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Autore: Piccarda Morganti
Enigma Vintage
Romantic Suspence
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Enigma Vintage
Giulia adora il suo lavoro, anche se a trent'anni forse non lo si può più considerare tale. Compra e rivende online oggetti vintage e la sua migliore amica non perde occasione per prenderla in giro.
Le giornate procedono tranquille, sino a quando un'anziana signora non le cede alcune vecchie bambole. Qualcosa di inaspettato e misterioso entrerà nella sua vita.
Per la protagonista inizia una vera e propria avventura, fatta di enigmi ed indagini.
Ad accompagnarla in questo viaggio ricco di intrighi sarà Stefano, un affascinante uomo che proverà a far pulsare di nuovo il suo cuore.

Estratto Capitolo 1

- Ho la testa e mezzo busto infilata nel baule della mia utilitaria. Sto cercando di incastrare al meglio, senza danneggiare niente, i miei nuovi acquisti: un paio di comodini, uno scatolone di libri e riviste, una lampada, un oggetto da cucina non meglio identificato e alcune bambole. Tutto rigorosamente anni Settanta-Ottanta.
– Buongiorno.
– Ahia – sussulto, dopo aver battuto una capocciata contro la gamba di un mobiletto nel tentativo di tirarmi fuori dall'auto.
Sento ridacchiare alle mie spalle. Risentita, mi volto. Dietro di me un uomo sui trent'anni, alto, moro e occhi scuri. Se non fosse per la botta avrei potuto dire, di primo acchito, che è pure un bel tipo. Quindi, secondo le regole morali che mi sono imposta, da allontanare velocemente!
– Ti sei fatta male? – continua a sorridere.
– Buongiorno. Tutto ok, grazie. Me ne sto andando. Ho appena finito di sistemare il bagagliaio.
– Ma quelli sono di mia nonna – mi dice indicando i comodini.
– Be', se la signora che abita in questa casa e che adesso ci sta salutando con la mano è tua nonna, allora presumo di sì – alzo il braccio in aria e ricambio il gesto. E, senza dare possibilità di replica, aggiungo: – Mi ha chiamata lei. Una sua amica le ha detto che acquisto oggetti vecchi.
Non sapevo come l'avrebbe presa. Insomma, da una parte erano un po' anche suoi.
– Se avevi bisogno di aiuto potevi chiederlo.
Bene. L'aveva presa bene. Sembrava non interessargli della vendita.
– Ho fatto da sola, e poi non ti avevo visto. Grazie lo stesso. Adesso vado – e con gesto fin troppo sicuro, chiudo finalmente il portellone dell'auto.
Mentre sto per partire e ho già la mano sulle chiavi nel cruscotto, l'uomo mi si avvicina, appoggiandosi allo sportello.
– Ma se mia nonna, oppure io – mi guarda malizioso – decidessimo di vendere ancora, come ti trovo?
– Come ha fatto ieri tua nonna. Buona giornata – chiudo e metto in moto.
Di solito non sono così scorbutica, ma avvertivo delle vibrazioni strane e, appartenendo alla lista di quelli - troppo affascinanti - , è rigorosamente da evitare.
Ho trent'anni e un'infinità di prove che i bellocci come lui sono solo latin lover allo sbando, passano da un'avventura all'altra e, una volta ottenuto ciò che desiderano, ti scartano come se niente fosse. Non ho più l'età per questi giochini. Meglio single che ancora delusa. [...] -

Estratto Capitolo 3

- [...] (LA BAMBOLA ndr) È bellissima. Vale molto di più della prima. La spoglio. Anche lei ha abiti perfetti. Controllo la stoffa e subito mi accorgo che qualcosa non va. Cos'è questo? Uno strappo rammendato? Ma perché? All'altezza dell'ombelico ha una cucitura verticale di circa cinque centimetri. Se non fosse stata finta avrei pensato a un'operazione chirurgica. Sono arrabbiata, avvilita, demoralizzata mentre la giro e rigiro tra le mani. E questo bozzolo duro? Stoffa? No, è troppo rigido e inoltre si può maneggiare anche se è dentro la pancia. Sono perplessa. Le avranno mica lasciato dentro gli strumenti dell'operazione?
Ho la testa che frulla. Il valore della bambola, con quella pancia, si è ridotto a poco e niente. Dovrei metterla via e occuparmi subito delle altre, ma qualcosa mi dice di intervenire. Cosa ha dentro la pancia? Ormai era stata aperta e richiusa e decido che togliendo il filo di sutura non avrei creato ulteriori danni. [...] -

