Revenge - Johns Hopkins Medical Series #4
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Soraya.
Non amo le serate di gala, anzi a dire il vero le detesto, la falsità che si respira in questi ambienti, è l'apoteosi dell'ipocrisia e per quanto io sia cresciuta in una famiglia votata alla dea dell'apparenza, non riesco proprio a digerirle. Le mie sorelle si preparano per giorni prima di eventi come questo, io invece ho preso il primo vestito decente che ho trovato nell'armadio e via... Ogni tanto ho la sensazione d'essere stata sostituita nella culla con la vera terzogenita della famiglia Wright e se non assomigliassi a mio padre come una goccia d'acqua: stessi occhi azzurri a mandorla, stessi capelli biondo cenere, stessa corporatura slanciata, potrebbe essere possibile. − Sissi− mi chiama Meg, sbracciandosi dall'ingresso del Four Seasons. Megan è esattamente come me e, infatti, è la mia sola e unica amica sincera. − Sai che ti farò pagare ogni vescica che queste dannate scarpe mi faranno venire?− mi dice appena arrivo abbastanza vicino da riuscire a parlarmi senza urlare. − Potevi mettere i tuoi inseparabili anfibi. − Ci ho provato, ma mia madre mi ha obbligata a mettere queste trappole e non mi ha più persa d'occhio, finché non sono salita sul taxi− afferma, seguendomi nella bellissima hall. La serata si annuncia noiosa, ma la cornice in cui è stata incastonata è una meraviglia. Il convegno si svolge sulla terrazza del Seasons che affaccia sul golfo, garantendo uno spettacolo emozionante. Inoltre, l'aria fresca dell'autunno che soffia dalla baia è piacevole ed è bellissimo godersi il tramonto, lasciandosi accarezzare dalla brezza. − Qual è il programma per questo deprimente sabato sera?− mi chiede Meg, scostando con un gesto spazientito i capelli corvini che normalmente tiene legati. Da sempre, per affrontare questi eventi, organizziamo piani di fuga per evitare di trattenerci troppo a lungo. − Purtroppo, questa volta dovrò restare fino alla fine, tutto il consiglio d'amministrazione del Johns Hopkins è qui e mio padre ha minacciato di licenziarmi se me ne dovessi andare troppo presto. − Come: “Fino alla fine”? − Per me almeno questa sarà una lunga serata, ma tu puoi sparire dopo le solite due ore. − E lasciarti con questi squali tutta da sola? Non esiste, grazie allo studio di consulenza fiscale in cui lavoro, sono molto più abituata di te a trattare con questa gente. Ma poi, perché hanno messo su tutto questo show?− mi domanda, guardandosi attorno come se stesse valutando una per una tutte le persone presenti. − Dopo lo scandalo dello scorso semestre, il Policlinico ha subìto un notevole calo di fatturato e adesso stanno cercando di coccolare i nostri investitori, prima che decidano di tagliarci i fondi. − Vuoi dire che l'errore di quel chirurgo sta facendo fuggire i benefattori del J.H.? − In quest'ambiente basta pochissimo per perdere affidabilità e fiducia. Comunque, non si è trattato di un errore, ma di una vera e propria imprudenza, dettata da una buona dose d'incompetenza che il medico sta pagando con un'accusa di omicidio colposo e noi con tutto questo− le dico, indicando con un ampio movimento delle braccia le persone al ricevimento. − Vedrai che con la tua direzione riuscirai a portare l'azienda all'antico splendore. − Lo pensavo anch'io, ma dopo tre mesi ho appena iniziato a capire come funzionano le dinamiche interne e non è facile destreggiarsi tra nepotismi, favoritismi e promesse da mantenere. − Ma tu sei Soraya Wright e ci riuscirai sicuramente− afferma mentre ci avviciniamo al gazebo adibito a bar. − Grazie, Meg. Sto per ordinare il solito drink, quando la mia amica mi colpisce al fianco con una gomitata che mi strappa un lamento soffocato. − Ehi, non sgomitare come se fosse il primo giorno di saldi da Bloomingdale's− esclamo, massaggiandomi la parte dolorante. − Chi è il tipo sexy vicino alla piscina?− mi domanda senza prestare attenzione alla mia lamentela. Guardo le persone che chiacchierano in quella zona, ma non riesco a vedere nessuno che possa aver causato la sua reazione entusiastica. − Ma chi Philip Whitery?− le chiedo, individuando l'unico esemplare maschio con meno di sessant'anni. − Ho detto sexy, non con la faccia da pesce bollito e poi Philip lo conosciamo da sempre. Whitery si sposta per prendere un paio di stuzzichini dal cabaret di un cameriere, lasciando un varco aperto sulla persona che ha acceso l'interesse di Meg: un uomo alto con un fisico straordinario valorizzato da un completo d'alta sartoria, capelli castani chiaro tagliati per far venire voglia di passarci le dita in mezzo e scompigliarli, lineamenti del viso perfetti, non troppo squadrati né sfuggenti, ma è la bocca che attira il mio sguardo. C'è qualcosa di peccaminoso in quelle labbra. − Non lo conosco− sussurro sottovoce, sorprendendomi quando mi rendo conto d'aver usato un tono dispiaciuto. In