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Autore: Giuseppina Amato
Ricordi felici e altri racconti
Narrativa
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Ricordi felici e altri racconti
Benvenuti nel mio primo libro che, come avrete di certo capito, è una raccolta di racconti brevi. Il titolo è tutto un programma: Ricordi felici infatti è il primo racconto che ho scritto e mi sembrava giusto metterlo in evidenza.
In realtà risale al 2007, perché inizialmente avevo scritto la storia e la sceneggiatura per farne poi realizzare un breve fumetto dalla mia amica Laura Gianesini.
Mi piaceva talmente tanto che ho pensato di metterlo tutto nero su bianco ed essendo un'amante del Giappone (serie tv, manga, anime e musica), ho deciso di ambientarlo a Tokyo.
Tutte le storie che leggerete contengono un messaggio importante e significativo, ma sappiate che l'ultima è autobiografica. Ci tengo a raccontare certi avvenimenti con uno scopo ben preciso, che scoprirete leggendo.
Ho messo tutta me stessa a scriverlo e mi auguro che per voi la lettura sia piacevole come lo è stato per me scriverlo.
A voi lettori l'ardua sentenza.

Traccia 1

Arigatouto kimi ni iwareru to nandaka setsunai
- Sayounara - no ato mo tokenu mahou awaku horonigai
The flavor of life. The flavor of life.
Tomodachi demo koibito demo nai chuukan chiitende
Shuukaku no hi o yumemiteru aoi FURUUTSU
Ato ippo ga fumidasenaisete
Jirettai no wa nande baby.
[The Flavor of Life - Hikaru Utada]

Ho sempre amato la musica. Fin da bambina non facevo altro che mettermi davanti allo specchio cantando e ballando le canzoni delle mie artiste preferite. Nonostante sia una ragazza
giapponese, ho sempre apprezzato anche la musica inglese, lingua che è spesso usata anche nel mio paese.
La cantante nipponica Hikaru Utada, tanto per citare una delle mie preferite, usa spesso parole inglesi nei testi delle sue canzoni. Amo moltissimo infatti i testi misti, rendono la canzone ancora più speciale.
La musica non dà un sapore migliore alla vita?
Questa mia passione ho deciso di farla diventare il mio lavoro; già vi vedo: pensate che voglia fare la cantante o la ballerina? Sbagliato.
Dal momento che la musica è tutto quello che mi rende davvero felice, decisi di aprirmi un negozio di dischi. Non c'è nulla di più bello che vedere il sorriso della gente quando compra quello che desidera e che ascolterà a go go.
Ero ancora sotto le mie coperte calde, ma la sveglia suonò alle 7:30 in punto. Mi sentivo protetta in quella graziosa camera da letto con le pareti pitturate di arancio e con delle note nere realizzate con gli stencil. I mobili erano in faggio e laccati di bianco: la testiera del letto era arricchita da alcuni ghirigori bordeaux, che si riproponevano anche nelle ante dell'armadio e nel cassetto della scrivania.
Tenevo sempre un po' la finestra aperta durante la notte, anche quando faceva freddo, perché mi piaceva sentire il cinguettio degli uccellini di prima mattina: mi mettevano di buon umore.
Il dovere però mi chiamava e cominciai a spostare la coperta fino a portarla ai piedi del letto, appallottolandola tanto da rendere i cuori rossi su quello sfondo bianco un disegno astratto.
Iniziai ad alzarmi con la vivacità di qualcuno che sta per andare al fronte. Mi infilai le ciabatte con gli occhi ancora praticamente chiusi e andai subito a lavarmi e vestirmi.
Mentre ero davanti allo specchio per pettinare i miei capelli mossi castano chiaro, mi squillò il cellulare. Era la mia migliore amica Aya.
- Pronto? - , risposi mentre finivo di prepararmi.
- Buon giorno Uta! Scusa se ti chiamo così presto ma mi servirebbe un passaggio all'università, la mia macchina non parte. - , mi disse.
- Va bene, ma sbrigati perché sono già in ritardo. Ti passo a prendere tra dieci minuti, ok? - .
- Va bene grazie, sei un tesoro. - , e riattaccammo.

