Il drago sembrò scintillare tra quei primi baluginii mattutini, mentre continuava a fendere la nuvola puntando sempre più in alto. D'un tratto forò quel bianco e un cielo azzurro e limpidissimo si aprì tutto intorno in una vastità che lasciò Kiran senza fiato. Sotto di loro banchi di nuvole spesse tra le quali ancora svettava la punta di qualche costone di roccia innevata. Il drago, ora iridescente per i raggi che investivano le sue squame perlacee, puntò dritto dinanzi a sé rallentando l'andatura. Un misto di eccitazione e irrequietezza investì Kiran. Guardando lontano, nella direzione in cui viaggiava il Nagàryon, vide un puntino luminoso, dapprima piccolo, poi via via più grande. Un qualcosa laggiù in fondo sembrava riflettere la luce intorno e splendere con i colori aranciati dell'alba. Man mano che si avvicinavano prese ad assumere una forma irregolare, molto strana. Circolare poteva dirsi, eppure dalla base si ergevano come torri e strutture di altre forme e altezze diverse, con una guglia più stretta al centro che puntava dritta verso il cielo. Kiran cercò di mettere a fuoco strizzando gli occhi più che poteva. Cosa mai si trovava lì in fondo davanti a loro? Si fece avanti, nell'angolo della schermatura più prossimo al collo del drago. La forma sembrava a tratti cambiare colore. Incredulo, senza poter emettere alcun suono che descrivesse la sua meraviglia, Kiran si rese conto che quell'oggetto, enorme, galleggiava al di sopra della nuvola. Più si avvicinavano più diventava luminoso, splendente sotto la luce del sole che l'oggetto rifletteva su tutta la superficie a specchio. Non solo galleggiava, ma ora poteva vedere con chiarezza la base rotonda, più larga, simile ad una ciotola capovolta, roteare su sé stessa, lentamente. Nella parte in cui iniziava a restringersi, un cilindro mastodontico si innalzava verso il cielo e su di esso vi erano addossate torri di varia grandezza e forma, alcune spigolose, altre curve. Altre strutture orizzontali, squadrate, di varia lunghezza spuntavano dalla base roteante. Tutto l'oggetto sembrava fatto di metallo, in alcuni punti così lucido da sembrare specchio. Sulla superficie la luce creava giochi come fosse vetro. Anzi, alabastro. Impossibile definirne il colore. Sembrava argento splendente, ma qui e là, forse i raggi del sole, forse l'iridescenza, davano l'impressione dell'oro. Dalla guglia in alto, al centro di tutta quella immensa struttura, fuoriusciva una sostanza trasparente, traslucida, che emetteva piccoli lampi fiammeggianti e si allargava in maniera circolare. Una specie di grande nuvola roteante come la base della struttura stessa. - Benvenuto a Kailasa. La fortezza. La chiamiamo così perché è la sede dei nostri reggenti, ma soprattutto perché è inviolabile. Solo alcuni hanno il permesso di accesso ed è interdetta agli uomini. - Rasyel non aveva ancora finito di pronunciare quelle parole che Kiran si abbassò di scatto nel vedere un'ombra allungarsi sopra le loro teste. Un cilindro metallico stava sfrecciando sopra di loro per fermarsi dinanzi ad una di quelle torri squadrate. Era rimasto lì fermo, galleggiando nell'aria fino a che Kiran vide aprirsi nella torre un varco, una specie di cancello, e il cilindro vi entrò dentro. Un attimo dopo, alle spalle della base roteante, era apparso un altro oggetto circolare, questa volta più piccolo, ovale, che lasciando le nubi sotto di sé aveva preso a salire in verticale, verso la parte più alta della grande struttura centrale. Una volta giunto alla torre più alta, si era fermato come l'altro e dopo poco era entrato da un varco prima invisibile. - Ma che posto è mai questo? Cosa sono queste cose che volano sopra di noi? Io devo essere uscito di senno! È il veleno! Magari non mi sono ancora ripreso? Saranno visioni? Rasyel! Dimmi qualcosa, ti prego! - - Calma ragazzo - rispose il Wijhàdàr, alquanto divertito - Ti ho detto che siamo a Kailasa! Vedrai molte cose incomprensibili! Questo è solo l'inizio. - Intanto continuava a muovere le dita veloci su quella lastra lucida sulla