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Autore: Luciano Miraglia
Prima che scenda la notte
Romanzo Noir
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Prima che scenda la notte
Il giorno dopo, il sole salì lucidissimo in un'aria chiara, serena, senza un alito di vento.
Una tiepida luce invase la campagna ed ebbi voglia di uscire. Decisi di spingermi fino a Porto Cesareo, a trovare Rosina. Chissà che a quella donna non sia venuta in mente qualcosa d'importante, per le indagini! Non ci contavo molto, per la verità. Alle volte però succede...
Povera donna! Mi aveva fatto tanta pena, ma mi aveva suscitato anche un'enorme ammirazione. Povera e priva d'istruzione, aveva un animo nobile.
L'immagine stessa del bene.
Passai da casa di Rosina e trovai il vecchio padre al solito posto, intento al suo antico lavoro. Mi disse che «Rusina ghe sciuta allu compusantu!»
La trovai al cimitero in un vialetto d'eucalipti, talvolta ombroso, talvolta irrorato dal sole che filtrava e si poggiava affettuoso sulle pietre grigie delle lapidi.
Rosina era appoggiata ad un vecchio tronco, coperta di nero, la testa bassa. L'abito era grossolano ma il suo aspetto era nobile: il suo essere era superiore.
Era chiaro che la donna non intendesse stimolare alcuna compassione. Suscitava, in realtà, molto rispetto; quella devozione che è degna solo di un essere spiritualmente superiore. Singolare, è vero, per la moglie di un pescatore!
Non mi sentì nemmeno arrivare. Era assorta, composta. Fissava la nuda terra sotto la quale aveva pace il suo Tonio. Solo una misera lapide, liscia e disadorna, di comune pietra bianca. Non vi era alcuna foto. Solo il nome: “Antonio Peluso 13.6.1969 14.3.2006”.
«Scusate se sono venuto ad interrompere il vostro raccoglimento. Volevo solo avere vostre notizie.»
«Nessun disturbo commissario. Sono venuta a trovare il mio Tonio e lo sto pregando di venirmi in sogno... di dirmi cosa sta succedendo.»
La guardai incuriosito.
«E' successo qualcos'altro?» chiesi.
«Non avete saputo niente?»
Non battei ciglio e Rosina proseguì.
«Questa mattina, alla prima luce dell'alba, com'è suo solito, Rocco è uscito in barca per andare a raccogliere le reti.
«Lui verso le otto e mezza fa ritorno e attracca alla riviera di ponente per vendere il pesce. Si sono fatte le dieci e di Rocco nessuna traccia. La sua famiglia è in subbuglio. Sono tutti al porto e alcune barche a motore sono uscite in mare. Poi sono venuta al camposanto e non so altro.»
Rimasi immobile, visibilmente colpito dalla notizia.
«Rosina, noi non abbiamo ancora un'idea precisa di quello che sta accadendo. Sappiamo, però, che Tonio è stato visto, alcuni giorni fa, insieme con un certo Libico che gli andava appresso con fare minaccioso, intimidatorio. Non sappiamo di che cosa lo ha minacciato. Poi siamo venuti a sapere che vostro marito ha sorpreso un tale, nei pressi del suo orto, che dava alle fiamme qualcosa in un vecchio fusto metallico. Di questi fatti Tonio non ve ne ha mai parlato?»
Rosina pensò un momento.
«Ho sentito parlare di questo Libico. In paese tutti hanno fifa di lui, anche Tonio naturalmente. Mi pare molto strano, perciò, che Tonio abbia parlato con quel tipaccio...
«Sì, una sera... mi accennò che aveva visto un tale vicino alla Fichella. Mi disse che quel giorno aveva fatto delle riparazioni alla barca e che c'era voluto molto tempo. Oramai si era fatto buio però, siccome doveva dare un po' d'acqua alle piante, decise di fare un salto con la bici.
«Tonio avvertì un forte puzzo di bruciato, e notò una luce dietro il muro diroccato della vecchia masseria. Scorse un uomo che, alla luce dei fari della macchina, aveva dato fuoco in un vecchio fusto. L'uomo non si accorse della sua presenza e Tonio andò via, senza aver innaffiato l'orto.
