Ormai era quasi il tramonto, e quelli delle Tarantole sarebbero tornati tra non molto. Poteva scappare, certo, ma poi? I Giardini di Tivoli erano un posto perfetto per guadagnare. Per un solo istante, Benjamin fu sopraffatto dai pensieri negativi. Era da un po' che non gli accadeva, e rischiò di sprofondare nello sconforto. Cosa farai? Non sarai in grado di mantenerti. Continui a essere una delusione. - Ehi! - , si sentì chiamare, e quando sollevò lo sguardo vide lo stesso ragazzo che aveva incrociato qualche ora prima al bar. Indossava gli stessi vestiti costosi ma trasandati. Alla luce calda del tramonto sembrava davvero un modello sotto i riflettori. - Mi ricordo del tuo gilet - , disse il nuovo arrivato, ammiccando. - Peccato non ci sia nessuno con te per apprezzarlo. I tuoi amici di prima non ti fanno compagnia? - Benjamin frenò la lingua. Strinse i pugni sotto al tavolo, facendo buon viso a cattivo gioco davanti alla sua indiscrezione. - Vuole giocare, signore? - , chiese, cambiando immediatamente discorso. - Sono cinque euro per vincerne cinquanta - . Il nuovo arrivato gesticolò frettolosamente con la mano. - Sì, sì. Gioco - . Si fece molto vicino al tavolino, come se volesse appiattircisi contro. - Basta che mi dai del tu. Siamo coetanei, mi sembra - . Benjamin rimase a bocca aperta per un attimo. Forse si era sbagliato sul suo conto. Non era un ficcanaso, né era insistente. Piuttosto... era schietto. Gli capitava di rado di incontrare persone così naturali. La prima e ultima era stata Emma. - Va bene - , accettò Benjamin, sebbene sentisse il bisogno di allontanarsi immediatamente. - Sai come funziona? - Il ragazzo scosse la testa. Mentre Benjamin gli spiegò che doveva indovinare sotto quale coppa sarebbe rimasta una pallina, lui sembrava ascoltarlo a malapena. Pareva distratto da qualcosa. Benjamin si chiese se stesse aspettando qualcuno. Non poteva essere con le Tarantole, aveva troppa classe; sembrò non accorgersi nemmeno quando finì di parlare, guardava verso il centro del parco. - Sei pronto? - , chiese Benjamin per attirare la sua attenzione. L'altro annuì meccanicamente. - Inizia pure - , affermò tirando fuori una banconota da cinque euro dal portafoglio rigonfio e posandola sul tavolo. Non seguì quasi per niente i movimenti di Benjamin, come se il gioco non gli interessasse. - Non ti avevo preso per il tipo da spettacolo da strada - . - Cosa intendi? - , chiese Benjamin, genuinamente incuriosito. Facendo spallucce, il ragazzo portò lo sguardo su di lui. - Richiede una personalità molto accesa. Tu mi sembri una persona triste - . Benjamin si bloccò di colpo, le biglie metalliche che scorsero contro la parete interna delle coppe. Si sforzò di non tremare. Si chiese se se ne fosse accorto perché aveva avuto una giornata pesante, e non era in grado di mantenere la solita facciata. Nemmeno le persone che conosceva da due anni – nemmeno i suoi vecchi compagni di scuola quando viveva ancora in Italia – si erano mai resi conto del divario che c'era tra come si sentiva e quello che mostrava. Persino Eric, che lo conosceva da più tempo, ne era ignaro; era troppo impegnato a pensare a se stesso. La cosa non piacque affatto a Benjamin. Lo fece sentire come se lo stessero esaminando al microscopio. Stava per riprendere il suo numero, ma si accorse di un gruppo di persone non molto lontano che si aggirava per il parco. Indossavano tutte la divisa da operatore dell'Agenzia. Mancavano solo loro. A Benjamin sfuggì un sibilo acido. Il ragazzo biondo seguì la traiettoria del suo sguardo, e digrignò i denti. - Insegnami il tuo trucco - , richiese all'improvviso, più agitato. - Andiamo