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Autore: Luigi Fabi
Bagliori di buio
Fantasy Horror
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Bagliori di buio
Il buio oltre.

Quando Johnny riprese conoscenza, un ampio senso di inquietudine si materializzò dinanzi ai suoi occhi lucidi, mostrandosi ma non ancora svelandosi in tutte le sue forme, fin troppo incoerente per essere preso sul serio.
Ogni pensiero logico venne presto messo a tacere, sopraffatto da una prepotente forma di insensatezza che tuttavia, dava l'idea di non volersi svelare totalmente nell'immediato. Se si trattasse di realtà o semplice allucinazione non gli era ancora dato saperlo, nella sua testa viaggiavano entrambe sulla stessa lunghezza d'onda, immerse in un silenzio agghiacciante che gli martellava le tempie. Nell'aria rarefatta risuonava il ripetersi estenuante di una percezione nefasta, attimi interminabili dei quali avrebbe preferito di gran lunga fare a meno. Non voleva essere lì, in qualsiasi altro maledetto luogo sì ma, per carità, non lì. Povero sciocco!
Con lo sguardo giunse fin dove la vista glielo consentiva, fu però quello che non riusciva a scorgere che lo turbò nel profondo dell'anima: una ferita che gli trapassava la carne da parte a parte, come una scossa elettrica. Un brivido lo pervase da cima a fondo, diffondendosi in ogni dove, facendosi strada, a poco a poco, attraverso ogni orifizio del suo corpo.
Era tutto lì e tutto era troppo. Lo sarebbe stato per chiunque. Né ieri né domani, adesso era solo adesso e, come mai prima d'allora, si trovava a dover affrontare una sfida del tutto fuori dalla sua portata; totalmente immerso nelle profondità di una nuova dimensione ai limiti del kafkiano, tutta da vivere per non morire.
Chiuse gli occhi e attese il giusto, un tempo che però non portò i benefici sperati poiché una volta riaperti tutto gli apparve identico a come l'aveva lasciato.
Difficile, se non impossibile, cogliere la dimensione esatta dello scorrere del tempo quando si è relegati all'interno di un delirio. Per uscire potrebbero servire pochi minuti, ore, giorni o addirittura o intere settimane. Una vita parallela racchiusa in un battito di ciglia senza fine, dove il tempo non esiste o semplicemente siamo noi a deciderne lo scorrere. Come in un sogno, o qualcosa del genere: quando si viaggia con la fantasia ci si può muovere senza limiti e confini, spostarsi a velocità supersoniche attraverso lo spazio-tempo del proprio essere. Tutte le nostre certezze, tutto quello che fa di ognuno di noi quel che siamo rischiano di sfuggirci di mano come polvere al vento, castelli incrollabili che diventano sabbia e sabbia che diventa pietra. Chi tenta di spiegarlo lo chiama inconscio, chi non lo fa si limita ad accoglierlo quando questo bussa alla propria porta.
Johnny strizzò forte gli occhi una volta ancora e più di prima, portandosi contemporaneamente la mano destra a ridosso della bocca, mordicchiandola con veemenza tra il polso e il pollice neanche fosse una succulenta coscia di pollo. Un meccanismo le cui dinamiche già ampiamente collaudate in passato, senz'altro discutibili e ai limiti del grottesco, si erano dimostrate il più delle volte funzionali alla causa e di grande efficacia. Era un modo come un altro per far ritorno in maniera piuttosto rapida dal suggestivo universo dettato, per lo più, da quelli che erano i propri incubi; laddove, seppur consapevolmente recluso, non riusciva a evadere con la sola forza della mente. Se la procedura veniva eseguita nel modo corretto, l'esperimento andava a buon fine, si faceva ritorno nel mondo reale e, a quel punto, non rimaneva che gettare nel dimenticatoio le eventuali scorie create dalla sua mente creativa.