«Mi disse, però, che aveva riconosciuto l'uomo perché l'aveva notato altre volte in paese. Poi non me ne ha parlato più.»
«Non via ha detto chi era?»
«No, né io glielo chiesto. Mi è parsa una cosa senza importanza.»
«Rosina, vi prego, non dovete parlare con nessuno di quello che vi ho appena riferito. Ora vi devo lasciare. Vado lungo il molo per avere notizie di Rocco.»
Sul lungomare vi era un grande scompiglio. I familiari e gli amici stavano attorno alla moglie di Rocco che, in lacrime, divorava con gli occhi il mare.
Qualcuno si allontanava in barca, per prendere parte alle ricerche. Altre imbarcazioni ritornavano, da varie direzioni, ma nessuno aveva trovato Rocco.
Il richiamo dei gabbiani che volteggiavano nella baia, lo sentivo meno allegro, più sgraziato, funesto.
Dalla vecchia chiesetta, che guardava il mare, giunsero interminabili rintocchi di monotone campane, che diffondevano brividi di desolazione e un senso d'impotente ansietà.
Le onde svogliate del mare lambivano meste la banchina del porto, su cui sostavano smarriti gli uomini che avevano sospeso il proprio lavoro e confabulavano, scuri in volto. «Rocco è uno molto abile...» «E poi... oggi il mare è tranquillo!» «Che cosa può essere successo?» Da quella densa folla, malinconica e untuosa, si diffondeva un mormorio, inutile e debole.
Alcuni sguardi balenavano nella direzione in cui mi ero fermato per osservare la scena. Mi sembrò di leggere un senso di rimprovero, in quegli occhi. Non solo. Li sentivo come piccole lance scagliate contro di me, a colpire un oggetto estraneo, incompatibile con il loro mondo. Quegli sguardi, svelti si ritraevano, ignorandomi. Una spirale di vuoto pareva avvolgermi.
Intorno a me, in tutte le direzioni, non vi era nessuno. Si tenevano tutti ad uguale distanza. Un cerchio di vuoto si era disegnato intorno al punto in cui indugiavo: anche l'oblio, il distacco, si può disegnare, si può realmente vedere, si può toccare, come una cosa e non come un sentimento.
Apparve al largo il battello della Guardia Costiera, e il vociare della gente si placò lentamente, fino a tramutarsi in un silenzio orribile. In quel silenzio il crocchiare dei gabbiani si fece più chiaro, doloroso. Un freddo immobile avvolse la scena. Nessuno aprì bocca.
La grossa imbarcazione si accostò al molo. Un marinaio, con il piede appoggiato sulla sponda, informò il gruppo dei familiari che la barca di Rocco era stata trovata. Era alla deriva verso Torre Chianca.
Nessun traccia di Rocco.
Disse che seguitavano a setacciare quella zona di mare e che la barca del poveruomo stava per rientrare, trainata da un gozzo di pescatori, suoi amici.
Il vociare pian piano riprese, più animato, concitato, nervoso. La moglie del poveretto piangeva e scagliava urli violenti, scomposti, strazianti, rivolti verso il mare, sostenuta dai suoi cari.
Non mi avvicinai, mi tenni discosto, anzi feci subito ritorno a casa e chiamai Angelo.
«Sì Luìs, sono stato avvertito, so tutto! A questo punto, se Rocco ha fatto la stessa fine di Tonio, siamo autorizzati a pensare che anche lui era a conoscenza di molte più cose di quelle che ti ha riferito. Avevi ragione!»
Un colpo di tosse lo interruppe.
«Le ricerche proseguiranno per alcune ore, per lo meno sino a quando non farà buio. Ci risentiamo stasera, Luìs.»
Passai il pomeriggio in casa. Non avevo voglia di uscire, né di leggere. Geremia, che stava nell'attesa della consueta camminata vespertina, mi scrutava con occhi interrogativi, quasi umani.
