Il velivolo viaggiava silenzioso sopra il manto uniforme delle nuvole candide. A occidente, il disco rosso del sole continuava a ferire la vista, nonostante il tramonto ormai vicino. Avevo volato sugli MD9000 decine di volte, ma non smettevo mai di meravigliarmi per la silenziosità di quel veicolo. Soltanto fino a poche decine di anni prima, la maggior parte degli aeromobili civili che trasportavano ogni giorno milioni di passeggeri sulle rotte di tutto il mondo, erano ancora dei veri e propri aeroplani, e si mantenevano in volo utilizzando ancora, come gli uccelli, la spinta ascensionale dovuta al loro profilo alare in movimento nell'atmosfera terrestre, spinti da rumorosi motori a reazione, che bruciavano migliaia di litri di carburante a ogni viaggio. L'MD9000 invece, come ormai la maggior parte dei veicoli volanti, si sosteneva nell'aria con un modesto consumo di energia, utilizzando il rivoluzionario principio di Pietrek. Quasi tutti gli oggetti volanti che oggi circolano sul nostro pianeta possono vincere infatti la forza di gravità, e sostenersi a una certa altezza dal suolo, teoricamente anche in assenza di atmosfera, sfruttando l'interazione dei campi magnetici controrotanti ipotizzati da Pietrek poco più di un secolo fa col magnetismo terrestre. Gli aerobus come quello sul quale mi trovavo quel giorno di venticinque anni fa, aggiungevano al sistema Pietrek, utilizzato solo per vincere la forza di gravità, un ulteriore sistema di propulsione. Nel caso dell'MD9000, si trattava di un motore a flusso di elettroni. Il risultato era un volo silenzioso, veloce, sicuro ed economico come non lo era stato nessun volo del ventesimo secolo. Assorto in questi pensieri, mi godevo lo spettacolo, riflettendo sul fatto che, forse, solo quei temerari che si dedicavano a sport pericolosi come il volo in pallone avevano potuto godere di una vista simile, con la stessa pace e serenità, nel secolo precedente. La voce del comandante ci avvisò con tranquillità che stavamo iniziando la discesa su Milano, dove saremmo atterrati in pochi minuti. Ci fu il solito passeggio di hostess che controllavano le cinture e la chiusura dei tavolinetti, mentre i passeggeri di sesso maschile cercavano di controllare a loro volta la qualità delle gambe delle hostess, e dopo poco tempo l'MD9000 cominciò ad abbassarsi all'interno dello strato di nuvole. Immediatamente l'aerobus si tuffò in un bicchiere di latte. Non era possibile scorgere nulla dal finestrino. Era come trovarsi all'interno di un'enorme pallina da ping-pong, e la situazione ovattata era accentuata dall'assoluto silenzio in cui eravamo immersi. Anche l'equipaggio dovette accorgersi dell'innaturalezza di quella situazione perché improvvisamente l'impianto audio dell'aeromobile cominciò a diffondere una musica inaspettatamente briosa. La discesa durò comunque pochi secondi e ben presto l'MD9000 sbucò al di sotto del tappeto di nuvole, trovandosi incredibilmente vicino al suolo. Visto da fuori, l'MD9000 somigliava stranamente alla parte superiore di una nave da crociera, intendo dire una nave marina, alla quale lo scafo fosse stato ridotto a quello di una chiatta fluviale. Ce ne erano ancora tante di navi marine, come quelle che ricordavo di aver visto nella mia infanzia ancorate nel porto di Napoli. Probabilmente i loro propulsori erano diversi da quelli del secolo scorso visto che i tempi delle traversate si erano più che dimezzati, ma il fascino romantico delle crociere sul mare era ancora un forte richiamo per le coppie in viaggio di nozze e per altri inguaribili nostalgici. Quando l'aeromobile si trovò a soli pochi centimetri dal suolo, il campo magnetico fu lentamente ridotto finché non fu più in grado di sostenere il velivolo, che si appoggiò alquanto violentemente al