Estratto Capitolo 7

- [...] Il salone è grande e rettangolare.
Sulla nostra sinistra una libreria con scala, lunga come l'intera parete. Di fronte, in fondo alla stanza, un caminetto in pietra che non sembra essere usato da decenni.
Sulla destra, nell'angolo in fondo, un pianoforte nero con uno sgabello. Accanto, un'enorme finestra che illumina la stanza. Noto che non ci sono tende. Sotto la finestra, una vecchia scrivania in legno con tre cassetti per parte che arrivano a terra. Sorreggono il piano al posto delle classiche gambe. Hanno pomelli e non serrature... Sarebbe stato troppo facile! Vicino a noi, tra la porta di ingresso e la scrivania, quattro poltrone in velluto blu disposte in semicerchio. Davanti, un tavolino da tè in vetro e ferro battuto. Dietro, un mobile vetrina pieno di oggetti: ancora bambole, libri per bambini, un trenino di latta, carillon, marionette e altri balocchi che ormai si potrebbero etichettare d'epoca. Devono essere le collezioni di Rosa.
Da persona che cerca ovunque proprio questo per rivenderlo, mi viene l'acquolina in bocca. Chissà quanto valgono... Scaccio subito questo pensiero dato dalla deformazione professionale.
Al centro della stanza, un enorme e lungo tavolo con dieci sedie attorno. Sopra, disegni, matite e cere.
La signora Marsello ricordava bene. E sembra che nessuno abbia toccato niente dopo la morte di Rosa.
Ero talmente assorta nell'esaminare la stanza che mi ero dimenticata di Stefano. Lo cerco con lo sguardo. Lui mi sorride: – Hai fotografato con le palpebre ogni angolino della stanza?
– Almeno io mi sto rendendo utile. A te, Grande Genio, è venuto in mente qualcosa?
– Ero troppo impegnato a osservarti. In queste circostanze sei ancora più affascinante.
– Stefano, dobbiamo essere rapidi e farci venire un'idea. Intanto, agguanta tre o quattro libri di Oscar Wilde!
– Fosse semplice trovarlo in mezzo a tutti questi volumi – si lamenta.
Non mi sarà di aiuto se continua così. Si diverte solo a prendermi in giro. Hai fotografato con le palpebre ogni... Fotografato! Fotografato! Ecco la parola magica!
– Stefano – lo chiamo quasi urlando per poi riabbassare subito il tono di voce – lascia perdere i libri e tira fuori il cellulare! Scatta foto a ogni angolo di questo posto!
Mi guarda perplesso.
– Dai, sbrigati – incalzo – io farò lo stesso. Se non troveremo niente almeno avremo delle immagini sulle quali lavorare una volta buttati fuori da qui. E stai attento che non arrivi Alice o qualcun altro.
Estraggo dalla tasca il mio telefono. Stefano è davanti alla libreria. Io decido di partire dall'angolo destro, dove ci sono collezioni e poltrone. Scatto a ripetizione su ogni oggetto, apro le ante della vetrinetta in modo da immortalare qualsiasi cosa ci sia dentro. Controllo anche i cassetti della scrivania cercando di non fare rumore: con grande sorpresa, sono vuoti. Completamente vuoti. Sul ripiano solo un paio di lapis, una gomma da cancellare e una penna, disposti accanto a della carta da lettere. Scatto le foto e passo ai disegni.
Gli psicologi dicono che sono utili per interpretare i pensieri delle persone.
I fogli sono grandi e disegnati a matita con tratto tenue. Il primo della pila non è terminato e il colore è veramente leggero. Sembra il volto di Maria. Il secondo ritrae una madre con un bambino in braccio. È bellissimo. Li fotografo insieme a tutti gli altri, a una velocità che di certo non mi permette di fare scatti d'autore. Speriamo almeno che siano a fuoco!
– Stefano, a che punto sei?
– È difficile fotografare tutto, troppe cose...
– Fai qualche foto anche da lontano, alla disposizione della stanza. Io le faccio alla libreria, da questa angolazione.
A un tratto sentiamo avvicinarsi dei passi, accompagnati da un tintinnio di chiavi.
Porca miseria!
Rimettiamo i cellulari in tasca. Corro alla libreria e agguanto quattro libri a caso. Li metto sottobraccio coprendone le copertine e i dorsi.
Alice si affaccia alla porta: – Stefano, avete trovato i libri della signora Marsello?
– Spero di non avere sbagliato – e sfodera uno dei suoi migliori sorrisi da sciupa femmine.
Alice arrossisce.
Quando i suoi ormoni tornano in sé, dice che ci riaccompagna alla macchina.
Usciamo dal salone e la signora di servizio chiude dietro di noi la porta a chiave.
Ci scorta quindi fino al Maggiolone.
– Porterò subito i libri a mia nonna. Ci tiene davvero molto. Ringrazi il signor Luigiani.
– Il signore non era molto felice di questo contrattempo, per cui mi auguro che abbiate preso quello che cercavate.
No che non lo abbiamo preso! In venti minuti non si può esaminare un'intera stanza e decifrare un codice!
– Me lo auguro anche io ma, se non fosse così, sarebbe un piacere rivederla Alice – Stefano usa un tono melenso e sta facendo il cascamorto. Lei si scioglie. Io lo odio. [...] -

Piccarda Morganti

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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