Fuoco ed estasi - Obbligami (Vol 1)
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Mi giro e rigiro nel letto, un'inquietudine generale mi tormenta da giorni, settimane. Non ho idea del perché ma ogni mattina mi sveglio con un senso d'insoddisfazione che mi torce lo stomaco. Ho un fidanzato meraviglioso, un appartamento piccolo ma carino e un lavoro tranquillo. Ed è per tutto questo che non capisco che cosa mi stia succedendo. Sì, la mia migliore amica è in un periodo particolare, dove il pericolo la sfiora di continuo, ma ha anche due uomini che la sorvegliano a vista. E che uomini. Il suono del cellulare mi fa drizzare sul letto come una di quelle bamboline a molla e colpisco il soffitto. Non sono ancora abituata a dormire in una mansarda e ogni tanto, quando non presto attenzione, la mia testa e il sottotetto hanno un incontro ravvicinato del terzo tipo, o quarto, o quinto... non so quanti bernoccoli ho già collezionato. Afferro il cellulare sul comodino, massaggiandomi la zona dolorante. − Cassandra, cosa succede?− la preoccupazione si annida immediatamente nel mio petto. − Ciao Sara, scusa se ti chiamo così presto. − Non ti preoccupare, dimmi che cosa succede? In ordine temporale, Cassandra è stata aggredita da un suo collega impazzito per lei. È stata accusata ingiustamente di spionaggio societario mentre lavorava per la Diamorg, l'azienda dei suoi ragazzi. Ha visto la sua casa andare a fuoco e quindi è stata costretta a vivere, prima in un'auto e poi in una roulotte. È finita nelle mani di un protettore senza scrupoli. E infine è stata rapita per non so quale ragione, ma c'entravano i suoi due uomini ricchi e belli come il peccato. Per questo motivo, nel momento in cui mi chiama in orari fuori dal comune, mi aspetto il peggio. − Paolo Viani è vivo. − Viani, il pezzo di merda che ti ha aggredito? Quello che mentre ero da te, ci ha spaventato tanto che i tuoi fidanzati mi hanno rispedito in Germania a calci in culo? − Esagerata non ti hanno mandato via a calci. Comunque si è lui. − Ma non era morto ammazzato? − Il laboratorio della polizia ha confrontato il DNA del cadavere con un suo campione e non corrisponde. − Quindi di chi è il corpo? − Non si sa, probabilmente di un senzatetto. − Hai paura che possa tornare da te?− domando preoccupata per la mia amica più cara. − Sì, no... non lo so. La sua voce titubante mi manda in crisi. − Cassandra, mi stai spaventando. − Non ti preoccupare, Trilli, sono super protetta. Tutte le volte che mi chiama con il soprannome che mi ha affibbiato quando lavoravamo assieme, mi strappa un sorriso. Secondo lei sono come la fatina di Peter Pan: bionda, piccolina e piena di energia, il che non è molto distante dalla realtà. − Sei sempre sorvegliata da quella specie di pugile in pensione?− le domando, ricordando l'uomo burbero che la protegge come se fosse sua figlia. − No, Battista è stato ferito durante il mio rapimento. Ora ho un'altra guardia del corpo. Ah già, me ne ero dimenticata, si è beccato una pallottola per lei, pover'uomo. − Ed è carino in nuovo bodyguard? − Forse, ma non importa, non è qui per quello. − Beh, l'occhio vuole sempre la sua parte. − Comunque, ti ho chiamata per avvisarti che te ne è stata assegnata una anche a te. − Di cosa?− chiedo soprappensiero, immaginando il nuovo guardaspalle di Cassandra: alto, muscoloso e pronto a sacrificare la sua vita per la mia amica. − Di guardia del corpo− esclama, strappandomi dalle mie fantasticherie e riportandomi bruscamente alla realtà. Cosa? Non se ne parla, mi ci manca uno zotico che mi segua ovunque e che spii ogni mia azione. − Non c'è bisogno di scomodare una persona per me− le dico, sperando di convincerla. − Non sono in pericolo− affermo non troppo convinta. Forse l'inquietudine che provo in questi giorni è dovuta proprio al senso di insicurezza che si è insinuato nella mia mente da quando ho vissuto con lei lo stalkeraggio di Viani. Quella notte il suo collega è venuto alla roulotte di Cassandra per spiarci. Si è aggirato per lungo tempo attorno alla casa mobile, come una iena nei pressi della tana di una probabile preda come se fosse stato in cerca di un prelibato bocconcino. A quel ricordo mi vengono ancora i brividi, evidentemente ho trascurato i postumi emotivi che quella brutta esperienza ha lasciato dentro di me. − È meglio non rischiare e comunque è troppo tardi è già partito− sostiene, alleggerendo il peso che mi stava schiacciando il petto. Tutto sommato non mi dispiace l'idea di un omaccione che mi tenga al sicuro vegliando su di me. − Okay, spero che almeno non sia come Battista− esclamo, tentando