laggiù - . Indicò un punto alle spalle di Benjamin, mezzo nascosto da cespugli e gazebo. E ora che gli prendeva? - Un bravo mago non rivela mai i suoi trucchi - , affermò Benjamin con un sorriso finto e sottile. Riprese a muovere le coppe, tentando di ignorare la richiesta bizzarra che gli era appena stata fatta. Senza demordere, il ragazzo sbatté sul tavolo una seconda banconota. Questa aveva due 0 dopo il 5 – il che fece seccare di colpo la bocca di Benjamin. - Questi sono tuoi se andiamo là dietro - . Benjamin era sempre più convinto che si stava cacciando in una situazione pericolosa. - Ti stai nascondendo - . - E anche se fosse? Ti sto offrendo cinquecento euro per farmi passare inosservato! - Benjamin afferrò il bordo del tavolino con entrambe le mani. - Sei del Sindacato Chimera? - , chiese cauto. Solitamente era bravo a inquadrare la gente, ma non era infallibile. La sua prima impressione poteva essere sbagliata. Il ragazzo sembrò infuriarsi a quell'accusa. - Mi cercano perché ho una regalia, ma non sono un criminale - , sussurrò a denti stretti. Ancora una volta, a Benjamin sembrò incredibilmente sincero... e disperato. Impiegò solo un istante per decidere, fidandosi del proprio istinto. Raccolse le due biglie ancora libere e le infilò nella tasca del gilet. - D'accordo, ma non fare niente di strano - . Prima di spostare il suo banchetto restituì i soldi al ragazzo. - Me li darai quando ti sarai liberato dell'Agenzia - . Dopo un attimo di esitazione, il ragazzo accettò con gratitudine. Per la prima volta si aprì in un sorriso complice. - Sono Noah - . - Piacere - , ribatté frettolosamente Benjamin mentre nascondeva il tavolo, ancora insicuro di avere preso la scelta giusta. Ora che erano appartati, si sentì più tranquillo. - Cos'hai combinato per farti dare la caccia? - In realtà gli interessava in misura limitata. Lo aveva chiesto più per evitare che l'atmosfera si facesse silenziosa e tesa mentre restavano nascosti. La guancia di Noah ebbe un guizzo. - Assolutamente niente - , ringhiò a bassa voce. - È la mia famiglia che me li ha messi alle costole. Vogliono farmi tornare a casa - . Benjamin lo osservò attentamente, cercando di immaginare quel ragazzo benestante che scappava di casa. Gli ricordava un animale che si ostinava a non farsi mettere in gabbia. - Capisco - . - Come no - , sbuffò Noah. A Benjamin sfuggì un sorriso triste, che nascose immediatamente. Non voleva finire a parlare dei propri problemi. Ogni volta ci aveva provato, desiderando che per una volta qualcuno lo ascoltasse, non era mai andata bene. Erano tutti troppo impegnati a interpretare le sue parole attraverso le loro esperienze, non facevano altro che sminuire le sue ansie. - Tra me e i miei non c'è astio - , spiegò Noah. - Abbiamo fatto un patto: se non riescono a farmi tornare a casa in dodici mesi, allora la smetteranno di provare a controllare la mia vita - . Benjamin, esterrefatto, scoppiò a ridere dopo un momento di silenzio. - Mi sembra che si stiano impegnando parecchio - . Anche Noah sembrò più sereno. - Fin troppo. Sfortunatamente, hanno più risorse di me - . - Almeno ti hanno dato una possibilità - . Benjamin fece spallucce. Purtroppo lui non aveva avuto la stessa fortuna. Adesso ti metti a impietosire gli sconosciuti? - Quindi la tua famiglia è ricca sfondata - . Benjamin cambiò discorso mentre sbirciava oltre i gazebo. Gli operatori erano ancora lontani, sembravano intenti a controllare l'intero parco, ma si stavano avvicinando lentamente. Per il momento non sarebbero stati un problema. - Papà è un banchiere, e mamma è una stilista di successo - , sospirò Noah a braccia