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Autore: Brooke Borgia
Brooke nel regno dei draghi
Fantasy
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Brooke nel regno dei draghi
Capitolo XIV.

Si svegliò affamata verso l'ora di pranzo, ma non se la sentiva di recarsi in sala di partenza per mangiare, anche perché non sapeva ancora cosa avrebbe dovuto affrontare con i suoi amici e non voleva rischiare di sbagliare. Quindi chiamò il Birnibas maggiordomo, sempre pronto a soddisfare ogni sua richiesta, chiedendogli di portarle qualcosa da mettere sotto i denti, specificando che fosse un pasto solido i cui ingredienti potessero essere facilmente riconoscibili. Il Birnibas fece un ampio inchino e sparì dietro un muro, per poi riapparire un attimo dopo con una fragrante coscia di Nassil. Brooke la addentò con entusiasmo, assaporando un misto di pollo e pesce. Avrebbe voluto anche una fetta di pane cotto a legna che non mancava mai sulla tavola di casa sua, ma forse era davvero chiedere troppo.
Al termine del pranzo decise di fare un controllo nel registro delle battute di caccia per sapere in anteprima a cosa avrebbe dovuto andare incontro. L'area dove si sarebbe svolta l'avventura sarebbe stata quella dei ghiacciai perenni, il cui ospite indiscusso era il terribile Sleeptonor. Si trattava di una specie di dinosauro dall'aspetto feroce, anche se non molto forte, in grado tuttavia di far cadere in coma con una sola unghiata il malcapitato che l'avesse ricevuta.
Le bastò vedere l'immagine della bestia raffigurata sul registro per convincersi di starne alla larga. La sua più grande preoccupazione era di non aver testato ancora l'antidoto per il coma, che poteva ucciderla invece di salvarla. Era assolutamente necessaria una corazza che la difendesse dalle unghiate di quella bestia. Osservando attentamente l'immagine, cercò di imprimersi bene le sue caratteristiche, nel tentativo di trovare un suo punto debole. Questo animale aveva la pelle di un colore verdastro priva di peli, lucida e liscia; le sue zampe erano snelle e molto muscolose – probabilmente adatte ai salti – mentre i denti, che secernevano una sostanza in grado di paralizzare l'avversario, sembravano il suo punto di forza.
Brooke stava rimuginando a voce alta, quando Megan intervenne nel suo soliloquio affermando che i denti dello Sleeptonor erano anche il suo tallone di Achille, in quanto se spezzati perdevano tutta la loro efficacia. Lo stesso valeva per le unghie che, una volta reso inoffensivo l'apparato dentario, perdevano la capacità di far cadere in coma le sue vittime. Brooke la guardò senza capire, chiedendosi com'era possibile che la salute dei denti fosse legata a quella delle unghie. Megan sorrise per l'incredulità di quella ragazza; spesso si dimenticava che non tutti erano in grado di capire la fauna del Regno dei draghi quanto lei. Con tutta la comprensione possibile, le spiegò quindi che denti e unghie della bestia erano collegati a una fitta rete di capillari venefici che aveva tuttavia origine sotto le radici dei denti; di conseguenza bisognava interrompere dapprima la fonte di quella sostanza a partire dai denti, in modo tale che non arrivasse più nemmeno alle unghie.
Brooke stava già volando con la sua fervida immaginazione e riusciva a vedere tutti i passi che bisognava compiere per sconfiggere lo Sleeptonor. Per spaccargli i denti bisognava avvicinarglisi con un'arma abbastanza lunga, e al solo pensiero di stare sotto le sue zampe si sentiva svenire. Ci teneva a non fare la figura della giocatrice inesperta con i suoi nuovi compagni. Con questo pensiero fisso tornò nel suo appartamento, aprì il baule e ne prelevò un'ampolla che conteneva una sostanza di colore giallo pallido. La aprì con molta attenzione e la annusò: dall'aroma che sprigionava sembrava cicoria, verdura che non aveva mai amato molto, ma in quel caso avrebbe fatto un'eccezione, visto che si trattava dell'antidoto contro il coma. Sistemò con cura il prezioso contenitore nello zainetto, dove inserì anche un pezzetto di cioccolata come faceva di solito nei mesi invernali quando doveva uscire al freddo, convinta che certi “rimedi della nonna” funzionassero anche in quello strano mondo.
