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Autore: Procopio
Follia Anestetica
Irreale Magico
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Follia Anestetica
Storia demente dell'irreale magico.

22 settembre A.D. 2054 - Universidad de Palincje.

Barcollando sulle sue gambette malferme, Sanchez, il vecchio bidello asmatico, attraversò borbottando un lungo corridoio e bussò alla porta del professore di storia Carlos Molina. Non ricevendo alcuna risposta picchiò ancora una volta. Un urlaccio roco gli ingiunse di entrare. Al suo ingresso fu avvolto dalla pestilenziale nube di fumo proveniente dall'inseparabile pipa del professore sprofondato nella sua poltrona di cuoio. A stento se ne intravedeva il cranio pelato, nascosto dietro un enorme ammasso di carte impolverate e di vecchie pergamene che ingombravano la scrivania.
In un angolo dell'antiquato stanzone un gatto guardiano, pigramente acciambellato sopra un divano, controllò con un'occhiata il nuovo venuto.
Carlos Molina raddrizzò la schiena, poggiò con cura minuziosa la pipa, sollevò il naso adunco dagli antichi documenti che stava consultando e, perso nei suoi pensieri, scrutò a lungo il suo interlocutore attraverso le spesse lenti appannate dei suoi occhiali stentando a riconoscerlo.
- Che cazzo c'è, che cosa vuoi Sanchez? - bofonchiò infine, infastidito.
- Il signor Rettore vuole parlare con lei. - biascicò il bidello, sputacchiando e tossendo rumorosamente. - Ha detto che è urgente. Molto urgente. -
Stizzito per l'interruzione, il professore diede una manata sulla scrivania sollevando una nuvola di polvere e si sollevò lentamente in piedi. Abbrancò alcune pergamene e le introdusse in una logora cartella di cuoio che si pose sotto un braccio. Uscì dalla stanza sbattendo la porta dietro di sé. Che altra cavolata vorrà quel presuntuoso ignorante? Rimuginò incamminandosi e scostando con un gesto stizzoso il bidello che aveva accennato a seguirlo.
Il Rettore osservò disgustato, di sottecchi, l'ingresso di Carlos Molina che era entrato senza bussare. Fece scivolare in un cassetto la rivista pornografica che stava consultando, afferrò una penna e finse di essere indaffarato a firmare delle carte lasciando il professore immobile, in piedi, per alcuni minuti, prima di alzare lo sguardo su di lui.
- Questi, spazientito, piegò il capo in avanti e sbuffò: - Mi ha fatto chiamare? Che cosa c'è di così urgente? È per quel mio progetto di ricerca? -
Il Rettore serrò le labbra sforzandosi di non dimostrare la soddisfazione di poter finalmente mortificare le aspettative di quell'ometto che gli era stato sempre antipatico. Indugiò ancora, tamburellando con la penna sulla scrivania. Poi, con fare distratto, brontolò con voce roca e con una smorfia sprezzante:
- Mi spiace per lei, ma la sua richiesta è stata respinta e quindi non ci sarà alcuna spedizione. I finanziatori hanno deciso che l'Università non si può accollare la spesa di una ricerca fantasiosa e inutile come quella che ci ha proposto. -
Sollevò la palma della mano sinistra per bloccare ogni obiezione del professore non appena questi aprì la bocca per parlare, quindi tese l'indice verso la porta per evidenziare che la decisione era inappellabile e il colloquio terminato.
Carlos Molina sussultò e impallidì, poi un'ondata di furore lo travolse e sbraitò con voce resa stridula dalla delusione:
- Lei sta affermando che, dopo aver trascorso anni e anni di ricerche e di studio e aver individuato in un borgo nei pressi di Palomar l'origine delle mostruosità che hanno sconvolto il nostro mondo, devo ritenere che quegli ignoranti dei finanziatori abbiano stabilito che queste anomalie e l'improvvisa successiva scomparsa dell'intera città di Tonterías, e di tutta la sua popolazione, non interessino nessuno e tanto meno possano incuriosire i togati sedicenti studiosi che dirigono questa inutile Istituzione? -
- No. - sbraitò il Rettore, balzando in piedi e sbattendo i pugni sul tavolo: - le sue costose indagini non interessano nessuno, e tantomeno le sue ipotetiche mappe, le sue scartoffie e le sue fantasticherie su località mai esistite e su mondi alternativi. E se proprio lo vuole sapere, non ci interessa neppure che lei continui a far parte di quest'Università. Può raccogliere le sue carabattole e andarsene subito. È licenziato. -
Carlos Molina allargò le braccia, appoggiò entrambe le mani sulla scrivania del Rettore e si protese minaccioso in avanti avvicinando il suo naso adunco a quello del suo interlocutore. Sputacchiando goccioline di bava, intrise di tabacco, sbottò:
- Licenziato? Lei mi licenzia? Sono io che non vedo l'ora di andarmene da questa polverosa baracca che avete il coraggio di chiamare Università! Troverò chi saprà sovvenzionarmi e l'intero mondo accademico riderà di voi e della vostra ignoranza non appena l'esito delle mie ricerche storiche sarà pubblicato dalle più autorevoli riviste scientifiche del mondo! Mantenete pure il vostro grasso deretano incollato alle vostre poltrone. Ben presto il ridicolo suscitato dalla vostra incompetenza ve le toglierà da sotto. -
Ritornato furioso nel suo studio il professore abbrancò tutte le carte che ingombravano la sua scrivania gettandole in uno scatolone. Da un angolo oscuro emerse, silenzioso, uno squosh che si avvicinò guardingo alle sue caviglie. Con un balzo il gatto guardiano schizzò dal divano l'immobilizzò con gli artigli e lo divorò.