terreno, dando luogo all'unico inconveniente ancora irrisolto del sistema Pietrek, ossia a quel fenomeno che tutti conoscevano come - il salto dello scalino - . Mi slacciai la cintura e mi diressi verso l'uscita. Tutte queste divagazioni sul volo erano servite se non altro a farmi rilassare, permettendomi di dimenticare per un po' il motivo per cui mi stavo recando a Milano, ma adesso era tempo di concentrarmi sul mio obiettivo, come la situazione richiedeva. Raoul guardava l'acqua della piscina, a oltre centocinquanta metri sotto di lui. La piscina era enorme e, anche vista da lassù, dava più l'impressione di un lago naturale che di una vasca artificiale. Sapeva di non correre alcun pericolo, eppure non poteva non sentirsi spaventato dal vuoto che aveva davanti. Guardò ancora una volta i monitor che si trovavano sulla sinistra della piattaforma e vide Katherine che lo incitava dal bordo della piscina. Gli occhi verdi spiccavano come sempre nel contrasto con il rosso acceso dei suoi capelli. Attese ancora qualche istante, poi vide che l'ascensore cilindrico di cristallo stava salendo nuovamente verso la piattaforma, portando evidentemente un nuovo tuffatore, e capì che doveva buttarsi. Chiuse un attimo gli occhi e si lanciò verso il basso come un antico tuffatore di Acapulco, sulla Terra. Non appena ebbe inizio la sua discesa verso l'acqua, riaprì gli occhi e vide i due soli di Argon 3 splendere sulla superficie della piscina. Gli sembrava quasi di galleggiare, nell'atmosfera ricca di ossigeno. Sul suo pianeta, pochissimi uomini avrebbero potuto tentare un tuffo da quell'altezza, e nessuno con la sicurezza di arrivare tutto intero nell'acqua. Ma sul minuscolo Argon 3, la forza di gravità era meno di un quarto di quella terrestre e ciò rendeva possibile cose che sarebbero state impensabili sulla Terra. Ovviamente negli ambienti di vita, la gravità terrestre era stata ricreata per rendere agevoli operazioni abituali come mangiare, bere o andare in bagno, ma nella maggior parte degli impianti sportivi, il suo valore era quello originale del pianeta ed era questo a rendere così originale quel complesso turistico. Raoul scendeva molto più lentamente di un paracadutista sulla Terra, e aveva tutto il tempo di gustarsi il panorama che gli si apriva sotto i piedi. Nessun tuffatore sulla Terra se lo sarebbe potuto permettere. Tanto più che un tuffo da centocinquanta metri, sulla Terra sarebbe durato meno di cinque secondi e mezzo mentre su Argon 3 ci volevano più di tredici secondi per raggiungere la superficie dell'acqua. Riuscì a scorgere perfino Katherine nella folla che si assiepava sul bordo dell'enorme piscina. Stava filmando il suo tuffo con la minuscola telecamera, e sembrava divertirsi molto. Raoul salutò con un cenno della mano in direzione della telecamera, e poi si preparò al contatto con l'acqua tiepida. Fu come infilarsi sotto le coperte. Al contrario di quanto si potesse pensare, nuotare su Argon 3 non era invece molto diverso dal nuotare sulla Terra. Era vero che un uomo di ottanta chilogrammi di peso terrestre ne pesava meno di venti su Argon 3, ma era anche vero che vicino ai venti chili era anche il peso dell'acqua spostata dallo stesso uomo nella piscina. Raoul era comunque abile nel nuoto, e con poche bracciate raggiunse il bordo, vicino a Katherine. Si appoggiò con i gomiti sulle mattonelle e le afferrò una caviglia, fingendo di volerla trascinare in acqua. Lei emise un gridolino acuto che fece voltare alcuni vicini, e poi esclamò: - Ma che fai? Non vedi che ho la telecamera? - - Beh? Non era resistente all'acqua, fino a dodici metri di profondità? - - Certo, sul manuale è scritto così, ma non mi va di fare la prova - - Ti fidi sempre, eh? - Rispose Raoul sorridendo e dandosi la spinta necessaria per