Nel primo pomeriggio udì squillanti risate provenienti dalla sala di partenza, e comprese che i suoi amici erano rientrati. Indossata una corazza calda e impermeabile, si sbrigò a raggiungere Fabry, Pavie e Zeldus, seduti a tavola ad attenderla.
Tenendo a mente la gelida area che stavano per affrontare, il cuoco servì loro salsiccia piccante cotta in burro salato e accompagnata da una bevanda di un colore scuro indefinito in grado di riscaldarli e di mantenere nel tempo questa caratteristica. I tre ragazzi sfoggiavano corazze impellicciate e strani copricapi che somigliavano a quelli dei Cosacchi, mentre Brooke ne era sprovvista. Immaginando che lei non avesse avuto il tempo né il materiale adatto per farselo confezionare dal sarto, Fabry ne aveva portato uno di scorta e glielo offrì con gran piacere. Nell'accettare quel regalo così gradito, lei si chiese che tipo fosse veramente il suo amico nella vita reale e si ripropose di volerlo conoscere davvero, una volta fuori da quell'incubo.
Zeldus chiamò gli amici a rapporto: era giunto il tempo di partire, e sapeva già che ci sarebbero volute ore per terminare l'avventura. L'area che si offrì ai loro occhi non aveva nulla da invidiare alle fredde terre della Groenlandia. Il territorio era circondato dai ghiacci e battuto da bufere di venti gelidi che sollevavano nuvole di fiocchi di neve dura.
Era difficoltoso persino respirare quell'aria che sembrava di ghiaccio e che si percepiva alquanto pesante nei polmoni. Brooke non aveva mai avuto occasione di trovarsi in un ambiente così ostile, e iniziò a lamentarsene a gran voce. Il gruppo decise allora di lasciarla al campo base per timore che la rigidità di quel clima potesse nuocerle gravemente alla salute, senza contare che tra i ghiacciai vivevano anche altri mostri tutti pericolosi e molto veloci nei movimenti, e il torpore che la stava aggredendo poteva esserle fatale.
Prima della partenza alla ricerca dello Sleeptonor, Pavie la condusse a fare un giro nella zona adiacente al campo base dove si aprivano alcuni anfratti in cui avrebbe potuto ripararsi dal gelo e dal vento. Questi ripari naturali si trovavano a ridosso di un fiume nel quale galleggiavano fino a valle giganteschi iceberg.
Dopo aver salutato i suoi amici ormai prossimi a partire, Brooke iniziò a costeggiare il fiume fino a raggiungere i margini di una piccola spiaggetta di color salmone. La sua precedente esperienza di pescatrice la indusse a controllare se nell'acqua vi fossero pesci, ma rimase delusa nel constatare che non sembrava esservi alcuna forma di vita. Volgendo le spalle al fiume, notò alcune piccole caverne che si aprivano lungo la parete rocciosa di fronte. Incuriosita, si avvicinò alla grotta più vicina, al cui esterno erano ammucchiati dei bastoni di fattura artigianale. Nel raccoglierne uno per osservarlo da vicino, si accorse che emanava un calore innaturale, probabilmente prodotto da una linfa vitale che scorreva al suo interno. Chiedendosi se quel calore potesse attirare qualche pesce infreddolito dalle acque gelide, si portò di nuovo a ridosso del fiume e provò a immergerne la punta in acqua. Dopo nemmeno un minuto, con sua grande sorpresa sentì tirare dall'altra parte. Sollevò la canna da pesca improvvisata e rimase a bocca aperta nel vedere un pesciolino rosso attaccato alla sua punta. Mentre era intenta a guardarlo, venne apostrofata da qualcuno che le chiese chi fosse e cosa ci facesse davanti alla sua dimora. Un pugno allo stomaco le avrebbe fatto meno male, e la sua mente andò ai suoi amici lontani che in quel momento non avrebbero potuto aiutarla in nessun modo.
