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Autore: Andrea Mitri
Pannolovers
Poesia
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Pannolovers
Pezzi da Poetry Slam.

I Poetry Slam sono delle serate di gare di poesie in cui i poeti portano sul palco pezzi propri della durata massima di tre mi- nuti e li performano senza l'ausilio di musiche o costumi: solo voce.
Una giuria scelta tra il pubblico vota i pezzi e decreta il vinci- tore della serata.


NECROLOGICO

Vi avviso per tempo
ché la vita a volte ha un corso strano
ché magari ti capita di perderla
un giorno di colpo per strada
o ad un concerto
o asfissiato da un cornetto di traverso
in un bar della stazione di Lugano.
Vi chiedo umilmente in tale caso di farmi cortesia
di ricordarmi al mondo senza troppe sceneggiate
senza quei NOOOO lunghi tre dita
sbattuti sul profilo social di mattina
su sfondo nero, a lettere maiuscole
e intorno faccine tristi colorate.
Vi chiedo per decoro
e per dignità mia personale
di evitarmi frasi del tipo
“adesso insegna agli angeli a far le rovesciate"
ché son più di trent'anni
che non ne faccio una
e finirei col farmi male.
E oltretutto io
anche ai tempi in cui giocavo
non le ho mai insegnate.

Non ditemi “la terra ti sia lieve”
ché non ho mai capito cosa voglia esattamente dire
ma figuriamoci poi se in quel momento
ho il modo di pesarla
e dire “grazie basta così”
a chi la butta sulla bara per mestiere.
Fondamentalmente poi
preferirei farmi cremare
per comodità, per poco spazio occupato
ché tendenzialmente ne occupo poco anche nella vita
in generale.
Ma non spargete platealmente le mie ceneri
in un teatro. su un campo di calcio
a La Claque o durante Poè Trento
lasciate che ci pensi il vento
a disseminarmi in un altrove che decide lui.
Ché poi magari quel giorno anche piove
e io crollo miseramente cenere al suolo
a farmi calpestare da un qualsiasi cretino
cosa mai permessa nella vita!
Ma va bene così, evidentemente sarà Destino.
E non chiedetemi di guardarvi da lassù e di proteggervi
che ho sempre reputato un abuso
avere nella vita compiti precisi
e istruzioni per l'uso.


A proposito, nemmeno rammentatemi in un accadimento comune
in cui traspaio come persona di rara sensibilità
ché poi di là mi piazzano all'accoglienza
con la scusa che ascolto le persone
e rimango fottuto al banco accettazione per l'eternità.
E non pubblicate foto con voi in primo piano
ed io sfocato quasi invisibile sul fondo
per dire che eravamo amici
che avevamo insieme un mondo
solo per dare sfogo alla vostra sete di apparire.
Evitatemi per cortesia il RIP puntato maiuscolo!
Se proprio volete fatemi un rip rip Hurrà
che mi farebbe più piacere
lasciare questo mondo in allegria
per andare a vedere se esiste un'inezia di Aldilà.

Pensatemi piuttosto se potete
in un minuto di silenzio senza applausi
in un brindisi sommesso sul fare del tramonto
in un sorriso strappato da alcuni dei miei versi.
Siate diversi
dall'inconscio collettivo funerario.
Anzi già che ci siamo
cerchiamo di esserlo sempre tutti in generale
e non soltanto perché da me espressamente richiesto
nel giorno del mio funerale.


ODORARIO

Mio padre lavora agli spurghi.
E quando la sera tardi lo trovi al tavolo
che mangia da solo il saluto di tutti noi sempre uguale
è “Ciao Merdaiolo”.
Ché in tutta la casa
il suo odore si diffonde si frammista
a quello dei piatti che mia madre cucina
esperimenti da Ora del Cuoco
tentativi di mantenere acceso un fuoco
in realtà già spento
ma molti anni prima.


Mia sorella ha l'odore del tipo con cui sta
ci si confonde
come un mare piatto dentro l'orizzonte
e mio fratello
ha l'odore dei fumogeni dello stadio
quelli che ti ardono la gola
e urla sempre contro questo e contro quello
fino a quando esce di casa
afferrando un panino al volo
e salutando mio padre
“Ciao Merdaiolo”.


E tutto dintorno le persone
hanno odori diversi apparentemente
ma se le annusi bene è solo odore di gente
di persistenza tutta uguale
con qualche nota di testa qua e là
che qualcuno pomposamente chiama
la mia diversità.
Ma nell'atmosfera
vagano solo odori standardizzati
quasi che vivere
fosse un lento
strascicare i piedi al suolo
aspettando di incontrare per strada mio padre
e sfogarsi urlandogli
“Ciao Merdaiolo”.

Alle volte entro nella profumeria Al Profumo
che neanche ci hanno fatto lo sforzo
al paese
di darle un nome accattivante.
E lì mi lascio trasportare nel regno del fittizio
quasi a volere a tutti i costi
un'appartenenza che passi per l'essenza.
Ma io
non ho odore.
O meglio non mi si percepisce
perché le essenze che mi compongono sono diverse
dal comune sentire hanno a che fare
con il sudore nel creare castelli di sabbia
con l'acredine della pioggia che batte sui vetri
con il sentore di rododendro della mia rabbia
mentre la gente
si accontenta.