saltare dall'acqua al bordo piscina. - TUTTO È POSSIBILE SU ARGON 3, TRANNE ANNOIARSI - Era questo lo slogan pubblicitario che li aveva spinti a partire con la StarTour. E con loro migliaia di altri turisti. Era la prima vacanza che potevano prendersi da due anni a questa parte e perciò avevano deciso che dovesse essere la più bella della loro vita, almeno di tutte quelle che avevano fatto fino ad allora. Gli era costata poco più di 3.000 Euro a testa. I primi cinque giorni li avrebbero trascorsi interamente ad argon 3 come tutti coloro che avevano scelto il programma a dominanza sportiva. Erano arrivati al villaggio da poche ore e Raoul poteva già archiviare nella sua memoria il - Tuffo di Acapulco - , una delle attrazioni più pubblicizzate di quel villaggio. Ma in realtà le cose che si potevano fare su Argon 3 erano così tante che cinque giorni erano il minimo per poterne provare almeno la metà. Raoul si avvicino a Katherine e l'abbracciò. - Tesoro mio, se non ci fossi tu a organizzarmi tutte queste cose, probabilmente avremmo passato queste sospirate vacanze in qualche affollato solarium sulla Terra, o peggio ancora girovagando senza guida su qualche pianeta esotico. - - Allora è per questo che mi hai sposato? - - disse lei sorridendo con aria furba. - No, - rispose lui – È per quello che faremo stanotte! - - Brutto porcello – rispose lei rispingendolo nella piscina – questo te lo dovrai guadagnare! - Raoul risalì nuovamente dalla piscina sorridendo, per niente arrabbiato per la spintarella di Katherine. Dopotutto erano lì per divertirsi, e pareva che ci stessero riuscendo. Si sedette accanto a lei su una sdraio sotto un ombrellone di paglia e si stiracchiò. - Ma sei certa che le radiazioni di questi due soli non siano dannose per la nostra pelle? - chiese a Katherine. - Ora chi è che non si fida? È scritto qui sul depliant del villaggio: - ...e non occorrono protezioni chimiche per esporsi al sole su Argon 3. Lo strato artificiale di ozono appositamente introdotto intorno all'atmosfera del pianeta è così compatto da impedire, quasi completamente, il passaggio delle dannose radiazioni ultraviolette... - Io comunque ho verificato col mio piccolo UV-meter che nonostante la temperatura sia di circa 30 gradi, la quantità di raggi UVA presenti è più bassa di quella emessa da una lampada neon. Praticamente non c'è radiazione. - - Magnifico - rispose Raoul portandosi le mani dietro la nuca e predisponendosi a crogiolarsi al sole, o meglio ai soli, di Argon 3 - Torneremo con una tintarella invidiabile. Peccato che avremo poche avventure da raccontare. Se questi posti hanno un difetto, è che è tutto controllato, tutto sicuro. In altre parole tutto artificiale. - - Rilassati Raoul - disse per tutta risposta Katherine - abbiamo già tante cose pericolosamente vere e naturali di cui preoccuparci quando non siamo in ferie, che ogni tanto è anche piacevole distendersi in un paradiso come questo. - - E chi dice il contrario. Facevo tanto per parlare. Fosse per me, chiederei la cittadinanza, in questo posto - Nel pronunciare l'ultima frase, Raoul aveva quasi ostentatamente sollevato una lente dei suoi occhiali da sole, per osservare una stupenda hostess del villaggio che si allontanava dopo aver lasciato alcuni drink invitanti ai tavoli dei turisti, il loro compreso. - Sembra proprio che tu ci voglia rinunciare a quella nottata che ti eri immaginato... - Commentò Katherine sarcastica. - Ma che dici? Stavo solo scherzando! - - Beh, allora torna a dormire e cerca di recuperare punti! - Raoul afferrò il bicchiere dal tavolino e tornò a rilassarsi, con la cannuccia tra le labbra. Proprio in quel momento, il servizio di sicurezza stava facendo un'altra scoperta.
Maurizio J. Bruno
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