La redazione di E-ports era un continuo viavai. Giovanni Setti osservava tutto quello che accadeva tra le fessure delle tendine che oscuravano il suo ufficio. Si soffermò sul ragazzo che aveva assunto un paio di settimane prima come responsabile della grafica, non ricordava neanche il suo nome, l'aveva messo in prova per non dover investire prematuramente una somma di denaro troppo alta, rischiando di mandare a casa qualcuno non idoneo alla mansio¬ne. Lo osservò mentre cercava di impaginare la testata del giornale, riusciva a intravedere mentre cambiava il format dei testi grazie al mega schermo della work station messagli a disposizione. Un esborso economico non indifferente che Setti si sarebbe evitato volentieri; il precedente computer era stato attaccato da un virus la settimana prima e i tempi di recupero non erano dei più rosei secondo il loro tecnico informatico interno che stava provvedendo a rimetterlo in sesto. - Dannato idiota! - Mormorò portandosi un bicchiere d'acqua alla bocca. - I format non si cambiano! - Indeciso se uscire e fargli una piazzata in pubblico oppure se farlo entrare e provare a infrangere la barriera dell'isolamento acustico del suo ufficio, si recò alla scrivania per azionare il tasto di manovra delle sue tendine. Era arrivato il momento di ricordare alla redazione che lui era lì e che stava osservando il lavoro di tutti. Solitamente arrivava presto la mattina per quel motivo: chiudersi nel suo ufficio, abbassare le tendine per non dare nell'occhio, far credere di non es¬sere ancora arrivato e vedere come si comportavano i suoi dipenden¬ti. Aveva sviluppato una specie di mania del controllo, o almeno così la chiamava il suo terapista durante i loro incontri settimanali. Stava per uscire fuori dal suo ufficio quando vide sbucare dalla por¬ta d'ingresso il viso di Aurora. “Cazzo! È già qui! Devo assolutamente mandarla in giro per qualcosa di grosso che la impegni seriamente”. Si diresse di nuovo verso la sua scrivania e prese il gruppo di fogli dei suoi appunti su cui teneva una programmazione delle notizie e delle inchieste da sviluppare per il suo giornale. Non aveva molta scelta, non era successo nulla di clamoroso in quella dannata città dormiente e anestetizzata dal traffico e dalle prossime elezioni cittadine. Scrutan¬do nuovamente i fogli, non riusciva a trovare niente di cronaca nera che potesse dargli la scusa di allontanare Aurora dalla redazione per qualche giorno. Gli venne in mente una discussione avuta con un suo amico medico qualche sera prima e si ricordò che aveva accennato a un caso di maltrattamenti avvenuto in una RSA in un paese di mare situato ai confini della città. Non aveva molta scelta e con una velocità incredibile cominciò a raccogliere qualche riferimento per incartare ad Aurora un servizio che le avrebbe richiesto molto tempo. Aurora era appena entrata nella redazione desiderosa di mettersi subito a lavorare su un nuovo pezzo da poter pubblicare con la sua firma. Erano le otto del mattino e tutto sommato era riuscita a non arrivare in ritardo come temeva inizialmente. Si diresse verso la sua postazione lasciata in ordine il venerdì sera precedente come sua abitudine. La pila dei suoi quaderni di appunti dominava la scena: era solita ordinarla per importanza delle notizie che seguiva settimanalmente; ogni quadernino era di un colore as¬sociato al tipo di cronaca. Si sedette lasciandosi cadere sulla sedia, tese il braccio per poggiare il suo zainetto sull'angolo più lontano del tavolo e premette il pulsante posto in cima al case del suo pc, avvian-do l'accensione. Mentre attendeva l'avvio, notò qualcosa di strano davanti a sé: l'ordine con cui si presentava la pila dei suoi quaderni non era lo stesso con il quale aveva lasciato l'ufficio il venerdì sera precedente. Riconosceva a sé stessa di essere maniacale, alle volte, però ricordava un ordine differente. Notò che il quaderno della cro¬naca rosa, quello che usava meno e solo quando Giovanni Setti gli chiedeva di coprire la collega in maternità, non era posto in fondo alla pila ma ricopriva una posizione centrale. Prima di farsi strane idee, pensò a tutte le più plausibili spiegazioni. Prima possibilità: il signor Cesare aveva urtato la pila pulendo il pavimento e nella confusione aveva rimesso a posto i quaderni come meglio credeva. Seconda possibilità: qualche collega aveva avuto l'irritante idea di rubarle una notizia o qualche appunto. Non poteva però muove¬re accuse su nessuno, anzi, lo credeva ancora meno probabile della prima opzione. Terza possibilità, la