La verità è che forse neanche io mi conosco
ma so che quando sulla collina
guardo le nuvole frammentarsi bianche nel cielo
nella pienezza inodore del loro stare mi sento di essere bello come loro multiforme
e leggero in volo.
E dall'alto mio padre lo saluto “Ciao... Mario”
ché in quegli abbracci bianchi
finalmente
non sono più solo.




VOLTO

Sul volto io porto
residui di sogni da bambino
paralizzati nell'occhio destro
sinistro per chi mi guarda
sinistro perché ogni tanto trema
cercando l'ampiezza della visione
a reclamare l'apertura completa
perduta ormai da quarant'anni
per quel treno biancoceleste passato
con unica fermata allora annunciata
Stadio Olimpico di Roma
Perduta Occasione.
Ché al nostro corpo non si comanda
il controllo delle emozioni
perché lui sa
e il mio corpo lo sa
di quei miei sogni da bambino
paralizzati dentro il mio occhio destro
sinistro per chi mi guarda
conosce l'affossarsi rapido delle sensazioni
lungo i sentieri carsici dell'incoscienza
le guida dentro al buio
le mantiene vive negli anfratti
fino a riportarle di colpo in superficie
stampandomi il vagante sul mio viso
bloccandomi le labbra in una smorfia
dando quel taglio amaro
ad ogni mio sorriso.


Perché il mio corpo sa
e ci ha stampato dentro ad ogni ruga
minuscole cellule di resistenza
all'incalzare del mondo nemico
come se non potesse fare senza
di mettere da qualche parte a disegno
gli imprevisti del viaggio
tracciare una specie di mappa della mia trascorsa esistenza dell'incoerenza talvolta sollevata a legge
del coraggio lasciato affogare
della fuga come arrivo di tappa.

E il mio corpo sa
dei miei sogni da bambino
paralizzati dentro l'occhio destro
sinistro per chi mi guarda
e di quelli successivi lasciati scemare
stelle cadenti brucianti desideri
sfuggiti agli occhi, alle orecchie
ai piedi, alla lingua ed alle mani
guardati afflosciare come sacchi vuoti.
Se guardi la mia faccia
forse
lo noti.


Ma con l'andar del tempo si spianano gli affanni
si accettano gli errori
e si annegano i rimpianti
e queste tracce antiche di dolori non affrontati
disseminate asimmetriche nei meandri del mio viso
diventan per fortuna rughe di espressione
di uno che delle cose del mondo
alla fine
molto spesso ha riso.


PANNOLOVERS

Io e te siamo pannolovers
che a tre passi dall'incontinenza senile
ancora in giovanile esuberanza
viviamo sprazzi di estasi
dentro la nostra stanza
rotolandoci fino alla follia su materassi ortopedici
ché tanto per le contratture lombari
la mutua la passa, la fisioterapia.

Qualcuno insiste col dire
che ad amarsi tra le rughe ci vuole tanto coraggio
ma vuoi mettere il vantaggio
di non dover più prender precauzioni
che ci sarebbero sotto casa
pellegrini in coda
che neanche a Medjugorie
dovessimo per caso diventare di nuovo genitori.

Io e te siamo pannolovers
che ci baciamo per la strada
incuranti dello stupore
e dello scuotere la testa
di chi ricorda l'ultimo bacio dato in pubblico
come un giorno di festa.
Che con difficoltà ci manteniamo
l'appetibilità dei corpi
attraverso esercizi con ballerini brasiliani
promettenti flessibilità muscolari
che non possedevamo ma nemmeno trentenni
ché è già un successo arrivare quasi indenni
a qualche anno dall'ospizio
mantenendo intatto il vizio
di amarsi con il corpo
oltre che a parole.


Io e te siamo pannolovers
che il nostro primo patto
è stato di non cenare mai a lume di candela
ché per miopia avremmo visto poco
di quello che avevamo nel piatto
ma che le luci soffuse le usiamo poi
quando ci confondiamo i corpi
in penombra
ché a vederci bene
potrebbe non essere goduria per gli occhi
ma sarebbe da sciocchi
non percorrersi con le mani
come se non ci fosse un domani.
Che in effetti... ce n'è poco.

E allora alimentiamolo questo fuoco
prima che sia troppo tardi
prima che si spenga
prima che un qualunque dottore ci dica
- Ma Signori, alla vostra età... andate a cena fuori
a una mostra, a un cinema all'aperto.
E spegnete gli ardori
ché a riempirvi di tutta questa ossitocina
vi si rovina l'intestino -

Ma io e te siamo pannolovers
che magari non capiamo una mazza dello spid
ma ancora ci emozioniamo
se da qualche parte in lontananza
sentiamo una canzone di Lou Reed
che non vogliamo essere
Heroes just for one day
ma semplicemente Pannolovers
amanti appassionati perlomeno fino al 2036
quando forse accetteremo
che tu sia vecchia
ed io sia vecchio
e solamente allora
buonanotte al secchio.

Andrea Mitri

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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