quel momento si rivolge a una ragazza dello staff che, arrossendo visibilmente, gli consegna un paio di coppe di champagne e poi fila via. − Peccato, speravo lavorasse per voi. Lo sconosciuto si volta verso la donna al suo fianco e le offre uno dei due calici, elargendole un sorriso in grado di ammaliare la più arcigna zitella dell'universo. − Magari. Più che il suo aspetto, però, è la sua presenza ad attirare l'attenzione, sembra padrone di tutto ciò che lo circonda. Mi accorgo che non siamo le uniche a contemplarlo senza vergogna. È impossibile che non si sia accorto d'essere al centro dell'interesse di quasi tutte le donne presenti, eppure, non ne sembra turbato. Probabilmente ci sarà abituato. − Dimmi che state per fare una campagna pubblicitaria in TV e lui sarà l'attore protagonista che interpreterà il ruolo del dottore sexy. − No, Megan, non sono previsti spot televisivi. − Allora è un fotomodello e tappezzerete la città di cartelloni con il suo volto e una frase del tipo: “Vieni al Johns Hopkins e non te ne pentirai”− mi guarda, sorridendo maliziosamente, ma poi, diventando improvvisamente seria, esclama: − Caspita siete dei geni, farà fare una valanga d'incidenti stradali a tutte le donne al volante. − Meg, la smetti? − Ma dovete farli affiggere solo nei dintorni del J.H., altrimenti ci guadagnerà anche la concorrenza. Quando mi strizza l'occhio con aria complice, mio malgrado, rido e più di un paio di sguardi si posano su di noi. Siamo un duo ben assortito e raramente passiamo inosservate, Meg è tutta curve ed esuberante, mentre io sono più slanciata e seria ma pare che abbia dei lineamenti carini. A differenza sua, cerco di smettere d'osservare quell'uomo, non è solo e non mi sembra corretto continuare a guardarlo. − Soraya, vieni che ti voglio presentare la moglie di Hilling− mi dice mio padre, sorprendendomi alle spalle. − Buonasera signor Wright− esclama Meg, girandosi e attirando la sua attenzione. − Megan, non ti avevo riconosciuta vestita da donna− le risponde lui, sorridendole scherzosamente. − Ha visto− gli dice la mia amica, volteggiando su se stessa per farsi ammirare da tutti i lati. − Quando voglio, so essere strabiliante. − Non avevo dubbi− mormora mio padre, invitandomi a seguirlo. Rivolgo un'occhiata speranzosa alla mia amica che si accomoda su uno degli sgabelli del bar. − Io resto qui a godermi lo spettacolo− mi dice, accennando verso lo sconosciuto e appena mio padre ci volta le spalle, aggiunge sottovoce: − Mentre tu t'intratterrai con la grigia moglie del tuo capo, io mi crogiolerò al sole di quel dio greco. Dopo più di mezz'ora con i coniugi Hilling sono stremata, mi fanno male le guance a forza di sorridere senza motivo e m'invento un banalissimo pretesto per allontanarmi. − Scusatemi ma devo andare alla toilette. In caso mi stessero guardando, vado realmente in bagno e già che ci sono mi do una sciacquata al viso, ma nel momento in cui sollevo lo sguardo sulla mia immagine allo specchio, mi accorgo di non avere usato il trucco waterproof. Accidenti, ora sembro un panda. Con un fazzoletto tolgo tutto il rimmel colato sotto gli occhi e cerco il kit trucco che solitamente è messo a disposizione della clientela, ma non lo trovo. E che cavolo, non è proprio la mia serata. Sto per chiamare Meg perché corra in mio aiuto, quando vedo la porta dello sgabuzzino di servizio socchiusa ed entro per cercare qualcosa che mi possa essere utile. Appena l'uscio si chiude dietro di me, quella della toilette sbatte sul muro e poi la voce di una donna sbraita: − Ora sono sola. Dopo qualche attimo di silenzio mormora. − Sono nei bagni. Subito dopo aggiunge, sempre più irritata. − Certo che sono sola, lui è impegnato nelle pubbliche relazioni e qui non c'è nessuno. Sto per uscire, ma mi blocco con la mano sul pomolo della maniglia, quando lei aggiunge: − Sì, ho controllato dappertutto, Bob, non sono poi così stupida. Tolgo la mano, decidendo d'aspettare che se ne vada, non ho voglia, né di giustificarmi né di litigare con una sconosciuta innervosita dal suo interlocutore. − Ti ricordo che sono qui a Baltimora con lui proprio per quello. Ascolto il rumore prodotto dai suoi tacchi che ticchettano avanti e indietro mentre cammina nell'antibagno. − Ti sto per mandare tutti i documenti che sono riuscita a fotografare− esclama con il tono sempre più glaciale. − No, non intendo stare ancora qui, ho degli impegni e lui lo sa, s'insospettirebbe se rimanessi. Pronunciando questa frase, la sua voce si affievolisce e mi arriva sempre più ovattata come se fosse entrata in uno dei cubicoli. Socchiudo piano la porta e dopo essermi assicurata che effettivamente non ci sia nessuno, esco dal ripostiglio e mentre una zaffata di un odore dolcissimo m'investe, sgattaiolo fuori dalla toilette. Caspita, ma si è fatta il bagno nel profumo?
Cara Valli
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