse crollare; finché accadde l'irreparabile.
Lui apparve all'improvviso, accarezzandomi con parole diverse dagli altri. Si è sempre limitato a commenti moderati, pacati, ma allo stesso tempo insidiosi e taglienti, fino a incrinare la mia solida corazza.
Fino ad allora non avevo mai pensato di uscire dal mio bozzolo per oltrepassare il confine invisibile che mi separava dal mondo esterno, eppure lui riuscì a scardinare tutte le mie convinzioni, comprese quelle da cui non mi ero mai separata.
È da quel preciso momento che voglio raccontare la mia storia... e non sarà facile.

Mi disse di chiamarsi Dave, ma ero sicura che non fosse il suo vero nome. La prima volta che sentii la sua voce al telefono, un fremito mi scosse dentro, lasciandomi in quell'equilibrio incerto in cui ogni donna percepisce la paura del vuoto e la voglia assurda di caderci dentro.
Gli avevo dato il mio numero perché la ritenevo una scelta più intima rispetto al caos impersonale di Messenger, dove i messaggi si accalcano e si sovrappongono senza darmi il tempo di strutturare una discussione con un senso logico.
E lui, inaspettatamente, aveva stravolto le regole basate sulle parole scritte, per trascinarmi dentro le mie paure.
«Sei silenziosa?» furono le sue prime parole, dopo un «Buongiorno!» che mi aveva colta all'improvviso. Ero appoggiata al piano della cucina con un mestolo in mano e così rimasi per tutto il tempo della telefonata.
Nemmeno trovai il coraggio di fargli presente il nostro accordo, che prevedeva di non chiamarci mai se non quando saremmo stati pronti a uscire dalla bolla dei social, un mondo effimero che tutto racchiude in un universo ovattato.
Fu lui a ricordarmi che: «C'è un momento in cui anche i fantasmi hanno l'impellente bisogno di farsi sentire.»
«Poteva esserci mio marito.» replicai.
«Avrei finto di avere sbagliato numero.»
«Sei andato oltre i nostri patti.»
«Il virtuale è la morte delle emozione.»
«Se volevi farmi morire, ci sei quasi riuscito. Perché questa chiamata?»
«Perché sono stanco di chiederti fotografie che non rispecchiano mai le mie aspettative. Conosco la tua casa come se ci fossi entrato mille volte, il salotto, la cucina, il bagno e persino il terrazzo da cui mi mostri i tetti della città e le tue trasparenze in controluce.»
«Ho sempre cercato di accontentarti. Non puoi pretendere miracoli dalle lenti di plastica del mio telefono.»
«Motivo per cui ho deciso di essere io a fotografarti.»
«Come? Ti ricordo i nostri patti, io sono una donna sposata.»
«Non voglio sconvolgere la tua vita, la tua famiglia, tuo marito e i tuoi figli, se ne hai.» fece un lungo sospiro «Vorrei semplicemente nutrirmi delle immagini di te che mi mancano.»
«Non vedo come potresti farlo senza dovermi incontrare.»
«Non ti incontrerò se non sarai tu a chiedermelo.»
«Non lo farò, lo sai, la mia vanità è tenuta al guinzaglio dalla realtà pratica della vita.»
«Se accetti la sfida, ti dimostrerò che posso fotografarti senza che tu lo sappia.»
«Dave, quello che c'è stato tra noi sono soltanto un mucchio di frasi in chat. Non posso negare che tu sia riuscito a farmi scrivere concetti di cui un minuto dopo mi ero già pentita, ma quello che mi stai proponendo adesso mi spaventa.»
«Non mi vedrai e non mi incontrerai!»
«Vuoi scattarmi foto di nascosto mentre cammino per strada? Non ci vedo nulla di erotico in tutto questo.»
«No...» prese tempo prima di presentarmi la sua provocazione «Voglio fotografarti a distanza, mentre al telefono ti dico cosa fare.»
«Se sai volare, allora potrei prendere il sole nuda sul mio terrazzo.» provai a scherzare.
«Ti aspetto al Castello Sforzesco, domani pomeriggio alle quattro.»
La sua proposta sembrava così assurda, eppure si insinuò nella mia testa come un tarlo che non aveva nessuna intenzione di arrendersi: «Per favore, non giocare con me. Dimmi semplicemente cosa hai in mente.» lo affrontai.
«Sarò nascosto da qualche parte sulle mura. Ho un potente teleobiettivo con cui posso riprenderti da una distanza considerevole. Dovrai solo metterti un paio di cuffie e obbedire ai miei desideri.»
«Ci sarà gente...» obiettai.
«Ci sono angoli dove la gente non arriva. Ci sono stato questa mattina e ho individuato una dozzina di luoghi che ben si adattano allo scopo.»
«Sei a Milano?»
«Ci sono stato tanti anni fa, avevo voglia di rivederla. Ci sarai domani al castello?»
«Mi stai chiedendo qualcosa che non avevo mai considerato.»
«Se decidi di accettare la sfida, fammelo sapere per tempo e ti suggerirò quale vestito indossare.»
«Siamo già a questo punto?» lo dissi in modo ironico.
«Ho una collezione di tutte le foto che hai postato sul tuo profilo FB da cinque mesi a questa parte. Credo di conoscere una buona parte del tuo guardaroba, probabilmente quella più interessante.»
«Non ho intenzione di farmi suggerire come devo vestirmi.»
«La decisione è tutta tua.» suonò come un ultimatum «Se non riceverò un tuo messaggio domattina, prenderò il treno delle undici e quindici e tornerò a casa.»
Mi lasciò così, col mestolo in mano e senza il coraggio di rispondergli. Dave sapeva bene come rigirarmi dentro le sue visioni. Le chiamava così, perché “richieste esplicite” suonava troppo scontato.
Nonostante tutto non mi ero mai lasciata coinvolgere completamente dalle sue provocazioni e si era dovuto accontentare di quelle trasparenze che non avevo mai avuto il coraggio di postare su Facebook. Tutti avevano la fissazione per i miei capezzoli, o meglio, per il segno che lasciavano intravedere sotto la t-shirt o la camicia, mentre la sua attenzione era focalizzata decisamente più in basso, dove il mio pudore si nascondeva sotto il cotone degli slip. E quando gli altri si accontentavano di qualche ombra sospetta, lui non cadeva mai nel tranello e si limitava a un “mi piace” senza commenti.
Ero sicura che non avrei mai accettato la sfida, che non sarei mai caduta nel suo perfido gioco e mi aspettavo di risentirlo al più presto su Messenger o su Whatsapp per sentirmi dire che si trattava soltanto di uno scherzo. Invece sparì davvero come quel fantasma che aveva evocato nelle sue prime parole al telefono.
Quella notte la passai insonne, inseguita dai sensi di colpa e dall'avventatezza con cui avevo permesso a uno sconosciuto di entrare così prepotentemente nella mia vita.