incrociate. - Si sono presi il compito di viziare e proteggere il loro unico erede - . Ridacchiò e rivolse a Benjamin un lungo sguardo. - Ti sono debitore, sai? - Preso alla sprovvista, Benjamin protestò debolmente: - Mi hai offerto cinquecento euro... - Noah lo liquidò con un rapido cenno della mano. - Sciocchezze, mi stai dando una mano per qualcosa di importante. Non bastano pochi spiccioli per ripagarti - . Se quelli per Noah erano pochi spiccioli, Benjamin non voleva sapere a cosa era abituato. Solitamente non gli piaceva sentirsi in debito... O meglio, non gli piaceva quando gli altri si imponevano su di lui, mettendolo in una posizione in cui si sentiva in obbligo di fare qualcosa per loro. Ma non questa volta. Percepì solo gratitudine, pura e semplice. Prima che potesse ribattere in qualunque modo, sbucarono tre figure da dietro i cespugli. - Pensavi di svignartela con i nostri soldi, coglioncello? - I tre delinquenti delle Tarantole erano tornati. Sebbene la luce iniziasse a scarseggiare, specialmente in mezzo a strutture e vegetazione, il tizio con la giacca di denim portava ancora gli occhiali da sole. Noah assunse immediatamente un'espressione più intenss. - Stavamo parlando. Perché non ripassate più tardi? - , rispose con un ghigno provocatorio. Benjamin si irrigidì dalla testa ai piedi. - Lascia stare, Noah - , disse tentando di placare gli animi. Dopotutto, forse dare alle Tarantole quello che volevano era la scelta più semplice. Arrendersi rimaneva sempre l'opzione più sicura. I tre energumeni si fecero più vicini, e quello che sembrava il capo mise mano al suo coltello a scatto. - Ti conviene tenere la bocca chiusa, damerino - . - Magari possiamo ricavare qualcosa anche da lui - , gracchiò uno dei suoi compagni, adocchiando i vestiti costosi di Noah. Benjamin fu sollevato che le Tarantole si stessero concentrando qualcun altro e non su di lui. Con un movimento rapido, Noah sfoderò un coltello a farfalla che doveva trovarsi da qualche parte nella sua giacca. Lo aprì con uno svolazzo appariscente e aggraziato del polso. - In effetti c'è qualcosa che vorrei darvi - , li canzonò. Benjamin rimase paralizzato sul posto. Li stava minacciando? Non gli aveva dato l'impressione di essere completamente fuori di testa. Noah portò il coltello alla base del palmo della mano e si fece un taglio. - Cosa fai? - , si lasciò sfuggire Benjamin, la voce rotta. Ma qualsiasi altra parola che stava per uscirgli gli morì in gola. Dalla ferita di Noah iniziò a sgorgare del sangue, troppo per un taglietto così piccolo. Si accumulò sulla superficie della sua pelle ignorando la forza di gravità. In un istante si formò un tentacolo di sangue che terminava in una punta ricurva, come un artiglio. - Allora, vi piace? - , chiese Noah ai suoi avversari, ammutoliti di colpo. Quindi quella era la sua regalia. Benjamin si ritrovò ad ammirare quello strano fenomeno. Era equamente affascinato e disgustato dalla protuberanza sanguigna che si muoveva a scatti. In un lampo, il tentacolo scattò verso uno dei malviventi e gli frustò il viso lacerandogli la pelle. Il tizio in denim, pallido come un cadavere, si gettò contro Noah brandendo il suo coltello. Senza spostarsi di un centimetro il ragazzo mosse il tentacolo, che ora terminava in una pinza, verso la sua gola. Appena le punte della pinza gli si strinsero attorno al collo, il tizio in denim si fermò. - Fate qualcosa! - , ordinò ai suoi compagni, la voce resa stridula dalla paura. Ma gli altri due se l'erano già data a gambe, abbandonando il loro leader senza pensarci due volte.
Giulio Fortini
Biblioteca
|
Acquista
|
Preferenze
|
Contatto
|
|