Fantasie calcistiche rioplatensi
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Storie di futbol tra fantasia e realtà.
Estratto dal racconto: Un tango per una Libertadores
Cosa sareste disposti a fare per assistere ad una partita di pallone? Non una partita qualunque. La partita. Quella che alcuni tifosi attendono per tutta la vita mentre altri, quelli più fortunati, aspettano per un'intera stagione. La partita lunga due partite, forse tre. A quello strano quesito Luis Scarone non aveva mai pensato di dover rispondere. Figuriamoci poi se era in grado di formularla una risposta. Nel giro di qualche ora però, quella domanda sarebbe entrata dirompente sia nella sua testa sia nella testa dei suoi colleghi. Se ne stava comodamente seduto nel suo ufficio con vista sulla Plaza Indipendencia, alle 11.30 di quella che, apparentemente, poteva essere una mattina qualunque di un giorno qualunque. Le sue giornate erano talmente monotone che poteva trattarsi indistintamente di un venerdì di maggio o di ottobre. Due fatti certi però posizionavano quella giornata in un determinato periodo dell'anno. Le foglie erano già cadute dagli alberi, e la sera prima, il suo amato Peñarol, aveva vinto per due reti a zero l'andata della finale della Coppa Libertadores contro il River Plate. Con poche ore di sonno alle spalle ma con un brillante sorriso sulle labbra, aveva trovato quel po' di verve necessaria per affrontare la solita giornata di lavoro d'ufficio presso la James Empresas, piccola azienda familiare attiva nell'import-export di piccoli e medi elettrodomestici. La crisi economica uruguagia iniziava a prendere il sopravvento dopo un quinquennio florido ma, la vendita delle innovative lavatrici, il loro prodotto di punta, non aveva ancora subito un calo. Anche l'esportazione nei Paesi vicini non aveva risentito delle forti tensioni governative. In Argentina e Brasile le giunte militari avevano già preso il potere da qualche anno mentre in Cile, la medesima situazione si sarebbe verificata qualche anno dopo. Tra una sigaretta e un libro contabile, ripensando all'eco di tifo giallo nero della sera precedente, Luis si era dimenticato che, come solitamente capitava ogni metà del mese, ci sarebbe stata la premiazione dell'impiegato migliore del mese precedente. Artur James sapeva come stimolare i propri ragazzi. Arrivato in Sud America ormai venti anni prima come tante altre persone in fuga da un Europa devastata dal conflitto mondiale, aveva unito furbizia e fiuto per gli affari ad un incredibile colpo di fortuna: Susana Herrera. Doña Susana, così come era conosciuta in tutta Montevideo, era considerata una delle più importanti ereditiere del Paese. Figlia di Don Ignacio Herrera, capo indiscusso del settore alberghiero, aveva ereditato una fortuna. Sposatisi poco dopo essersi conosciuti, Susana e Artur, sfruttarono a pieno il fiuto di lui e il denaro di lei per buttarsi a capofitto in un mercato in promettente espansione. In quegli anni i due costruirono un vero e proprio impero, nel quale Artur fu talmente bravo e convincente sia nel dare all'azienda il suo cognome, anglofono e maggiormente adatto a sponsorizzare le novità tecnologiche, sia nel gestire in prima persona le attività. Bastone e carota il suo motto. Dare qualcosa in premio per poi ricevere la massima devozione e il massimo impegno dai suoi lavoratori. Con questo proficuo atteggiamento ogni trenta giorni era solito eleggere il dipendente del mese, al quale regalava simpatici omaggi: ingressi al cinema o a teatro, cene in ristoranti esclusivi o partecipazioni ad eventi di gala. In ufficio, tutti o quasi, erano tifosi di fútbol e a Montevideo, o meglio in Uruguay, la parola fútbol aveva un duplice e opposto significato: Club Atlético Peñarol e Club Nacional de Football. Questo Artur lo sapeva bene, e sapeva molto bene che, tra i suoi ragazzi, tutti tifosi del Peñarol, ce ne sarebbe stato almeno uno che, pur di assistere alla partita che avrebbe potuto tingere di giallo e nero l'intero continente sudamericano per la terza volta in sette edizioni, avrebbe sfidato la sorte e accettato qualsiasi condizione. Artur non amava particolarmente il calcio sudamericano. Continuava a seguire a distanza le avventure di Charlton, Best e dei suoi amati Red