La mattina seguente ero decisa a bloccare il suo numero, lasciandogli come unico punto di contatto quello di tutti gli altri. In pratica lo stavo riducendo al pari di quegli utenti anonimi che mi inviavano le fantasie sessuali sulla base dei miei scatti provocatori.
Ma non riuscii a farlo.
L'orologio della cucina richiamava continuamente la mia attenzione senza che le lancette seguissero il corso del tempo, almeno finché l'ultimo giro dei minuti mi riportò all'ora di partenza del suo treno.
Fu in quel momento che decisi di richiamarlo e le prime parole che riuscii a pronunciare furono di una banalità disarmante: «Non partire. Ti rimborserò il biglietto!»
Dave non sembrò sorpreso di sentire la mia voce.
«Non ho mai acquistato il biglietto di ritorno.» rispose con voce calma «Ero sicuro che non mi avresti lasciato andare.»
«Ho bisogno di più tempo per decidere.»
«Mettiti quel completo scuro, la giacca nera e la gonna corta.» esclamò «È il migliore abbinamento che hai usato in questi mesi per pavoneggiarti su Facebook, quello che ha avuto più visualizzazioni e presumo il maggior numero di commenti.»
«Ti ho detto che devo ancora pensarci.»
«Non voglio niente sotto la giacca.»
«Dave... per favore, ti prego.»
«Alle quattro in punto davanti alla fontana.»

Izabel Nevsky

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