Ho conosciuto Aya al liceo. Invidiavo molto i suoi lunghi e soprattutto lucidi capelli neri che abbelliva sempre con qualche fermaglio particolare e qualche extension.
Il suo corpo slanciato era il sogno di molti ragazzi, che al suo passaggio si giravano facendo commenti piuttosto coloriti.
Ho molte amiche, ma lei è l'unica che frequento ancora oggi al di fuori della scuola. Con le altre ci vediamo ogni tanto per qualche drink, ricordando i bei tempi.
Purtroppo potevamo vederci molto poco, dal momento che quasi tutte frequentavano l'università fuori città. Tutte tranne Aya, per mia fortuna.
Quando ci vedevamo capitava di andare alla Tokyo Tower per mangiare al ristorante che c'è all'interno del primo piano, il nostro preferito. Poi salivamo al secondo piano a fare un po' di shopping nei vari negozi, cercando di evitare il contatto visivo, e soprattutto olfattivo, con gli altri ristoranti.
Una preghiera al santuario scintoista era invece una tappa fissa. Ogni tanto andavamo pure al terzo piano dove c'è il museo dei Guinness World Records per aggiornarci sugli ultimi record, per poi fermarci a scattare qualche foto al museo delle cere.
Anche se avevamo fotografie con tutte le statue, la tentazione di scattarne altre era tanta. Peccato che la - persona - che era accanto a noi aveva lo stesso sguardo e gli stessi abiti della volta precedente.
L'attrazione fondamentale della torre sono i tre ascensori che portano direttamente all'Osservatorio Principale, da dove si può vedere Tokyo in tutta la sua bellezza. E durante le giornate luminose e serene, si riesce a vedere il Monte Fuji.
Capitava anche di fare shopping a Shibuya, ma se venivano a trovarci in primavera non potevamo fare a meno di andare a vedere gli alberi sakura in fiore.
Quei fiori rosa così delicati appassiscono velocemente, ma valeva la pena godersi uno spettacolo del genere, con tutti quegli alberi che sembravano nuvole soffici poggiate su un piedistallo di legno.
Arrivai sotto casa della mia amica che trovai ad aspettarmi davanti la porta d'ingresso.
- Ciao Uta. - , mi salutò venendomi incontro.
- Buon giorno Aya! -

Durante il tragitto ne approfittammo per parlare un po'. Mi chiese come andasse a lavoro e se nel frattempo avessi trovato qualche annuncio d'affitto economico. Ogni volta che ci vedevamo era la prima cosa che mi chiedeva.
Si preoccupava sempre per me, ma era pesante sentirselo chiedere tutte le volte e quel giorno speravo non lo facesse. Stavo avendo difficoltà a trovare un locale adatto, soprattutto per gli affitti molto cari che c'erano in giro. Mi limitai a guidare facendo un sospiro e lei mi capì al volo.
- Sono arrivata. Grazie del passaggio. - , e scese per poi varcare il cancello dell'università.
- Di nulla, ci vediamo. Ora scappo che sono in ritardo! -

Facevo la baby-sitter di mattina, mentre il pomeriggio lavoravo in un
sushi bar. Mi piace stare a contatto con la gente, ma non vedevo l'ora di avere
un'attività tutta mia. Suonai e la mamma del bambino mi aprì all'istante. Mi scusai del ritardo
dicendole che avevo trovato un po' di traffico. Dovevo giustificarmi in qualche modo.
- Buon giorno piccolino come stai? Saluta la mamma. - , affermai prendendolo in braccio.
- Ciao amore, torno tra poco! - , gli disse baciandolo sulle manine.

Come al solito il suo pianto mi fracassava i timpani, ma Hiroshi era un amore di bimbo ed era più facile sopportare i suoi capricci. Era un giocherellone e non smetteva mai di correre per casa. Per fortuna
quando mangiava stava seduto, altrimenti dovevo rincorrerlo e io non ero certo una maratoneta!
Dopo una mattina tra pannolini puzzolenti e pappe, finalmente misi piede a casa. Distrutta come al solito. Il lato positivo era che fosse il giorno della chiusura settimanale del sushi bar.
- Sono esausta e sto morendo di fame, mamma. -
- Ti stai stancando troppo secondo me. -

So benissimo che mia madre e mio padre si preoccupavano per me, infatti volevano darmi un po' di soldi per questo mio progetto, ma ho rifiutato perché volevo farcela da sola con le mie forze. Alla fine avrei avuto di certo più soddisfazione. I lavori che facevo per fortuna mi piacevano, quindi le ore passavano più velocemente. Non avevo molto tempo per riposarmi tra il lavoro della mattina e quello del pomeriggio, ma non c'era nulla di meglio che tornare a casa la sera, cenare e buttarsi nel letto stanca ma contenta.
Soprattutto con la consapevolezza di avere il portafoglio più pieno del giorno prima.

Traccia 1 – Traduzione
Quando mi ringrazi per qualche motivo è doloroso,
come un incantesimo che non viene annullato anche dopo un addio un
po' amaro.
Il sapore della vita. Il sapore della vita.
A metà tra l'essere amici
come la frutta fresca che sogna il giorno del raccolto.
Non sono in grado di fare un passo avanti.
E questo mi crea frustrazione baby.

Giuseppina Amato

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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