Quello che si ritrovò a un passo dal naso fu un Birnibas dalla lunga barba bianca, apparentemente tranquillo e incuriosito dalla presenza di una ragazza bionda dallo sguardo sognante. Brooke pensò bene di inchinarsi di fronte a lui in un gesto di amicizia e di rispetto per l'anziano signore. Il vecchio Birnibas, fasciato nei suoi vestiti a prova di freddo, ricambiò con un sorriso e le porse il bicchiere che aveva in mano nel quale era contenuta una strana bevanda di colore verde. L'educazione impartitale dalla sua famiglia la costrinse ad accettare quello che le veniva offerto, e pregando che non le facesse male lo bevve tutto d'un fiato, facendole scomparire immediatamente il freddo che l'aveva tormentata fin da quando aveva messo piede in quelle terre ghiacciate. All'ultimo sorso, il bicchiere si dissolse tra le sue mani, facendola trasalire per lo stupore e suscitando l'ilarità del vecchio dalla barba bianca.
Dopo aver cercato di rassicurarla, il Birnibas le porse il suo bastone color oro simile a una canna di bambù. Immaginando a cosa potesse servire, Brooke lo afferrò e ne immerse un'estremità in acqua, provocando un immediato gorgo nel quale una gran moltitudine di pesci colorati facevano a gara a chi riuscisse per primo ad afferrare con la bocca il bastone. Tirò su la cima e si ritrovò tra le mani un pesciolino dorato; la grande sorpresa di vedersi addosso quel minuscolo animaletto la indusse a battere con gioia le mani, liberando in tal modo quel soldo di cacio che con un guizzo si inabissò tra i flutti.
Ringraziando con riconoscenza l'allegro Birnibas, si incamminò quindi verso la direzione che avevano preso i suoi amici, preoccupata nel non vederli tornare, contravvenendo alle raccomandazioni di Pavie.
Imboccò un sentiero ghiacciato, che seguì per un bel tratto prima di ritrovarsi in una vasta distesa priva di neve. Senza eventuali orme lasciate sul terreno, non sapeva quale direzione prendere. Nel guardarsi intorno, notò due sentieri che i suoi amici avrebbero potuto percorrere per avanzare. Scelse d'istinto di prendere quello che virava a destra e che si perdeva tra le rocce, ma prima di inoltrarvisi memorizzò quanto si lasciava alle spalle, per non perdersi nel caso non avesse trovato il resto del gruppo e fosse tornata sui suoi passi.
Nell'abbracciare con lo sguardo l'altipiano di fronte a sé, le sembrò di scorgere qualcosa muoversi tra l'erba. Senza farsi prendere dal panico, decise di non darvi importanza e iniziò a procedere lungo il sentiero che la portò in un'area più piccola e ricoperta questa volta di neve. Osservando attentamente a terra, notò che non vi erano impresse tracce che segnalassero il passaggio di uomini o animali, e comprese di aver sbagliato la sua scelta.
Mentre Brooke si apprestava a ritornare indietro, anche Pavie aveva deciso di andare a sincerarsi delle sue condizioni lasciando gli altri due alle prese con alcuni Sleeptor che erano bestie della stessa famiglia dello Sleeptonor, ma meno pericolose e molto più fastidiose. Giunto nell'area del campo base, non vi trovò tuttavia la sua amica, ma venne accolto da un vecchio Birnibas agitato. Fu quest'ultimo a informarlo sull'incontro avuto con la ragazza e del suo successivo allontanamento per ricongiungersi al resto del gruppo. Pavie sbiancò in volto e gli chiese di mostrargli la direzione verso cui Brooke si era diretta, mettendosi subito in cammino, con la speranza di trovarla ancora in vita.
Sicura che i suoi amici avessero scelto il secondo percorso, la cacciatrice ribelle stava intanto procedendo in fretta verso l'altro viottolo, quando un lieve fruscio simile a un leggero battito di ali la spaventò. Senza preoccuparsi di scoprire cosa fosse stato a produrlo, accelerò il passo addentrandosi lungo uno stretto sentiero alla sua sinistra. Ormai preda della paura, si spinse all'interno di una piccola caverna buia e si fermò ad ascoltare ogni più piccolo rumore. Quel luogo sembrava tranquillo, e quando i suoi occhi iniziarono a intravedere nell'oscurità, iniziò a esplorarlo. Le pareti della grotta recavano strani segni rossi che sembravano graffi di animali. Vi si avvicinò e ne sfiorò uno con la punta di un dito, ritraendolo subito disgustata nell'accorgersi che si trattava di strisce di sangue rappreso. Prese coscienza del pericolo che stava correndo nel ritrovarsi da sola in una caverna buia e silenziosa e rimase bloccata, quasi paralizzata per timore di attirare animali pericolosi. Un improvviso scalpiccio di passi dietro di sé la convinse tuttavia a inoltrarsi nella parte più buia della caverna, dove a sua insaputa un mostro stava dormendo. Lo sfiorò al buio inavvertitamente e l'animale, sentendosi toccare da un essere a sangue caldo, aprì gli occhi e iniziò a lanciare urla terribili.