quale apparivano simboli colorati, linee e forme. - Ora fa silenzio Kiran, perché ha inizio un test sulla mia impronta vocale. - - Che?! - Rasyel gli lanciò un'occhiata con un segno della mano e Kiran si fece in disparte. Ormai non sapeva più dove guardare ed era alquanto agitato. Sentì una voce provenire dalla lastra. Non capì alcuna parola e Rasyel rispose a sua volta, in maniera incomprensibile. Andarono avanti ancora un po' fino a che il Nagàryon riprese a muoversi abbassandosi verso una delle torri e puntando uno di quei cancelli che si aprivano sulle pareti laterali della struttura. - Fra un attimo siamo dentro! Non ti agitare troppo e fai tutto quello che ti dico, chiaro? - Kiran non poté far altro che annuire. Varcarono il portale. Era alto quanto l'intero tempio di Noktha, ma Kiran avrebbe giurato che altri cancelli, aperti poco prima sulle pareti esterne, erano ancora più grandi. Il Nagàryon atterrò dolcemente sul pavimento lucido costellato di fiammelle che brillavano sotto la superficie. La schermatura che copriva il dorso del drago si ritirò, sparendo in punti ben precisi dell'attrezzatura di Rasyel, come vi fosse risucchiata dentro. Due esseri dal volto emaciato e sottile, ricoperti da un abito leggero e aderente si avvicinarono. Una specie di scaletta iniziò a fluttuare lungo il fianco del drago. Kiran si sentì osservato e squadrato. Nessuno lo aveva mai guardato così. - Forza ragazzo, scendi! Se cominci a imbambolarti ora, tanto vale tornare a casa! Veloce! - lo incalzò Rasyel ironico, ma si capiva che sotto sotto diceva seriamente. Intanto lui gli era passato accanto e aveva iniziato a scendere la scaletta per aiutarlo a superare l'impaccio iniziale. I gradini sembravano fermi e resistenti, nonostante fossero sospesi nel nulla. Il Wijhàdàr aveva iniziato intanto a parlare con gli altri due in quella strana lingua che aveva ascoltato poco prima. I due annuivano e uno indicò qualcosa sul fondo davanti a loro. Rasyel tocco la superficie di una tavoletta che l'altro gli aveva porto e si voltò indietro. - Seguimi Kiran! - A quelle parole scese titubante gli ultimi gradini e procedette dietro il Wijhàdàr. Sentì uno strano imbarazzo a passare fra quei due individui e si impettì cercando di darsi un contegno, il meno impaurito possibile. Entrambi fecero un ampio gesto della testa, guardandolo ancora attraverso le lenti scure che coprivano gli occhi. Forse era un gesto di saluto, ma non sapendo cos'altro fare, Kiran ricambiò con il suo saluto a mani giunte, sperando che capissero. - Sbrigati Kiran, non rimanere indietro! - Rasyel lo aveva richiamato. Affrettò il passo e standogli al fianco giunsero dinanzi ad un altro individuo. Questi sembrava avere un volto più simile al suo, appena un po' più pallido, con la pelle estremamente liscia. Ma furono soprattutto gli occhi a colpirlo. Le iridi grigie erano più grandi del normale e l'ovale a mandorla più accentuato. La foggia del vestito era molto curata, con bordi decorati alle spalle, alle maniche, ai polsi. Una cinta in vita era suddivisa in scomparti e riquadri, alcuni dei quali mostravano simboli e piccole luci lampeggianti. Ripresero a parlare fra loro in quello strano linguaggio, a tratti duro, a tratti melodico ed elegante. I toni sembravano cordiali. Davano l'impressione di conoscersi e che lui sapesse del loro arrivo. Rasyel gli porse una di quelle tavolette lucide che portava con sé, la più piccola, estraendola da una tasca interna. L'altro la guardò per un po', toccò qualcosa sulla sua che era più grande e infine annuì con aria compiaciuta. - Ci è arrivata comunicazione che avresti portato un caso particolare da sottoporre. Dev'essere una situazione delicata. Ti faccio i miei complimenti per il ruolo che ti è stato assegnato Rasyel! Ragazzo dev'essere un grande onore avere un simile Wijhàdàr come tutore! - Con sua enorme sorpresa, l'individuo ora stava parlando nella lingua di Sawhi'raj e gli si stava rivolgendo direttamente, tanto che Kir
Ines Curzio
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