Mi lasci sempre sola. Quattro del mattino. Ester sta davanti allo specchio; rimira la sua immagine. Finalmente indossa i suoi arco-pant, le stanno che è un incanto. Alla fine, ha risolto il suo problema e per giunta senza eliminare un solo millimetro di stoffa. Dopo l'entusiasmo iniziale un profondo senso d'inquietudine si era fatto avanti. Guardò nuovamente l'orologio: quattro e un minuto. La sua apprensione aumentava. Avrebbe voluto avere qualcuno accanto a sé in quel momento per condividere la sua soddisfazione e invece era sola, sola davanti allo specchio delle sue brame. Un leggero senso di colpa le attraversò la mente: - Che lo avesse trascurato un po' negli ultimi tempi?! - Un dubbio che svanì subito dopo esserle passato per la mente. -Nemmeno una telefonata. - Possibile che non pensasse a lei, a quanto strazio le procurava quel silenzio? Che fine aveva fatto Vilò? - Che avesse un'altra donna?!- Del resto negli ultimi tempi aveva notato in lui uno strano modo di comportarsi. Le sue continue assenze per astrusi motivi di lavoro, i suoi ritardi ingiustificati, i suoi silenzi, il suo incomprensibile atteggiamento e le misteriose telefonate- Sì, certamente lui le nascondeva qualcosa. - - O Vilò. Vilò! - Si lasciò cadere esausta sul divano. Sentiva l'odore sulla pelle del dopobarba che lei gli aveva regalato per l'onomastico, l'aria pareva esserne colma. Osservò la bottiglia di birra sul tavolo - Oramai doveva esser calda. - Il vetro era ricoperto, come lo stelo di un fiore da minuscole goccioline simili alla rugiada. - Signor Luciane! - - Siii! - - Vorrei fare una telefonata. - - Una telefonata? Giuovanotto ti sembra questo il momento? - - Ester sarà preoccupata. - - Le donne. Puah! Sono solo una massa d'ipocrite bugiarde. Preoccupata dici? A loro interessa solamente sapere che siamo sotto il loro controllo, che ci tengono in pugno. Tu rientri tardi! E loro, loro cosa dicono loro? – - Cosa? – - Che stavano in ansia, che le hai lasciate sole, che le trascuri. Vai all'ippodromo, alle corse dei cavalli? Idem come sopra; la risposta sarà sempre e solamente “MI LASCI SEMPRE SOLA”. Fai carriera nel tuo ufficio, ruffianandoti i favori del capo, sentendoti una merda nei confronti dei tuoi colleghi, in particolare del Crescini, in azienda da almeno undici anni più di te e lei, lei che dice? Lei si sente sola. Fai gli straordinari, rientri a casa sempre più tardi, ti prendi cura del benessere economico della famiglia, cosicché lei possa permettersi la palestra, il massaggiatore e il gatto d'angora. E lei? Lei è sempre più sola. E per essere diventato il ciucciamentine del presidente generale dell'azienda nella quale lavori, altra promozione. Nuovo impegno, nuove responsabilità. Lavori sedici ore il giorno e ora lei può permettersi anche la partitella di golf nel circolo più esclusivo della città con le amiche, un bravo personal trainer di Pilates, una seduta d'Acqua tone al Blu Beach Club, un acquario marino da seimila litri che riproduce fedelmente un atollo maldiviano e un maldiviano vero come colf, e tu? Tu, nel frattempo, dormi tre ore per notte. T'imbottisci di vitamine e anfetamine, segui la dieta a zona per mantenerti efficiente e in forma e hai un profondo senso di colpa nei confronti del Crescini al quale spettava di diritto la tua promozione e che sai di aver ottenuto slealmente sabotandogli i dati dell'ultimo bilancio aziendale nel computer, facendogli fare in quel modo una grandissima figura di merda. Il lavoro di anni e anni di onorata carriera buttati nel cesso in una frazione di secondo, ma tu, tu sai di averlo fatto per una buona causa, per lei, ma non solo. Altro avanzamento di carriera. Una splendida villa con piscina sulle sponde del lago Moon, dove potersene stare ore a crogiolarsi al sole e dove non sapendo che altro cazzo fare, stufa e annoiata, non avrà niente di meglio da fare che telefonarti nel bel mezzo di una riunione per dirti quanto gli manchi e di quanto si sente sola. E il giorno che un forte dolore cervicale ti obbligherà a tornare a casa prima del previsto, non trovandola al bordo della piscina a rosolare al sole o ad accoglierti in babydoll sulla soglia di casa, attirato da sussurri, rumori equivoci o inequivocabili, salirai le scale trovandola stesa sul letto, sul vostro letto, assediata da un cazzo poderoso gridando, gemendo e godendo come una troia le chiederai il perché, lei, lei ti dirà: - Scusami caro, mi sentivo troppo sola. - Ma le sorprese mica finiscono qua, eh no, caro il mio giuovanotto! No. Quello che ti sconvolgerà maggiormente sarà lo scoprire che attaccato al biscotto che la sta inzuppando, quasi lei fosse una tazza di caffelatte, ci sta il Crescini, il quale, da quando non ha avuto la promozione che si meritava e che tu gran bastardo gli hai fregato da sotto il naso, ha molto, ma molto più tempo libero di te da dedicare ai suoi interessi personali. - "Beh..." Pensai. "...in fondo quella telefonata poteva anche aspettare; non era poi così importante." - Finalmente! - Gracchiò il Luciane. Le tracce della misteriosa figura che stavamo seguendo tra ombre, costellazione e galassie urbane, si era defilata, scomparendo all'interno di un grosso edificio situato a fianco della stazione