Pavie stava transitando proprio in quel momento davanti alla grotta quando vide la sua amica in preda al panico: si affrettò a richiamarla a gran voce affinché uscisse subito da lì. Il mostro ormai aveva annusato il sangue umano e sembrava impazzito nel vedere la sua facile preda sgattaiolare via.
Accortosi delle reali intenzioni della bestia, Pavie si frappose tra la preda e il predatore e dopo aver sguainato la spada che pendeva al suo fianco la conficcò con decisione tra le fauci del mostro.
Brooke intanto stava raggiungendo l'apertura della grotta senza mai voltarsi, impaurita più per la sgridata che di lì a poco Pavie le avrebbe giustamente fatto, che non per la presenza del mostro. Una volta giunto di fianco a lei, le parole del suo amico furono talmente dure da provocarle una profonda crisi di pianto. I due ragazzi, ripresisi quindi dallo spavento, si affrettarono a raggiungere gli altri che erano stati lasciati a combattere contro un gruppo di Sleeptor.
Fabry e Zeldus avevano compiuto un ottimo lavoro, e attorno a loro giacevano inermi i cadaveri delle bestie. Quei corpi ancora caldi fecero venire a Pavie un'idea che se avesse funzionato avrebbe attirato l'attenzione dello Sleeptonor. Il gruppo iniziò a scavare una buca abbastanza profonda e la riempirono con le interiora degli Sleeptor. Il tanfo che emanavano i resti sanguinolenti era insopportabile, ma alquanto gradito a qualsiasi animale che avesse avuto la fortuna o sfortuna di percepirlo.
Oltre allo Sleeptonor, anche il Regicex e il Venosax – ospiti di quel mondo ghiacciato – ne avrebbero seguito volentieri la scia. Il primo aveva già avvistato Brooke nel campo senza neve mentre era in sorvolo, intento a studiare il momento migliore per attaccarla; il secondo invece era quello che la cacciatrice aveva involontariamente svegliato nella caverna.
Terminata la preparazione della trappola, si disposero ciascuno ai quattro lati dell'area dove era stata sistemata. Ben presto udirono un tonfo prodotto da un grosso Sleeptonor appena finito nella buca. Pavie si affrettò a raggiungerla e vi lasciò cadere dentro tre petardi, ponendo fine praticamente alla battuta di caccia. Brooke si affrettò a recarsi sul bordo della buca per ispezionare il terreno circostante alla ricerca di eventuali materiali adatti per la confezione di armi e armature. Raccolte alcune pietre che sembravano emanare luce propria, le mostrò ai suoi amici. Pavie, che era il più esperto del gruppo, dopo averle osservate attentamente sentenziò che erano pietre piuttosto rare, utilissime per forgiare armi dalle proprietà magiche.
L'avventura stava volgendo al termine. I ragazzi, stanchi e soddisfatti per il successo ottenuto, decisero di rientrare subito nella sala di partenza, sicuramente più calda dei territori in cui stavano ormai letteralmente gelando.
Dopo essersi dati appuntamento per il giorno successivo, Pavie e Zeldus si scollegarono dal gioco, mentre Fabry preferì tenere compagnia alla sua amica ancora per un po'. I due trascorsero il resto del pomeriggio parlando di armi, corazze e medicine alternative; poi presero un tè sulla terrazza e infine fecero a gara nel rincorrere il leprotto. Quando giunse l'ora di salutarsi, Brooke lo abbracciò prima di lasciarlo andare, ringraziandolo per quanto aveva fatto e stava facendo per lei. Fabry, dal canto suo, fu quasi sul punto di dirle qualcosa, ma ci ripensò; la guardò per un lunghissimo istante, le accarezzò il viso e poi scomparve.

Brooke Borgia

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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