di sembrare spensierata. Cassandra ha già tanti problemi che l'affliggono, non voglio aggiungere la preoccupazione per la mia incolumità sulle sue spalle. − Non so chi ti abbiano mandato ma è irrilevante− sostiene con un tono sicuro e asciutto che avrebbe usato Steven Diamond, il più intransigente dei suoi uomini. Probabilmente sta solo riportando una frase pronunciata dal suo uomo, quando lei gli avrà chiesto spiegazioni. − Forse per te è irrilevante, ma ti assicuro che per me è molto importante− le dico per cercare di non sembrare preoccupata e spaventata. − Sara, per favore è una cosa seria. Sento nella sua voce tutta l'ansia che prova per la mia situazione, non sopporta l'idea d'avermi messa in pericolo e quindi cerco di rassicurarla. − Lo so, Cass, stai tranquilla proverò a seguire i suoi suggerimenti. Va bene? Lei prende a cuore sempre tutto, si colpevolizza di ogni cosa e mette tutta se stessa in ogni cosa che fa, e questo è un suo grandissimo pregio. − Grazie. Ci sentiamo presto. − A presto. Dopo un rapido salto in bagno, scendo a piedi nudi le scale che conducono all'open space, dove c'è tutto il resto dell'appartamento. Appena l'ho visto me ne sono innamorata subito e l'ho preso in affitto senza neanche chiedere il prezzo. Lo so, sono impulsiva ma quando ho visto il pavimento di legno, non ho resistito. Odio le pantofole. E qui a Monaco d'inverno fa notevolmente più freddo che in Italia e le mattonelle sono troppo fredde perché possa camminarci scalza, quindi non ho avuto dubbi. Mi siedo sul bancone dell'angolo cottura e ammiro il mio salottino, ho appena finito di arredarlo ed è venuto benissimo, forse un po' troppo vezzoso ma poiché ci abito da sola, non mi sono trattenuta e ho comprato tutto quello che mi andava. Il risultato è una casa molto femminile e piena di colori, proprio come me. Appena la caffettiera inizia a borbottare salto giù dal piano di lavoro, preparo la tazzina, spengo la fiamma e mi allungo per cercare qualcosa da mangiare nei pensili sopra il lavandino. Uno spiffero d'aria gelida mi colpisce la nuca. Sento qualcosa alle mie spalle. Una presenza. Un impercettibile scricchiolio del pavimento. Qualcosa di estraneo... di pericoloso. Il gelo della paura mi blocca a metà del movimento, mi si rizzano i capelli in testa. Un attimo dopo un grosso e forte corpo mi spinge verso il bancone, bloccandomi da dietro con i fianchi e una mano mi copre la bocca. − Non gridare− sussurra una profonda voce maschile, mentre preme più forte contro di me. − Non vorrai svegliare i vicini. Sono impietrita dal terrore, non riesco a muovermi, a respirare, come potrei riuscire a gridare e quando lui appoggia l'altra mano sul bancone con stretta in pugno una grossa pistola scura, mi sento morire dentro. − Sto per toglierti la mano dalla bocca− aggiunge, mormorando nel mio orecchio. − E tu farai la brava ragazza, vero? Le lacrime mi pungono gli occhi mentre cerco di annuire, ma la sua presa è ferrea e non riesco a muovere la testa. Toglie la mano dal mio viso e afferra il pacco di biscotti che ancora tengo a mezz'aria, li posa accanto alla pistola e mi circonda stringendomi la mano sul fianco. Prendo una grossa boccata d'aria ma poi ritorno a trattenere il fiato, quando sposta l'arma davanti al mio viso e la usa per spingere il mio braccio verso il basso. Il contatto gelido del metallo nero mi dà i brividi e faccio uno scatto per allontanarmi. − Fai attenzione, Sara, potrebbe partirmi un colpo. Appena mi rendo conto che conosce il mio nome, il terrore si avvolge in spirali ancora più strette dentro di me, mi stritola il ventre e mi strappa l'ossigeno dai polmoni. Non ricordo d'essere mai stata così vicina al pericolo in vita mia. − Quanto pensi mi ci voglia per farti del male, Sara? La voce del mio aggressore è bassa e mi provoca un brivido inquietantemente sexy. − Quanto per trascinarti via da qui?− continua minacciosamente ma il suo tono non è quello che mi aspetterei da un malintenzionato, sembra quasi divertito. E poi perché mi fa queste domande? Che scopo hanno? Sta cercando d'intimorirmi o è solo un modo per prendere tempo? Qualsiasi cosa lo stia spingendo a comportarsi così, devo riuscire a fuggire, ma il mio aggressore è muscoloso e mi sovrasta di tutta la testa. Inoltre, il braccio che ho intorno al corpo è come una morsa d'acciaio e i suoi fianchi premuti sulla mia schiena sembrano inamovibili. Come posso riuscire a scappare? Se riuscissi a fargli credere che non ho paura di lui, forse lo sorprenderei abbastanza da riuscire a prenderlo in contropiede. − Che cosa vuoi da me?