ferroviaria. Non identificai immediatamente il fabbricato, ma guardandolo con più attenzione lo riconobbi. In particolare, mi aiutò quella grossa insegna al neon, rossa e blu, che, come fosse un cuore, pulsava a intervalli regolari, un gigantesco occhio fiammeggiante che attraeva chiunque le passasse accanto. Taxisti, camionari, urban-boys, agenti di borsa, baroni della medicina, segretari di partito e boss della mala, che in fondo poi erano la stessa cosa, tutti erano fatalmente sedotti da quello sguardo. La luce elettrizzante dell'insegna calamitava papponi, scambisti, cocainomani, sparaseghe, manco fossero nugoli di moscerini, ditteri e drosophile attirati dalla luce di un lampione. Sopra, mosso da crepitii azzurrognoli e scosse violacee, palpitava un nome: MAGAZZINO 33. - CI SIAMO. - Gridò Luciane all'indirizzo del mio sistema di ricezione sonoro. - Dirigi sulla terrazza! È abbastanza ampia da riuscire ad atterrare. - - Abbastanza?! - - Bando alle polemiche giuovanotto. È ora di mettere in pratica la legge dell'Inversione Volumetrica Alternata. Allora ragazzo, sai come funziona? - - Come no! - Al vegliardo non era sfuggito il tono vagamente sarcastico della mia risposta, perché diede il via a una predica degna di un candidato politico alla vigilia del giudizio elettorale. - Pensi che si voli solamente grazie alla tua stupida quanto storpia imitazione del batter d'ali di una procellaria? No. È dispendioso e del tutto improduttivo. Senza l'aiuto dell'involucro I.V.A., modestamente una mia semplice quanto efficiente invenzione, il pallone a Inversione Volumetrica Alternata, col piffero che ci si staccava dall'asfalto! È l'elasticità, la flessibilità, caro mio che permette all'economia di decollare. La mia invenzione sfrutta, pela, dissangua, come fosse una lobby bancaria, lo stesso principio. L'involucro, come il sistema produttivo, tende a espandersi con il diminuire della pressione (fiscale) e viceversa; ne consegue che i due fattori sono inversamente proporzionali tra loro. In poche parole, sono, è vero, dipendenti l'uno dall'altra, un po' come marito e moglie, ma tendono sempre a comportarsi in modo l'una al contrario dell'altro. Lui vuole andare al mare? Lei preferisce la montagna. Per non parlare poi della scelta dei tendaggi o di quale colore usare per tinteggiare le pareti del soggiorno! Lui vuole trombare di lunedì? Na bella fava di nulla, si rimanda tutto al venerdì. Ora, se la moglie fosse la pressione e il marito il volume; quando lei fa la voce grossa lui china il capo diventando piccino quanto un nano sottomesso e silenzioso. La pressione aumenta e il volume rimpicciolisce. È chiaro? - - E se lei dovesse rimanere incinta? - - Mumble, mumble. - Grattandosi il mento. - Questa è un'incognita che non avevo considerato. - Sentii un sibilo acuto: Luciane stava scaricando gas dalla valvola del pallone a Inversione Volumetrica Alternata. Cominciammo a scendere, anzi no a precipitare. Vedevo il terrazzo del palazzo sempre più vicino, troppo vicino. Luciane gridò. Riuscii a captare un soffocato: - Tira, molla, viraaa! - E infine: - Fuori i carrelli. Atterriamo anzi no, atterraziamoooo! - Con sincronismo perfetto toccammo terra, appoggiando, prima il piede destro, seguito poi, in rapida successione, da quello sinistro. - Velocità eccessiva. - Gridò il vecchiardo, mentre le suole scalpicciavano a centoventi battute al minuto sul cemento della pista. - Frenaaaaa! - Istintivamente abbassai le ali. Il loro attrito contro il suolo sortì l'effetto desiderato; iniziammo a rallentare. Vidi un filo di fumo provenire dalla mia destra. L'eccessivo strofinamento sulla pista d'atterraggio aveva provocato un surriscaldamento del piumaggio alare. Improvvisamente l'ala, quella di destra, s'incendiò. Una vampata rovente rischiarò l'oscurità. - Non procurarti, ho calcolato anche a un'evenienza del genere. – E ancor prima che riuscissi a spiccicare una sola parola, un ribollire di schiuma soffice e cremosa ci avvolse. L'incendio era domato: il sistema auto estinguente installato tra le ali aveva fatto il suo sporco lavoro. A venire in nostro soccorso e risolvere definitivamente l'imbarazzante aterrazzamento, fu il traliccio delle parabole satellitari su cui andammo a spalmarci. Acciaccati e ricoperti di schiuma volumizzata, ci liberammo dagli ingombranti orpelli di piume adagiandoli a terra, accanto ad un lucernaio. Poco più in là un gatto dallo sguardo guercio e perfido ci osservava con la consueta insolenza felina, mescolata a uno schifato accenno di commiserazione. Srotolò la mappa della metropoli e vi tracciò sopra con un pennarello rosso un cerchio, nel punto esatto dov'era avvenuto l'ultimo e purtroppo duplice omicidio. - Osserva. Unendo i vari punti si forma una spirale e il centro è esattamente... - Battendo l'indice sulla carta. - ...qui. - - Ma, qui è qui. - - Esatto ragasso mio. Esatto! Il punto dove tutto ha avuto inizio e dove tutto avrà una fine è proprio sotto i nostri piedi. La soluzione del mistero credo sia nascosta nel magazzino qua sotto. - Luciane trasse dal sotto della tonaca una trousse da viaggio in cuoio con tanto di griffe illustre riportata sul fianco.
Moses Soon
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