20 gennaio A.D. 1803 – Aldea

Un gruppetto cencioso di persone fece improvvisamente il suo ingresso nel piccolo squallido borgo di Aldea: poche casupole sparse in una vallata circondata dai monti e attraversata dal Rioloco, un torrente selvaggio e pericoloso che spesso si gonfiava e tracimava allagando i campi e le abitazioni. Li guidava Morlog, un vecchio dal volto livido e verdastro attraversato da profonde rughe.
Gli abitanti li osservarono, ostili e sospettosi. Cappucci e tuniche grigie, sporche e rappezzate, nascondevano il loro aspetto, mani adunche impugnavano nodosi bastoni e occhi selvaggi, che sembravano emanare bagliori rossastri, squadrarono i campesinos che si sparpagliarono e si rifugiarono nelle case allontanandosi dai nuovi arrivati.
Un vento improvviso fece ondeggiare i rami degli alberi. Da un ammasso nuvoloso, sempre più scuro e minaccioso, la pioggia iniziò a cadere con violenza. Il vecchio si tolse il cappuccio e alzò le braccia al cielo emettendo urla incomprensibili. Un fulmine guizzò rapido con grande fragore assordendo i villani che, impietriti e nascosti nell'ombra delle loro abitazioni, osservarono una insolita cascata d'acqua che diluviava furibonda cadendo dal cielo.
- La coda! Hai visto? Quel vecchio ha nascosto sotto il mantello una lunga coda! - sussurrò, esterrefatto, alla moglie un contadino.
La donna avvicinò il volto al vetro della finestra e strizzò gli occhi per vedere meglio, poi arretrò di colpo con una espressione di terrore.
- E la bambina? Hai visto la bambina vicino a lui? Non ha i piedi, ha degli zoccoli come una capra! Da quale luogo infernale è sbucata quella gente? -
Con un rombo una immensa quantità di acqua fangosa scese dai monti e gonfiò il Rioloco che straripò spazzando via ogni cosa nelle vicinanze. Un ragazzo, che si era furtivamente avvicinato ai nuovi arrivati, adocchiando le loro borse e sperando di riuscire a sgraffignare qualcosa di valore, fu travolto dai flutti e trascinato nei gorghi impetuosi del torrente. Annaspando, ingoiando acqua e dibattendosi cercava disperatamente di tenersi a galla e raggiungere la riva, ma la corrente lo trascinò nel fondo e sarebbe sicuramente annegato se qualcosa non lo avesse afferrato per i capelli trainandolo a terra.
Morlog, con un sogghigno feroce, osservò il giovane che boccheggiava ai suoi piedi. Era stato lui, allungando a dismisura un suo braccio, ad agguantarlo e portarlo in salvo. Non l'aveva fatto per salvarlo, ma per recuperare la pietra verde che il piccolo borsaiolo gli aveva sottratto mettendosela in tasca.
- Chi sei e come ti chiami? - borbottò, afferrandolo per il collo e rimettendolo in piedi.
- Edmundo, mi chiamo Edmundo Nuñez. E chi sono non sono fatti tuoi. Toglimi le tue zampacce dal collo e lasciami andare se vuoi continuare a vivere, tu non sai di cosa sono capace! - biascicò il ragazzo, sputacchiando acqua, cercando di sfuggire alla presa del vecchio e di afferrare il pugnale che conservava nella cintura.

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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