Fino a quel momento aveva sempre fornito risultati più che soddisfacenti, stavolta però qualcosa sembrava non essere andata come pronosticato e sperato. La situazione in cui il ragazzo era costretto era rimasta tale e quale, eccezion fatta per la sua povera mano. Il dolore che provava a seguito del morso, quello sì che sembrava reale, niente a che vedere con gli esperimenti passati. Questo fatto aveva generato in Johnny un'idea ben precisa e piuttosto amara nella sua accezione. Per poter uscire da una porta, o da un qualsiasi altro luogo, è imperativo esservi prima entrati. Era un concetto banale quanto fondamentale.
Aveva sbagliato a fare i suoi calcoli. Tutto qua. L'immaginario che gli ruotava attorno era ingannevole. La realtà era diversa e non frutto di fantasie o sogni a occhi aperti. Una realtà unica e sconcertante, un ambiente dai contorni enigmatici, le cui pareti trasudavano un odore intenso e pungente che gli riportava alla mente l'erba di un prato falciata di fresco, un tanfo tale da saturargli i polmoni a ogni singolo respiro. Un bruciore acuto discendeva dalle narici e proseguiva attraverso la gola e la trachea fino ai polmoni.
Fredda e dura era la superficie sulla quale Johnny giaceva riverso. La vista annebbiata gli impediva di distinguere i miseri dettagli che emergevano nella fitta penombra. I suoi sensi si andavano affievolendo, fin quasi a perdersi nel nulla di quel singolare silenzio, mentre i pensieri si facevano sempre più confusi e illogici, surclassati da una forte emicrania che gli rendeva difficile ragionare.
Si portò una mano sul capo dolente accorgendosi della presenza di una profonda lacerazione che partiva dalla tempia sinistra e terminava all'attaccatura dei capelli sopra l'orecchio. La cosa positiva era che sembrava fosse in via di guarigione: il sangue fuoriuscito in precedenza si era arrestato e rappreso, formando la classica crosticina.
Man mano che riprendeva coscienza di sé, la memoria, seppur a piccole dosi, iniziava a ripercorrere le sequenze delle sue azioni recenti, a partire dai suoi ultimi ricordi, da quando la situazione non aveva ancora preso una brutta piega. E dire che quello avrebbe dovuto essere un giorno come un altro.
Tutto era cominciato nella piena consapevolezza delle proprie azioni. Quelle scelte fatte senza rifletterci più del necessario, per non rischiare che l'entusiasmo potesse svanire lasciando quell'amaro in bocca difficile da mandar via. Era stato un po' come prendere un treno al volo: un gesto rischioso, certo, ma strabordante d'adrenalina.
Fu in uno di quei momenti che le cose per Johnny avevano preso una strada totalmente differente e inaspettata da come si erano prospettate inizialmente.
Fermati ragazzo, avrebbe detto il vento se solo avesse avuto il dono di sussurrargli all'orecchio parole persuasive, cose non da tutti ma solo da chi ti vuole bene.
Era tardi per tornare sui propri passi, si poteva solo
guardare avanti. Senza un motivo in particolare, se non la sola voglia matta e irrefrenabile di andare oltre, spingendosi oltre quei confini che mai prima d'ora aveva oltrepassato. Il bosco. Un territorio a lui tanto caro, che considerava al pari di un amico sincero. Un eccesso di confidenza questo, che gli si rivelò fatale.
Ora nella sua testa tutto appariva plausibilmente più nitido e logico. Quegli stessi presagi, fino a quel momento solo cautamente ipotizzati, ammettevano sempre più l'esistenza di certezze che avrebbero fatto accapponare la pelle a chiunque. Per mano di chi e per quale oscuro motivo Johnny fosse costretto in quell'inferno erano interrogativi ancora troppo acerbi per essere risolti su due piedi. Domande che non trovavano alcuna risposta plausibile mentre, di respiro in respiro, si faceva sempre più dilagante in lui il senso d'angoscia: prigioniero di un orrore che lo vedeva ballare sospeso come un grosso pachiderma su un filo sottile e tagliente.

Luigi Fabi

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