Supposizioni confuse mi si agitavano nella testa.
Un uomo era stato fatto fuori, un altro era stato martirizzato con cinica crudeltà, un altro ancora era scomparso in mare.
Possibile che tutti questi eventi siano legati ad un banale traffico di clandestini?
Tutti i grandi paesi europei sono stati toccati da questo fenomeno. Il controllo che le autorità riescono ad avere, su questi eventi, è del tutto marginale. Le leggi repressive, in effetti, sono assai benevole e i trafficanti, il più delle volte, la fanno franca.
Ammazzare solo perché qualcheduno, forse per puro caso, ha visto ciò che non doveva vedere, mi sembrava una vera enormità.
Non ci vedevo una vera logica: bastava intimorire, terrorizzare. A quei bastardi... non difettava certo la fantasia! Vedi Peppo... cosa gli hanno combinato... No, no! La posta in gioco doveva essere ben più alta.
Sprofondato in questi pensieri, udii una macchina fermarsi di fronte al cancello di casa. Presi la pistola e guardai dalla finestra.
Vidi Tore che guardava attraverso il cancello. Riposi la pistola ed uscii sulla porta.
«Commissario, ho urgenza di parlare con lei,» disse Tore, agitato.
Lo feci entrare.
«Rocco è disperso in mare! Hanno trovato solo la barca e di lui nessuna traccia. Ho paura!»
Lo fissai per un po'.
Era terrorizzato, con le mani si sfregava il viso e si stropicciava le labbra, in continuazione.
«Tu sai qualcosa di preciso; ti consiglio di confessare, subito. Ti accompagno al commissariato di Gallipoli e firmi una dichiarazione.»
«No, no! Commissario io non so niente. Avete visto cosa è capitato a Tonio e a Rocco...e poi anche Peppo! Sapete, quello che... hanno... fatto a Peppo, quei bastardi? Quei criminali...»
«Tu, piuttosto, dimmi di quali criminali parli?» gli gridai mentre lo fissavo con ferocia negli occhi. «Io non so chi ha aggredito Peppo. Tu, se lo sai, devi denunciarlo.»
Urlavo, rosso in viso.
«Io non lo so! Credetemi! In paese tutti giurano che è stato il Libico con i suoi scagnozzi. Quel Sayyid poi... non l'avete visto? Quello è un barbaro, una belva!»
«Continuate a tacere... bravi! Continuate a tacere, e il vostro bel paesello sarà presto assediato dai barbari, primitivi e rozzi. Comandano in casa vostra. Vi hanno ridotto in schiavitù. Tu, già hai paura di loro, sei nel panico.
«Ti stanno uccidendo gli amici e tu tremi come una fronda. Non vuoi dichiarare niente? Allora, cosa vuoi da me?» conclusi, urlando scoraggiato.
«Voi mi dovete proteggere. A me e alla mia famiglia, sì... mi dovete proteggere. Hanno ucciso i miei amici e forse adesso mi stanno dando la caccia.»
«Tore, tu non sai cosa dici. Solo se vuoti il sacco e aiuti la giustizia, la polizia potrebbe decidere di proteggerti. Tu e i tuoi conterranei, piuttosto, la giustizia ve la state curando da soli. A modo vostro...
«Un salamelecco al Libico, una riverenza ai suoi fedeli ceffi e magari, se vi capita di incrociarlo al bar, vi offrite con piacere di pagargli il caffè. Voi, vedete tutto, sentite tutto, ma non parlate. Spettegolate, però, come vecchie comari. Bla bla bla... all'ombra della vostra bella torre.»
Mi stavo agitando in modo esagerato e, poi, mi era venuto anche il fiatone, tanta era la foga.
M'imposi la calma e ripresi:
«Tore, sei fuori strada! Prima che scenda la notte, su questo sole e questo mare, dovete drizzare la schiena... tu e la tua brava gente. Ecco quello che dovete fare! Hai capito, Tore? Prima che scenda la notte, su tutti voi, dovete diventare uomini, perdio!»

Luciano Miraglia

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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