Devils, ma al fútbol di quelle latitudini proprio non riusciva ad appassionarsi. Troppo poca signorilità rispetto a quello di sua maestà. Per i suoi dipendenti invece il discorso era diametralmente opposto. L'idea gli venne quella stessa mattina mentre sorseggiava un buon caffè e sfogliava le pagine di El Pais. A Susana non si poteva dire di no e si era ormai rassegnato da tempo all'idea di trascorrere un paio di giorni in sua compagnia. Il problema in sé ovviamente non era passare del tempo con sua moglie. Il problema era che quei giorni li avrebbe passati ballando. Nonostante si fosse adattato nel bene e nel male a quasi tutti gli usi e costumi uruguagi, c'era una cosa che il sessantenne Artur proprio non riusciva a farsi piacere: il tango. Tralasciando la diatriba tutta rioplatense sulla reale paternità del ballo, il solo pensiero di partecipare alla gara alla quale Susana li aveva iscritti gli faceva venire male ai piedi. Le aveva provate proprio tutte ma non c'era stato nulla da fare, fino a quando la rassegnazione aveva preso il sopravvento sulla ricerca di una via di fuga. Fino a quella mattina però, fino a quell'articolo sul giornale, fino alle urla festanti dei suoi ragazzi nella hall dell'ufficio. Il ritorno della finale al Estadio Monumental di Buenos Aires si sarebbe giocato proprio il giorno dopo la gara di tango e, guarda caso, la nave sulla quale si sarebbe svolto l'evento avrebbe attraccato proprio nella capitale argentina. Due più due fa sempre quattro pensò Artur. Susana poi sarebbe stata ben lieta di presentarsi in compagnia di un prestante e giovane ballerino. Il piano era perfetto: l'impiegato del mese avrebbe vinto un ingresso allo stadio a spese dell'azienda, a una sola condizione però, essere cavaliere per una sera. Qualche telefonata qua e là e avrebbe organizzato tutto senza grosse difficoltà. Rimaneva solo da escogitare un sotterfugio in modo da attirare l'attenzione di tutti i dipendenti e poi via, si sarebbe goduto un' intera serata in compagnia di un buon brandy nel suo club preferito. Alle undici in punto la voce di Artur si sentì chiara e distinta dall'altoparlante: - Questo mese sembra proprio che qualcuno rimarrà senza parole. Vi aspetto tra due ore. Poche parole, ben pensate e scandite, che lasciarono quasi tutti di stucco. Artur non annunciava mai in prima persona la cerimonia né tantomeno si presentava al suo svolgimento. Quando i dipendenti entrarono nella sala riunioni, le sedie erano già quasi tutte occupate. Sembrava proprio che il trucchetto avesse colto nel segno. Luis però non era molto coinvolto e in quelle due ore, tra le incombenze lavorative e le azioni di Pedro Rocha ancora vivide nella sua mente, si dimenticò della premiazione. Quando si accorse di essere rimasto da solo negli uffici, la cerimonia era iniziata da qualche minuto. Nel mezzo della sala Artur era in procinto di annunciare le novità accuratamente studiate per l'occasione. Luis si sedette accanto a Matías, il recordman di premi degli ultimi due anni. - Luis, se anche stavolta vinco due biglietti per il cinema te li regalo - bisbigliò Matías per non essere sentito. - Grazie Matías, così io stesso li regalerò a qualcun altro - rispose Luis ridendo. In quel momento una scenografica sfera entrò nella stanza. Stavolta Artur aveva fatto le cose in grande cogliendo ancora tutti di sorpresa. - Signori questo mese è stato un mese importante per tutti noi - disse Artur fingendo ma allo stesso tempo aggiungendo patos alla recita. - Insieme a Susana - e nemmeno questo era vero - abbiamo deciso che questi importanti risultati, figli del contributo di tutti, devono essere premiati come si deve. Tutti voi siete meritevoli del premio - proseguì con voce fiera. - Solamente i più coraggiosi però potranno partecipare all'estrazione. Solamente chi sfiderà la sorte e accetterà al buio l'unica condizione che abbiamo posto. Una risata corale si sollevò dalla platea. - Lo sapevo che ci sarebbe stata la fregatura - sogghignò Luis. - Non penso proprio parteciperò - ribatté Matías. Scemata la calorosa risata Artur proseguì con la sua scenetta. - Tra tutti i coraggiosi però, solo uno tra qualche giorno sarà seduto all'Estadio Monumental.
Alessandro Sanna
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