− gli domando cercando di mantenere un tono fermo, ma la voce mi esce in un lieve sussurro tremante, vanificando il mio tentativo. − Solo dimostrarti che sei vulnerabile− afferma, spostandosi per lasciarmi libera. − Come scusa?− domando incredula, voltando la testa per riuscire a guardarlo in faccia. È lui che ha fatto una mossa inaspettata. Il mio aggressore rinfodera l'arma nella fondina ascellare e sposta i lembi della giacca di pelle nera per coprirla. − Ti hanno annunciato il mio arrivo, giusto?− mi chiede, lasciandomi sempre più frastornata. Appena intuisco chi è e che cosa ci fa nella mia cucina, la rabbia mi offusca la vista e mi volto completamente verso di lui. − Che cosa... tu saresti la mia guardia del corpo? Ma chi cazzo mi hanno mandato: Rambo? Lo guardo da capo a piedi, non sembra un bodyguard ma un delinquente. Sotto la giacca di pelle indossa un'aderente t-shirt nera, un paio di jeans altrettanto neri gli avvolgono le gambe muscolose e ai piedi calza un paio di anfibi da motociclista. Con lo sguardo risalgo la sua muscolatura invidiabile e nel momento in cui arrivo al volto, rimango letteralmente a bocca aperta: i suoi occhi sono molto scuri e incredibilmente magnetici, ha la mascella volitiva e il naso diritto e perfettamente proporzionato al viso, la fronte è alta e ha i capelli castani tagliati cortissimi. Poi mi soffermo sulla sua bocca, carnosa e ben disegnata, in quel momento le sue labbra si distendono e rimango incantata da un incredibile sorriso strappa mutandine. − Ho superato l'esame? Sento la mia faccia avvampare, e mi ricordo perché sono furiosa con lui. − Sei un deficiente, mi hai spaventato a morte. In un attimo sono di nuovo imprigionata tra lui e il bancone ma questa volta è di fronte a me e cerco di respingerlo premendo i palmi sul suo petto mentre i suoi fianchi bloccano ogni mio movimento. Spingo con tutte le mie forze, ma non riesco a spostarlo neanche di un millimetro. − Non ti azzardare mai più a insultarmi− dice con la voce che vibra di rabbia. − Nei prossimi giorni passeremo molto tempo assieme e il rispetto sarà essenziale− aggiunge con un tono freddo come il ghiaccio puro. Mi perdo nei suoi occhi diventati un pozzo nero senza fine, dove sprofondo senza potermi aggrappare a nulla. − Ora vai a preparare una borsa, partiamo immediatamente. Appena le sue ultime parole riescono a farmi oltrepassare il gelo in cui il suo sguardo mi ha circondato, esclamo: − Stai scherzando, vero? Non ottenendo altro che un'occhiata severa, gli domando: − Dovrei partire con te? Preme le labbra tra loro come se fosse esasperato dalle mie continue domande. Che si fotta. Io non vado da nessuna parte con lui. − Non è uno scherzo, Sara, vai a prepararti per un viaggio lungo. − Scordatelo. Vedo l'impazienza alterare i suoi lineamenti e mi stringe le mani su entrambe le braccia, come se fosse tentato di scrollarmi. − Ti conviene andare, se non vuoi partire vestita così− mi suggerisce, utilizzando un tono pacato come se stesse parlando con un bambino piccolo. Oppure a una donna un po' stupida. − Tu sei pazzo, io non vado da nessuna parte con te, non ti conosco, potresti essere una delle persone da cui Cassandra mi vuole proteggere. − Sono il maggiore Ferri− afferma, guardandomi spazientito. − Ora mi conosci. Vai, non abbiamo più tempo. Ah beh, ora sì che posso stare tranquilla. − E io sono la Regina d'Inghilterra− esclamo sarcasticamente. Come può pensare che mi basti un nome e un grado per tranquillizzarmi? Mi sa che pensa davvero che io sia una credulona. Cerco di scrollarmelo di dosso, provo a uscire dal cerchio delle sue braccia, ma non ci riesco. − Sara, smettila di agitarti. Se fossi un malintenzionato, adesso non saremmo qui a discutere. − Potrebbe essere tutto un inganno solo per tenermi buona. Non dice nulla, semplicemente mi guarda con un sopracciglio alzato. − Potrei chiamare Cassandra per avere conferma sulla tua identità?− domando speranzosa. − Non abbiamo tempo. Perché ha tutta questa fretta?. − Il tempo lo devi trovare− esclamo, fulminandolo con un'occhiataccia. − Non tollero insubordinazione, Sara, per nessuna ragione. La sua pazienza dev'essere arrivata alla fine, perché la voce è un sussurro oscuro, i suoi occhi sono pieni d'ira e la mascella è così contratta che mi sembra di sentire i denti scricchiolare. − Chiaro?− ringhia sul mio viso senza quasi muovere la bocca. Sono agghiacciata, spaventata e il dubbio che non sia chi dovrebbe essere mi fa temere per il peggio. − Sì, ho capito− gli dico per cercare di calmarlo. Devo riuscire a sfuggirgli.
Cara Valli
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