più paranoica: qualcuno aveva scambiato di proposito la posizione di quei due quaderni, ma questa le sembrava un'idea assurda. Passò una mezz'ora a setacciare il web cercando un collegamento che potesse sbloccarla per il pezzo di cronaca estera che stava cu¬rando: riguardava la strana correlazione tra l'aumento dei prezzi nel campo della moda e un conflitto che stava distruggendo dei villaggi dell'Eritrea meridionale. A quel punto decise di prendersi una pausa. Ripose il suo quaderno di appunti verde, dedicato ai conflitti mon¬diali e alla geopolitica, nel suo cassetto e si avviò verso il balcone che i dipendenti utilizzavano come zona relax. Un paio dei suoi colleghi ridacchiavano e fumavano allegramente mentre varcò l'accesso alla zona esterna. - Ehi, Elsen! - La imbecca¬rono subito, senza neanche darle il tempo di mettere entrambi i piedi fuori. - Cosa si dice in Sud Africa? hanno iniziato a bombardarsi per avere più jeans da indossare in casa? - “Dio! Odio quando mi chiama così...” Pensò Aurora. - No, Luca! Tranquillo, se vedessero con che razza di jeans tenti di rimorchiare la nuova stagista, capirebbero che in fin dei conti c'è più dignità nel gi¬rare nudi! Anche perché il confronto sarebbe veramente impari - . Lo freddò sul momento, tanto che il suo collega provò a replicare senza sapere cosa dire; il colpo era andato a segno tanto che neanche finì di fumare la sua sigaretta che gettò il mozzicone verso di lei centrando il raccoglitore di cicche messo al suo fianco. - Prima o poi te la tappo quella bocca, Elsen! Chissà, magari po¬trebbe piacerti e potresti prenderci gusto! - Nel dirlo, il ragazzo si portò una mano sul cavallo dei pantaloni, evidenziandone il gonfio¬re. Luca Zevini, il più viscido uomo che le fosse mai capitato di co¬noscere, maschilista convinto e con la fama di essersi portato a letto tutte le stagiste che avevano varcato la soglia di E-ports, eccetto che lei, l'aveva appena offesa in quel modo. Aurora era troppo superiore per replicare, recitò un mantra che le insegnò la madre, “can che ab¬baglia, non morde”. Si appoggiò alla ringhiera del balcone fingendo di guardare il panorama cercando di non dargli a vedere che il suo insulto l'aveva infastidita profondamente. Rientrò dopo dieci minuti, tornando alla sua scrivania con l'inten¬zione di finire l'articolo entro la pausa pranzo. Stava per riprendere il lavoro quando il suo sguardo si posò sul quaderno rosa che l'aveva destabilizzata quella mattina. Lo afferrò con l'intento di osservarlo; la prima cosa che notò fu che, stranamente, aveva un peso diverso da quello degli altri che conservava. Lo sentiva più leggero e la cosa la incuriosì. Per confermare la sua sensazione soppesò un altro qua-derno dei suoi e dopo un paio di tentativi confermò la sua supposi¬zione. Qualcuno doveva aver rubato delle pagine! Tirò la linguetta segnalibro per aprirlo lì dove i suoi appunti terminavano e quello che vide quasi le fece cacciare un urlo. Si portò una mano alla bocca per soffocare lo sgomento: al centro della pagina era stato creato un inta¬glio di forma quadrata operato su più pagine. Il numero delle pagine tagliate era tale da aver creato una specie di vano segreto, al centro del quale giaceva una pennetta USB. “Oh mio Dio!” Pensò Aurora; i battiti del cuore stavano aumen¬tando e cominciò a sudare freddo. Chissà cosa conteneva. D'istinto aprì il cassetto della scrivania, ci ripose il quaderno con l'intaglio e lo richiuse velocemente. Si guardò intorno, nessuno la stava osser¬vando, si girò anche in direzione della stanza vetrata del suo capo dalla quale, stranamente, quella mattina ancora non era uscito. Tanto lo sapeva che, dietro quelle tendine, si stava intrattenendo con la sua segretaria. Tutti in ufficio sapevano che al loro capo il vizio delle belle donne non era mai passato del tutto. Era indecisa sul da farsi e la curiosità era troppa. Poiché nessuno sembrava osservarla, e a quanto pareva il capo non l'aveva vista arrivare, prese gli altri quaderni e li infilò frettolo¬samente nel suo zainetto per non rischiare che ci fosse qualche talpa in ufficio alla quale piaceva rubare il lavoro dei colleghi. Si alzò e si diresse verso la scrivania posta in fondo alla stanza, dove c'era il cassetto che conteneva le chiavi delle porte dell'intera redazione. Le serviva un posto isolato dal quale accedere al contenuto della pennetta USB senza però abbandonare l'edificio, cosa che avrebbe insospettito Setti.
Nel frattempo, qualcuno la stava osservando.
Diego Cola
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